Capitolo ventinovesimo
La seconda
leggenda: il potere di scambio
Pov. Amia
«Non ho dimenticato,
sai? Avevi promesso che mi avresti consultato prima di buttarti in imprese
suicide. Non sono state le cattive intenzioni a guidarti, ma resta il fatto che
mi hai mentito e ingannato per fuggire di nascosto. Sei scappata da palazzo!
Hai lasciato i nostri amici e soprattutto me…»
tuonò Andras, sciogliendo quel dolce abbraccio che, fino a un attimo prima,
aveva premuto pelle contro pelle come nel tentativo di fondere l’una con
l’altra per lo spasmodico desiderio di diventare una cosa sola ed indivisibile.
«… E hai affrontato Rea a testa alta, da vera guerriera, per salvare tuo padre
dalla follia della tua antenata e dei suoi complici. Mi hai reso fiero di te,
Amia» concluse.
«Grazie per avermi capita»
dissi piena di gratitudine per le sue ultime parole.
Il mio ragazzo sbuffò,
spostando altrove lo sguardo e passandosi con nervosismo la mano destra fra i
neri capelli scompigliati. «Troverò il modo per farti pagare ogni singola
preoccupazione che mi hai causato in questi giorni, ma per adesso direi di
accantonare la faccenda per recuperare tuo padre e tornarcene finalmente a
casa.» Posò nuovamente gli occhi blu zaffiro su di me e mi accarezzò il viso
con aria improvvisamente ansiosa. «Sei troppo pallida: devi assolutamente
riposare in un letto caldo e accogliente.»
«Il nostro» dissi,
ricordando le stanze private del dominatore di un mondo che, pian piano, stavo
accettando come mio.
Lui annuì. «Sì, il nostro letto» confermò accompagnando la
risposta con l’accenno di un sorriso.
Poco dopo Damien e
Raina ci corsero incontro e ci si gettarono addosso, unendo il gruppo in un
grande abbraccio come a sancire in modo ufficioso l’avvenuta rimpatriata.
Andras fece una
smorfia e scostò presto tutti da sé. «Come siete appiccicosi voi due!» si
lamentò con i nostri amici.
Scossi la testa, divertita:
l’amore aveva infine raggiunto il suo cuore, ma questo non cambiava il fatto
che Andras restava il Mr. Ghiacciolo di sempre.
E poi, dentro di me,
sorse la felice constatazione che Andras, ora come in futuro, avrebbe
acconsentito a delle coccole solo nel caso in cui queste ultime sarebbero
provenute dalla sottoscritta.
Damien fece la
linguaccia al mio ragazzo e gli girò le spalle con aria offesa e perfettamente
in linea con il suo carattere spiccatamente teatrale. «Volevo soltanto alleggerire
la tensione…» borbottò sottovoce.
Andras lo ignorò come
se nulla fosse e si rivolse a me dicendo: «Su, raggiugiamo tuo padre.»
«Credo sia meglio far
andare me e Damien, Andras. Nonostante Rea si sia allontanata da qui,
probabilmente il padre di Amia ha la mente ancora soggiogata dai suoi trucchi
magici e, vedendo la figlia in quanto primo nemico da eliminare, potrebbe
azzardare mosse pericolose non solo per lei ma per tutti noi che, naturalmente,
accorreremmo a difendere Amia con il rischio di ferire lui nel piccolo scontro»
intervenne ragionevolmente Raina.
Abbassai tristemente
lo sguardo sul pavimento: era una sensazione terribile quella che stava
sopraggiungendo al mio cuore nel sapere di esser vista da mio padre come la
preda di un’insensata caccia a causa della magia sacerdotale. E il male che
sentivo era peggiore adesso che una volta, ormai che sapevo di non esser mai
stata davvero odiata da mio padre quando ero piccola.
Raina notò il mio umore
afflitto e mi prese amichevolmente entrambe le mani con le sue. «Ehi…
tranquilla» iniziò, sfregando i pollici contro la pelle dei dorsi delle mie
mani tremanti. «Tutto si sistemerà. E sai perché ne sono certa?»
Dato il considerevole
sforzo che già stavo esercitando per mantenere l’autocontrollo, così da
accertarmi che nessuna lacrima uscisse dai miei occhi per manifestare
apertamente il mio dolore, mi limitai a far segno di no scuotendo lentamente il
capo.
