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Autore: Beauty    02/04/2015    6 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Deal is Struck

 

Era successo tutto troppo in fretta perché se ne accorgesse.

L'unica cosa che ricordava era l'immagine di sir Galvano che veniva sbalzato da cavallo dopo il colpo ricevuto da Lancillotto, e in sottofondo gli strilli di sua madre. Odette non si era resa conto subito di ciò che era accaduto, o almeno non pensava fosse tanto grave: per un attimo aveva creduto – sperato – che si fosse trattato solo di una caduta.

Aveva cercato d'ignorare gli strattoni e le urla di Ginevra, rimanendo a fissare l'arena con il fiato sospeso.

Non è niente, aveva pensato. Ora Lancillotto lo aiuterà a rialzarsi...

Ma Galvano non si era mosso, e lei era distante, ma non abbastanza da non vedere la pozza di sangue nero che si allargava sulla terra. Aveva sbarrato gli occhi non appena aveva visto suo padre alzarsi dal trono e raggiungere le guardie, mentre tutt'intorno al cavaliere si radunava una folla.

Era stato in quel momento che aveva iniziato a gridare.

 

Non si era avveduta più di nulla.

Né del sonoro schiaffo che le aveva rifilato Ginevra, né delle guardie reali che erano accorse all'ordine di sua madre, né del ferro delle cotte che le graffiava le mani mentre lei cercava di divincolarsi. Ricordava solo il pianto e i singhiozzi mentre gridava frasi sconnesse, scalciava nel tentativo di raggiungere l'arena...

Non si era calmata neppure quando le guardie l'avevano trascinata lungo i corridoi del castello, strattonandola con malagrazia. Lei continuava ad agitarsi strillando di lasciarla andare, che voleva sapere come stava Galvano, e intanto non riusciva a trattenere i singhiozzi.

Suo padre era più sconvolto di lei, se possibile, anche se manteneva una parvenza di sangue freddo. Aveva agito prontamente, ordinando che Galvano fosse trasportato immediatamente nella stanza più vicina del castello, e che si sbrigassero a chiamare i medici di corte, e anche Merlino!

Due guardie e tre servitori sistemarono Galvano in una delle sue camere. La sola vista del corpo spezzato dell'uomo fu in grado di gettarla ancora di più nella disperazione: qualcuno aveva provveduto a togliergli la cotta di maglia e l'armatura; questo senz'altro l'aiutava a respirare meglio, ma rendeva anche più visibile la sua ferita.

La lancia di Lancillotto aveva penetrato la carne all'altezza del torace, troppo lontana per aver colpito il cuore, ma aveva aperto uno squarcio dove si trovava il polmone.

Galvano non aveva ripreso conoscenza; teneva gli occhi chiusi e una domestica dovette correre a sorreggergli il capo mentre i servitori lo deponevano sul letto. Respirava a fatica: il petto si sollevava a intervalli irregolari, e un paio di volte gettò dei colpi di tosse che gli fecero rigurgitare fiotti di sangue.

La camicia bianca che indossava sotto la cotta era imbrattata di sangue scuro, sangue scuro che continuava a fuoriuscire dalla ferita a ogni respiro. Odette cercò di liberarsi dalla presa delle guardie per raggiungerlo, ma una di esse imprecò fra i denti e la strattonò per tirarla indietro.

La principessa voltò il capo nella direzione del soldato, guardandolo in cagnesco. Gli sferrò una potente gomitata all'addome, strappandogli uno sbuffo di dolore mentre la guardia si piegava in due a reggersi lo stomaco, lasciandole il braccio. Odette colse l'occasione approfittando anche dello smarrimento della seconda guardia, e sgusciò via, correndo verso Galvano.

Si fece strada a gomitate fra la folla di curiosi, insinuandosi in mezzo alle dame di corte e ad altri due cavalieri che erano giunti sul posto.

- Odette!- ringhiò Artù quando la principessa urtò inavvertitamente la sua spalla, ma lei proseguì spedita. I domestici avevano sistemato sir Galvano sul letto, e qualcuno aveva provveduto a sfilargli di dosso la camicia: una cameriera stava premendo con forza un panno contro la ferita nel tentativo di fermare il sangue. La stoffa s'inzuppò velocemente, e la donna dovette gettarla sul pavimento, afferrandone velocemente un'altra.

Odette corse verso il letto, finendo in ginocchio accanto a esso e aggrappandosi alle lenzuola imbrattate di rosso e nero. Prese a singhiozzare più forte, scuotendo Galvano per una spalla.

- Mi d-dispiace!- ansimò, con la voce rotta.- Vi prego...mi dispiace tantissimo...

Galvano non si mosse, né aprì gli occhi. Aveva la fronte imperlata di sudore e respirava molto affannosamente. Odette singhiozzò, prendendogli il volto fra le mani, ma subito si sentì afferrare per le braccia e trascinare via.

