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Autore: Laylath    20/03/2015    4 recensioni
1920.
Proprio quando sta per scadere il trattato di non aggressione tra Amestris e Drachma, il tradizionale nemico del nord si ritrova ad affrontare un cambio al vertice del potere. Per la prima volta ad Amestris viene concesso di inviare ambasciatori, ma cosa può nascondere un invito simile, in uno Stato così potente?
Dal capitolo 2:
“Da quanto ho capito dovrò fare io l’ambasciatore – commentò Roy con sguardo furbo – beh, la mia esperienza con Xing è certamente un ottimo precedente.”
“O più che altro so che tu sei abbastanza scaltro da saperti muovere – sorrise Grumman con noncuranza – tu e la tua squadra siete disposti a questa trasferta? Del resto quando ero a capo del Quartier Generale dell’Est mi avete sempre dato grandi soddisfazioni e notevole divertimento.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 2.
I fili indefinibili del sospetto



“Jody!” Rebecca si mosse troppo tardi e tutto quello che riuscì a fare fu recuperare il bicchiere prima che cadesse dal tavolo. Ma non poté impedire che la maglietta azzurra di suo figlio si macchiasse irrimediabilmente di succo di frutta.
“Jody è tonto!” esclamò subito Jilly, fissando con aria di superiorità il proprio gemello.
“Piano con le parole, signorina – la sgridò Rebecca – non devi dire brutte cose al tuo fratellino, lo sai.”
“Mamma, la maglietta ora è colorata – ammise Jody, fissandosi con meraviglia la macchia di colore indefinito – ed è bagnata!”
“Aspetta, ragazzino, non toccarla – consigliò Breda, venendo in soccorso del suo nipote putativo – vediamo di sistemare con un fazzoletto.”
“Guarda io che brava! – Jilly richiamò l’attenzione sulla sua piccola personcina di due anni, alzandosi in piedi sulla sedia del bar e prendendo il proprio bicchiere di succo di frutta – Io so bere bene e lui no!”
“Piano, bambolina – Havoc la afferrò per la vita giusto in tempo per evitarle una caduta – non c’è bisogno di alzarti in piedi per bere. Forza, rimettiti seduta composta.”
“Siamo a Central City, bambini, volete comportarvi in maniera decente?”
Per tutta risposta a quel richiamo materno Jilly si risedette con una smorfia di disappunto, mentre Jody la fissò con i suoi ingenui e grandi occhi azzurri, chiedendosi sicuramente cosa volesse dire comportarsi in maniera decente.
“Te l’avevo detto che non era il caso di venire a Central coi bambini – sbottò Havoc, allontanando dalle mani della figlia il bicchiere di succo di frutta ormai vuoto – e poi lo sai che per la maggior parte del tempo sarò in servizio. Quando si è soldati…”
“Jean, voglio ricordarti che fino a tre anni fa pure io indossavo quella divisa – lo rimbeccò Rebecca – il fatto che io ora sia tua moglie e la madre dei tuoi figli non ti autorizza a lasciarmi a casa ogni volta che ti fa comodo, intesi?”
Breda sogghignò nel vedere il suo migliore amico lanciare una rassegnata occhiata la cielo: un anno di fidanzamento e tre di matrimonio non avevano minimamente cambiato il caratterino di Rebecca Catalina. E Jean era davvero nei guai perché anche la piccola Jilly prometteva di essere una peperina come la madre, bastava guardare quanto le somigliava, se si levavano i capelli biondi e gli occhi azzurri. Jody al contrario era un bonaccione e sicuramente sarebbe stato un ottimo elemento distensivo quando sarebbero cresciuti.
“Comunque se Riza si libera in questi giorni, caro mio – continuò Rebecca – tu ti spupazzi i bambini mentre io e lei ce ne andiamo in giro per negozi. Sempre che quello stupido Mustang finisca di manipolarla… almeno si decidesse a sposarla! Vuoi mettere essere la migliore amica della moglie del generale dell’Est? Nonché futuro comandante supremo?”
“Ah, smettila Reby – strizzò l’occhio Breda, mentre Jody scendeva dalla sua sedia e tendeva le mani per essere preso in braccio, una piccola e sorridente copia di suo padre – sai bene come sono fatti quei due. Per come la vedo io potrebbero passare anche tutta la vita senza dichiararsi, nonostante sia palese che c’è molto altro.”
“Che stupidaggini – sospirò la donna, bevendo una generosa sorsata del suo the freddo – l’ho sempre detto a Riza che si deve dare una mossa, ma lei non mi dà mai retta!”
