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Autore: Monkey_D_Alyce    08/04/2015    3 recensioni
La mia vita...si può definire tale?
Tutto quello che sapevo su di me, sulla mia famiglia, sul mio passato...può essere semplicemente una menzogna.
E, come se non bastasse, arriva un serial killer a sconvolgermi la vita! Cosa vuole, costui, da me?
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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19° capitolo: Una perdita dolorosa

 
 
Dragon fa il suo ingresso nel salotto, seguito a ruota dai suoi uomini, lasciando sorpreso Akainu.
Come vuole ribattere, ora, il Cane Rosso?
Ci sono io, Gaara, Shanks, Athos e gli altri “tre moschettieri” e infine quello che è stato il mio Maestro per anni, comportandosi persino come un padre nei miei confronti, con il suo piccolo esercito formato da circa una trentina di uomini, appostati fuori casa, armati fino ai denti, nascosti da passamontagna accompagnati da elmetti.
 
“Cosa pensate di fare, eh? Loro saranno a centinaia, mentre voi siete solamente un piccolo plotone di nemmeno cinquanta uomini!” esclama irritato Akainu, facendomi sbuffare dall’impazienza.
Ok, avrà anche ragione, ma se non tentiamo nemmeno, cosa possiamo sperare di fare?
Di sicuro, Mihawk starà a guardare, mentre Doflamingo si darà da fare.
 
A me non importa se morirò in battaglia.
Voglio salvare Rufy.
Costi quel che costi.
Non posso abbandonarlo al suo destino, nelle grinfie di quel biondino folle con tutte le rotelle fuori posto!
Non voglio nemmeno immaginare come avrà conciato il mio fratellino!
Un solo pensiero e distruggerò tutto ciò che mi capita sotto tiro: uomini, oggetti, tutto.
 
“Il Signor Presidente non la pensa così, Signore” afferma sicuro Dragon, lasciandomi totalmente allibita.
Anzi, tutti sono rimasti allibiti, compreso Akainu.
Ho sentito veramente quelle due parole?
Sul serio ha nominato il Presidente???
Quel Presidente?!?
 
Spero che non sia una presa per il culo, altrimenti lo riduco in poltiglia! Se persino il Presidente degli stati Uniti è stato coinvolto, deve essere una cosa seria!!!
 
Perché, scusa? Quando è coinvolta l’FBI non è una cosa seria?
 
Ma quelli sono solamente dei soldatini, tesoro! Stiamo parlando del Presidente!
 
Già, ma ora che ci penso non è poi tanto strano…
 
E perché, scusa?
 
In fin dei conti… si tratta sempre del nonno di Rufy…
 
“Come hai potuto mettere di mezzo il Signor Presidente?!? Che cosa ti è saltato in mente, Dragon?!?” grida infuriato il Cane Rosso, alzandosi di scatto dalla sedia, avvicinandosi al papà di Rufy a grandi falcate, per poi prenderlo per il colletto.
“Ti rendi conto di ciò che hai fatto?!?” domanda ancora, scuotendolo energicamente, lasciando indifferente, nonostante la situazione, il mio Maestro.
“Signore, io non ho fatto un bel niente, glielo posso assicurare” risponde pacato, accennando persino ad un ghigno vittorioso.
 
Dall’esterno, all’improvviso, si sente il rumore di una portiera di un’auto che si chiude.
E se devo essere sincera, questo mi fa salire i brividi lungo la spina dorsale dall’ansia.
Che sia qui?
 
Scappiamo. Prendiamo la prima finestra e fuggiamo da questo posto pieno di sbirri!
 
In lontananza, dei passi echeggiano fino a noi: sono decisi e anche piuttosto veloci.
L’ho conosciuto quando era ancora un semplice Governatore ed ora, eccolo che finalmente ha avverato il suo più grande sogno.
Il famigerato Monkey D. Garp, il nonno di Rufy.
Un uomo crudele, senza scrupoli, severo e fin troppo manesco.
Insomma, si può dire che lui è lo sbirro cattivo dei film.
Smoker, in confronto a lui, è un dolce biscotto alla panna.
 