- No!- protestò, scalciando, ma i due soldati la trasportarono di peso fino alla porta. Odette continuò a piangere; si voltò a guardare ancora una volta sir Galvano, ma non appena girò il capo il secondo ceffone della giornata la colpì all'altezza del labbro superiore, così forte che per un secondo la principessa smise di piangere.

Chiuse gli occhi; non aveva bisogno di vedere chi le stava di fronte per comprendere chi le avesse sferrato quello schiaffo. Le mani sottili e nervose di sua madre si riconoscevano senza alcuna ombra di dubbio.

- Guarda cos'hai fatto...- sibilò la regina, a denti stretti.

Odette ansimò, strizzando gli occhi per poi spalancarli all'improvviso, frastornata. Ginevra le afferrò una ciocca di capelli, tirandola e facendole alzare il capo.

- Con te facciamo i conti dopo...- ringhiò, per poi rivolgersi alle guardie.- Accompagnatela nelle sue stanze e inviate due soldati a sorvegliare la sua porta fino a nuovo ordine. Non voglio che esca da lì, sono stata chiara?

- No!- ripeté la principessa mentre veniva trascinata via, voltandosi di nuovo per vedere sir Galvano, ma adesso uno stormo di persone si era radunato intorno al letto dove giaceva il cavaliere, rendendole impossibile la vista. Odette scalciò.

- Ditemi come sta!- strillò a pieni polmoni.- Mi avete sentito?! Voglio sapere come...

Le sue urla si persero non appena varcò il portone che dava accesso all'ala est del palazzo, trasportata dalle guardie, ma prima che i battenti si richiudessero alle sue spalle, Odette riuscì a scorgere sir Lancillotto che entrava velocemente nella camera.

 

Continuò ad agitarsi e a scalciare per tutto il tragitto fino a camera sua, che le parve durare chilometri e chilometri. Non ce la spinsero dentro malamente come invece si usava fare con i prigionieri, ma la depositarono in piedi non appena ebbero aperto la porta. E furono anche veloci a richiuderla, perché Odette ci andò a sbattere contro con violenza, finendo seduta sul pavimento dopo aver cercato di sfondarla per uscire.

Si rialzò in fretta, cominciando a picchiare i pugni contro il legno. Afferrò la maniglia e provò a tirare con tutte le sue forze, ma le guardie dovevano averla chiusa a chiave dall'esterno. Riprese a picchiare pugni contro il legno.

- Voglio uscire!- gridò.- Mi avete sentito? Ho detto che voglio uscire! Portatemi da sir Galvano, voglio sapere come sta...!

Ai pugni si aggiunsero anche i calci, ma non servirono a nulla se non a stancarla più in fretta, e in pochi minuti Odette si ritrovò completamente sudata, con le membra doloranti, le tempie che pulsavano e il respiro affannoso.

- Datemi sue notizie, almeno...!- strillò con l'ultimo barlume di voce che le era rimasto. Nessuno, dall'esterno, le diede risposta. La principessa cercò di regolarizzare il proprio battito cardiaco e il respiro, attendendo in silenzio per altri interminabili secondi.

Quando le fu chiaro che nessuno le avrebbe detto nulla, si lasciò cadere in ginocchio accanto al bordo del letto, fissando la porta come inebetita. Di fronte ai suoi occhi cominciarono a scorrere le immagini di tutto ciò che era appena successo, soffermandosi soprattutto su quegli attimi che vedevano la caduta da cavallo di sir Galvano, e nella sua mente apparivano lenti e inesorabili, come un evento voluto dal Fato stesso.

Come erano arrivati a quel punto?, si chiese quasi inconsciamente. Come erano arrivati a quel punto? Come era arrivata a farsi odiare dai suoi genitori, e a far rischiare la vita a un uomo che le era sempre stato amico?

Istintivamente, Odette si mise alla ricerca di un colpevole, qualcuno contro cui sfogare tutta la sua rabbia per quanto era accaduto. Credette in un primo momento di averlo trovato in Odile: se quella sciocca non si fosse travestita da cigno nero spacciandosi per lei – o almeno, così le avevano raccontato –, allora non sarebbe stata scoperta, il suo piano sarebbe andato in porto senza intoppi e adesso non sarebbero stati tutti così infelici.

Ma poi rifletté.

Odile aveva compiuto un gesto sconsiderato...ma per quale motivo? Non era stupida fino al punto da non capire a cosa sarebbe andata incontro, se l'avessero scoperta, e certamente dovevano esserci dei motivi nascosti a spiegare ciò che aveva fatto.

Ripensò ai pochi momenti che avevano condiviso insieme...se di condivisione si poteva parlare. Lei e Odile avevano mantenuto sempre un rapporto molto distaccato, Odette non ricordava che avessero mai scambiato delle confidenze a parte quella sera precedente alla notte del cigno nero.