La mia amica sorrise,
e il suo era un sorriso fatto di incontaminata speranza. «Perché i tasselli
giusti tendono sempre a unirsi a quello che rappresenta la vita di una persona
che li merita tutti e lotta lungo l’intero arco della sua vita per stringerli a
sé. E ti giuro che tu, amica mia, sei degna dell’amore di tuo padre tanto
quanto hai dimostrato di esserlo di quello dei tuoi amici e del tuo ragazzo.»
Dopo ciò, lasciai
andare Raina e Damien a cuor leggero.
Andras poggiò
delicatamente una mano sulla mia schiena e mi invitò a sedermi per riposare un
po’ in modo da distendere almeno in parte i nervi tesi prima di tornare a casa,
dove avrebbe avuto inizio una routine a dir poco frenetica in vista della
guerra. Data la mancanza di solide mura a cui appoggiarci, ci sostenemmo a
vicenda alla buona ed efficace vecchia maniera: schiena contro schiena.
«Stavo combattendo
con Marcus quando tu mi hai raggiunto… Mi hai trovato o sei capitata in questa
sala per caso?» mi chiese, spezzando il silenzio e allungando la mano destra a stringere
la mia sinistra.
«Ti ho… come dire… visto nella mia testa, e mi sono
precipitata da te per aiutarti nel difficile confronto con quell’uomo.»
«Ti vedo pure io adesso che ho accettato e
confessato apertamente di essermi innamorato di te» rivelò a brucia pelo.
«Centra la leggenda
delle prescelte, allora» dedussi con la pelle d’oca.
«È così» confermò. «Visti
anche i precedenti, credo proprio che d’ora in poi i nostri poteri individuali
andranno aumentando.»
«Si fermeranno un
giorno?»
«Nessuno ne sa
abbastanza sull’argomento per affermarlo con certezza.»
Seguì qualche minuto
di pesante silenzio: la tensione, invece di diminuire, era aumentata.
«Andras… Ecco, io…»
esordii, titubante.
«Amia...?»
Sospirai stancamente.
«Devi sapere che in questi giorni Rea mi ha detto delle cose piuttosto…»
Inspirai ed espirai. «…
particolari.»
Andras lasciò passare
circa un minuto prima di decidersi a prendere la parola. «Su di me, immagino.»
«Non le credo quando
dice che sei un mostro assetato di potere. Ma, Andras… è vero che in un brutto
periodo della tua vita hai… stuprato… delle donne umane?»
Andras si girò
immediatamente e mi prese per le spalle, voltandomi verso la sua parte e
incrociando il suo intenso sguardo con il mio, leggermente scosso. «Rifiutando
l’amore di Rea, l’ho profondamente offesa e ferita. Io ero alla disperata
ricerca della mia prescelta e, dopo tutto quel tempo passato lontano da casa,
mi sarei fiondato sulla prima ragazza che qualcuno mi avesse indicato come
tale. Rea, volendo vendicarsi del torto secondo lei subito, soggiogò molte
persone e, attraverso la loro bocca, mi spinse tra le braccia di altrettante
povere innocenti di cui io abusai… sessualmente…»
«A volte, il tuo
desiderio di diventare padre di un demone leggendario mi spaventa» confessai.
«Ti ho già spiegato
perché dovremmo avere un figlio al più presto» ribadì, duro.
«Ricordo ciò che mi
hai detto.»
Andras mi lasciò
andare e si rialzò in piedi; notai che stava guardando nella direzione in cui
poco fa erano spariti Damien e Raina.
Allarmata, gli
chiesi: «È successo qualcosa ai nostri amici?!»
«No» mi
tranquillizzò. «Al contrario, sono vicini.»
Visibilmente
sollevata, mi rialzai anch’io.
Dalle scale
semidistrutte che conducevano ai sotterranei spuntò Raina per prima, subito
seguita da Damien, che vidi avere mio padre svenuto caricato sulle spalle.
Non aspettai che ci
raggiungessero loro e gli corsi incontro per assicurarmi delle condizioni di
salute di mio padre. Aveva numerose ferite ancora sanguinanti sparse qua e là e
non ci voleva un esperto in materia per capire che non erano state causate da
semplici pezzi cadenti delle macerie dell’edificio.
Mio padre è stato… torturato.
«Oddio… papà. Che ti
hanno fatto?» mormorai, sconvolta.
Torturato.
«Amia.»
Papà…
«Amia!»
… mi dispiace. È
tutta colpa mia.
Venni presi bruscamente
per le spalle. «Amia, non è grave. Ha qualche costola rotta, ma nulla che i
medici di palazzo non possano curare.»
