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Autore: Himmie    04/04/2015    1 recensioni
Brian May?
Parliamo della stessa persona che è innamorata pazza di un bastone per selfies?
***
In tutto questo marasma, il suo cervello ignorò deliberatamente la figura che accompagnava Roger in una seconda batteria di supporto, al suo fianco. Il suo cervello aveva fermamente deciso che quel ragazzo, molto attraente, fosse semplicemente come un pezzo del palco, dotato comunque di braccia muscolose e un ghigno decisamente sexy.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brian May, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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THE BREAKTHRU.
 
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5. When a red hot *lady meets a white hot *man…
 
Leni si sentì letteralmente mancare.
Era Rufus, Rufus Taylor, ed era davanti a lei.
Ancora.
La bionda figura che aveva fatto andare in malora gli ingranaggi del suo cervello per le due ore precedenti si era rimaterializzata di fronte a lei. Ed ora sorrideva pure soddisfatta.

- Davvero molto piccolo, questo mondo. – commentò lei, rigidamente, copiando le sue parole.Rufus scrollò le spalle, continuando a sorriderle in modo lascivo.
Passò poi qualche istante, e l’unico sottofondo udibile era quello fastidioso del vento notturno tedesco, accompagnato da un leggero vociare dei fans in lontananza.
Come mai Leni non diceva nulla? Il biondo era seriamente interdetto.
Qualcosa non tornava.
- Sono così bello, che non riesci più a parlarmi? – la buttò lui sul ridere.
Le labbra della rossa si curvarono in una sottile linea incerta.
- Io…io, non… -
Neanche la battuta aveva sortito l’effetto sperato.
Ebbene, Rufus stava conoscendo un nuovo lato della ragazza, ovvero quello timido ed introverso.
Ne possedeva davvero uno? Non era sicuro gli piacesse.
Non che comunque lei gli piacesse in generale, sia ben chiaro.
Ma, la aveva lasciata senza parole? Non era possibile.
Con lui si era dimostrata un peperino insopportabile e rumoroso fin dall’inizio, all’opposto del classico stereotipo tedesco, ed ora invece se ne stava sulla difensiva, tutta intenta a torturarsi le mani coperte da guanti in lana scura.
Era davvero la stessa pazza conosciuta poco prima?
Leni dal canto suo, aveva abilmente eretto un fantastico e solido muro di compostezza, paragonabile allo statico cemento di quello che per anni aveva diviso la Germania Est dall’Ovest, situato poco lontano dall’arena stessa, per giunta.
Rufus voleva capirci qualcosa, al bando i convenevoli.