“Non dimenticare delle regole anti fraternizzazione, Reby – le ricordò Jean, accarezzando i capelli mossi della figlioletta che chiuse gli occhi con la stessa soddisfazione di un gatto – non penso che il tenente colonnello sia disposta a rinunciare così alla sua divisa, o meglio alla protezione del generale. A conti fatti per poter iniziare una relazione lei dovrebbe tornare ad essere civile e proprio non ce la vedo. Oh, ecco che arriva Fury… ehi, tenente! Siamo qui!”
“Ciao, zio Kain! – salutò subito Jody – vuoi succo di frutta? Però è sulla maglietta, visto?”
“Uh, no grazie, Jody – ridacchiò Fury, sedendosi nel posto libero accanto a Breda – prenderò qualcosa da mangiare piuttosto: muoio di fame.”
“Ancora nessuna novità?” chiese Havoc, mentre faceva cenno al cameriere di avvicinarsi.
“No, la riunione sta durando più del previsto anche oggi – sospirò il giovane allentandosi il colletto della divisa – il tenente colonnello mi ha infatti detto di raggiungervi: non aveva molto senso stare ad attendere in quei corridoi… credo che il Comandante Supremo abbia intenzione di parlare con loro anche dopo la riunione con tutti gli altri generali.”
I quattro soldati si scambiarono un’occhiata eloquente: non sarebbe stata la prima volta che il loro superiore veniva chiamato specificatamente dal vecchio Grumman e questo poteva voler dire qualche compito speciale. Senza contare che quell’uomo era anche il nonno materno del tenente colonnello, anche se la parentela era sconosciuta ai più. Insomma ogni volta c’erano diversi fattori in gioco.
“Zio Kain – Jody richiamò l’attenzione di tutti – se prendi la torta al cioccolato poi ne voglio un pezzo!”
“Pure io!” esclamò subito Jilly.
 
Roy osservava gli alti gradi dell’esercito alzarsi dalle loro sedie ed iniziare a mormorare commenti su quell’ultima giornata di consiglio. Aveva una gran voglia di stiracchiarsi e sbadigliare, ma l’etichetta gli impediva di compiere gesti simili: eppure dopo quattro giorni di interminabili ed irritanti riunioni ne avrebbe avuto tutto il diritto.
Con noncuranza individuò un paio di occhiate sfastidiate che, prontamente, ignorò.
No c’era niente da fare: nonostante cinque anni di ottimi risultati c’era gente che ancora era ostile alla sua politica pro Ishval. E cosa importava se il distretto Est stava rifiorendo, arrivando a costituire un’importante fonte di ricchezza per tutto il paese, grazie anche alla linea ferroviaria che attraversava il deserto e rendeva più agevoli i collegamenti con Xing?
Solo invidia, lo so benissimo – si mise a braccia conserte ed osservò la grande bandiera di Amestris appesa proprio sopra di lui – hanno perfettamente capito che tra qualche anno potrei essere il nuovo Comandante Supremo e questo non lo mandano giù. Ma non possono vantare i miei meriti che gli piaccia o meno.
Prendendo il suo orologio di alchimista di stato notò con irritazione che anche quel giorno avevano saltato il pranzo.
Dovrò rifarmi a cena come sempre…
“Oh bene, finalmente sono andati via – la voce di Grumman lo fece riscuotere – adesso possiamo spostarci in un ambiente più confortevole. Vogliamo andare, signori?”
Roy annuì, lieto di potersi rilassare maggiormente in presenza del solo Comandante Supremo e di Riza, ma con somma sorpresa si accorse che non era il solo ad essere rimasto. Dall’altro lato del tavolo si era appena alzata la Armstrong.
Oh oh, e che sarebbe questa novità? – si chiese, mentre andavano verso la porta secondaria che conduceva nello studio privato di Grumman – E’raro che convochi solo noi due.
Tutti i suoi sensi, annoiati per quelle ore di mera burocrazia, tornarono vigili, mentre sentiva un brivido di aspettativa lungo la schiena. Ci doveva essere qualcosa di grosso che bolliva in pentola e squadrando la generalessa dai lunghi capelli biondi capì che pure lei pensava le medesime cose.
Ma fece comunque finta di niente mentre si sistemavano sui comodi divani attorno ad un basso tavolino di vetro.
“No, mia cara – disse Grumman, facendo un cenno a Riza che, come da solito, si era sistemata in piedi dietro Roy – siediti pure tu. Non mi pare il caso di formalizzarci.”