Spostai lo sguardo
dal corpo malandato di mio padre e guardai Andras con occhi spenti. Mi sforzai
di annuire. Evitai di prendere la parola perché sicuramente dalla mia bocca
sarebbe uscito unicamente un grido strozzato.
Benché stordita dai
colpi psicologici ricevuti in quelle ultime frenetiche ore, ad un certo punto
del viaggio di ritorno ebbi la classica sensazione di déjà-vu che avvolge casi
analoghi.
Attraversammo la capitale dell’Impero di
Alloces e, sorpassato anche il bel lago sotto la grande cascata alle cui sponde
si trovava il castello, proseguimmo per una lunga salita dove, svoltata
l'ultima curva, mi si parò di fronte un qualcosa di davvero stupefacente.
Dietro un imponente cancello in oro bianco
stava, in tutta la sua verde lucentezza, una vastissima distesa di erba e
foglie cadute; il cancello si aprì e fece entrare l'auto. Potei ammirare con
calma il lunghissimo viale, dove vidi un trionfo di colori nei vari fiori che
abbellivano il prato. Il buon odore dei fiori stranieri penetrò le mie narici
attraverso il finestrino aperto; i cespugli erano chiaramente stati tagliati e
rifiniti da un abile giardiniere che li aveva realizzati in diverse e
particolari forme: cervi, cherubini, piccole tartarughe e molto altro ancora. Tutto
era curato nei minimi dettagli: mi sembrava di essere in un giardino
principesco dell'ottocento.
Poi ecco ergersi davanti a me, in tutto il
suo splendore, il palazzo reale più bello su cui avessi mai posato gli occhi:
tutto era in marmo bianco e azzurro, mentre decorazioni di vario tipo in oro bianco
e rosso adornavano le numerose finestre dai vetri a mosaico e le tante porte. Poco
prima dell'entrata vi era una piazzetta in cui una grande e circolare fontana
sprizzava acqua limpida e lucente dall'anfora di un cherubino in marmo bianco.
E, anche questa
volta, fu la buona e simpatica Katia a venirmi incontro. Era una donna robusta sulla cinquantina i cui capelli castano chiaro
erano legati in un severo chignon; indossava un vestito umile ma sapientemente
pulito e stirato.
Katia piangeva senza
imporsi alcun freno, evidentemente sollevata di vedermi in grado di reggermi da
sola sulle gambe. Mi strinse in un abbraccio caloroso, pieno d’amore materno.
«Piccola cara… Oh,
per l’amor del Cielo! Dove sei stata? Stai bene adesso? Oh, quanto ti ho
pensata in questi giorni! Andartene così, senza dir nulla a nessuno… che brutta
faccenda! Ma sei tornata qui, grazie a Dio, sana e salva, e… fatti abbracciare
ancora un po’, stellina mia!»
Andras, sostenuto a
gran voce da Katia e con il vivo supporto di Damien e Raina, insistette per
farmi visitare dagli esperti medici di corte. Ovviamente, anche i miei tre
compagni d’avventure si sottoposero a dei controlli, ma io fui quella
trattenuta di più con mio enorme disappunto. Infatti non ero tanto preoccupata
per me stessa quanto per il mio povero padre, che venne immediatamente preso
sotto l’ala protettiva di Andras e condotto da chi di dovere. Appurato il fatto
che fisicamente avrei potuto riscontrare di peggio e che la mia mente fosse nel
mio pieno possesso, nonché medicato alla perfezione ogni ferita e il minimo
graffio su preciso ordine dell’imperatore, Andras finalmente si decise a
concedermi un confronto diretto con colui che aveva appena finito di studiare
lo stato di mio padre. Il medico mi informò di ciò che già sapevo, e cioè che
mio padre era stato sapientemente soggiogato da Rea, facendomi restare
profondamente delusa e amareggiata termine tecnico dopo sinonimo altrettanto
freddo. Volevo delle risposte precise e… possibile che nessuno sapesse aiutarmi
in merito?! Avevo già perso mia madre… non avrei retto anche la scomparsa
definitiva dell’altro genitore. Prima di congedarmi, il medico ebbe pietà di me
e mi consigliò di tentare un approccio diverso dall’immaginabile con mio padre,
vale a dire rimboccarmi le maniche e usufruire al massimo della magia
sacerdotale di cui ero dotata, benché la mia faccia scettica e parecchio
confusa la dicesse lunga a tal proposito. Insomma, non ero mica una
sacerdotessa con una considerevole esperienza alle spalle alla pari di Rea e
delle sue sottoposte…
Sempre più afflitta,
me ne tornai in camera da letto per riposare un altro po’ prima di rimettermi
in carreggiata con gli allenamenti speciali messi appunto apposta per me da
Andras in persona.