“Dov’è?”- inizia a parlare con il suo tono di voce profondo e fin troppo spaventoso. Una voce che, se posso dire, non sono felice di risentire- “DOV’E’ QUELLA MENTECATTA DI MIA NIPOTE?!?”.
 
Però, io mi chiedo: perché cazzo cerca sempre me, per prima??? Mai una volta che chieda dov’è il mentecatto di suo nipote!
Tutte le volte devo passare per la pecora nera della combriccola, che cavolo!
Questa faccenda mi sta un po’ sui coglioni.
 
L’idea di scappare è ancora in ballo, se vuoi. Se no, possiamo restare a morire qui.
 
No, dai. Andiamo pure!
 
Accetto volentieri la sua proposta, senza nemmeno pensarci sopra.
Sono codarda? Tsk, ma figuriamoci!
Di sicuro non voglio stare qui, a sorbirmi le “moine” dolci del mio nonno acquisito.
Che poi non ho nemmeno capito perché devo essere sua nipote, siamo chiari.
Lui mi diceva sempre che ero “La nipotina che ho sempre desiderato!” con tanto di occhi sfavillanti di gioia immensa.
Io non l’ho mai chiamato nonno.
Sì, certo, gli voglio bene, ma le sua “amorevoli” carezze non le ho mai volute!
 
Deglutisco a vuoto e, in men che non si dica, mi ritrovo a correre per il corridoio della casa di Ace infestato da soldati, accompagnata dalle urla di Garp.
 
“Torna qui! DISGRAZIATA CHE NON SEI ALTRO!!!” mi minaccia con tono altisonante, nemmeno fosse Dio a proclamare il Giudizio Universale.
E io che faccio? Corro, ovviamente.
“Ma col cazzo!” gli rispondo, deviando improvvisamente per le scale che portano al piano superiore, ricevendo una bella botta al mignolo del mio piede sinistro contro lo scalino.
Bestemmio a bassa voce contro ogni Dio presente in terra, persino gli Sacri Spiriti, meritandomi di sicuro un girone dell’Inferno tutto per me.
Continuo a salire più veloce che posso e, dopo aver finalmente raggiunto il secondo piano… scivolo per terra, cadendo rovinosamente sulle ginocchia.
 
“Porca troia!!!” impreco rialzandomi con non poca fatica, nemmeno avessi combattuto contro Hulk in persona.
Tra me e Garp non mancano che pochi centimetri, ma decido di sfiancare i miei polmoni già provati in una corsa degna di Usain Bolt.
Entro nell’ultima camera in fondo al corridoio del secondo piano e mi ci fiondo letteralmente dentro, fermandomi con l’aiuto della maniglia della porta, per poi chiuderla con un tonfo sordo, girando infine (con tanto di mani tremanti dalla paura) la chiave con tutte le mandate possibili.
Raccatto persino una sedia li vicino e la spingo contro di essa, in modo tale da mettere Garp in difficoltà.
 
Mi allontano un poco, mettendomi una mano sul petto e respirando profondamente, ma un altro spavento mi attanaglia il cuore a causa dei forti colpi inferti alla porta dal vecchio.
“Apri questa maledetta porta!!!” m’intima continuando nella sua impresa, sconvolgendomi più di quanto già possa essere.
Mi sembra la scena del film “The Shining”, manca solamente l’ascia a Garp.
 
Indietreggio ancor di più, finendo contro il muro opposto della stanza, mentre la porta da l’avvertimento che sta per cedere grazie ai suoi continui scricchiolii sinistri.
Volgo freneticamente la testa a destra e a manca per svariate volte, in cerca di una via d’uscita, finché non scorgo la finestra alla mia destra.
La apro con violenza, nel momento stesso in cui Garp sfonda la porta ed entra nella stanza, correndo come un folle nella mia direzione.
Non penso minimamente alle conseguenze e mi butto verso l’ignoto, chiudendo gli occhi ermeticamente.
 
