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Autore: Akane92    03/04/2015    8 recensioni
"Io avevo sempre avuto una cotta per Tom, fin da quando ero una bambina. Ed ora me lo sarei ritrovato a pranzo a casa mia, come accadeva anni prima, come se nulla fosse cambiato. ( ... ) « Tom, reciterai in un film di mia sorella! » esclamò Jane, mettendo una mano sulla spalla del migliore amico.
« Beh, se lei lo vorrà » rispose, guardandomi con la coda dell’occhio."
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tom non rispose subito a quel messaggio. Per tutta la mattina aspettai, impaziente, ma non ricevetti alcuna risposta. Ebbi anche la tentazione di chiamarlo, ma tentai di distrarmi mettendomi a rassettare la casa.
Ricevetti la sua risposta nella tarda mattinata, quando ormai era quasi ora di pranzo.
“E’ successo qualcosa?”
 
No, in realtà non era successo niente, anzi. La sera prima era stata perfetta, fino a quando non era arrivata Melissa a rovinare tutto quanto. Non facevo che pensare a lei ed alle sue parole, a quanto potessero essere vere. Amavo Tom e sapevo che lui amava me, ma questo bastava? Tom era stanco, sempre di più, glielo si leggeva in viso, ed ero sicuro che anche io fossi causa di quella stanchezza. Non perché lui fosse stanco di me, ma perché era troppo, per lui, gestire tutta la sua vita, di cui io ormai facevo parte da mesi.
Come poteva concentrarsi sui film da girare, sui copioni da leggere, sulle mille interviste, incontri con fans, première, e poi pensare anche a me? Come potevamo stare davvero insieme, quando un giorno era a Londra ed il giorno dopo a Los Angeles? Era stato meraviglioso, sebbene stancante ed in parte anche frustrante, viaggiare con lui e seguirlo nel tour mondiale per il film, ma sapevo bene che non avrei potuto farlo sempre, che non avrei mai potuto seguirlo in capo al mondo ogni volta.
Lui attore ed io scrittrice, entrambi con lavori che ci facevano girare il mondo ed essere pieni di impegni. Avrebbe mai potuto davvero funzionare? Durare a lungo? Cominciavo a chiedermelo, e la risposta che mi ronzava in testa dalla sera precedente non era positiva.
 
“Scusami, mi sono appena svegliato. Luke mi ha chiamato, ho un impegno, ma posso rimandare se è urgente.”, mi scrisse subito dopo.
Di nuovo. Me o la carriera. Sembrava che il destino stesse cominciando a comunicarmi qualcosa.
“No, tranquillo. Posso aspettare”
“Ok. Riguarda una cosa di Berlino, un’intervista che devo fare. Almeno credo, Luke ha parlato di talmente tante cose che ricordo solo questo! Sicura di stare bene?”
No, non stavo affatto bene.
“Stai tranquillo”
“Va bene. Appena posso ti raggiungo amore mio.”
Quelle parole. Parole bellissime, dolci, che in quel momento facevano male come una coltellata.
Non risposi.
Tentai di mettermi davanti al computer per continuare a scrivere il mio nuovo libro, ma rimasi a fissare la pagina bianca per quasi un’ora, senza neanche battere un singolo tasto.
Tom aveva parlato di Berlino, città in cui ci sarebbe stata la terza première europea del film, preceduta da quella a Parigi. Avrebbe dovuto partire l’indomani stesso e quasi sicuramente era convinto che anche io sarei andata con lui.
No, non ci sarei andata, quella decisione era già presa.
Ma come potevo dirglielo?
Non volevo lasciarlo, non così, all’improvviso, eppure sentivo che era una cosa che dovevo fare, per il suo bene. Dovevo solo fargli capire, gradualmente, che non avremmo potuto continuare così, che non avremmo potuto stare insieme, senza dargli alcuna colpa di quello che stava succedendo.
Lo avrei fatto, sicuramente, anche se questo avrebbe significa perdere la persona che più amavo.
 
“Arrivo!”
Cominciai ad agitarmi non appena lessi il messaggio, alle cinque del pomeriggio.
Feci un respiro profondo, allontanandomi dal computer per andare a preparare del tè.
 