Sospirai pesantemente
mentre poggiavo l’avambraccio destro sopra gli occhi stanchi e mi distendevo.
Riflettei a lungo su
due punti in particolare: primo, le sacerdotesse al fianco di Rea non avrebbero
mai tradito quest’ultima; secondo, con ogni probabilità l’unica chance che
avevo era quella di recarmi dai Guardiani dell’Occhio per ricevere da loro
istruzioni circa il modo secondo cui la magia sacerdotale avrebbe risolto il
dramma di mio padre.
Sbuffai. Andras non mi permetterà di vedere i
Guardiani dell’Occhio neanche a distanza di un solo pianeta. Certo, visto
il caso delicato, il mio ragazzo aveva ragione di essere tanto apprensivo, ma
io avevo un problema piuttosto urgente e, l’avrebbe riconosciuto pure un cinico
come lui, mi erano rimasti solo quegli strani individui per aiutarmi a
risolverlo: non potevo proprio lasciarmi sfuggire quest’occasione d’oro,
compenso elevato o meno.
Scattai a sedere sul
letto pensando che non potevo restarmene lì ferma ad aspettare chissà quale
miracolo rimuginando ancora sulle cose il cui accesso mi era negato. Avrei
fatto a modo mio e…
Andras. Raina.
Damien.
Come avrei potuto
lasciarli senza dir loro nulla una seconda volta? No, dovevo almeno
comunicargli le mie intenzioni. Era giusto così.
L’attimo dopo, nella
stanza entrò Andras con un cofanetto blu zaffiro fra le mani che io osservai
incuriosita; il cofanetto era rettangolare ed era grande quanto due pugni
chiusi messi l’uno accanto all’altro.
Andras venne a
sedersi sul bordo del grande letto matrimoniale. Mi accarezzò dolcemente una
guancia mentre con gli occhi mi comunicava tutto il suo amore nei miei
confronti. «Ti ho portato un regalo» disse.
Venne fuori solo un
sorriso tirato, perché nonostante il mio sentirmi lusingata per questo suo
gesto c’era nel mio animo un turbamento troppo logorante per essere messo da
parte anche per un piccolo momento. «Oh, Andras… non dovevi» gracchiai
tossicchiando un po’ per il mal di gola.
Lui prese la mia mano
destra ed eseguì un perfetto baciamano, quindi mise avanti il cofanetto e lo
aprì rivelandone il prezioso contenuto. Portai istantaneamente una mano a
coprire la mia bocca spalancata per lo stupore. Lì sotto i miei occhi, su
soffice seta rossa, c’era incastonato un anello contornato da numerosi petali
di rose bianche.
«Mi stai donando un anello di fidanzamento?!» esclamai.
Andras arrossì appena
sulle gote, sicuramente in imbarazzo – è
adorabile! – e annuì. «Nel mio mondo non si usa regalare un anello alla
propria fidanzata per chiederla in moglie, ma so che invece sulla Terra è
pratica usuale per tradizione, così ecco qua l’anello che ho personalmente
scelto per te. Vorrei che tu portassi quest’anello sull’anulare sinistro, come
dice la tradizione umana, e fargli seguire la fede nuziale il giorno del nostro
matrimonio spostando l’anello di fidanzamento sull’altra mano. Poi, se vorrai,
potrai indossare entrambi gli anelli sullo stesso dito.»
Corrugò la fronte. «Tutto questo
perché è credenza diffusa che proprio dall’anulare sinistro passi una piccola
arteria che risalendo lungo il braccio arriva direttamente al cuore.»
Per farmi piacere si è informato proprio bene!
Lasciai che mi
infilasse il solitario in oro bianco e rosa con brillanti ai lati al dito; il
diamante al centro era a dir poco enorme e plasmato come una rosa sbocciata.
«Sai sempre come
amarmi» dissi, felice che si interessasse della mia cultura d’origine.
«Per raggiungere il
tuo cuore non ho bisogno di seguire alcuna indicazione. So dov'è l'amore che
ama il mio» sottolineò in tono appassionato e vibrante.
A queste sue parole
il mio cuore tremò e si scaldò.
«Siamo l'amore che ha
plasmato un mondo solo nostro» confermai con un ampio sorriso, un po’ più
serena.
