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Autore: FeLisbon    02/04/2015    3 recensioni
"C'era una volta..." ...ma non è una storia come tante altre, perché i nostri eroi non sono come tutti gli altri!
E questa non è di certo la fine, ma solo uno splendido e gioioso inizio!
Cosa accadde a quel "cavaliere" e alla sua "principessa" dopo quell'abbraccio carico di emozioni, e quel lieto annuncio di una nuova vita in arrivo?
[Post-Finale 7x13]
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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3. Important place
 

“Pronto? Si. Ok. Arriviamo.”
L'agente Cho rimise la cornetta del telefono al suo posto e uscì dal suo ufficio per radunare la squadra. Una giovane donna era stata trovata abbandonata in una discarica non molto lontana da lì.
“Wylei, andiamo sulla scena.”
Il giovane poliziotto non era ancora abituato a lasciare la sua postazione davanti al computer, ma pensò che probabilmente avrebbe dovuto cominciare a farci l'abitudine. Volente o nolente Kimball aveva deciso di diventare il suo mentore e di trasformarlo in un agente sul campo, a tutti gli effetti. Quell'idea, in realtà, non lo disturbava affatto. Avrebbe imparato ad essere concentrato, pronto all'azione, lucido. E lo avrebbe fatto per se stesso, ma anche per Michelle. Lei era portata per queste cose, aveva un talento naturale, ed ora lui non voleva deluderla.
Neanche Cho voleva deludere Vega: dopo la sua morte si convinse che non avrebbe più istruito nessun altro, lei era stata la sua unica allieva ed era morta per colpa sua. Aveva fallito. Si era affezionato subito a quella giovane ragazza chiacchierona e testarda, e perderla lo aveva ferito nel profondo. Ma non poteva lasciarsi fermare da questo, Wylei meritava una possibilità e aveva delle buone potenzialità. Se avesse deciso di lasciarlo ad una scrivania per sempre, forse avrebbe fallito una seconda volta.


Arrivati sul luogo del ritrovamento nessuno dei due si aspettava una scena simile. Mentre gli agenti perlustravano la zona intorno alla vittima, avevano trovato un secondo corpo. Due donne giovani, di media corporatura, entrambe colpite ripetutamente alla testa.
“Sono morte tra le dieci e le due di questa notte, ferite multiple da corpo contundente.”
L'anatomopatologo aggiornò Cho sulle prime analisi e poi si fece da parte per lasciarlo esaminare di persona. Prima di allontanarsi lanciò un'occhiata preoccupata al giovane biondino che camminava a pochi passi di distanza dal capo: la scena era stata raccapricciante anche per uno come lui che da anni aveva a che fare con decine e decine di vittime; non osava immaginare la reazione di quel pivello.
Jason Wylei rimase al fianco dell'agente Cho, ma lo spettacolo che gli si presentava d'innanzi era difficile da sopportare. Si sforzava di distogliere lo sguardo da quel primo corpo, ma non ci riusciva, come se una forza magnetica lo attirasse e respingesse contemporaneamente. Non era certo il suo primo cadavere, ma le ferite da arma da fuoco a cui era abituato erano tutta un'altra cosa! Il volto della ragazza era quasi indistinguibile dal resto del capo, il sangue rendeva tutto confuso e macabro. Gli venero in conati di vomito e si pentì di aver fatto una colazione così abbondante solo poche ore prima.
Finalmente riuscì a spostare il suo sguardo puntandolo su quello del suo mentore, voleva osservarne le reazioni. Era impassibile. Come si poteva rimanere indifferenti ad una simile visione? Era una questione d'abitudine?
Mentre il giovane cercava di non dare a vedere il suo subbuglio interiore, Kimball chiedeva ulteriori informazioni ai primi agenti che erano giunti sulla scena del crimine.
“La seconda vittima?”
“Da questa parte.”
Il patologo condusse i due poco più in là, mentre spiegava come le ferite riportate dalle donne fossero estremamente simili; non c'era dubbio che si trattasse dello stesso brutale assassino.
Cho avrebbe preferito fare a meno di vedere anche il secondo corpo: esteriormente si sforzava di restare calmo e freddo, ma la vista di una povera ragazza ridotta in quello stato lo colpiva e gli faceva montare dentro una rabbia profonda. Aveva visto molti cadaveri in condizioni anche peggiori, ma non ci si faceva mai l'abitudine.
Come era stato preannunciato loro, le condizioni della seconda vittima erano del tutto simili alla precedente. Non si concessero più di qualche minuto per osservare la scena.