Che ne poteva sapere lei, di ciò che provava Odile?

Odette si sentì avvampare, cominciando a prendere consapevolezza di tutto: Odile doveva essere stata spinta a quel gesto, da qualcosa o qualcuno, e lei le aveva lasciato via libera per mettere in atto la sua idea; le aveva lasciato via libera per uscire di nascosto, solo per la sua voglia di avventura e per una ripicca nei confronti di sua madre.

Ed era stato a causa di questo gesto che Ginevra aveva deciso di punirla.

E per salvarla da questa punizione sir Galvano si era offerto di aiutarla.

Ed era stato ferito.

Di chi è la colpa, allora?

Sua. La colpa era soltanto sua.

Odette avvampò di colpo, per poi sbiancare completamente. Fu come se il sangue avesse smesso di scorrerle nelle vene, come se il tempo si fosse fermato.

Se Galvano rischiava di morire...la colpa era sua.

La colpa è soltanto tua, stupida principessina.

Si portò una mano alla bocca, desiderando solo di scomparire. O di tornare indietro.

Reclinò il capo di lato, poggiando la fronte contro il materasso, e scoppiò a piangere.

 

Lancillotto si era tolto di dosso l'armatura e l'elmo, e aveva abbandonato le armi nell'arena. La cotta di maglia lo soffocava, non riusciva a respirare regolarmente. Non era ancora riuscito a realizzare ciò che aveva fatto, quando giunse in prossimità della stanza di Galvano. Alcune persone – perlopiù cameriere e dame di compagnia, donnette curiose – affollavano l'entrata, tanto che Lancillotto pensò di doversi far strada a forza fra quel gruppo di persone. Invece, tutti si scansarono non appena lo videro arrivare: era chiaro che sapessero che era stato lui a ridurre sir Galvano in quello stato.

Entrò nella stanza senza neppure attendere un cenno di assenso da parte delle guardie. Vide il re seminascosto in un angolo: dava le spalle a tutti, aveva l'aria preoccupata e continuava a lanciare occhiate di sottecchi al medico di corte che si stava occupando di Galvano. Lancillotto seguì il suo sguardo fino alla figura rattrappita del dottore chino sul letto sopra il quale giaceva il suo amico.

Le lenzuola erano rosse e nere a causa del sangue. Galvano sembrava quasi un giocattolo di pezza abbandonato, di cui nessuno si era più curato: giaceva scomposto, con il capo voltato di lato, gli occhi chiusi.

Qualcuno gli aveva tolto la camicia, e adesso aveva una fascia avvolta intorno al torace per fermare il sangue. Lancillotto non sapeva nulla di medicina, ma sapeva che bloccare la fuoriuscita di quel liquido rosso e nero non sarebbe bastato affinché Galvano stesse meglio.

Aveva mirato allo scudo, dannazione! Aveva mirato allo scudo, com'era la regola dei tornei...erano stati i raggi del sole a fargli abbassare la lancia...

Si passò una mano fra i capelli, avvicinandosi di un passo. Il medico continuava ad esaminare Galvano, ma Lancillotto non riusciva a decifrare la sua espressione. Il re sollevò lo sguardo all'improvviso, dirigendolo verso di lui.

Il cavaliere fece un rapido inchino, evitando di guardarlo direttamente negli occhi. Artù non disse nulla, ma gli fece cenno di avvicinarsi.

Insieme, rimasero in attesa che il dottore finisse di occuparsi di Galvano, per udire il suo responso. Lancillotto non riuscì a pensare a niente per diversi minuti, concentrandosi solo sulla fascia intorno al torace del suo amico.

Alla fine, il medico si alzò e li raggiunse. Lancillotto rimase in disparte, allontanandosi quando Artù e il dottore presero a confabulare.

Vide il medico di corte scuotere il capo con aria di scuse, quindi inchinarsi e uscire velocemente dalla camera. Si levarono alcuni mormorii da parte delle domestiche; Lancillotto vide che il re era impallidito.

Artù rimase in silenzio per qualche secondo, quindi si avviò velocemente verso la porta. Lancillotto lo seguì.

- Che succede?- chiese.- Come sta?

- Chiamate Merlino!- ordinò Artù a un soldato, ignorando le sue domande.- Forza, in fretta!

- Cos'ha detto il medico?- insistette Lancillotto.

- La ferita è profonda, troppo per poter essere curata con la medicina tradizionale - il re serrò le mascelle.- Dobbiamo fare qualcosa, o morirà.

- Intendete chiedere a Merlino di usare la magia?

Lancillotto distolse lo sguardo, riflettendo: lui non si era mai fidato della magia, e non ne aveva mai fatto mistero, la riteneva pericolosa e non adatta a convivere con il mondo degli uomini; ma Galvano stava morendo, e se Merlino era al servizio della famiglia Pendragon da decenni doveva pur esserci un motivo.