Andras si sporse per
baciarmi. All’iniziale tocco pacato delle sue soffici labbra subentrò a poco a
poco una sempre meno accorta prudenza, poi al successivo slancio passionale si
sostituì un grandioso impeto amoroso e scoppiò un bacio… immenso, una svolta capitale. Capii che non ci saremo fermati, che
avremo continuato ad amarci sino al culmine del piacere. E così fu, nonostante
le mie continue raccomandazioni circa il suo non venire dentro di me.
Unire il mio corpo al
suo mi sollevò l’animo. Finalmente, infatti, dopo giorni di forzata prigionia e
straziante lontananza dal mio Andras, mi svegliai tranquilla, in pace con me
stessa e fiduciosa nel lieto fine della nostra relazione.
Sorridere alla vista
del volto addormentato del mio amato non fu mai così spontaneo. Con la mano
destra, libera dall’intrico di coperta e lenzuola, gli accarezzai la leggera
barbetta percorrendo per intero la linea della mascella. Lo vidi sorridere nel
sonno, poi lo sentii mormorare con voce impastata il mio nome più di una volta.
Andras era tanto tenero in quel momento… così bello. E io molto fortunata ad
essere sua.
Ripensai alla sua
meravigliosa dichiarazione d’amore e il mio sorriso si ampliò mentre le guance
si coloravano rapidamente di un imbarazzato e altamente lusingato color
porpora. Non avrei mai dimenticato una sola parola, anzi una ad una avrebbero
per sempre assunto il ruolo di scaldarmi corpo, cuore e anima.
«Ti amo immensamente,
Andras» sussurrai dolcemente.
Il mio ragazzo aprì
prima un occhio e infine l’altro. Il suo sguardo, posato sul mio viso, era a
dir poco adorante. «Ti amo anch’io, amor mio» soffiò mentre con la mano destra
mi scostava un ciuffo di capelli rossi dalla fronte con innamorata delicatezza.
Oh, era così bello, e
appagante, sentirgli dire quelle due speciali paroline senza pensarci su
nemmeno un attimo!
Lanciai un’occhiata
veloce alla finestra e feci una smorfia di disappunto. «Il sole è già sorto…
Dovremmo alzarci.»
«Mmh» fece soltanto,
continuando ad accarezzarmi i capelli.
Ridacchiai, contenta
di ricevere tante coccole di prima mattina. Neanche io avevo voglia di lasciare
quelle lenzuola ancora roventi delle effusioni scambiate durante la notte.
«Damien e Raina ci
aspettano tra meno di un’ora nel tuo studio, lo sai» gli ricordai a malincuore.
«Mmh» fece di nuovo,
baciandomi la spalla destra una… due… tre volte. Dalle mie labbra uscì un
sospiro di puro piacere. Andras era un demone tentatore e… dannatamente sexy.
Posai gli occhi sulle
sue labbra dischiuse mentre i suoi, brillando di rinnovato desiderio, già
osservavano le mie, ormai bramose di un contatto più che soddisfacente. Ma
arrivammo a scambiarci soltanto un semplice bacio a stampo perché un insistente
bussare alla porta ci interruppe sul più bello.
«Andras, so che siete
l’uno appiccicato all’altra come un granello di sabbia ad un altro nel cocente
deserto di mezzogiorno, dunque non entro, ma volevo assolutamente ricordarvi
che dobbiamo discutere di questioni piuttosto urgenti e che quindi non avete
nemmeno il tempo dei preliminari mattutini» ci informò Damien, divertito, da
dietro la porta.
Sentii Andras
borbottare numerosi insulti contro il suo “invadente e maleducato” migliore
amico e risi di cuore. Il mio ragazzo, allora, con un’espressione teatralmente
offesa che fomentò le mie risate, si staccò da me non senza un’evidente
malavoglia. Alzato lui, io dovetti far lo stesso.
Ci vestimmo
velocemente per evitare che gli occhi dell’uno indugiassero pericolosamente sul
corpo nudo dell’altra. In meno di un quarto di giro d’orologio uscimmo dalla
stanza.
Una volta fuori,
girai la testa prima a destra e poi a sinistra ma di Damien non c’era nemmeno
l’ombra. Con sguardo interrogativo mi voltai verso Andras. Lui, in risposta, mi
fece cenno col capo di seguirlo con l’aria di chi la sapeva lunga.
Svoltammo l’angolo
prima del quale c’era il corridoio su cui si affacciava la nostra stanza e vi
trovammo una scena sicuramente vietata alla vista di minori.
Andras e io ci
schiarimmo la voce, lui scocciato e io imbarazzata. Damien e Raina, allora, con
evidente fatica si divisero. Mi sorpresi, perché fino a un secondo prima erano
così stretti l’uno all’altra che avevo seriamente pensato si fossero per sempre
fuse ossa e carne e vestiti di entrambi.