Quando aprii la porta per far entrare Tom, fui travolta dal suo abbraccio,  letteralmente. Non mi dette neanche il tempo di aprire per bene che mi ritrovai le sue braccia avvolte a me. « Scusami, scusami! » esclamò, ridacchiando un po’, e stringendomi a sé. « Non pensavo di fare così tardi! »
Mi lasciò andare, ma solo per baciarmi, posando le sue mani sulle mie guancie. Lo lasciai fare, lasciandomi andare al bacio. Era bellissimo. Lui, il bacio, tutto, ma non era giusto.
« Cosa succede? Perché quel messaggio? » mi domandò subito, senza neanche lasciarmi il viso.
Mi allontanai, sorridendogli. « Ti va una tazza di tè? »
« Perché rispondi alla domanda con un’altra domanda? »
« Lo hai appena fatto anche tu »
« Mi fai preoccupare! »
« Ti ho detto di star tranquillo »
Respirò a fondo, gonfiando il petto e ricacciando l’aria dalla bocca. « Va bene. Sì, mi andrebbe un po’ di tè »
In cucina, Tom si liberò della giacca, sedendosi di fronte a me. Insistette per versare il tè, e lo fece, quasi nervosamente.
« Come stai? E’ andato tutto bene oggi? » gli domandai.
Annuì. « Sì, ho dovuto concordate delle cose sia per Berlino che per Parigi e ci abbiamo messo più del dovuto. Sono solo un po’ stanco, ma sto bene, anche se continuo ad essere preoccupato. » sorseggiò il tè, mentre io facevo lo stesso. « Tu che hai fatto oggi? Ti sei svegliata prestissimo »
« Sì, non ero stanca. Ho scritto un po’, andando avanti con il libro, ormai è quasi finito.. Ed ho pensato un po’.»
« Ed ecco la parte che mi spaventa »
Feci spallucce. « Voglio solo parlare »
« Parla, allora, prima che i nervi mi mandino in crisi » ridacchiò, provocandomi un leggero sorriso.
Era teso, lo notavo anche dal modo in cui teneva stretta fra le mani la tazza.
« E’ per qualcosa che ho fatto ieri? » domandò prima ancora che io potessi iniziare a parlare.
La domanda mi lasciò sorpresa. Come poteva pensarlo? Era stato perfetto. « No! Assolutamente no »
« Perché se ho fatto qualcosa di male, qualsiasi cosa, puoi dirmelo. Ti ho lasciata troppo in disparte? Ti sei sentita oppressa dai giornalisti? Qualcuno di loro, qualche fan, ti ha detto qualcosa? »
No, precisamente era stata un’attrice ad avermi detto qualcosa. Non potevo dirglielo, non ancora.
« No, ieri sono stata bene, davvero »
« Allora che c’è? » chiese ancora, con gli occhi spalancati ed ansiosi.
« Stavo solo pensando che forse, ecco.. Forse sarebbe meglio che io non venga con te »
Lasciò andare la tazza, sciogliendosi lui stesso. « Alle prossime première? »
Annuii.
L’attore cambiò sguardo, cambiò totalmente espressione. « Tu mi vuoi morto, dillo »
« Eh? »
Sorrise, ed il mio cuore accelerò.
« Pensavo fosse qualcosa di più grave! Dio, Cass! Non puoi scrivermi un messaggio così, all’improvviso. Sono stato preoccupato tutto il giorno! »
« Scusami » abbassai lo sguardo. Mi dispiaceva, non solo perché lo avevo fatto preoccupare, ma anche perché sapevo benissimo che non sarebbe finita lì. Per il momento, avrei cominciato a spiegargli così, ma sarebbe andata sempre peggiorando. Ormai lo sapevo.
« Non fa niente » si sollevò appena dalla sedia, apposta per cingermi ancora con le braccia. Lo abbracciai a mia volta, stringendolo. Il cuore ormai mi era diventato come un’altalena: passavo da picchi di felicità e di gioia nel vedere Tom sorridere e baciarmi, ad attimi di vera e propria tristezza nel pensare che il mio vero e proprio intento era quello di lasciarlo andare, di fargli vivere la sua vita, senza di me.
« Posso solo sapere perché non vuoi venire? » domandò, curioso, terminando di sorseggiare il tè.
Alzai ancora le spalle, non sapendo esattamente come iniziare il discorso, come iniziare a mentire. « In realtà vorrei dedicarmi al libro, vorrei finirlo entro fine anno ed ho bisogno di tempo »
L’attore annuì subito, capendo la situazione. « Certo! Non riuscivi a scrivere in albergo? »
Scossi il capo. « Non tanto bene, almeno non come quando scrivo qui »
« Hai ragione » mi prese la mano destra, stringendola nella sua « Sicura non ci sia altro? »
Una vocina, dentro la mia testa, continuava a martellarmi, dicendomi “Diglielo, diglielo, diglielo!”. La parte razionale, che grazie al cielo stava avendo la meglio, mi chiudeva la bocca, facendomi rimanere zitta, almeno per quel momento.
Mi limitai a sorridere ed annuire. Avrei voluto anche chiedergli se ci fosse rimasto male, se mi avesse voluto con lui anche in quelle due settimane, se avesse voluto avere me al suo fianco durante tutti quei giorni stressanti. La sua ipotetica risposta mi fece paura, lasciandomi, di nuovo, muta.
« Non dovresti preparare le valigie per il viaggio? »
Annuì, socchiudendo gli occhi e facendo una piccola smorfia con le labbra. Si portò un dito su di esse. « Ho un’idea! Che ne dici se ora, visto che non potrò averti con me per due settimane, ci rilassassimo sul divano guardando un film? Dopo, se vuoi, potresti venire da me ed aiutarmi con quelle dannate valigie »
« Va bene! »
 