Salirono in macchina per tornare alla sede ed aggiornare il resto della squadra. Kimball aveva una strana sensazione riguardante il caso, come un lontano ricordo che però non riusciva a mettere a fuoco. Si disse che probabilmente era solamente rimasto più turbato del solito e cercò di restare lucido.
“Cosa ne pensi?”
Wylei rimase sorpreso da quella domanda lapidaria. Che cosa poteva mai pensare in proposito? Non avevano il ben che minimo indizio, non conoscevano ancora l'identità delle due donne, i corpi erano stati trovati dall'anziano responsabile della discarica, che con tutta probabilità non era coinvolto...
“Non...non saprei.”
Cho rimase in silenzio in attesa di una risposta più soddisfacente.
“Credo che si tratti di un uomo, nessuna donna ha una forza ed una brutalità tale da uccidere così. È probabile che le due vittime si conoscessero e che siano state uccise insieme, ma in questo caso è più probabile che l'assassino abbia avuto un complice che teneva ferma una, mentre l'altra veniva uccisa, giusto?”
“Forse.”
Il giovane sorrise soddisfatto. Un forse era una buona risposta. Probabilmente non aveva detto delle grandi assurdità ed era stato bravo a trarre conclusioni plausibili. Ora si sentiva leggermente meno incompetente di quanto non si fosse sentito sulla scena del crimine, rischiando di vomitare sulle prove.




A Teresa piaceva Marcy, ma a Patrick quel nome dava l'idea di calzare a pennello ad una ragazza pazza, così l'aveva scartato all'istante. Più per ripicca che per reale dissenso, lei aveva scartato a sua volta i seguenti sei nomi proposti da Jane.
Era tutto il giorno che alternavano argomenti di vario genere alla scelta del nome. Teresa aveva la netta sensazione che non ne sarebbero mai venuti a capo e che quando la bambina fosse nata, avrebbero dovuto a chiamarla “lei” o “essa”, e che quello sarebbe stato solo il primo segno del suo essere una pessima madre.
E forse era proprio questo il vero problema: Lisbon aveva il terrore di non saper fare la mamma. In fondo che modelli avrebbe potuto seguire? Sua madre era stata una persona splendida, ma se n'era andata troppo presto, e lei si era ritrovata a crescere da sola i suoi fratelli...con dei risultati più che scadenti! Ultimamente avevano riallacciato i rapporti, certo, e ne era stata contenta, ma per quanti anni si erano evitati, quasi ignorati? E se sua figlia crescendo si fosse comportata allo stesso modo? O se, ancora peggio, lei avesse cresciuto una donna incasinata? Jane diceva sempre che le persone incasinate sono brave persone, ma lei non ne era mai stata tanto sicura... Istintivamente lanciò un'occhiata all'uomo di fianco a sé ma, diversamente dal solito, questo non bastò a tranquillizzarla. Si sentì assalire dal panico e dallo sconforto, e solo una piccola percentuale di quelle emozioni era attribuibile agli ormoni della gravidanza. Ormai aveva imparato a distinguerle.
Il problema era che quando c'erano di mezzo altre persone, Teresa Lisbon perdeva la determinazione ed il coraggio che l'avevano sempre sospinta e sostenuta, facendole conquistare tutto con le sue sole forze. Specialmente quando si trattava di persone a cui teneva. E questa bambina, ancor prima di averla incontrata, era già la cosa a cui più teneva al mondo. Avrebbe combinato un disastro?