- Mi spieghi che succede? – chiese, spazientito, spostando il peso su una gamba.Tutta quella fatica per trovarla, ed ora lei era fredda quanto un ramo d’albero!
Non le brillavano nemmeno più gli occhi di quel fastidioso e carino luccichio che aveva notato prima del concerto.
Leni aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì nulla, se non una sottile striscia di vapore acqueo che con l’aria invernale assunse la forma di una sorta di fumo di sigaretta, o almeno, ai bambini piace pensarla così.
Cosa poteva dirgli? Come si sentiva?
Un mare in tempesta.
…ed il che, riflettè, può anche sembrare poetico e romantico visto dall’esterno, ma questo non era davvero il caso.
Non c’era assolutamente nulla di romantico.
La tempesta che imperversava nella mente di Helena, era chiamata Vergogna.
Una profonda vergogna, una di quelle che ti fanno venir voglia di nasconderti in un angolo e non farti più vedere.
Punto primo, non aveva riconosciuto chi era. Non aveva riconosciuto Rufus Tiger Taylor, il rampollo più ricco di quanto lei sarebbe mai stata in dieci vite, e figlio di una delle persone che lei più stima al mondo.
Dio, quanto se ne vergognava.
Come aveva potuto non capire fosse lui, e magari darsi anche un contegno?
Cosa doveva pensare di lei? Lo aveva trattato come una persona qualsiasi, e si sentiva in profondo imbarazzo.
Lui non era assolutamente una persona qualsiasi. Non che fosse un Dio mistico, ma non era comunque un ragazzo ordinario con cui gioire, ad esempio, per un concerto rock, ed in generale, non era comunque il tipo di ragazzo con cui di solito Leni aveva a che fare nella sua vita.
Pensò che avrebbe davvero preferito non rivederlo,  che avrebbe volentieri evitato quel momento imbarazzante e quella conversazione praticamente unilaterale, ed era seccante provare tutta questa inutile gamma di emozioni.
Al diavolo, si disse, tanto valeva lasciare uscire tutti i sentimenti e parlargliene, dei mille motivi per cui si sentiva un’idiota. Non lo avrebbe più rivisto, ed aveva bisogno di sfogarsi.
Tanto, poteva andare peggio di così?
Leni sospirò.
- Io non…non ti ho davvero riconosciuto, Rufus, scusami. – confessò sottomessa, dispiaciuta all’inverosimile.
Ed è tutto qui? Rufus alzò un sopracciglio, seriamente confuso.
Questo sarebbe un problema?
- Leni, you see…non è così grave. Anzi, non mi interessa minimamente.
Rifugiò le mani in tasca, ancora interdetto.
Quella scusa non reggeva assolutamente. Forse perché in fondo non gli era dispiaciuto essere trattato come una persona assolutamente normale, non ci vedeva niente di troppo straordinario.
Era stato così terribilmente…normale, e lo aveva apprezzato.
A parte quando lo aveva rifiutato, storse il naso.
Il suo orgoglio era stato troppo colpito nel vivo.
Non era comunque così grave come lo faceva apparire lei.
Donne.
Chiese: - Che altro, poi?
La ragazza piegò leggermente la testa verso destra, fissandolo negli occhi.
Dopo qualche attimo: - Che altro?! – esplose, aprendo le braccia, e guardando furtivamente, per un attimo, il cielo – Rufus…io...che figura di merda! – si coprì il viso con le mani, ed il biondo la fissò quasi divertito.
Eccola, la perifrasi ideale per quella situazione: figura di merda.
- Ti rendi conto di cosa ho fatto? – parlò ancora lei – ad esempio, ho iniziato a decantare le doti di Brian e Roger con te – la voce le si era alzata di un’ottava, sarcastica – mi sono comportata da perfetta fan fuori di testa, e vuoi farmi credere che questo non sia imbarazzatissimo? – gracchiò.
Il biondo sembrò pensarci su. - In effetti, più che imbarazzante…è esilarante.- commentò Rufus, ora perfidamente divertito.
Leni si sentì morire.
Mai nella storia nell’universo una tedesca si era comportata in modo così avventato ed incurante, mai.
Non era da lei.
O almeno, quel lato della sua personalità era sempre rimasto rilegato nel suo inconscio, ed era sempre uscito solo con poche fidate persone. Con Bill, ad esempio. Il suo migliore amico.
La parte estroversa era un remoto cantuccio del suo carattere che praticamente mai mostrava agli sconosciuti. Il ragazzo era questo e niente altro. Eppure gliela strava decisamente facendo conoscere.
Al diavolo, Rufus Taylor la stava confondendo, e non era un bene.
Mentre il biondo cercava di decifrare lo sguardo confuso della rossa, e quasi sentiva gli ingranaggi del suo cervello muoversi per il troppo pensare, fu scosso da un brivido di freddo, e lanciò casualmente un occhiata dietro di sé, ricordandosi di un piccolo dettaglio.
Saki era lì, in piedi, nel suo metro novanta, a poca distanza, nella semi-oscurità.
Rufus riuscì però a scorgere che l’uomo era alquanto nervoso, e a conferma di ciò, lo vide picchiettare con un indice sul suo orologio al polso, segno che il tempo correva, e lui doveva sbrigarsi.
Si era dimenticato che i bus nel retro aspettavano solo lui, impegnato in quel nuovo bizzarro incontro che si stava prolungando un po’ troppo.
Non voleva però ripetere la scena pre-concerto, e sorbirsi altre ramazine. Decise che doveva agire, ed in fretta.
Raccolse tutto il suo coraggio, e si azzardò a chiedere: - Se ora ti proponessi di venire in albergo con me, tu mi diresti ancora di no?
Leni deglutì.  Silenzio.