Il film lo scelse Tom, optando per “Alice in Wonderland” di Tim Burton. Per quasi metà film eravamo semplicemente rimasti abbracciati, stretti, con addosso la mia coperta rosa, e Tom mi carezzava le mani, la schiena, i capelli. Quando prese a baciarmi, dovetti lottare con tutta me stessa per non lasciarmi andare, almeno non troppo. Lo amavo, lo amavo tantissimo, ed ero ancora attratta da lui, come lo ero sempre stata. Desideravo le sue mani su di me, le sue labbra su ogni parte del mio corpo, le mie sul suo. Non ero mai riuscita a resistergli ma ancora una volta il mio cervello si accese, ricordandomi quello che dovevo fare, che era giusto fare, per lui. Quando i suoi baci e le sue carezze si fecero più intensi, allontanai le labbra dalle sue, sussurrandogli « Non possiamo »
Corrugò la fronte, non capendo.
Indicai con gli occhi la parte bassa del mio corpo.
« Oooh! Scusa, non sapevo » mi baciò la punta del naso. « Mi limiterò, allora »
Talmente si limitò, che per gli ultimi trenta minuti si addormentò. Era visibilmente stanco.
Mi dispiacque svegliarlo, ma doveva fare assolutamente le valigie per il giorno dopo.
 
Una volta a casa sua, lo aiutai a sistemare tutti i suoi vestiti nelle uniche due valigie che doveva portarsi e poi, sempre su sua proposta, andammo a cenare in un ristornante vicino casa sua, per poi fare una passeggiata in zona, ammirando la nostra amata Londra mano nella mano.
 
Arrivammo sotto casa mia verso le undici di sera, relativamente presto, almeno per come eravamo abituati noi.
« Tornata sana e salva, Cenerentola » scherzò lui, spegnendo l’auto.
Si tolse la cintura e fece lo stesso con la mia, sorridendo appena. « Mi mancherai tantissimo »
Anche tu. « Vedrai che i giorni passeranno in fretta »
Mi accarezzò la guancia, delicatamente.
« Lo spero davvero »
« Non pensare a questo, divertiti! Cerca anche di riposare, appena puoi »
« Non appena potrò ti chiamerò! Stanne certa »
Gli sorrisi. « Davvero, Tom, goditi il viaggio e la promozione del film, riposa e dormi quanto puoi »
Alzò gli occhi al cielo. « Sì, mamma »
« Non scherzare! »
Rise, facendomi sorridere. « Va bene, va bene. Mi divertirò e riposerò, contenta? » annuii « Tu scrivi il tuo libro, non vedo l’ora di leggerlo! »
« Sempre se piacerà all’editore »
« Gli piacerà. Vieni qui » mi tirò a sé, baciandomi.
Era delicato, dolce, come lo era sempre stato.
« Ti scrivo non appena arrivo a Parigi »
Ci salutammo con un ultimo bacio, e probabilmente sarebbe stato davvero l’ultimo.
 