Silenzio improvviso, sguardo perso nel vuoto e poi fugace occhiata rivolta a lui. Jane non ci mise molto a capire che stava succedendo qualcosa di strano nella mente di quella donna così complessa.
“Lisbon?”
“Uh?”
“C'è qualcosa che non va?”
Lei scosse la testa distrattamente. Si erano ripromessi sincerità completa, lo ricordava bene, ma non era pronta a condividere quei pensieri con lui. Temeva quasi che potesse cominciare a guardarla con occhi diversi e quell'idea la terrorizzava. Oppure avrebbe tentato di rassicurarla, ricordandole quanto fosse buona ed in gamba e forte e...ma le sue parole non l'avrebbero aiutata in quel momento. Aveva bisogno di affrontare quella faccenda da sola, per ora.
Patrick ancora una volta capì e cercò di non insistere, quando sarebbe stata pronta avrebbe parlato con lui, ne era certo.
“Cosa ne pensi di Veronica?”
Quella che doveva essere una semplice domanda per distrarla dai suoi pensieri fu in realtà la goccia che fece traboccare il vaso. Ma che razza di nome è Veronica?! E poi era da snaturati pensare solo a nomi da bambina! Insomma, se fosse stato un maschio si sarebbe sentito subito meno amato o meno desiderato. Ma non era affatto così, la sola idea di un bimbo biondo e sorridente le faceva sciogliere il cuore. Sarebbe stato un dono meraviglioso! Lei lo desiderava e lo amava, non era giusto nei suoi confronti non cercargli nemmeno un nome.
Erano pensieri senza senso, e Lisbon se ne rendeva perfettamente conto, ma non riusciva ugualmente a fermarli.
“Mi piace il nome Lucas.” - rispose lei risoluta.
“La prenderebbero per un maschiaccio.”
Patrick fece finta di non capire le sue reali intenzioni, tentando contemporaneamente di strapparle un sorriso.
“Smettila! Perché non possiamo pensare anche ai nomi per un bambino? È così importante per te che sia una femmina?”
Lui rimase in silenzio a pensare per qualche secondo. Non lo era affatto: sarebbe diventato di nuovo padre, avrebbe riprovato di nuovo quell'immensa gioia che credeva volata via per sempre. Non aveva nessuna importanza se sarebbe stata una figlia o un figlio! C'era solo una ragione che lo spingeva a crogiolarsi nell'idea di una futura femminuccia...
“Vorrei solo poter vedere una splendida bambina coi tuoi capelli castani e i tuoi occhioni verdi...con il tuo grande sorriso lumino e il più frequente ed adorabile broncio.”
In un istante tutte le preoccupazioni sparirono dalla mente della donna. Quella spiegazione non le era neppure passata per l'anticamera del cervello! Jane non diceva mai cose simili e lei non era abituata a ricevere complimenti così...profondi! Sorrise imbarazzata guardando la strada di fronte a sé. Non sapeva che cosa rispondere, così non disse nulla.
L'autista non credeva che avrebbe mai detto quella frase ad alta voce, eppure era vero. Avrebbe amato il suo possibile maschietto con tutto il cuore, ma l'idea di poter vedere una piccola Teresa in miniatura era così emozionante che, per il momento, non voleva pensare ad alte alternative.
“Ti pometto che appena troveremo un nome perfetto per una femmina, poi penseremo anche a quello per un maschio.”
Finalmente Lisbon riuscì a riposare il suo sguardo su di lui.
“D'accordo.”
Alzò gli occhi al cielo sorridendo, come si fa coi bambini che, non volendo andare a letto subito, riescono a convincerti a lasciarli svegli ancora per un poco.