- Cosa…?
La mente di Leni, se qualche ora prima si era lanciata in un protettivo e istintivo “no!”, ora stava dando un leggero spazio di valutazione a quella richiesta insolita.
Soppesò le alternative.
Contro.
Era Rufus Taylor.
Forse non era affatto una buona idea seguirlo, ovunque volesse andare. Dov’era finito il suo spiccato buon senso? In fondo, era lo stesso biondo che qualche ora prima le aveva proposto in tono fin troppo allusivo di andare con lui nel backstage (e visti i recenti avvenimenti, si pentì pure di non aver accettato…), ed ora invece, le presentava la alternativa dell’albergo.
Magari era uno stupratore seriale? Il suo fiuto sui Don Giovanni non sbagliava mai, e con lui il radar dei Donnaioli trillava fin troppo rumorosamente.
E lei doveva anche lavorare il giorno dopo, ed alzarsi illegalmente presto, dopo una serata del genere.
Non ne valeva la pena, pensò.
Sospirò, infastidita.
Pro.
Ecco…era Rufus Taylor.
Ora lo conosceva. Il suo nome diceva molto di lui. Cioè, pur restando uno sconosciuto, ovvio, sapere che in lui scorreva sangue “Reale” era rassicurante come fatto.
Capì che avrebbe, per una volta nella vita, potuto e dovuto sfruttare una situazione a suo vantaggio, da perfetta arrivista.
La realtà la colpì. Non aveva mai avuto una fortuna simile, nella sua esistenza. Era un momento tanto assurdo quanto meraviglioso. Era più vicina di quanto credesse a qualcuno che conoscesse i Queen. Finalmente poteva forse godersi un momento di gloria, che avrebbe raccontato a posteri e a chiunque; doveva solo tirare fuori un po’ di astuzia, fare la faccia tosta.
Sì, non era da lei. Però, avrebbe tentato.
Pensare e riflettere in quella situazione era solo deleterio.
Doveva cogliere l’attimo.
- Ad una condizione – si illuminò lei, riacquisendo quella luce negli occhi che a Rufus era mancata – che tu….
Il biondo la interruppe, sorridendole soddisfatto ed ammiccante: - Che io ti faccia conoscere papà e Brian, right?
Capì di aver presto Leni in contropiede, ma lei, dopo qualche attimo di smarrimento, lo fissò negli occhi, nuovamente sicura e provocatrice.
- Esatto! – confermò.
– Ma…anche solo per pochi secondi, o per un autografo. – aggiunse subito a voce più bassa, tornando momentaneamente insicura. – cioè, comunque, sempre se non li disturbo troppo, ecco…
Rieccola lì, la sua parte tanto insicura, quanto educata e riservata. Accidenti!
Ora si sentiva in colpa, lo stava praticamente sfruttando!
Rufus trovò tenero quel cambio di comportamento, ed annuì subito, provocandole un aperto sorriso sincero e riconoscente, facendole svanire ogni possibile dubbio.
Era certo non avrebbe disturbato nessuno. Nella grande famiglia Queen, dormire era spesso un’opzione. Poi dicevano che Brian e Roger erano vecchi!
- Dobbiamo solo sbrigarci – disse luì, dandole le spalle e facendole cenno di seguirlo, improvvisamente lapidario.
Leni affrettò il passo, cercando di non perderlo nel buio.
Vide il biondo camminare spedito verso un uomo alto e sicuro, che fino a quel momento non aveva davvero notato.
- Andiamo, Saki. – gli disse Rufus in tono complice, e l’omone sorrise educatamente alla ragazza, mentre lei si apprestava a seguirli entrambi, quasi timidamente, verso l’arena.
Oddio, sta succedendo davvero?
Con uno strano brivido addosso, non dovuto al freddo, Leni seguiva le due figure per un tragitto sconosciuto, lasciandosi alle spalle il vociare di quei fans acclamanti che speravano e pregavano di vedere i loro musicisti preferiti.
 
***
 
La situazione però, non era continuata subito in maniera così rosea.
Rufus era sì soddisfatto, dato che Adam aveva ammesso la sua sconfitta e gli aveva consegnato le sue dieci sterline, e dato che nessuno della crew si era arrabbiato con lui per il secondo ritardo.
Ma, il fatto di aver Leni con sè aveva provocato qualche problema logistico che non aveva potuto prevedere.
Mentre infatti stavano accedendo al cortile sul retro, dove già vedeva schierati tutti gli automezzi pronti per la partenza, Saki aveva bruscamente interrotto la piacevole conversazione che era nata con Leni, affermando che per ragioni di sicurezza, la ragazza non poteva salire sul loro stesso tourbus e viaggiare con loro.
Il biondo si era abbastanza alterato.
Saki si sentiva decisamente dispiaciuto, ed in imbarazzo, dato che aveva dovuto dare la notizia proprio davanti alla ragazza, ma Leni aveva affermato risoluta che non era un problema, e che non voleva far nascere complicazioni a nessuno. Il suo sorriso cordiale esprimeva sincerità, e Saki rimase positivamente colpito dal suo carattere. 
Aveva anche proposto lei stessa, a sorpresa, di lasciar perdere, che era stata una bella serata comunque, ma Rufus si era opposto con un “Col cavolo!”, ed era stato il primo ad attivarsi per cercare una soluzione, facendo imporporare le guance della rossa di gratitudine e contentezza.
Il compromesso fu quello di chiamare un taxi, che non tardò molto ad arrivare.
Leni e Rufus si salutarono brevemente, e Saki, su richiesta di Rufus, la riaccompagnò fuori dall’arena, e attese con lei i pochi minuti prima dell’arrivo della macchina, per non lasciarla sola.
Era indubbiamente entusiasta, e poteva capirla.
Stava vivendo una situazione irreale per chiunque, e sperava solo ne sarebbe rimasta soddisfatta.
E inoltre, l’altruismo di Rufus, che proprio in quel momento si accomodava su una poltroncina del suo bus, aveva toccato massimi storici in quella serata.
Fosse stato solo altruismo…
Saki la sapeva lunga, ma tacette.
Anche se Roger notò senza difficoltà il suo sorrisetto soddisfatto quando salì sul bus a sua volta.
 