In quelle due settimane mi estraniai quasi completamente dal mondo esterno. Mi impegnai davvero nella scrittura del libro e quando finalmente lo terminai, lo rilessi due volte prima di mandarlo all’editore, il tutto in un giorno ed una notte interi.
Non vidi quasi per niente Nat, Jane ed i miei genitori, sia per via del libro, sia perché sapevo che alla domanda “Come va con Tom?” non avrei retto. Non ero brava a mentire e comunque non mi piaceva. Era stato già estenuante farlo con Tom, e lo sarebbe diventato ancora di più una volta tornato a Londra; mentire anche alla mia migliore amica ed alla mia famiglia sarebbe stato troppo. Non ero pronta. La mia reazione quindi fu quella di chiudermi in casa, davanti al computer, e di uscire solo per qualche passeggiata, da sola.
In tutto questo, Tom si faceva sentire appena aveva un po’ di tempo libero, raccontandomi quasi tutto, per lo più via sms. C’erano giorni in cui ci sentivamo solo una, due volte, proprio perché anche lì, a Parigi, Berlino, Los Angeles e New York, era impegnatissimo.
Lo seguii molto, comunque, guardando interviste, première, ed altri eventi. Lo sentivo e lo vedevo felicissimo, raggiante, perfino le occhiaie erano scomparse. Non potevo che essere felice per lui, pur capendo che Melissa aveva ragione: senza di me, potendosi concentrare solo sul lavoro, era meno stanco, sorridente e contento.
 
Più si avvicinava il giorno del suo ritorno, più la mia ansia aumentava. Avevo tentato in tutti i modi, quando ci sentivamo, di evitare di rispondere ad alcune sue parole: non gli avevo mai detto che mi mancava e, a volte, non avevo neanche risposto al suo “Ti amo”. Era bruttissimo, lo amavo con tutta me stessa, eppure dovevo reprimere quel sentimento, proprio per il bene di Tom.
 