Ma purtroppo, non sento nessun osso rompersi a causa del terreno o un sonoro “Splash!” a causa dell’impatto con l’acqua di un lago infestato da chissà quali improbabili squali o un anaconda gigante pronta a stritolarmi e inghiottirmi.
Apro un occhio con circospezione e tento di guardare verso l’alto per quanto mi possa essere possibile: noto una mano (degna di un gigante) piuttosto conosciuta reggermi senza difficoltà per un pezzo del vestito.
Dire che sono sfigata è un eufemismo.
Mi tira su, senza tanti problemi, all’interno della stanza e qui comincia la ramanzina, con tanto di tirata d’orecchio e “dolci” scappellotti che mi fanno capitombolare a terra un bel po’di volte.
Come picchia Garp non c’è nessuno.
Infatti preferisco di gran lunga le botte di Shanks che di questo qui.
 
“Ora, tu vai a salvare quel degenerato di tuo fratello! Sono stato chiaro?!?” mi grida contro, mentre io mi faccio piccola piccola, nemmeno fossi un gattino indifeso; il tutto è accompagnato dalla presenza di Ace e degli altri, facendomi sentire in imbarazzo.
Sembra la scenata che fanno le mamme difronte ai loro figli al supermercato.
“Sì, Garp… e comunque era quello che avevo in mente di fare!” sbotto tentando di farmi coraggio.
“Non farmi incavolare, nipote! Finita questa faccenda, voglio che ti arruoli nell’Esercito!” ribatte inviperito, gonfiandosi il petto d’orgoglio non appena accenna il fatto di farmi entrare nell’Esercito.
“Io nell’Esercito non ci entro nemmeno a morire, vecchio!” mi difendo ringhiando come un cane rabbioso, accendendo la sua ira alle parole “Esercito”, “non ci entro” e “vecchio”.
“TU DEVI OBBEDIRE A TUO NONNO!!!” urla fuori di sé, piantandomi un poderoso pugno in testa, stordendomi non poco.
 
Che bello! Vedo gli uccellini che volano intorno a me!
 
Kat, smettila di giocare. Dobbiamo andare. Pregusto già il sangue di quel bastardo tra le mie mani!
 
Mi riprendo alle parole della mia socia e lancio un’occhiata a Garp, per poi allontanarmi, non prima di averlo tranquillizzato.
Lo riporterò a casa sano e salvo, promesso”.
 
Entro nella stanza dove ho abitato in questi ultimi tempi e mi vesto con le prima cose che mi capitano sotto tiro.
 