Il re aveva ragione, dovevano fare un tentativo.

Artù annuì, senza guardarlo.

- Il medico ha detto che ha perduto molto sangue.

- Quella fascia non è sufficiente ad arginare la perdita.

- Le sguattere se ne stanno occupando.

Raggiunsero l'esterno della camera, e due guardie si aggregarono a loro come da consuetudine per proteggere il sovrano. Artù fece cenno a Lancillotto di seguirlo mentre cominciava ad avanzare lungo il corridoio.

Il cavaliere comprese che era diretto verso l'ala nord, la parte del palazzo riservata alle faccende politiche. Artù chiamò una terza guardia.

- Tenetemi informato sull'arrivo di Merlino, e quando avrà terminato mandatelo immediatamente da me - ordinò, per poi congedarla con un gesto sbrigativo.- Dovrò prendere dei provvedimenti riguardo a questa storia.

- Vostra Maestà, io...

Artù smise di camminare, alzando lo sguardo su di lui. Lancillotto distolse istintivamente il proprio, ben a conoscenza della propria posizione.

- Non accuso voi per l'incidente occorso a sir Galvano - proferì il sovrano, risoluto.- Ma ora pretendo da voi la verità. Sapevate che mia figlia si trovava nelle scuderie, prima del vostro scontro con sir Galvano?

- Sì, Vostra Maestà.

- E ne conoscete anche il motivo? Credo di averlo già compreso da me, ma voglio una conferma da parte vostra...

- Io...- Lancillotto prese un profondo respiro; si sentiva a disagio, parecchio...solo una volta, molti anni prima, si era sentito così. Colpevole.

Era stato immediatamente dopo la morte di Lucy.

- Ebbene...?- incalzò Artù.- Sapete perché la principessa Odette si trovava lì, vestita da cavaliere?

- Non conosco i dettagli dell'intera questione, Vostra Maestà - si affrettò a rispondere Lancillotto.- Ma credo...so che la principessa non desiderava contrarre matrimonio, e immagino che lei e sir Galvano abbiano stretto una sorta di accordo, anche se non so di quale natura.

- E' tutto?

- Sì, Vostra Maestà.

Artù non disse nulla per diversi secondi, nel corso dei quali Lancillotto tenne sempre lo sguardo basso. Il re si passò una mano sulla fronte, sentendosi debole; pensò che forse la febbre si stava alzando di nuovo.

- Mi auguro per voi che non foste coinvolto in questa storia.

- No, Vostra Maestà. L'ho scoperto solo poco prima dell'incidente.

- Sareste pronto a giurarlo?

- Sì, Vostra Maestà.

- Perché non siete venuto a riferirmelo, allora?

Lancillotto si ritrovò preso in contropiede. Esitò per diverso tempo prima di rispondere, cercando le parole adatte.

- Credevo di poter risolvere la questione da solo.

- Vedo: per colpa vostra adesso mia figlia passerà dei guai seri, mia moglie trascorrerà due giorni costretta a letto e sir Galvano rischia di morire.

Quelle parole furono un vero e proprio schiaffo alla sua dignità, ma più ancora lo fu l'atteggiamento del re. Artù non aggiunse altro e proseguì lungo il corridoio, fissando un punto indistinto di fronte a sé.

Lancillotto scosse il capo con forza per riprendersi, e si affiancò velocemente al sovrano.

- Vostra Maestà, io non volevo fare nulla di male...- ringhiò, avvampando per la vergogna.

- Ma lo avete fatto, sir Lancillotto.

- Credevo di agire per il meglio, sia nei confronti della principessa Odette sia...

- Se non ricordo male, vi ho già sentito pronunciare questa frase - Artù gli scoccò un'occhiata di traverso.- Quanti anni avevate? Quattordici, quindici...? Mi avete detto la stessa cosa: credevo di agire per il meglio. E quando l'avete detto c'erano due cadaveri vicino a voi.

Un altro schiaffo morale, stavolta ben più forte, quasi da sembrare fisico. Lancillotto rimase interdetto, e avvampò ancora di più. Il re fece una smorfia che era un misto di nervosismo e disgusto, e negli occhi aveva la stessa luce di chi è appena stato tradito da un caro amico.

- Siete uno dei miei migliori cavalieri, sir Lancillotto, ed in virtù di questo vi ho perdonato molte cose, compreso il vostro passato; non mi aspettavo che proprio voi mi nascondeste un simile fatto in merito a mia figlia. Ora dobbiamo solo sperare che sir Galvano abbia salva la vita e si rimetta in forze...dopodiché, prenderò dei seri provvedimenti nei confronti di tutti e tre.

- Vostra Maestà, io...

- E' la mia ultima parola sull'argomento, per oggi, sir Lancillotto.