Quella frase ebbe il potere di spiazzare tutti quanti: Roy e Riza si scambiarono un’occhiata interrogativa, ma poi la soldatessa obbedì a quell’invito e prese posto accanto al suo superiore.
“Da dove iniziare? – il Comandante Supremo congiunse le punta delle dita con aria furba, squadrando a turno le persone lì presenti: in quei cinque anni che era al governo di Amestris ben poco era cambiato nella sua persona. Magari c’era qualche ruga in più nel viso, ma gli occhi violetti non avevano perso minimamente la propria vitalità ed intelligenza, così come la sua mente. Un buon intenditore capiva che quel vecchio, ormai oltre i settantacinque anni, non aveva certo intenzione di lasciare spazio ai giovani… almeno non nell’immediato – Ah, certo, dal mostrarvi un invito molto speciale che ho ricevuto un paio di settimane fa… da parte di un ospite che non mi sarei mai aspettato: Drachma.”
Quella semplice frase, detta in tono noncurante come se si fosse trattato di un banale invito ad una festa di compleanno, ebbe il potere di far sbalordire tutti quanti. Persino la Armstrong sgranò gli occhi e abbandonò la sua classica posa a braccia conserte e gambe accavallate.
“Un invito, signore? – chiese proprio lei con voce roca – E per cosa?”
“Tenetevi forti, signori – un sorrisetto furbo apparve sul voto segnato dalle rughe di Grumman – ci chiedono di inviare un’ambasciata per assistere all’incoronazione del loro nuovo Autarca.”
 
A quelle parole Olivier fu invasa da centinaia di pensieri, mentre quello strano incidente costato la vita a due suoi uomini tornava prepotente alla memoria. Improvvisamente fu come se vedesse i primi fili di una strana trappola che si stringeva attorno a loro: quell’invito e quelle morti non erano delle coincidenze, ne era più che sicura.
“Voi ovviamente capite che dietro questo invito c’è anche la concreta possibilità di rinnovare il trattato di non aggressione… se non raggiungere una vera e propria pace.”
Le parole di Grumman le fecero però vedere anche l’altra faccia della medaglia. Era effettivamente un’occasione troppo importante per rifiutare così alla leggera: si trattava di garantire la stabilità del confine nord per chissà quanti altri anni.
“Sarebbe un bel colpo, signore – annuì Mustang, con un sorriso scaltro – ci ha portato qui per ricevere le nostre congratulazioni personali?”
“Sai bene che non sono così sprovveduto, ragazzo – scosse il capo Grumman – le congratulazioni le accetterò solo quando avrò il trattato firmato davanti ai miei occhi. Non sarei arrivato alla mia età e a questa carica se non fossi un minimo accorto, non credi?”
“Con tutto il rispetto, signore – intervenne Olivier con aria seccata – credo che lei dovrebbe prendere in considerazione diverse questioni prima di decidere se inviare o meno l’ambasciata.”
“Ma davvero, mia cara? Sono tutt’orecchi, coraggio. Se ho convocato pure te è perché voglio una tua personale opinione sulla questione: occupandoti direttamente del confine con Drachma sei un punto di vista molto prezioso.”
“Per me la risolverebbe mandando la nostra cara generalessa come ambasciatrice – ridacchiò Mustang – davanti alla sua sfavillante e tagliente persuasione direi che il trattato verrebbe firmato in dieci secondi netti.”
Davanti a quel sarcasmo Olivier si dovette trattenere per non tagliare a fette quell’uomo così odioso. Per quanto gli riconoscesse indubbie capacità non riusciva ancora a credere che fosse arrivato così in alto, tanto da poter già sfiorare il seggio di comandante supremo.
“Un vero peccato che l’Autarca sia maschio, vero Mustang? – gli ritorse contro con un sorriso cattivo – Senza le tue doti da seduttore non è che puoi ottenere molto. Ma forse le donne di Drachma non cadono ai piedi di uno smidollato come te.”
“Ti prego, generale – sorrise amabilmente il bruno – non mi hai ancora dato la possibilità di dimostrarti il mio fascino accettando un invito a cena. Eppure sono anni che cerco di farti capitolare.”
“Tieniti le tue idiozie per altre donne, pivello.”
Grumman scoppiò a ridere davanti a quel siparietto, mentre Riza si limitò a tenere un’espressione impassibile e a stare seduta con la schiena dritta.
“Allora, mia cara – disse infine il Comandante Supremo, fissando la Armstrong con furbi occhi violetti – ovviamente la tua opinione personale riguarda anche il piccolo incidente di ventina di giorni fa, vero? Due uomini di Briggs morti non sono mai uno scherzo… oh, suvvia, non fare quella faccia: ho le mie fonti d’informazione, è più che normale.”