“Allora sei decisa ad intraprendere questa missione suicida?” domanda la voce di Ace alle mie spalle, mentre mi infilo le mie ritrovate All Stars.
“Sì, perché?” chiedo a mia volta alzandomi mentre mi lego i capelli in una coda alta, per poi dirigermi verso di lui a passo svelto, guardandolo insistentemente negli occhi, in attesa di una risposta.
Sorride amaramente, estraendo il suo machete, porgendomelo.
“Perché?” domando ancora in tono flebile, osservando l’impugnatura grezza ma resistente della sua arma.
“Diciamo che… è come un portafortuna! Lo usò mio padre prima di me. Ora tocca a te, usarlo” risponde guardandomi dolcemente, facendomi sciogliere come neve al sole.
Prendo il coltello con delicatezza e la ripongo tra la cintura e i jeans, per poi coprirla con la felpa, fino a che una domanda non mi attraversa la mente.
“Ace… la prima volta che c’incontrammo dicesti che eri in cerca di qualcosa… cosa stavi cercando?” do voce ai miei pensieri, lasciandolo un attimo sorpreso, ma si riprende subito.
Mi afferra delicatamente il viso tra le mani e mi guarda con i suoi occhi neri come la pece, dove mi perderei molto volentieri.
Si avvicina velocemente e mi lascia un vaporoso bacio sulle labbra, provocando in me un tremito piacevole.
“Cercavo dei documenti. Erano file sugli esperimenti che stavano conducendo Doflamingo e mio padre su un’arma da distruzione di massa. Da quel che mi aveva riferito mio padre, l’arma non era stata ancora completata. Tutte le volte mi rassicurava, dicendomi che avrebbe distrutto quel lavoro prima dell’attuazione…” racconta con tono malinconico, mentre posso sentire il mio animo come svuotato di ogni goccia di vita.
Anche suo padre era coinvolto nella creazione di quello che sono io, ora.
“Perché tuo padre era coinvolto? Cosa c’entrava? Perché?” chiedo a raffica, per poi venir zittita da un altro suo bacio.
Si stacca da me alcuni attimi dopo, appoggiando la sua fronte contro la mia, per poi riprendere la storia.
“Mio padre, Gol D. Roger, era il migliore amico di Doflamingo. Erano cresciuti assieme, un po’ come me e Sabo. Fin da piccoli avevano il sogno di realizzare un’arma potente per difendere il proprio Paese e fu  così che alla fine dei loro studi cominciarono la loro Grande Opera… ma mio padre non pensava minimamente che Doflamingo non voleva più creare l’arma per servire la Patria, ma per distruggere le potenze mondiali. La mente di Joker era stata compromessa da suo fratello Mihawk: lo aveva intortato con la storia che sarebbero potuti diventare ricchi sfondati, che avrebbero avuto il mondo ai loro piedi.
Doflamingo cambiava carattere e modo di comportarsi di giorno in giorno, diventando irascibile e folle e mio padre, preoccupato, cominciò ad indagare.
Non appena scoprì le reali intenzioni, abbandonò quello che considerava il suo migliore amico e decise di cominciare la battaglia prima che l’arma diventasse essere umano.
Ma non ci riuscì.
Nonostante i suoi sforzi, l’arma venne completata e immessa dentro al corpo di un umano: una bambina.
Quella bambina eri tu, Kat. Mio padre morì per cercare di salvarti da quell’Inferno e fare in modo che tu potessi crescere come tutte le altre.
Si era persino alleato con l’FBI per intraprendere quella missione suicida.
Mio padre ha fallito. Ha fallito l’FBI. E anche io ho fallito” finisce di raccontare, lasciandomi sconvolta.
 
Non so cosa dire.
Non so nemmeno cosa pensare se non una cosa: vendetta.
Vendetta per tutto il male subito.
 
Bacio Ace per quella che forse sarà l’ultima volta, per poi dirgli addio.
“Mi spiace per tutto quello che ho causato. Risolverò la questione”.
E mi allontano da lui e da quella stanza, seguita dalla scorta di soldati verso quella che si preannuncia una guerra all’ultimo sangue.
 
 
§§§
 
 
 
I soldati si sono nascosti, eseguendo alla lettera gli ordini di Akainu.
Pure a me aveva ordinato qualcosa, ma non me la ricordo… o meglio: non ho la più pallida idea di cosa abbia detto, dato che non l’ho minimamente ascoltato, presa com’ero dal gusto della vendetta e della rabbia che mi attraversava l’animo come un mantello nero e dolce allo stesso tempo.
 
Giungo davanti a quella che una volta era casa mia.
Il luogo dove tutto è iniziato e dove tutto finirà.
Sono qui, in mezzo alla strada, in attesa che loro si decidano ad uscire e venir presi a calci in culo dalla sottoscritta, pronta a morire per il proprio fratello e per vendicare se stessa e l’uomo che è convinta di amare.
 
Una tenda della finestra del soggiorno si scosta, rivelando due occhi gialli come quelli di un falco: Mihawk.
 
“Avanti, grandissimo figlio di puttana, esci e accetta la tua morte senza dire nulla! Perché è questo che meriti!” grido con tutto il fiato che ho in gola, allargando le braccia in un gesto teatrale, sfidandolo ad ammazzarmi.
Vedo il suo ghigno mellifluo e poi sparisce dalla mia visuale, per poi uscire dalla casa ed estrarre la sua amata spada.
 
Vaghi ricordi cominciano a scorrere come un film nella mia mente, sentendo la cicatrice dietro la schiena bruciare come le fiamme dell’inferno, pulsando terribilmente.
 