E dopo aver attraversato mezza città, ecco che Leni si era ritrovata in un posto che conosceva fin troppo bene.
Era praticamente davanti alla Porta Di Brandeburgo, caratteristico e significativo monumento di Berlino.
Centro più centro della città non esisteva, e Leni fu felice di quella visita a sorpresa di Pariser Platz, la piazza che appunto la conteneva. Il suo appartamento non era lontanissimo, ma non aveva comunque previsto di deviare per il Zentrum della città, quella sera.
Non aveva neanche previsto l’incontro con un biondo batterista, se era per questo.
Leni amava Berlino, amava quella che ormai era la sua città. Si sentiva a casa, e per nessuna ragione avrebbe voluto andarsene.
La Porta brillava tutta illuminata qualche decina di metri lontano da lei, mentre aspettava sull’ampio tappeto rosso davanti all’Hotel dove era stata indirizzata.
L’Hotel più costoso della città, se non dell’intero Stato, ovvio.
L’Adler aveva vista Porta Di Brandeburgo, c’è anche da commentare?
E’ come abitare in fianco al Colosseo, o presso la Tour Eiffel!
La ragazza non era stupita, in fondo aveva a che fare con dei Reali.
L’usciere dell’albergo la fissava già da qualche minuto. Probabilmente si domandava cosa ci facesse una ragazza del genere, coi capelli un po’ disordinati, e uno luccichio particolare negli occhi, in attesa di fronte all’albergo più chic di Berlino.
Si era trattenuto però dal mandarla via, perché, nel momento in cui stava proprio per farlo, qualcuno gli aveva picchiettato due dita sulla spalla.

- Come posso aiutarla, signore? – chiese egli prontamente.
Saki, impassibile, domandò se c’era una ragazza dai capelli rossi che per caso si era fatta vedere nei paraggi.
L’uomo indicò meccanicamente fuori dalle vetrate delle porte l’infreddolita Leni, che paziente aspettava e seguiva le istruzioni che le erano state brevemente impartite da Saki prima: aspettare davanti all’Hotel fino a che non l’avrebbe raggiunta, appunto.
Il bodyguard ringraziò con un cenno, e uscì dalla Hall, per recuperare Leni, che lo accolse con un sorriso infinitamente sollevato.
Temeva davvero che non sarebbero venuti a chiamarla e che fosse tutta una farsa a cui lei aveva immaturamente preso parte. O magari un sogno, destinato a distruggersi a contatto con la realtà concreta.
Ed invece, eccola a seguire Saki all’interno dell’Hotel, e ad attraversare l’enorme sala,  impacciata, cercando di fare meno rumore possibile sulla moquette colorata, e ignorando gli sguardi curiosi di tutti i ricconi vestiti sfarzosamente che si rilassavano al bar, o sulle poltrone in pelle bianca.
Presero uno spazioso ascensore, e per pochi minuti l’unico suono era quella della vibrazione data dal suo movimento.
Leni osservò meglio Saki. L’uomo era alto, (e questa non era una novità), aveva dei corti capelli neri, ed il viso era abbastanza spigoloso. Non sembrava affatto una cattiva persona, comunque.
Anzi, se avesse ancora indossato quella orrida e al contempo divertente felpa rossa di prima che comunicava simpatia, forse avrebbe iniziato anche a chiacchierarci.
Ma fu lui a parlare, con voce profonda.
- Surreale, vero?
Leni si trovò istintivamente ad annuire.
- Molto. Queste cose non succedono nella vita vera.
Saki sorrise a labbra strette, mentre Leni continuava.
- Non so cosa aspettarmi, davvero. Doveva essere una serata normale, ed invece guardami – si passò una mano tra i capelli lunghi – sono nell’Hotel più costoso di Berlino, in un ascensore grande quanto il mio bagno, e tra poco potrei anche incontrare Roger…e, Brian. – la voce le tremava un po’.
Non menzionò affatto Rufus, volontariamente.
L’uomo non rispose, facendo scendere un silenzio quasi pesante, che fece pentire Leni di quella piccola confessione.
Cosa aveva detto di male?
Era una situazione improbabile, gliela aveva detto lui stesso, e lei lo sapeva. Lo aveva solo ripetuto.
- Non vorrei che tu iniziassi a pensare cose strane. – affermò Saki lapidario.
Cose strane?
- Mi stai indubbiamente simpatica, lo sai? E la sarai anche al Signor Taylor e a Brian, ne sono certo. Però, riguardo a Rufus…non metterti in testa cose strane, chiaro?  - si girò finalmente verso di lei a guardarla, coi suoi penetranti occhi neri.
Cose strane…?
- Non capisco davvero che intendi, Saki. – il suo battito cardiaco era già accelerato da quando aveva nominato Rufus.
- Rufus…vedi, non è un cattivo ragazzo. Ma non…. – sospirò, cercando le parole adatte – io ho visto come vi siete guardati. Anche un cieco l’avrebbe visto. E voi, non…
Leni perse dieci battiti.
Come si erano guardati? Si erano guardati?

- Fidati di me se ti dico che è meglio non…L’ascensore si fermò dolcemente, e le porte si aprirono silenziose davanti a loro, rivelando un corridoio illuminato e sfarzoso almeno quanto il resto dell’hotel.
Saki interruppe la frase, lasciando Leni perplessa.
L’uomo la precedette nell’uscire, e le fece strada.
Cosa intendeva?
La ragazza sentì l’urgenza di sapere, e accelerò i passi per stare dietro al suo passo deciso.
Doveva stare lontana da Rufus? Intendeva forse questo?
Sentì le guance andarle a fuoco, per l’imbarazzo.
Non le era ancora passato per la testa nemmeno di avvicinarsi a lui, e quell’uomo già le diceva di starne lontana?
Che cavolo stava succedendo?
Saki si fermò di colpo e picchiettò con le nocche su una porta alla loro destra, recante la scritta “507”.
Si sentirono dei rumori confusi all’interno, e la chiave girare con un colpo secco.