Aspettavo il rientro di Tom per il giorno dopo, avevo anche cominciato a preparare una sorta di discorso da fargli, almeno in mente.
Non mi sarei mai, mai, aspettata di ritrovarlo dietro la porta di casa mia quel giorno stesso, impreparata. Lo riconobbi subito, dallo spioncino. Riconobbi il suo sorriso, i suoi occhi chiari. Bussò ancora, mentre io, dietro la porta, cominciai quasi a tremare. Non ero pronta! Come poteva essere già a Londra?
« Non ci posso credere » bisbigliai a me stessa.
« Cassie, ti ho sentito! Aprimi, dai! » esclamò lui.
Non potei fare altro che obbedire, sebbene ancora incredula.
« Sorpresa! » gridò lui, entrando, e chiudendo la porta con la sola spinta della gamba. Mi abbracciò, sollevandomi appena da terra. Non esitò neanche a baciarmi, allegro e spensierato.  « Sono tornato adesso! » mi lasciò andare. « Ho ancora le valigie in auto. Non ti ho detto niente perché volevo.. Cass? »
Mi ero allontanata da lui, in modo che neanche le nostre mani si sfiorassero. Nel frattempo, i miei occhi erano diventati lucidi. Non ero pronta.
« Cass, stai bene? Cosa succede? »
Scossi il capo, incredula.
Tom tentò di prendermi la mano, ma mi spostai ancora.  « Ehi? Che c’è? Non volevo farti piangere.»
Mi schiarii la voce, tentando di contenere le lacrime. Ne avevo lasciata andare una e tanto bastava, almeno davanti a lui. « Pensavo tornassi domani »
« Volevo farti una sorpresa »
Non risposi.
« Perché fai così? »
Perché ti amo, perché vorrei abbracciarti e baciarti, perché vorrei dirti quanto mi sei mancato, ma non posso. « Noi.. ehm.. parliamo »
Tom non stava capendo nulla, glielo leggevo in viso. Era preoccupato, con la mano pronta a prendere la mia, ma ormai timoroso della mia strana reazione inaspettata. « Parliamo? Di cosa? »
« Vuoi … sederti? »
« No! Voglio sapere cosa hai, adesso! » alzò un po’ la voce, che tremò appena.
« I-io … » non piangere, non ora « .. te lo spiego, ma non mi interrompere, ti prego »
Annuì.
Feci un respiro profondo, e cominciai « Ho pensato molto, queste due settimane… moltissimo, a dire il vero, a noi. Io ti ho seguito, in questi giorni, ti ho visto: eri molto più rilassato rispetto a quando eravamo in Asia e in Australia. Più sereno, felice, durante tutti quegli eventi a cui hai partecipato. Io stessa, ecco.. ho terminato il libro, l’ho persino mandato all’editore. Sono stata più … leggera »
« Con questo che vuoi dire? »
« Io… penso che ci serva una pausa »
Sgranò gli occhi, incredulo, e strinse i pugni. « Una pausa? »
« Penso che farà bene ad entrambi.. insomma, vivere le nostre vite, i nostri lavori, da soli »
Aprì la bocca, ma non riuscì a dire nulla. Si bagnò le labbra con la saliva, ancora a pugni stretti. « Stai scherzando? »
Scossi il capo. « No »
« Io non ho bisogno di una pausa »
« Io sì »
« Io ho bisogno di te, con me »
Abbassai lo sguardo. Tieni duro.
« Mi spiace, Tom, io.. »
« Ti spiace?! Come puoi dirlo? Mi stai praticamente dicendo che vuoi lasciarmi »
« Ho detto solo che ho bisogno di una pausa »
« Da me? » si indicò. « Cosa ho fatto? »
« Non hai fatto niente. Semplicemente mi sono resa conto che le nostre vite, così come sono, non combaciano. »
« Stai meglio senza di me, insomma » disse, con lo sguardo basso.
Non risposi.
Rialzò gli occhi. La preoccupazione, l’incredulità, avevano lasciato spazio alla rabbia. « Non è così? E’ questo che significa, no? Mi stai dicendo che in queste due settimane sei stata meglio rispetto a quando ci sono io. Lo avevi già in mente, non è vero? Eri strana anche quando sono partito, ma ho pensato che fossi semplicemente stanca, preoccupata per il libro, per questo non ho insistito che tu venissi con me. A quanto pare, la ragione era un’altra. Mi sei mancata ogni giorno, ogni cazzo di minuto di ogni dannato giorno. Non facevo che parlare di te, a tutti, che pensare a te, sempre! Sento ancora di amarti nonostante tu mi abbia fatto capire che invece tu non mi vuoi. Pensavo di venire qui e di trovarti felice, di tornare e stringerti e baciarti. E invece no, sono una scocciatura. » stava urlando, guardandomi come non aveva mai fatto, arrabbiato, frustrato.
« Tom.. »
« Lascia stare, mi è passata la voglia di parlare. Visto che sono un peso, ti lascio stare, da sola! Tolgo il disturbo! » urlò infine, sbattendo la porta alle sue spalle.
L’unica cosa che riuscii a fare fu cominciare a piangere, ripensando a tutte le parole che ci eravamo appena detti. Non pensavo di avere mai sofferto così tanto in vita mia.
 
 
Erano le tre di notte quando ricevetti il messaggio di Tom. Ero sveglia anche io. “Cass. Mi rendo conto di essere stato brusco nei modi, prima, ma non me l’aspettavo. Se vuoi tentare di parlare, di capire, se vuoi ascoltarmi, chiamami. Sono qui. Per ora, comunque, rispetto la tua decisione. Pausa.”
Non risposi.
 