“A quanto vedo, il coraggio non ti manca, gattina!” esordisce con tono strafottente, avvicinandosi a me.
È una scena un po’surreale, a dire il vero.
Ancora per una volta ci ritroviamo uno di fronte all’altra.
Ma questa volta non è affatto per il sesso.
Questa volta è per ucciderlo una volta per tutte.
“Il coraggio non mi manca, certo! Ma se devo essere sincera sono un po’eccitata” lo ripago con la sua stessa moneta, facendolo ghignare ancora una volta.
“Si vede che ho lasciato un segno indelebile, chi lo sa!” esclama sorridendo maniacalmente, coinvolgendo pure me.
Ma il mio sorriso è diverso.
Il mio, è un sorriso da folle.
 
Ti consiglio di non esultare dalla felicità, perché ora tocca a me…
“Che cosa?”
Oh, la risposta è molto semplice, stupido essere umano. Tra poco esulterò dalla felicità quando ti avrò ridotto il cuore in brandelli e ridotto il tuo corpo ad una massa informe di ossa e muscoli!”.
 
Mi scaravento contro di lui, riuscendo a schivare per un soffio la lama della sua spada, saltando di lato.
Riparto subito all’attacco, come a volergli dare un pugno nello stomaco, mentre lui si difende a spada tratta, preparandosi a colpire.
Non appena sono abbastanza vicina mena un fendente piuttosto potente, ma io mi abbasso e passo sotto alle sue gambe divaricate mediante una capriola, per poi rialzarmi con tutta la velocità di cui dispongo e tirargli una gomitata nella spina dorsale, tra la zona toracica e quella lombare, facendolo cadere per terra, ma si riprende velocemente e si alza di scatto e in meno di due secondi mi colpisce vicino alla tempia destra, intontendomi un poco.
Ne approfitta colpendomi la bocca dello stomaco con il pomolo dell’elsa della spada, facendomi mancare il fiato.
Mi inginocchio tenendomi la parte lesa e tento di riprendermi il più velocemente possibile, ma non ci riesco e mi guadagno un calcio sotto al mento che mi fa rovinare all’indietro.
Si erge sopra di me con tutta la sua altezza e la sua malvagità e sta per darmi il colpo di grazia, ma mi scosto all’ultimo secondo di lato, alzandomi con non poca fatica, respirando affannosamente, mentre piccole gocce di sudore cominciano a scorrere lungo il mio viso.
Non faccio in tempo a girarmi di nuovo verso di lui che mi ferisce la coscia piuttosto in profondità, facendomi gridare dal dolore, sentendo le membra dividersi e il sangue copioso imbrattarmi i jeans.
 
Non possiamo mollare, Kat! Muovi il culo e reagisci!
 
Annuisco debolmente, quasi fosse una convinzione a cui aggrapparmi.
Estraggo il machete di Ace e lo tengo davanti a me, non riuscendo a stare ferma a causa della paura.
Sì, ho paura.
Paura di non farcela.
 
“Cosa pensi di fare con quella cosa? Sbucciare una mela?” chiede Mihawk ghignando in modo strafottente, irritandomi non poco.
La rabbia s’impossessa di me e non posso fare a meno di ringhiare e rispondergli per le rime:
Affatto. Avevo intenzione di tagliarti la gola” e mi lancio letteralmente contro di lui e la sua maledettissima spada, desiderosa di farla finita una volta per tutte.
 
Perché a me non interessa cosa accadrà.
Non m’interessa della lama che sta trafiggendo il mio fianco con forza, facendomi rischiare la vita a causa dell’emorragia e di chissà quali organi lacerati.
Non m’importa di morire tra cinque minuti o un’ora.
A me importa ammazzare questo bastardo figlio di puttana che mi ha rovinato l’esistenza.
 