- Siete carini, ma tra voi non funzionerebbe mai.
Saki sussurrò infine queste parole con un sorrisetto enigmatico, e si apprestò ad andarsene proprio mentre la porta veniva aperta.
Leni seguì l’uomo con occhi sbarrati, e quasi lo avrebbe rincorso per chiedere delle spiegazioni.
Non che lei intendesse comunque stare con…Rufus. Al solo pensiero si sentiva avvampare.
Non le era minimamente passato per la testa. E sicuramente neppure a Rufus.
Basta con queste fantasie assurde e romanzesche.
Saki aveva preso un abbaglio, e la questione finiva lì.
Sentì un distinto profumo di fresco e pulito, e si girò nuovamente verso la camera 507.
Rufus era lì in piedi, e fissava lei e Saki che si allontanava ad intermittenza, confuso, con le sopracciglia corrucciate.
- Cosa mi sono perso? – chiese dopo un attimo di silenzio.
Leni scosse la testa, facendo capire che non era successo nulla di che.
Rufus alzò un sopracciglio, e poi riacquisì il suo sguardo allegro.
- Vuoi entrare? – si spostò leggermente – se non sbaglio hai qualcuno da conoscere.
Leni avanzò meccanicamente, ancora però turbata dalla conversazione avuta con Saki.
Però, decise di accantonare lui e le sue parole per un attimo.
Il momento che avrebbe ricordato per sempre era quasi arrivato, e voleva godersene ogni secondo.
Stava per svenire, lo sapeva.
Entrò in quella che doveva essere una suite, e si fermò timidamente all’ingresso.
Non voleva apparire maleducata.
Lo specchio gigante alla sua sinistra rivelava una ragazza ansiosa, in condizioni estetiche non proprio fantastiche, che cercava di contenere i mille sentimenti che provava, senza successo.
Si sistemò i capelli in tutta fretta, mentre Rufus avanzava nella stanza e indicava questa o quella altra cosa, presentandole l’ambiente.

- Papà dovrebbe essere di là!  
Questa frase la fece sobbalzare, e rincorse, cercando di non fare strane figure, Rufus che si era allontanato.
Successe tutto in pochi istanti.
Entrarono in una stanza alla loro sinistra, oltrepassando delle porte a vetro scorrevoli semichiuse.
E Leni lo vide.
Roger era seduto comodamente su una poltrona, e fumava una sigaretta mentre la musica risuonava da quello che sembrava un vecchio lettore di musicassette. Anzi, lo era sicuramente.
Roger si girò verso i due ragazzi, mente Rufus faceva le presentazioni.