“Due uomini di Briggs uccisi?” chiese Roy inarcando un sopracciglio.
“Ed in modo parecchio strano – annuì Olivier, recuperando la solita calma: quella piccola sorpresa da parte di Grumman aveva solo accelerato la sua decisione di parlargli del problema – segni che nessun’arma potrebbe mai fare… stiamo pensando ad alchimia o qualcosa di simile. E non mi risulta ci siano alchimisti dalle parti di Briggs.”
Svuotò completamente il sacco: a pensarci bene Mustang, almeno per una volta, era la persona più indicata per poterle dare una spiegazione logica. Tuttavia né la descrizione di quelle ferite quelle ferite né i segni tracciati sui corpi, replicati su dei fogli, seppero fornire informazioni.
“No, non sono simboli alchemici – ammise Roy alla fine dopo aver osservato quei disegni – ma è innegabile che sono stati fatti appositamente… ustioni da gelo, eh? Mi dispiace ma qui si va in un campo totalmente opposto al mio.”
“Inutile come al solito…”
“Ehi, mi è stato chiesto solo un parere e già sono arrivato a dei risultati più di quanto abbiate fatto voi: non sono simboli alchemici.”
“Altre informazioni in merito?” chiese Grumman.
“No, signore – scosse il capo Olivier – anche dall’ultimo rapporto che ho ricevuto stamane le ricerche non hanno portato a niente. Nessuna traccia in un terreno dove invece avrebbe dovuto lasciarne.”
“Allora ha agito da veramente lontano.”
“Distanze proibitive per qualsiasi arma da fuoco… la cosa puzza e non poco.”
“A Drachma si pratica l’alchimia?” chiese Roy.
“Se tu avessi letto qualche libro in più, o ti fossi degnato di imparare qualcosa sui nostri vicini – lo squadrò disgustata la donna – sapresti che di Drachma abbiamo solo poche e basilari informazioni sul sistema di governo. Così come ben poco sappiamo sulle loro armi segrete o chissà che altro. E’ da più di cinquant’anni che non c’è un ambasciatore di Amestris che mette piede a Drachma… e chissà quante cose possono essere cambiate.”
“Insomma si tratterebbe di andare in un paese di cui sappiamo ben poco con buone possibilità che ci sia stata tesa una trappola…” commentò Riza, prendendo per la prima volta la parola.
“Però ci sono dei punti che non tornano – ammise Roy, tornando serio – è un invito ufficiale e come tale sarà stato inviato anche agli altri paesi confinanti, no?”
“So per certo che inviti simili sono stati inviati a Creta e Xing, e so altrettanto per certo che invieranno ambasciatori.” Grumman si rigirò i fogli dell’invito tra le mani.
“Non si esporrebbero così palesemente se l’invito non fosse fatto con buone intenzioni – considerò l’alchimista – giocarsi di colpo l’ostilità di tre paesi tra cui Xing? No, non possono essere così stupidi.”
“E l’attacco ai miei uomini come lo vuoi definire?” sibilò Olivier.
“Non saprei proprio – scrollò le spalle il bruno – mi limito a fare considerazioni, tutto qui.”
Il silenzio si protrasse per diversi minuti, mentre tutti soppesavano quanto era stato detto: c’erano dei pro e dei contro, questo era innegabile. Una volta entrata a Drachma l’ambasciata se la sarebbe dovuta cavare praticamente da sola, era un dato di fatto, aggrappandosi solo alla garanzia data da quell’invito. Ma riguardo a quello che avrebbe trovato c’era l’incognita più assoluta.
“Comandante – disse la Armstrong con amarezza – lei ha già deciso di andare, vero? Non ci avrebbe convocati qui altrimenti.”
“Che? – Grumman la fissò con sorpresa – oh no, mia cara, le mie povere ossa non sono certo in grado di compiere un viaggio simile. Non sono mai stato un grande amante dei climi freddi… e poi con l’età che avanza… Assolutamente qui ci vogliono forze fresche.”
“Se io vado a Drachma lo farò con tutto l’esercito Briggs dietro, sia chiaro.”
“Ottime premesse per un trattato…” sbuffò Roy.
“Mustang, taci!”
“No, mia cara generalessa – Grumman riportò l’attenzione su di sé – purtroppo tu non puoi essere mia ambasciatrice. La persona che mi ha portato questa missiva ha avuto anche l’accortezza di darmi alcune informazioni per evitare di incappare in episodi imbarazzanti… Drachma ha particolari tradizioni che si gradirebbe venissero rispettate…”
“Come non sfondare i confini con un esercito?” sorrise con malizia Roy, facendo l’occhiolino alla sua rivale.