«E così…» Andras fece
schioccare la lingua sul palato. «… non c’era nemmeno il tempo dei preliminari»
finì, battendo a intermittenza regolare il piede destro sul pavimento.
Damien e Raina si
ricomposero alla bell’e meglio.
«Per te, che hai
scioccanti progetti erotici, no di sicuro. Per un tipo più umile come me,
invece, sì. Non negare, amico. Ho visto il
quaderno…» disse, allusivo, senza alcun pudore.
La mia testa scattò
immediatamente in direzione del mio ragazzo. Ero a bocca aperta.
Andras quasi si
strozzò con la sua stessa saliva. «Eh?!» sbottò, rivolto al demone biondo.
«Scusami, ma ho dovuto leggerlo. Per prenderne spunto e
avere geniali ispirazioni per i miei, di rapporti sessuali.»
Raina, scioccata
almeno quanto me, disse: «Stai scherzando, vero?!»
Damien si piegò in
due dalle risate. «Ovviamente! L’unico quaderno intimo che Andras possiede
riguarda segrete e zuccherose poesie d’amore dedicate ad
Amia!» Guardò me e Raina. «Oh, andiamo, ragazze mie, credevate davvero che un
bigotto come Andras potesse avere sogni erotici migliori dei miei?»
Andras arrossì come
mai l’avevo visto fare.
Gli posai la mano
destra su una spalla. «Un quaderno di poesie, eh?» chiesi conferma in un tono
di voce che di serio non aveva proprio nulla.
Il mio ragazzo
ridusse gli occhi a due sottilissime fessure a dir poco minacciose, sfidandoci
a osare pronunciare un’altra sillaba, per poi proseguire con passo veloce e
andatura indignata verso il suo studio.
Io, Raina e Damien ci
scambiammo diverse lunghe occhiate, tentando di trattenerci, ma quando Andras
svoltò il successivo angolo ci risultò impossibile non scoppiare a ridere come
tre folli.
Oh, devo assolutamente scovare quel quaderno
e leggere dalla prima all’ultima poesia!
Aspettammo un po’
prima di raggiungere Andras nel suo studio: era meglio fargli sbollire la
rabbia prima di azzardarci a mettere fra noi e lui una distanza inferiore ai
dieci metri. O meglio, a me e Raina non avrebbe torto un capello, ma per
solidarietà nei confronti di Damien ci organizzammo così.
Una volta davanti
l’imponente porta a due battenti dello studio privato del mio ragazzo, bussai.
Quindi entrai io, poi la mia amica e infine l’impertinente demone biondo, che
ancora sorrideva sfacciatamente con aria bonaria. Non fosse stato l’amico di
lunga data di Andras, a quest’ora Damien avrebbe sicuramente avuto il cuore
strappato dal petto, pensai.
Naturalmente,
l’accoglienza di Andras fu tutt’altro che calorosa, ma nessuno ci badò troppo e
tutti preferimmo non perdere altro tempo utile perché c’era in ballo una
guerra.
Tutto iniziò da un
libro.
Il libro fra le mani di Raina non era molto
grande, ma la copertina rigida blu notte dai morbidi e sinuosi decori dorati
dava al volume un’aria solenne, quasi severa. Con una certa impazienza, lessi
il titolo in rosso: Raina era in possesso del libro in cui erano narrate le leggende
riguardanti le prescelte.
Sorrisi, divertita
dalle facce sorprese dei nostri ragazzi. «Per fortuna, ci sei tu a pensare alle
cose importanti, Raina!»
«Ah, evitiamo le
chiacchiere inutili! Piuttosto, vediamo di trovare un brano che contenga le
informazioni che ci servono» borbottò Andras, sicuramente infastidito
dall’inconfutabile verità di non aver pensato per primo a procurarsi La leggenda delle prescelte, la raccolta
di tutti i brani sulle ragazze come me e Raina che diverse persone sagge e
autorevoli avevano incluso nei loro libri.
Raina scoppiò a
ridere e si indicò con l’indice della mano destra. «Leggo io, siete d’accordo?»
Damien si mise al suo
fianco. «Dunque sai dove cercare…» fece, e il suo sguardo era inquisitorio.
La mia amica arrossì,
colpevole. «È possibile che io abbia
letto l’intero libro, sì.»
Il demone biondo e il
mio ragazzo la guardarono torvi per un attimo, poi sollevarono gli occhi al
cielo e sbuffarono.