Fu molto difficile spiegare la situazione.
Nat fu incredula, all’inizio pensava addirittura che stessi scherzando, ma dopo molte ore di telefonate e di pianti mi capì, proponendomi anche di passare con lei le vacanze di Natale a Tokyo, anche per l’incontro con un editore. Non le dissi nulla di Melissa.
Mia sorella mi odiò. Non mi capì, almeno non all’inizio. Mentire anche a lei fu devastante, ma dovevo farlo. Non mi parlò per una settimana intera e solo quando le proposi di venire da me per un pranzo, solo quando anche lei mi vide in lacrime, mi abbracciò, consolandomi, sebbene non mi capisse come aveva fatto Nat. Anche con lei, non parla di Melissa e di quello che mi aveva detto, che aveva causato tutto quello che stava accadendo.
I miei genitori tentarono di restarne fuori, ma qualche domandina e soprattutto frecciatina ci fu, per lo più da parte di mia madre. Riuscii sempre ad evitare di rispondere.
Non sentii né vidi Tom, per tre settimane.
Mia sorella mia parlava di lui e mi diceva che parlava di me a lui. Diceva anche che voleva ucciderci, ma che non poteva farlo altrimenti la sua bambina sarebbe cresciuta con una mamma in carcere e due zii in meno.
Sapevo che Tom era impegnatissimo con “Coriolanus”, uno spettacolo teatrale basato sull’opera di Shakespeare che si teneva alla Donmar Warehouse, un piccolo teatro storico nella zona di Covent Garden. Tom me ne aveva parlato molto, era eccitatissimo all’idea e non vedeva l’ora di essere in scena. Sapevo che alla prima c’erano stati Jane, Frank, i nostri genitori, i suoi e le sue sorella. Mancavo solo io, non riuscii ad andare. Jane mi disse che era sublime, che Tom e tutti gli altri attori erano eccezionali, che dovevo assolutamente vedere lo spettacolo, almeno una volta. Le avevo sempre risposto che non me la sentivo.
Il ventuno dicembre, durante una colazione insieme, mia sorella decise di tentare ancora. « Per stasera ho due biglietti per “Coriolanus”, sai? »
« Ah, sì? Con chi vai? »
« Mi domandavo se volessi venire con me »
Alzai gli occhi al cielo. « Jane. »
« Oh, avanti! Tu devi vederlo! »
« Lo vedrò quando lo daranno al cinema »
« Non è la stessa cosa, e lo sai! Fallo per me, ti prego! »
« Perché vuoi a tutti i costi che lo veda? »
« Perché è stupendo! »
Feci una smorfia, sapendo che stesse mentendo.
« Bene, se non vuoi farlo per me, fallo per Erin! » si indicò la pancia, ormai enorme. Mancava solo un mese e mezzo al parto e noi tutti eravamo impazienti di conoscere la mia nipotina. « Lo sai che è piaciuto anche a lei? Ha scalciato in continuazione! Devi andarlo a vedere, sei sua zia! »
« Jane. »
« Facciamo così: se la bambina scalcia adesso, ci vieni. Avanti, metti la mano! »
Sbuffai, poggiando la mano sul pancione.
Nello stesso momento in cui lo feci, Erin mi dette un calcione. « Oh, Dio! » esclamai. « Sapevi già che avrebbe scalciato! »
Jane rise, contentissima. « Giuro di no! Ora devi venire, per forza! »
Incrociai le braccia: Erin me l’avrebbe pagata, prima o poi. « Va bene, verrò. »
 
Arrivammo in teatro dieci minuti prima dell’inizio dello spettacolo. Ovviamente era pieno, sebbene di persone totalmente diverse fra loro: anziani, giovani, fans di Tom o degli altri attori lì presenti. Confesso che anche io, da grande fan di “Sherlock” non vedevo l’ora di vedere Mark Gatiss!
Io e mia sorella fummo guidate ai nostri posti, in seconda fila al centro, proprio di fronte al palco, vicinissime. L’ansia cominciò a farsi sentire. Respirai a fondo.
 
Lo spettacolo cominciò, puntuale. Fui subito immersa nell’antica Roma, sebbene la sceneggiatura fosse molto povera ma suggestiva allo stesso momento. Gli attori erano davvero tutti eccezionali, lo si capiva fin da subito.
Quando sentii la voce di Tom, quando Coriolano entrò in scena, pochi minuti dopo l’inizio, il mio cuore si fermò per un attimo.
Mia sorella aveva ragione: era straordinario. Lo si poteva dire fin dall’inizio dello spettacolo, fin dalla prima battuta. La voce, i movimenti del corpo, l’intensità dello sguardo, tutto era assolutamente perfetto. Fui rapita.
Tom rivolgeva spesso lo sguardo e la voce verso il pubblico, per coinvolgerci maggiormente. Non mi notò subito ma quando lo fece, lo capii. I suoi occhi mutarono, per due secondi, ma mutarono. In quei due secondi, rividi il mio Tom. Incredulo, sorpreso.
Dopo quel momento, altre volte posò lo sguardo su di me, forse per assicurarsi che fossi proprio io. L’ultima volta, prima della fine della prima parte dello spettacolo, fu per me la più toccante. Coriolano era ferito, pieno di sangue, ed era stato lasciato finalmente solo in modo da potersi lavare e curare. Si tolse la maglia, restando a petto nudo, mostrando a pieno le sue ferite da guerra. Una doccia fredda, o almeno così sembrava, lo investì dall’alto. Gridò, soffrendo, e mi guardò, più di una volta, con occhi tristi e doloranti e i denti stretti. Mi fece commuovere.
 