Non aggiunse altro, e proseguì in direzione dell'ala nord, accompagnato dalle guardie. Il cavaliere chinò il capo, chiudendo gli occhi e rimanendo solo nel corridoio vuoto.

 

Lo specchio rifletteva le immagini molto nitidamente, questo Malefico doveva concederglielo. Il volto di Galvano appariva in tutto il suo pallore attraverso il riflesso; la strega vide che aveva gli occhi cerchiati, e non riusciva a respirare regolarmente.

Non ce la farà, non se Merlino non si sbriga..., constatò, ma subito dopo si chiese se davvero l'intervento del mago avrebbe potuto fare veramente la differenza. La magia non era la soluzione a tutti i problemi, lei lo sapeva e l'aveva sperimentato sulla sua pelle. Certo, spesso era la soluzione a una ferita, ma non se questa era troppo grave, e di certo non curava una malattia per la quale si era destinati alla morte.

Ma c'era dell'altro.

Malefica aveva visto ciò che era accaduto, aveva studiato il susseguirsi degli eventi come un falco attento studia le mosse della sua preda, e lo stesso aveva fatto Grimilde. Quello di Galvano non era stato un semplice incidente, forse a tutti i presenti – e, incredibilmente, anche a Merlino – era sfuggito, ma loro avevano visto chiaramente Tremotino mentre faceva in modo che i raggi del sole accecassero Lancillotto affinché colpisse malamente il suo avversario.

Malefica non sapeva cosa pensare: Grimilde era andata su tutte le furie quando era accaduto il fatto, ma solo perché non riusciva a darvi un senso. Entrambe sapevano che Tremotino era a Camelot con il loro stesso obiettivo, entrambe sapevano che le aveva battute sul tempo, ma in che modo sperava di ottenere ciò che desiderava colpendo Galvano? Il marito di Lucy – il suo vedovo, riecheggiò la voce della Regina Cattiva nella sua mente – era l'ultima persona che avesse a che fare con i Grimm e con ciò che stava cercando Tremotino.

In ogni caso, era stato strano vedere Lancillotto e Galvano fronteggiarsi, e l'uno ferire l'altro. Era stato strano anche ritrovare un ragazzino che era meno di un soldo di cacio come un cavaliere. Eppure, Lucy diceva sempre che aveva energia e forza di volontà, non sarebbe dovuto essere così sorprendente, viste le basi.

Non voleva dire niente

Anche lei e Lucy avevano tanta energia e forza di volontà, quando erano ragazze...ma ancora Malefica non riusciva a comprendere come avessero potuto venire ridotte in quello stato.

Bamboline sgualcite dimenticate da tutti, a meno che non si trattasse di beffarsi di loro tramite stupide leggende, favolette insensate e ballate macabre per spaventare i bambini.

 

Del re folle si è compiuta la morte,

ma ora son sola a piangere la mia sorte.

 

Malefica chiuse gli occhi per scacciare via quel ricordo. Com'era possibile che la memoria di sua sorella le avesse riportato alla mente gli ultimi versi di quella canzone maledetta.

Il re folle e la sposa rossa. Ben pochi ricordavano quella ballata – non veniva cantata spesso, sia perché era ridicola sia perché gli idioti e i superstiziosi credevano portasse sfortuna – e ancora meno conoscevano la storia dietro a essa. Ma Malefica sapeva che era stata scritta dopo ciò che era accaduto a lei e a Lucy, una beffa nei confronti della follia che aveva causato un massacro.

Il solo fatto che le fosse tornata alla mente le fece salire il sangue alla testa. Quella ballata era l'emblema di come una fanciulla potesse essere rovinata dalla pazzia, di come degli innocenti fossero destinati a soccombere ai potenti.

Innocenti come lo erano state lei e Lucy. O come lo erano Galvano, e la figlia di Morgana.

- A cosa stai pensando?- domandò la Regina Cattiva, annoiata, senza ottenere risposta. Malefica la guardò di sottecchi per diversi istanti, prima si sorriderle.

- Se te lo dicessi, approveresti la mia idea?

 

La cicuta stava bollendo. Morgana prese un cucchiaio e lo intinse nella pentola, travasando il contenuto dell'intruglio in un bicchiere di legno. Fu in quel momento che la porta si aprì.

- Il torneo è terminato. Non c'è stato nessun vincitore - annunciò Mordred, entrando zoppicante.

- Se anche così non fosse, tu saresti stato comunque fuori gioco. Dico bene?

Mordred distorse la bocca in una smorfia rabbiosa, sputando sul pavimento. Aveva il costato dolorante così come il ginocchio destro, che gli impediva di camminare bene. Aveva il volto ricoperto di lividi e graffi, e aveva ingoiato così tanta terra che gli ci erano volute due caraffe di vino prima di sentirsi la bocca nuovamente pulita.