Io feci spallucce,
per nulla offesa. Raina era stata previdente e solo grazie alla sua brillante
intuizione adesso potevamo usufruire del prezioso aiuto del libro. Con
giudizio, dopo la lettura, avremmo agito insieme perché eravamo ormai diventati
una squadra, e per tale motivo ci fidavamo ciecamente l’uno dell’altra.
«Puoi iniziare a
leggere, amica mia» dissi con fermezza mentre mettevo una mano sulla spalla di
Raina, che annuì.
«Già, illuminaci» si
intromise Andras, sarcastico, ma dal luccichio malizioso nei suoi occhi era
evidente che stava solo scherzando e che quindi non era veramente arrabbiato
con Raina. A modo suo voleva essere simpatico: il giusto relazionarsi con
persone che non conosceva da molto era per Andras un traguardo non ancora
raggiunto, benché gli mancasse davvero poco.
Raina, come me, capì
le buone intenzioni di Andras e gli fece l’occhiolino. Successivamente si
schiarì la voce prima di iniziare a leggere con immensa serietà. «Brano secondo;
primo paragrafo, “Il potere di scambio”: Il potere di scambio è
una qualità della coppia demone-prescelta che si sviluppa quando ormai il
legame fra l’uno e l’altra è sancito non solo dalla premessa costituita dalla
dichiarazione d’amore di entrambi ma anche e soprattutto dalla lacrima di sangue
che simboleggia il cuore del demone donato alla sua prescelta. Il legame
indissolubile fra un demone e la sua prescelta permette alla coppia di andare
oltre l’uso del potere proprio del singolo. L’unico limite di un amante che ha
trovato il suo vero amore è l’esserci o no della volontà. Dunque, se il demone
intende usufruire delle capacità della sua donna può farlo; viceversa anche la
prescelta può fregiarsi delle doti del suo demone. Non esiste un tempo massimo
riguardo il possesso dei poteri dell'altro, benché è bene far notare che più si
usa un potere non proprio più è forte il pericolo di perdere tracce importanti
o meno di tale potere al momento della sua restituzione al legittimo
proprietario. Da Leggende sui poteri congiunti, autore
sconosciuto.»
«Interessante» disse Andras, sorpreso e visibilmente
ammirato, grattandosi il mento con l’indice e il pollice della mano destra. Si
girò a guardarmi negli occhi con seria attenzione. «Proviamoci subito, Amia!»
«Dovremmo prima vedere se il fatto che io non sia una
semplice prescelta sia determinante o no. La fondamentale domanda da porci è:
la mia natura di sacerdotessa risulterebbe pericolosa per la tua salute nel
caso in cui usassimo il potere di scambio?» gli feci notare.
Damien annuì, pensieroso. «Carotina ha ragione, amico» mi supportò; come me, era preoccupato
per Andras.
Il diretto interessato roteò gli occhi. «E va bene…»
sbottò. «Raina, per favore guarda se nelle pagine a seguire c’è un passaggio a
tal proposito.»
La mia amica si mise subito all’opera. Un minuto dopo
puntò il dito su una frase precisa e ce la lesse: «È curioso il rarissimo caso
in cui la prescelta di un demone è una sacerdotessa.»
«Nient’altro?! Oh, che assurdità! Che libro inutile!»
fece Andras, esasperato, a seguito del silenzio in cui lui, io e Damien avevamo
atteso invano che Raina continuasse a darci informazioni.
«Almeno abbiamo questo!» ribatté Raina, che non
tollerava parole denigratorie nei confronti dei libri e della cultura in
generale.
Raggiunsi Andras in due falcate e gli abbracciai il
busto con un braccio. «Ascolta, troveremo un metodo alternativo per cavarcela
con Rea e la CGE…» dissi, intimamente insicura sul da farsi.
Il mio ragazzo scosse la testa. «No, voglio tentare la
strada del potere di scambio.»
«Beh, io non sono d’accordo, quindi non se ne fa
nulla!» protestai, pensando ancora una volta alla possibilità che le
conseguenze sulle sue condizioni di salute sarebbero potute essere disastrose.
Tra i nostri occhi iniziò una battaglia a chi lanciava
l’occhiataccia migliore.
Ero certa che per quanto ci amassimo non avremmo mai
smesso di battibeccare.
Damien e Raina si strinsero a noi nel chiaro intento
di dare alla luce un caloroso abbraccio di gruppo per fare una pace generale.