“… come il fatto che da loro le donne non sono ammesse nell’esercito e non possono occupare ruoli burocratici o simili – corresse Grumman – un vero peccato, non verranno mai ambasciatrici di Drachma qui ad Amestris. Eppure devono essere delle grandi bellezze…”
“Una persona non si valuta dal suo sesso, ma dalle sue capacità – sbottò la Armstrong, ritenendo la questione definitivamente chiusa – non è mia intenzione andare in un paese sessista come Drachma. Sarei stata io stessa a rifiutare quest’incarico. Se volete scusarmi, anzi, io ho delle cose da fare a Briggs.”
“Posso contare su di te per far passare l’ambasciata dalla fortezza e condurla al sicuro fino a dieci chilometri oltre il confine? – chiese Grumman alzandosi in piedi e accompagnandola verso la porta – Qui incontreranno il loro accompagnatore che li scorterà nella capitale. Ovviamente i confini saranno ben tenuti d’occhio e pronti ad attaccare al minimo accenno di tradimento, no?”
“So benissimo come comportarmi, signore – sbuffò Olivier con un saluto militare – aspetterò l’arrivo dell’ambasciata, come ha ordinato. Con il suo permesso.
 
“Che donna! – sospirò Grumman come le porte vennero chiuse con forza – avessi vent’anni di meno ammetto che non mi dispiacerebbe tentarne la conquista. Ma la sua spada è un’arma forse troppo persuasiva per i miei gusti.”
“A volte è difficile pensare che lei e quel bonaccione del generale di brigata Armstrong siano fratelli – ridacchiò Roy, rilassandosi sul divano – ma è una donna di classe, di sicuro.”
“Tutti questi commenti si potrebbero anche evitare – dichiarò Riza contrariata – è una donna con grandi responsabilità e le dovete molto, lo sapete.”
“Oh suvvia, mia cara, non te la prendere. Perdona il tuo vecchio nonno!” finalmente Grumman si lasciò andare e si accostò alla nipote per baciarla teneramente sulla fronte. Riza arrossì di piacere a quel gesto intimo e accettò di buon grado il successivo buffetto sulla guancia.
“Da quanto ho capito dovrò fare io l’ambasciatore – commentò Roy con sguardo furbo – beh, la mia esperienza con Xing è certamente un ottimo precedente.”
“O più che altro so che tu sei abbastanza scaltro da saperti muovere – sorrise Grumman con noncuranza – tu e la tua squadra siete disposti a questa trasferta? Del resto quando ero a capo del Quartier Generale dell’Est mi avete sempre dato grandi soddisfazioni e notevole divertimento.”
“Grazie per le lusinghe, signore – iniziò Roy, ma poi parve riscuotersi – tuttavia chiederò personalmente ai ragazzi se vogliono partecipare a questa missione. E’ comunque un bel rischio quello che si va a correre e se rifiuteranno non farò obiezioni.”
Grumman stava per rispondere, ma Riza scosse il capo con aria discreta.
Sapeva bene quello che passava nella mente del suo superiore. Adesso le cose erano molto cambiate rispetto a quando erano una classica squadra d’assalto: sia Havoc che Falman avevano moglie e figli e se c’era una cosa che Roy voleva evitare era metterli in pericolo più del necessario. A Riza non era sfuggito come, da quando erano nati i gemelli, Havoc non venisse più portato in missione presso New Ishval. A modo suo Roy cercava di tutelare i suoi uomini e le loro famiglie… anche se Riza non aveva nessun dubbio in merito alle risposte che questi avrebbero dato.
“A proposito – commentò – e come la mettiamo con me? Non ho nessuna intenzione di lasciar andare il generale da solo: devo tenerlo d’occhio.”
“Me la posso cavare!” iniziò Roy.
“Oh, tranquilla, mia cara – sorrise Grumman – con te la questione si risolve molto facilmente. L’ambasciata sarà composta dal mio fidato generale, ossia colui che potrà firmare eventuali trattati, ed inoltre ci sarà la nipote del comandante supremo… del resto Xing manderà probabilmente uno dei numerosi fratelli dell’imperatore, no? Io invece, manderò la mia adorabile nipotina… spero che non ti dispiacerà fare a meno della divisa per qualche settimana, mia cara.”
Roy e Riza si scambiarono un’occhiata.
Come sempre Grumman aveva la capacità di sorprenderli con la sua astuzia.

 
  
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