Lasciò che i capelli neri gli coprissero gli occhi.

- Siete delusa da me, madre?

- Per tua fortuna ho sempre un piano di riserva. Per questa volta ti perdonerò, dal momento che ho la soluzione al disastro che hai combinato. Cerca solo di non diventare come tua sorella, non sopporterei di avere ben due figli inetti...

Mordred si trattenne. L'istinto gli suggeriva di rispondere che non avrebbe dovuto parlare di Odile a quel modo – o, più direttamente, di afferrare sua madre per i capelli e strattonarla fino a farla diventare calva.

Era sorpreso che non si fosse infuriata perché aveva perso il torneo, o per via del suo scontro nell'arena con Lancillotto. Era andato da lei preparato a ricevere insulti e schiaffi, e invece sua madre appariva calma e tranquilla.

Sicuramente doveva esserci qualcosa sotto. Il pensiero gli creò un poco di ansia.

Morgana non diede segno di avvedersi del suo nervosismo, e afferrò fra le mani il bicchiere di legno, avvicinandosi a lui.

- Puoi camminare?

- Sono arrivato fino a qui con le mie gambe - bofonchiò Mordred, seccato.

- Prendi la tua spada e bevi questo - ordinò Morgana, porgendogli il bicchiere. Il cavaliere lo prese con cautela, sospettoso.

- Che cos'è?

- Hai fallito, e non sposerai mai la principessa Odette. Merlino non ci metterà molto a scoprire che ho avvelenato il re, ma la Regina Cattiva ci ha offerto la sua protezione. Dobbiamo distrarre Artù e il vecchio fino a che non saremo abbastanza lontani...

Mordred stava capendo poco o niente, solo che sua madre voleva qualcosa da lui.

Quando mai non era stato così, d'altronde?

- Bevi, ho detto!- lo incitò Morgana, scuotendolo per un braccio; il cavaliere ubbidì, e un secondo dopo avvertì nella sua bocca il sapore dolciastro dell'intruglio.- Bevi, e ascolta attentamente ciò che devi fare...

 

Merlino accostò una mano ossuta alla fronte di Galvano, e il cavaliere sussultò al tocco. Questo era un buon segno, pensò il mago, ma la ferita era profonda. Doveva intervenire subito, se voleva salvarlo.

- Posso fare qualcosa - disse al medico.- Ma mi occorrono alcuni ingredienti che ho nella mia torre.

 

***

 

Era trascorsa all'incirca un'ora, e il buio era già calato.

Odette non si era rialzata dal pavimento, anzi, adesso era rannicchiata in posizione fetale accanto al letto. Aveva trascorso i primi dieci minuti rinchiusa in camera sua a piangere furiosamente, e in seguito si erano alternati momenti di calma ad altri di pura disperazione, sempre corredati da lacrime che scendevano silenziose dagli occhi. Si rendeva conto di essere spettinata, e doveva avere anche gli occhi rossi e gonfi.

Non gliene importava niente.

Aveva provato solo altre due o tre volte a ritornare alla porta e a chiedere notizie di sir Galvano, ma nessuno le aveva risposto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere come stesse, se Merlino o il medico di corte avevano potuto fare qualcosa per salvargli la vita.

Se fosse morto, sentiva che non avrebbe mai potuto vivere con quel peso sulla coscienza. Era colpa sua, se era ridotto in quello stato.

Odette tirò su con il naso, asciugandosi le lacrime con la manica del vestito e sollevando il busto per sedersi sul pavimento. Poggiò il dorso contro il bordo del letto, e si scostò i capelli su una spalla.

Tirò su con il naso altre due o tre volte, sentendosi infinitamente stanca. Avrebbe voluto dormire, ma non sarebbe riuscita a chiudere occhio se prima non avesse saputo come stesse sir Galvano.

 

Chissà chi lo sa, il mio nome qual sarà.

Lo so soltanto io, che Tremotino è il nome mio.

 

Odette trasalì, drizzando il capo e spalancando gli occhi. Si aggrappò alle lenzuola del letto per tirarsi in piedi, guardandosi intorno. Osservò ogni angolo, ogni parte della stanza alla ricerca di quella voce.

L'aveva udita anche quella mattina, prima del torneo. Aveva creduto di stare sognando, ma ora l'aveva sentita chiaramente.

Indietreggiò all'altezza della testiera del baldacchino.

- C'è qualcuno in camera mia?- chiese al vuoto, continuando a far saettare lo sguardo da un lato all'altro della stanza; deglutì nervosamente.- Se c'è qualcuno, sappia che ci sono due guardie alla mia porta - minacciò.

- Le ho viste, carina. E credimi, ho visto scoiattoli dall'aria più feroce.