Di fronte a due personaggi tanto bizzarri io e Andras alzammo simultaneamente
gli occhi al cielo. Notando nell’altro la medesima reazione, un sorriso affiorò
sulle labbra di entrambi.
Ero sicura anche del fatto che ogni discussione,
piccola o grande che fosse, era destinata a produrre in ciascuno di noi due una
brevissima arrabbiatura.
Andras incrociò volontariamente il suo sguardo con il
mio. Più tardi, da soli, approfondiremo
la faccenda, mi comunicò mentalmente. Io, non potendo negarmi con alcuna
scusa, annuii.
Sciolto l’abbraccio di gruppo, sospirai e mi preparai
psicologicamente ad affrontare un secondo importante discorso.
«Anch’io ho qualcosa
da farvi vedere. Mentre ero prigioniera di Rea, la mia antenata mi ha mostrato
e letto questo» dissi, tirando fuori il diario contenente le memorie della
madre di Aspen, il demone leggendario che un giorno avrei tanto voluto
incontrare con il mio Andras presente.
Lessi ai miei amici e
al mio ragazzo quello che Rea aveva letto a me.
«Dopo ciò non è stato
scritto nient’altro, purtroppo. Nelle pagine precedenti, invece, ho letto solo
ricordi di coppia. Queste parti che avete appena ascoltato sono sicuramente le
più interessanti per noi. Quindi… che ne dite?» continuai, seria, guardandoli
uno a uno.
Andras era senz’altro
il più curioso: dopotutto nostro figlio sarebbe stato come Aspen. Andras era
ansioso di avere un erede da crescere, educare e addestrare. Io, al contrario, pensai
per l’ennesima volta che avrei volentieri aspettato qualche altro anno poiché
mi ritenevo davvero troppo giovane per diventare madre. «Dovremmo fare due
chiacchiere con madre e figlio» propose immediatamente.
Annuii. «Hai ragione.
E poi, se questo Aspen decidesse di dare una mano alla nostra causa con i suoi
straordinari poteri, non sarebbe affatto una cattiva idea… Più alleati validi
abbiamo, meglio è!»
«Sono d’accordo, ma
come troviamo questi due?» chiese Raina, con la fronte corrugata.
«Potrei provare a
instaurare un contatto mentale con la madre di Aspen» riflettei ad alta voce.
«Giusto. Lei è una
sacerdotessa come te, quindi hai buone possibilità di farcela» convenne Damien.
La nostra piccola
riunione si concluse così: io avrei cercato di contattare la madre di Aspen e
di convincerla a rivelarmi dove si trovassero lei e il figlio per incontrarci;
Raina avrebbe messo mano al maggior numero di libri nella sezione proibita
della biblioteca reale per vedere se c’era qualcosa che avrebbe potuto
interessarci; Damien e Andras avrebbero rispettivamente riorganizzato esercito
e politica in vista della guerra contro Rea e la CGE.
***
ANGOLO DELL’AUTRICE
Buonasera, care
ragazze! ^__^
Questo capitolo è
ricco di news e sguardi a una rinnovata quotidianità fra Andras e Amia. Non
sentite una brezza più leggera soffiare sul rapporto dei protagonisti?
Finalmente, infatti, i due si stanno lasciando andare anche riguardo i
rispettivi scheletri nell’armadio. La relazione amorosa di Andras e Amia si sta
rafforzando ancora di più! A mio parere, pregi e difetti individuali a parte,
stanno diventando un modello di comportamento da seguire. Voi che ne dite?
Spero che questa mia
storia vi stia insegnando qualcosa, che abbia insomma una sua morale! :D
E poi… Amia
incontrerà i Guardiani dell’Occhio? Sarà produttivo per lei farlo (sempre che
Andras glielo permetta)?
“Il potere di
scambio” verrà usato? Secondo voi Amia accetterà di usufruire appieno di questo
vantaggio?
E ancora: Amia
riuscirà a mettersi in contatto con la madre di Aspen?
GRAZIE di cuore alle
64 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 20
che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 110
ragazze che hanno messo Il Dominatore del Mondo fra le seguite. GRAZIE, infine,
alle 14 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti… Vi voglio
tutte bene, care ragazze! Spero davvero di non deludere mai le vostre
aspettative!
Baci a tutte voi,
Ashwini. :*
P.S.: Credo che il
capitolo ispiri qualche buona e intelligente domanda, quindi non indugiate e
recensite quando e come volete. Mi fareste molto, molto felice! :3 (Siete
libere di farmi anche una o più richieste, e io vedrò di allineare la mia
creatività con la vostra linea d’onda.)