- Papà…lei è Leni. Leni, papà. Cioè, Roger.
Come se servissero le sue  presentazioni!
Roger la vide, e le sorrise sghembo, un sorriso che le ricordò quello di Rufus, e pronunciò un – Piacere! – convinto, mentre si apprestava ad alzarsi e a stringerle la mano.
Leni tese il suo braccio rigidamente e strinse la mano grande di Roger, cercando di non stramazzare al suolo per la gioia.
Voleva urlare dalla felicità, o almeno piangere, ma cercò di trattenersi.
Si sentiva scoppiare, date le troppe sensazioni positive.
Rispose con un timido cenno del viso, e lo fissò minuziosamente. Non voleva perdersi un singolo momento. Roger Taylor era in carne ed ossa davanti a lei. Non era un volto sulla copertina di un disco, o una foto su internet.
Roger parve accorgersene, e rise. – Mi stai simpatica, Leni. – affermò, arricciando le labbra.
- Vuoi bere qualcosa? – le chiese, spegnendo la sigaretta in un posacenere in vetro su un tavolino in fianco alla poltrona, che lei non aveva neppure notato.
La ragazza scosse la testa, sorridendo timidamente, senza spostare lo sguardo da lui.
Oddio, un’altra figura da idiota. Perché non parlava, si sentiva una stupida!
L’uomo sembrò intuire ciò che stava succedendo nella mente di Leni, e sospirò divertito.
C’erano diversi tipi di fans. Oramai gli aveva catalogati così, quelli incontrati negli anni.
Il fan che è rumoroso e inizia a parlare a tutto spiano, stordendo chiunque. Vuole fare foto ed avere mille autografi. Cerca di intavolare ogni tipo di discussione, ed è simpatico, ma a lungo andare è solo stressante, e si spera se ne vada presto. Anche perché è anche sfacciato.
Il fan isterico. Sono quelli più devoti in genere, e non fanno altro che piangere e urlare, e calmarli è spesso impossibile. Tremano e chiedono spesso abbracci. Questo li caratterizza. Hanno bisogno di contatto fisico, e a volte, questo non è proprio gradito. Anche se fanno tenerezza.
Il fan pietrificato. Colui che cerca di comportarsi in modo umano, trattando la star senza strane accoglienze calorose e false o pianti, e che si sforza di apparire educato, e rilassato. E’ quel fan che cerca di trattarli come normali esseri umani, che Roger preferisce. Il difetto più grande è che all’inizio sono letteralmente paralizzati, e solitamente hanno uno strano sorrisetto ebete stampato in faccia. Il caso di Leni, insomma. Ma Roger sapeva che si sarebbe sbloccata presto.
Rufus intervenì: - Dove è andata a finire tutta la tua logorroicità?
Leni sbiancò, girando la testa di scatto verso il biondo, che si spanciava dalle risate.
- Dovresti vedere la tua faccia!
La ragazza desiderò sparire, nuovamente, e Roger intervenne, schiaffeggiando amichevolmente l’avambraccio del figlio.
- Lasciala in pace, son! – lo riprese. – Allora, Leni, ti è piaciuto il concerto?
La ragazza si illuminò ancora di più, se possibile. – Moltissimo, Mister Taylor. – rispose con voce cristallina, ma incerta – non ho davvero parole.
Non mentiva affatto.
Roger rise lusingato per il complimento, e per la timidezza che mostrava. – Grazie, allora. E chiamami Roger, mi fai sentire vecchio!
Leni sorrise a sua volta, decisamente più rilassata.
Poi, riconobbe una canzone conosciuta.
Il mangianastri stava ancora suonando, solleticando le sue orecchie.
- Genesis? – chiese in un sussurro incerto.
L’uomo la guardò positivamente sorpreso.
I Genesis non erano una band così sconosciuta, anzi, ma tra la generazione di Leni lo erano di certo.
Annuì. – Mi fa piacere che li conosci. – Roger si avvicinò al lettore, situato dal lato opposto alla poltrona – è un’edizione rara di A Trick In The Tales in cassetta. – fermò la musica, estraendo il piccolo contenitore di plastica.
- Davvero rara. – commentò Leni, avvicinandosi, con un coraggio sconosciuto. - non è così difficile da trovare, comunque. – affermò, sicura.
Roger la guardò confuso.
- Se si conoscono alcuni siti giusti, si possono trovare diverse edizioni cosiddette rare – spiegò – basta avere le fonti.
- E tu che fonti hai? – chiese l’uomo incuriosito, mente Rufus si avvicinava ai due, a sua volta interessato.
- Lavoro in un negozio di musica. – disse Leni, arrossendo – non di raro qualche intenditore viene a chiederci di ritrovare vecchie cassette.  A mio parere, sono meglio dei CD. – aggiunse, ormai a suo agio.
Rufus sorrise sotto i baffi.
Papà aveva trovato pane per i suoi denti.
Roger si sfregò le mani, soddisfatto. – Sto cercando di collezionare diverse edizioni originali. Mi rilassa. Direi che allora un giorno chiederemo a te, per ritrovare quelle più…introvabili!
Leni annuì felice e rise. Non percepì però alcuno scherno nella sua frase, e si sentì mancare.
Stava dicendo sul serio!
Roger le sorrise, e poi annunciò che ora sarebbe andato a dormire, il concerto era stato stancante.
Aveva battuto su quelle pelli con una forza ed energia assurda per ore, Leni non si stupiva!
Egli si congedò, congratulandosi con Leni per l’accoglienza dei berlinesi, affermando che la Germania era sempre fantastica.
Salutò con un cenno Rufus e con un occhiolino la ragazza, che agitò una mano debolmente mente Roger usciva dalla stanza.
Oddio.
Così come era iniziata, era finita. In un baleno.
Il suo cervello doveva ancora processare tutto, la sua euforia era alle stelle.
Rufus la guardava, studiando i suoi comportamenti.
Era riuscita a restare calma e a non mostrare il suo lato da fan pazza, ed era sicuro papà lo avesse apprezzato.
- Vuoi restare lì ferma, o conoscere anche Brian?
Rufus riprese a ridere, quando Leni si portò teatralmente una mano sul cuore.
- Troppi infarti, stasera, Rufus! – si lamentò giocosa, tornando sé stessa.
Il biondo si avviò verso la porta, seguito a poca distanza da lei.
- Non mi lasci neanche il tempo di riprendermi?
Non sapeva neppure come riuscisse a comporre frasi di senso compiuto dopo così pochi secondi dall’avvenimento. Roger Taylor.
- Brian è sempre impegnatissimo – dichiarò Rufus con casualità – se non ci sbrighiamo, è già occupato con qualcosa: dobbiamo beccare il momento giusto.
 Uscirono dalla porta della stanza, che si richiuse automaticamente dietro di loro.
 In fondo al corridoio, sostavano alcune telecamere e operatori, e quella che doveva essere una giornalista.
Saki stava supervisionando la situazione, e distribuendo quelli che dovevano essere dei pass.