Odette lanciò un gridolino, intercettando la risposta; proveniva dalla sua destra. Sentì il cuore saltarle all'altezza della gola quando vide un'ombra scura nascosta nell'angolo fra la parete e il guardaroba.

Indietreggiò in fretta, sbattendo contro il catino e aggrappandosi alla colonna del baldacchino per non cadere.

- Per la camicia a fiori di Merlino, non sapevo di fare questo effetto alle signorine!- sbuffò l'ombra, infastidita. Odette continuò a fissarla con espressione incredula.- Cosa c'è? Ti sconvolge tanto che Merlino abbia una camicia a fiori?

Odette deglutì una seconda volta, aggrappandosi al baldacchino come se fosse stata un'arma di difesa. Udì un sospiro rassegnato, quindi una risatina divertita. Infine, lo sconosciuto venne allo scoperto.

La principessa osservò ogni tratto di quell'uomo, riconoscendo il profilo affilato, i capelli lunghi raccolti in una coda, l'abbigliamento nero, il sorriso sghembo...

- Voi!- esclamò.- Vi conosco! Siete...

- ...quello che ti ha riportato a casa qualche notte fa, dopo la tua bravata. Sembrano trascorsi secoli, non pare anche a te?- terminò con noncuranza, avvicinandosi al materasso e sedendosi come se fosse stato a casa sua.- Ti ricordi di me, vedo.

- Tremotino...- Odette si lasciò sfuggire quel curioso nome dalle labbra.

- Sei anche abile con i nomi. Sì, credo proprio che io e te andremo d'accordo - Tremotino si rialzò con la stessa agilità con cui si era seduto e, senza attendere, le prese una mano e le posò un bacio sul dorso. La principessa si ritrasse.

- Che rude!- ghignò lo stregone.- Mammina non ti ha insegnato le buone maniere?

- Cosa fate qui?

- Qui a Camelot o qui in camera tua?

Odette serrò le labbra, rimanendo sulla difensiva. Il buon senso le suggeriva di mettersi a gridare e chiamare aiuto, ma non riusciva a fare altro se non rimanere paralizzata di fronte a quell'uomo. Tremotino inarcò un sopracciglio, quindi sospirò e scosse il capo con fare rassegnato.

- Siamo alle solite...- soffiò.

- Cosa fate qui?- ripeté Odette.

- Per l'appunto. Bella gioia, tu non hai idea di quanto tutto ciò possa essere frustrante, a volte: sempre le solite domande. Chi siete? Cosa volete? Come siete entrato qui?...mai una volta che qualcuno mi inviti ad accomodarmi e mi offra qualcosa da bere. Insomma, che fine ha fatto il caro vecchio senso dell'ospitalità?

Odette non rispose, fissandolo come se avesse avuto di fronte un mostro inumano. Tremotino sghignazzò, quindi sospirò una seconda volta.

- Ho capito. Vorrà dire che arriverò subito al punto. Mammina adorata non ti ha mai parlato di me, suppongo.

Odette fece segno di no con la testa.

- Immaginavo. Beh, sappi che io, tua madre e il buon Merlino siamo amici di vecchia data. Certo, gli anni passano e si perdono i contatti, ma sono certo che entrambi si ricordano perfettamente di me...

- Né mia madre né Merlino mi hanno mai...

- Lo so, lo so, tesorino, ma sono dettagli. Quello che conta...è ciò che posso fare per te - Tremotino accompagnò l'affermazione con un sorrisetto sghembo che aveva un che di inquietante, su quel volto da furetto.

Odette strabuzzò gli occhi.

- Per me?!- sputò fuori, incredula.

- Esattamente. Se non ricordo male, la notte della tua marachella ti avevo detto che avresti sempre potuto contare su di me per qualsiasi problema tu avessi avuto, nevvero?

Odette ricordava solo vagamente una cosa del genere, ma annuì.

- Bene, sono qui - lo stregone allargò platealmente le braccia.- Approfittane finché puoi.

Odette sbatté le palpebre, perplessa. Si passò una mano fra i capelli, lasciandosi sfuggire uno sbuffo divertito.

- Ma a che gioco stiamo giocando?- gracchiò, non sapendo se ridere o se preoccuparsi.- Voi chi siete? Arrivate qui e dite che...

- Tu hai un problema, non è vero?

- Voi che ne sapete?

- Sbaglio o a pochi metri da qua c'è un uomo che sta morendo per colpa tua?

Odette sgranò di nuovo gli occhi, rimanendo a bocca aperta. Lo stregone rise.

- Prima che tu me lo chieda, ero al torneo oggi. E le voci corrono molto in fretta. Un brutto incidente, davvero...

- Uscite, subito.

- Non posso, la porta è chiusa dall'esterno e ci sono due guardie.

- Come siete entrato, sarete anche in grado di uscire. Andatevene via, prima che mi metta a urlare...

- Sei proprio sicura di non volere il mio aiuto?