Mi asciugai le lacrime durante l’intervallo, spiegando a mia sorella che era stato talmente intenso da farmi emozionare così tanto. Durante la seconda parte provai tante varie emozioni: stupore, ansia, divertimento, perfino gelosia rispetto alla moglie di Coriolano. Infine, piansi ancora per la sua morte.
Per Tom doveva essere molto faticoso finire ogni sera appeso a testa in giù, ma era davvero il finale perfetto. Mi alzai in piedi assieme a tutto il teatro per applaudire gli attori, che si inchinavano davanti a noi. Tom sorrise, rivolto verso me e mia sorella, inchinandosi ancora. Era bellissimo.
 
Mentre stavamo per uscire dal teatro, Jane mi tirò, bloccandomi. « Tom mi ha mandato un messaggio. Mi ha chiesto di farti andare da lui, nel suo camerino. »
« Cosa? E tu? » e soprattutto, perché?!
« Ti aspetto in auto. Ha detto che devi andare verso la biglietteria e di chiedere di lui, dicendo il tuo nome »
L’ansia, di nuovo, tornò. « Sicura di non voler venire? »
« Arriverò alla macchina sana e salva, tranquilla! » mi baciò la guancia, lasciandomi sola.
Mi feci coraggio, facendo come Tom mi aveva chiesto. Un ragazzo mi accompagnò nel backstage, riuscii anche ad intravedere di nuovo Mark Gatiss, ma ero troppo in ansia per poter essere anche eccitata all’idea di averlo a pochi metri da me.
Bussai alla porta del camerino di Tom, col cuore a mille.
« Cassandra? » domandò da dietro alla porta.
« Sì! »
« Entra pure »
Obbedii, richiudendo. Tom era di fronte a me, ancora con i vestiti di scena, tutto sporco di finto sangue, e con in mano un asciugamano con il quale tentava di pulirsi almeno un po’. Per me era stupendo anche così.
« Ciao » mi salutò. Sembrava imbarazzato, nonostante sorridesse.
« Ciao » ricambiai. « Sei tutto sporco »
Rise appena. « Sì, scusami. Non ho avuto tempo di lavarmi »
« Hai finito cinque minuti fa, lo credo bene »
Restai a distanza e così fece anche lui. Non sembrava arrabbiato, anzi. « Sei venuta a vedermi, alla fine »
Annuii.
« Ti è piaciuto? »
« Ovviamente! E’ tutto bellissimo. Gli attori, le musiche, la scenografia! Sei stato bravissimo, davvero. Non che non lo sapessi già, ma in teatro è diverso, rispetto al cinema. Mi sono emozionata, varie volte. Ho riso, pianto.. »
« Pianto? »
Annuii ancora. « Quando Coriolano si lava le ferite e quando muore » preferii parlare in terza persona, rendeva tutto meno imbarazzante.
« Sono contento. Hai visto Mark? »
« Sì! Lo adoro! »
« Se ti va, posso chiamarlo. Se vuoi incontrarlo più da vicino » mi sorrise.
Sarebbe stato meraviglioso. « Magari un’altra volta »
Annuì, abbandonando il sorriso.
« Allora.. » cominciai, facendo intendere che volevo andarmene.
« Cass » mi interruppe « Posso solo chiederti se ci hai ripensato? Alla pausa? »
Non me la sarai mai e poi mai aspettata quella domanda, non così. Probabilmente la mia faccia sorpresa era alquanto evidente. Gli occhi di Tom erano impazienti di una risposta.
Scossi il capo. « No »
L’attore abbassò lo sguardo. « Ok »
« Volevo anche dirti che.. » rialzò gli occhi, impaziente « .. a Natale e Capodanno sarò a Tokyo con Nat. Insomma, non sarò dai miei.. »
« Oh. Fate una vacanza? »
Annuii. « Una specie »
« Divertitevi, allora. »
« Certo. »
Silenzio imbarazzante. Come potevo chiudere la conversazione?
« Grazie per essere venuta, l’ho apprezzato molto. Ci vediamo, ok? » tirai un respiro di sollievo, lo aveva fatto lui.
« Sì, e ancora bravo, davvero. »
« Grazie »
« Beh, ehm.. ciao » lo salutai con un gesto della mano, voltandomi verso la porta e sentendo il suo lieve “Ciao” di risposta.
 