- Ecco, siamo arrivati tardi.
Leni era perplessa.
- Ha un’intervista – si battè una mano sulla fronte Rufus. – me l’ero dimenticato.
- Anche a quest’ora? – chiese incredula Leni.
- La sera è l’unico momento in cui puoi incontrare Brian, e in cui non sia occupato in altre attività. – spiegò il biondo.
Leni scrollò le spalle.
In effetti, le dispiaceva non poter incontrare proprio Brian.
Non che non fosse riconoscente per il batterista appena visto, ed in generale per l’intera serata, ma non poter conoscere proprio il Doc ora che era lì, così vicino, le faceva davvero storcere in naso per il dispiacere.

- Non importa. – sorrise mesta. – E’ stato già fantastico così, non potrei chiedere di meglio.Rufus la guardò negli occhi azzurri. – Ci tenevi a conoscere Brian, lo so.
Leni annuì. – Ma lui è impegnato, e va bene così. Davvero. – era sincera.
Rufus si sentiva in colpa, per qualche motivo ignoto.
Ed era al corrente che la serata era finita. Era stata fin troppo breve.
E poi Leni parlò. Il biondo avrebbe preferito di no. Se ne stava andando.
- Grazie per tutto Rufus. E’ stato così assurdo e bellissimo che credo non mi riprenderò più! – i suoi occhi tradivano la sua emozione. – Non…non so davvero come ringraziarti.
Si sistemò meglio lo zaino che indossava ormai da tempo. Le stava dando fastidio.
- Per così poco? – Rufus le sorrise a sua volta. – Non ho fatto niente di che. E…è stato bello conoscerti.
- Anche per me, Taylor.
L’atmosfera si stava facendo strana.
Non sapeva se doveva abbracciarlo, da impacciata poi, per mostrare la sua riconoscenza, o semplicemente andarsene salutandolo normalmente.
Non sapeva più niente, si sentiva come ubriaca, ma senza aver bevuto, e senza mal di testa.
Era solo su un altro pianeta, come se camminasse sulle nubi. Si sentiva bene. Visceralmente bene. Le partiva dal petto, quel calore benefico.
Era come un sogno bellissimo, e non voleva svegliarsi.

- Potrei accompagnarti, sai, per andare a casa.
Leni si stupì della richiesta. – Non serve, davvero.
- Insisto. – disse lui timidamente.
Saki spuntò dal nulla, e si mise in fianco al biondo.
- Credo sarebbe meglio lei andasse. – sussurrò al suo orecchio. – C’è RTL, e non penso sia il caso la vedano.
Leni fece finta di non sentire.
Ma non riuscì a trattenersi. – Well, neanche io vorrei apparire su una delle tv principali della Germania – disse, ridente – se mi dite da dove si esce da qui, vado volentieri. Grazie di tutto anche a te, Saki. – si rivolse all’uomo, che ora le sorrideva incerto.
- Siamo rimasti d’accordo che ti avrei accompagnato. – intervenì pronto Rufus, facendo spalancare gli occhi di entrambi.
- Ma, Rufus…- tentò di protestare il bodyguard.
- Niente “ma”, Saki. – si rivolse poi a Leni. – allora, dove abiti?
E lei, non riuscì ad non rispondergli.

***
 
L’appartamento di Leni era a circa di venti minuti di cammino, attraversando la città passando per Potsdamer Platz, una delle altre piazze principali.
Leni aveva insistito affinchè non chiamassero addirittura un taxi, e ribadì che sarebbe andata anche da sola, ma Rufus la ignorò, camuffandosi come poche ore prima, imitato da Saki, che ovviamente doveva andare con loro. A piedi, i tre si erano avviati per le vie illuminate di Berlino.
L’arrivo davanti alla porta di casa interruppe il simpatico chiacchiericcio che si era creato tra i due, mentre Saki stava pochi metri lontano da loro, indietro.
Leni infilò la chiave nel portone scuro, e Rufus gettò uno sguardo all’alto palazzo che si scagliava verso il cielo.