Qualche ora più tardi, mentre Lisbon sonnecchiava sotto un leggero lenzuolo bianco, Jane riconobbe il punto preciso in cui voleva arrivare ed accostò delicatamente, sperando di non svegliare sua moglie.
Sua moglie. Era così strano pensare a quelle due parole senza rattristarsene...
Guardò fuori dal finestrino, il sole stava quasi per tramontare. Quella luce arancione soffusa creava uno spettacolo ancora più magico. Era il momento perfetto.
Svegliò dolcemente Teresa, che increspò immediatamente le labbra in una smorfia di dissenso. Ma quando aprì gli occhi, trovandosi a pochi centimetri da quelli azzurri di lui non poté che essere contenta.
“Siamo arrivati.”
“Dove?”
Jane si avviò verso l'uscita aspettando che lei lo seguisse.
Appena mise fuori la testa dal portellone rimase senza fiato per il panorama che le si stagliava di fronte. Si trovavano ai margini di una strada e a pochi passi da un precipizio. Sotto di loro si attorcigliavano i profondi solchi dei canyon. I raggi del sole al tramonto proiettavano giochi di luce sulla terra rossastra, creando un esplosione di colori inimmaginabile. Ovunque posasse gli occhi poteva vedere montagne lisce e levigate dagli anni con striature chiare e scure.
Rimase in silenzio a guardare. Era meraviglioso, ma non capiva perché fossero andati proprio lì.
Patrick rimase in piedi immobile di fianco a lei, riempiendosi anch'esso gli occhi di quel posto incantato.
Dopo qualche minuto Lisbon non resistette.
“Non hai intenzione di abbandonarmi qui, vero?” e lo guardò con uno dei suoi sorrisi più belli. Sapeva che non sarebbe andata così questa volta, ma non era riuscita a non pensare all'ultima volta che avevano visto un tramonto così bello insieme.
Anche Jane sorrise tra sé e sé, poi cominciò a parlare.
“Questo posto è importante per me, ci tenevo che tu lo vedessi. Qui la mia vita è cambiata, per sempre.”
Teresa non aveva idea a cosa si riferisse, ma sentiva la commozione nella sua voce e rimase ad ascoltare, lasciandogli il tempo di dire tutto quello a cui stava pensando.
“Ero confuso, spaventato e sono scappato. Ho vagato per qualche giorno. Una notte ho accostato in questo punto preciso e mi sono addormentato, da solo. La mattina seguente, quando sono sceso per sgranchirmi un po' le gambe mi sono trovato di fronte questo paesaggio meraviglioso. Difficilmente mi commuovo davanti agli spettacoli della natura, ma questa volta è stato diverso, era bellissimo. Ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare eri tu. Volevo che tu vedessi quello che stavo guardando io. Volevo guardare le meraviglie del mondo accanto a te. Così ho capito che senza te al mio fianco niente sarebbe stato bello, nessun posto sarebbe stato casa mia.”
Avevano entrambi gli occhi pieni di lacrime, con lo sguardo fisso in avanti.
“È qui che sono stato dopo averti lasciata da sola al funerale di Vega. Ed è qui che ho capito che sarei tornato e che non ti avrei lasciato mai più.”
Aveva finito, era riuscito a dire tutto quello che aveva nel cuore. Non pensava che nel farlo avrebbe provato una gioia simile!
Lei si avvicinò e gli prese la mano, avvolgendola con le sue ed appoggiando la testa sulla sua spalla. Rimasero in silenzio per un tempo che sembrò essere eterno, mentre il sole scompariva dietro l'orizzonte.
Poi Teresa aprì le labbra in un sussurro.
“Credo che Michelle sarebbe un nome perfetto.”













-Angolino dell'Autrice-
Anche se siete spariti tutti non posso smettere di scrivere, mi mancherebbero tutti troppo! Spero che sia solo una fase e che questa sezione riprenda vita prima o poi.. Nel frattempo vi saluto e vi faccio gli auguri di buona pasqua :)
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! :D
   
 
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