In macchina, non appena Jane mi domandò come fosse andata, scoppiai in lacrime. Non riuscivo più a tenere tutti quei segreti solo per me, e così dissi tutto. Le raccontai, senza smettere un attimo di piangere, della première a Londra, di Melissa, delle sue parole, e di tutto quelli che avevano causato. Le feci promettere di non dire nulla a nessuno, mentre mi abbracciava facendomi sfogare. Quella notte lei dormii persino da me, per non lasciarmi sola. Mi aiutò sfogarmi con lei e lei mi aiutò, capendomi.
 
A Natale, fui io per prima a mandare un messaggio di auguri a Tom, controllando l’orario di Londra. A Tokyo non era ancora il venticinque dicembre.
“Buon Natale, Tom. Passa delle buone feste!” aggiunsi anche uno smile finale, per non renderlo troppo serio.
La risposta arrivò poco dopo. “Buon Natale anche a te Cass. Divertiti e salutami Nat e Tokyo. E’ strano non averti qui.”
Non risposi.
 
A Capodanno, invece, fu Tom per primo a mandarmi gli auguri, quando a Tokyo era passata da poco la mezzanotte.
“Sei stata una delle persone più importanti per me quest’anno e quindi non posso che augurarti un meraviglioso nuovo anno, Cassie. Auguri!”
Risposi, sebbene non subito come aveva fatto lui a Natale. “Grazie, Tom. Buon anno anche a te, dal cuore.”
Non rispose.
 
Il due febbraio, ormai tornata a Londra, ricevetti una chiamata da Frank, mio cognato, che mi cambiò completamente la giornata.
« Cass! Devi venire subito qui! Jane sta male, non capisco! »
Per poco non ebbi un infarto. Il parto sarebbe avvenuto a giorni, cosa diavolo significava che Jane stesse male?!
« Come sta male? Cosa ha? Le si sono rotte le acqua?! Va’ in ospedale, ora! »
« No, no! Non sta partorendo! E’ solo che non capisco! Vuole te, ha detto che ti vuole qui subito! »
Sentii in lontananza una sorta di lamento femminile. « Va bene, va bene! Arrivo! »
 
Mi precipitai da Jane, arrivando a casa sua dieci minuti dopo quella telefonata. Frank mi aprì la porta, agitato ed impaurito. « In camera, in camera! » urlò.
Corsi verso la stanza, con il fiato corto. « Jane?! »
Quando entrai, però, lei non c’era. Il letto matrimoniale era vuoto,accanto alla finestra però c’era Tom, in piedi, a braccia conserte. « Tom?! »
Dietro di me, sentii la porta sbattere. Era stata chiusa, persino a chiave, dal rumore che sentii.
« Bene! » urlò mia sorella, fuori dalla stanza. « Cassie, sorellina, scusami, era l’unico modo. Ho raccontato tutto a Tom. Ora, visto che a breve voi due avrete una nipotina e vedrete il film che aveva praticamente creato insieme al cinema, pretendo che facciate pace, adesso! »
 
 
 
 



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Sono tornata! 
Ritardo, di nuovo, a causa della solita dannata università.
Spero possiate perdonarmi, ho messo anima e corpo in questo capitolo, tentando in tutti i modi di far capire lo stato d'animo e le emozioni di Cassie. Scusatemi davvero se non risposto alle vostre recensioni, non appena avrò tempo lo farò! Grazie comunque a tutti, davvero! <3 

 
  
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