- Voi non potete aiutarmi, voi mi state solo prendendo in giro...- Odette sentì che le lacrime erano di nuovo in agguato.

- Come fai a dirlo? Non mi hai neanche ascoltato...

La principessa si zittì, non sapendo cosa replicare. Tremotino attese qualche secondo, prima di proseguire.

- Ora, analizziamo la situazione: sir Galvano sta morendo, e solo per colpa tua - represse un sorriso quando si accorse che la principessa stava per scoppiare nuovamente in lacrime.- In questo momento Merlino si sta impegnando per preparare una pozione che gli salvi la vita, ma il tuo amico ha perso molto sangue e difficilmente sopravviverà il tempo necessario affinché la cura sia pronta. Direi che è spacciato, e tu avrai la sua vita sulla coscienza fino alla morte...

- Insomma, siete venuto qui per accanirvi su di me?!- strillò Odette, mettendosi le mani nei capelli. Riprese a singhiozzare più forte di prima. Tremotino fece un gesto infastidito.

- Ti prego, tutto sono disposto a tollerare ma i mocci no...E prima di darmi contro, stai almeno a sentire ciò che ho da proporti.

Odette premette una mano sulla bocca per frenare i singhiozzi, annuendo con forza.

- Dicevo: sir Galvano fra meno di un'ora sarà buono solo come concime per la terra. A meno che tu non ti fidi di me.

- Non capisco...cosa intendete dire?

- Che diamine, intendo dire che ho il modo per guarirlo qui, a portata di mano!- sbottò Tremotino, fingendosi spazientito.- E posso offrirtelo su un piatto d'argento. Ovviamente, devi essere disposta a pagare.

- Vi darò ciò che vorrete - affermò Odette, risoluta.

Negli occhi dello stregone comparve un guizzo diabolico.

- Tutto ciò che vorrò, hai detto?- inquisì.

- Certo, tutto ciò che vorrete. Se...se state dicendo la verità...- aggiunse, dubbiosa.

Tremotino scoppiò a ridere.

- Mia cara, che peccato che tua madre non ti abbia mai parlato di me! Avrebbe potuto garantirti che io non prendo mai in giro i miei clienti - il suo tono di voce si abbassò, e nei suoi occhi ricomparve quel guizzo maligno.- A differenza di molti...io rispetto sempre la parola data. Un contratto è un contratto, principessina. Puoi sfuggirvi per qualche tempo, ma alla fine devi sempre rispettarlo. Io sono sempre disposto ad aiutare chi è in difficoltà...molti disperati come te invocano il mio nome, e io accorro sempre in loro soccorso. Ho salvato molte persone, sai? Posso salvare anche il tuo amico...naturalmente, devi essere pronta a pagare.

Odette schiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma non disse nulla. Disltolse lo sguardo, cercando di prendere tempo.

Lo stregone mostrò segni d'impazienza.

- Dunque, principessina. Hai deciso? Abbiamo un accordo?

Odette si morse il labbro inferiore, torcendosi le dita delle mani; indietreggiò di un passo, in un istintivo gesto di difesa. Non ne era sicura...certo, quell'uomo l'aveva aiutata a tornare a casa la notte in cui era scappata e si era persa, ed ora si stava offrendo di darle una mano, ma...non le piaceva.

Non era sicura di potersi fidare di lui. C'era qualcosa, non sapeva cosa, che le suggeriva di non credere a una sola parola di ciò che stava dicendo, di uscire velocemente da lì, chiamare le guardie, correre a cercare sua madre o suo padre, o sir Lancillotto.

- Andiamo, non mi dirai che hai degli scrupoli di coscienza!- esclamò lo stregone, vedendo la sua esitazione.- Proprio ora, dopo tutto ciò che hai fatto senza pensare alle conseguenze? Ti preoccupi di ciò che potrebbe accadere adesso, dopo quel che hai combinato? Quando l'unico uomo che ti è sempre stato vicino ha un disperato bisogno del tuo aiuto?

Alla principessa si strinse il cuore a quest'ultima domanda. Tremotino le tese la mano destra, ammiccando.

- Abbiamo un accordo, dolcezza?

Odette prese un profondo respiro, e senza più pensarci strinse la mano dello stregone.

- Va bene. Abbiamo...abbiamo un accordo...- mormorò con la voce rotta.

La sua mano era fredda come la morte.

 

 

 

 

 

 

 

 

SCUSATE SE NON HO MAI TEMPO PER LE NOTE, ULTMAMENTE, MA SONO PIENA FRA LAVORO ED ESAMI. GRAZIE A TUTTI I LETTORI E AI RECENSORI VECCHI E NUOVI, SIETE FANTASTICI. PROSSIMO AGGIORNAMENTO VENERDI' PROSSIMO.

UN BACIONE A TUTTI.

  
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