- Eccoci. – annunciò Leni, celando al meglio la sua leggera tristezza.
Perché si sentiva malinconica? Era stata una serata magnifica, per tutto.
Tra voi non funzionerebbe mai.
Ancora quelle parole.
Saki controllava di sottecchi la situazione, poco lontano, camminando piano avanti ed indietro.
Lei, per rompere il silenzio, ringraziò ancora il biondo per quella che doveva essere la milionesima volta della serata, e Rufus roteò nuovamente gli occhi, dicendole che doveva smetterla di ringraziarla.
Scoppiarono entrambi a ridere, e poi si guardarono entrambi negli occhi.
Errore.
Due occhi così simili….
Ed era innegabile che c’era un feeling tra di loro.
Tra voi non funzionerebbe mai.
Lo sguardo si stava prolungando troppo. Leni iniziò a sentirsi a disagio.
Rufus decise che doveva farlo. Non avrebbe perso quella occasione.
Tra voi non funzionerebbe mai.
In un attimo, senza preavviso, si avvicinò alla ragazza, e si chinò in avanti per colmare il vuoto tra le loro labbra. Poggiò una mano sulla sua guancia fresca, e Leni sussultò.
Il bacio si approfondì dopo pochi istanti, e Rufus si strinse a lei, possessivo.
Leni stava rigidamente in piedi, alquanto pietrificata.
Ma stava rispondendo al bacio.
Gli portò una mano tra i capelli biondi, stringendoli. Morbidi.
Rufus sapeva di fumo. Aveva fumato mentre camminavano fino a casa sua.
Si strinse a lui.
Era un errore.
Leni aprì gli occhi, percossa da un brivido.
Oddio.
Si staccò di colpo, come folgorata, arretrando di alcuni passi, spaventata.
Rufus aprì gli occhi confuso (li aveva chiusi?) e fissò la ragazza, disorientato.
- Che cazzo fai? – gli gridò poi contro lei, con le lacrime che premevano per uscire.
Che cazzo avevano fatto?
Che cazzo aveva fatto lei?
- Io…pensavo che…insomma, mi sembrava che anche tu…- Rufus mormorò alcune frasi sconnesse, sconvolto dall’improvvisa reazione, cercando di spiegarsi.
Perché lo stava rifiutando, adesso?
Leni sembrava isterica. - Cazzo, Rufus…perché hai…Oddio – si coprì il volto con le mani, nascondendo alcune lacrime che veloci stavano scendendo.
- Cosa? Ora è colpa mia? – chiese alterato il ragazzo – ammettilo, Leni ti diverti a rifiutarmi, hm? Ti diverti? Ti diverti, vero? – chiese, in un ringhio, riavvicinandosi a lei.
Le sue labbra.
- Non è questo! – gli gridò contro lei, con tutto il fiato che aveva in corpo.
- E cos’è, allora? – chiese lui, con lo stesso tono, diminuendo nuovamente la distanza tra loro.
Lo stava facendo arrabbiare talmente tanto che rivoleva le sue labbra. Le voleva.
Leni singhiozzò, torturandosi il labbro inferiore.  - Sono nella merda, oddio.
Stava farneticando, pensò Rufus. Era solo un bacio.
Le voleva…
Gli occhi erano lucidi, le lacrime ormai scendevano copiose.


- Esci dalla mia vita, Rufus. – disse lei, con voce roca e provata.

Rufus la afferrò con forza per un braccio. – E tu spiegami che cazzo succede!
Leni lo fissò negli occhi per un tempo interminabile.
Rufus si specchiò nel loro blu.
La sua voce era rotta dai sensi di colpa.
Leni si sfilò mollemente dalla sua presa.
- Sarebbe stato bello sei io fossi stata un’altra delle tue ragazze, vero? Peccato che non posso esserlo. – disse roca, e retorica.
Rufus la fissò, colpito.
Un sussurro, lei distolse lo sguardo. Un nodo in gola. – Ho un ragazzo, Rufus. Un ragazzo che amo. E l’ho appena tradito. Sparisci dalla mia vita.
 
 
 
***
 
 
KABOOOOOMMM!
Ciao a tutti, carissimi.
Come commentare AHAHA, pensavate davvero che si baciassero, e miracolosamente fossero tutti felici, e poi iniziassero la loro vita coniugale? Ehm, no!
Nessuno considera mai il fatto che nelle fanfiction che le protagoniste possano anche avere una vita loro, you know. Un’esistenza al di fuori dell’incontro col belloccio.
E Leni ce l’ha, la vita.
Fidanzata.
Boh, scusate, ma a me questo dettaglio piace un sacco #modestia forse perché fino ad ora erano tutte single e ready to mingle. MA LEI NO.
Non è realistica come cosa, avanti hahah! Se una è carina e bella, perché dovrebbe essere ignorata e single, ffsss, bullshits (?)
 
COMUNQUE, se siete arrivati fin qui, siete troppo fantastici! <3 E’ da tanto che non aggiornavo.
(E nulla, volevo dire che la nostra eroina non ha incontrato Brian, e che ci sono rimasta male pure io, pensate.  Però, non poteva avere tutto, dai.)
Momento “Cose lasciate in sospeso”: la risposta del quiz dell’altro capitolo.
Ebbene, Tiger è stato scelto da nientepopodimeno che: Freddie Mercury!
Già, lo ha dichiarato Rog in un’intervista, ed è una cosa troppo tenera secondo me. Aw.
Se avete azzeccato la risposta, riceverete un uovo di Pasqua con Deaky dentro!
 
Poi, altra cosetta, riuscite a votare qui? > 
http://www.efpfanfic.net/richieste.php?catid=804
Si tratta di far aggiungere Rufus alla lista dei personaggi della sezione Queen! Fsdjksd, nulla di che.
 
Bene, ecco, ora mi dileguo! (?)
Un bacio a tutti i Queenies che hanno letto, vi voglio bene!
 
Alla prossima,
vostra
Himmie
  
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