Urlo con tutta la forza che ho in gola e vado avanti, fino a che non riesco a colpirlo vicino al costato, conficcando la lama del machete sino in fondo.
Lui si ritrae di scatto, facendo uscire così anche tutta la parte della spada che mi aveva perforato con violenza.
Si tocca la ferita, per poi guardarsi le dita sporche di sangue.
Rivoli di sangue escono dagli angoli della sua bocca, ma decide di continuare a combattere, accanendosi contro di me.
Mena fendenti, alcuni a vuoto, altri colpendomi in punti del corpo non vitali, ma strappandomi vari gemiti di dolore, mentre io mi difendo come meglio posso.
Andiamo avanti così per alcuni minuti, finché non decido di contrattaccare e ringraziarlo per le ferite subite, approfittandone nel mentre dove lui si ferma e cerca di riprendere fiato.
 
Corro verso di lui e, spiccando un salto, lo colpisco tra il collo e la spalla, conficcando il machete, per poi percorrere la lunghezza del suo collo, tagliandolo.
Estraggo la lama con violenza e guardo il sangue uscire da quella ferita, mentre lui mormora qualcosa, per poi ricadere inerme in avanti, morto.
Respiro profondamente, per poi prendere la spada di Mihawk tra le mani.
La alzo con un po’di fatica e con un colpo secco taglio la testa di quel bastardo dal resto del corpo con ira.
Getto la spada di fianco a me, guardando il mio operato.
 
Delle grida e dei passi ci raggiungono e, lentamente, alzo lo sguardo verso quelle grida strazianti e fastidiose.
Lei, mia madre.
Lei, che sta correndo con le lacrime agli occhi.
Lei, che sta minacciando di uccidermi con una pistola puntata contro di me.
Lei, che sta per premere il grilletto.
Lei, la persona che pensavo mi volesse bene, ma che invece mi vede come un Mostro.
Lei, che mi vede come un’assassina spietata per averle ucciso il marito che non l’ha mai amata e che non ha mai voluto bene a sua figlia, trattandola come un giocattolo...
 
E poi un colpo.
Uno sparo.
Lo sparo che doveva uccidermi ma che non l’ha fatto.
Perché quello sparo non ha colpito il mio cuore, ma quello dell’amico più caro che avessi.
Il cuore della persona che una volta era riuscita a rubarmi il cuore con i suoi capelli rossi e i suoi occhi neri ma vivaci.
Il cuore di Shanks.
 
“Shanks! No!” grida uno degli amici di Athos, correndo verso mia madre, per poi spararle a sangue freddo.
 
Io sto impietrita di fronte alla scena, mentre vedo cadere il corpo di Shanks sull’asfalto.
M’inginocchio di fianco a lui, per poi prenderlo tra le mie braccia, guardandolo negli occhi, ma senza realmente vederlo.
L’amico di Shanks si accomuna e comincia a chiamarlo ed a rassicurarlo, dicendogli che se la caverà, che andrà tutto bene.
Ma lui non è più tra noi.
 
Delle lacrime cominciano a rigarmi il viso e comincio a piangere.
Piango come non facevo da tempo.
Mi sfogo di tutto, sentendo che il corpo morto tra le mie braccia dell’uomo che una volta amavo non tornerà più in vita.
Appoggio la mia fronte contro la sua, strusciando delicatamente il naso contro il suo, per poi baciarlo delicatamente sulle labbra svariate volte, ripentendogli che gli ho voluto bene e che gliene vorrò sempre.
 
“Shanks… mi dispiace… non ho saputo proteggerti…” singhiozzo presa dal dolore, per poi appoggiare il suo corpo sulla strada e accarezzargli il viso un ultima volta.
Gli chiudo gli occhi e lo saluto, per poi alzarmi e vedere che una marea di nemici sta intorno a noi, puntandoci contro arma di ogni tipo.
Ma non ci faccio caso, nonostante sia ferita in modo piuttosto grave.
Mi muovo solamente a passi lenti, ciondolando per alcuni secondi a testa bassa.
 
Preparatevi a morire, fottuti bastardi” mormoro atona, per poi alzare lo sguardo verso di loro. Attraversata da un moto di follia pura comincio la carneficina…
 
 
 
 
Dodici ore dopo…
 
 
 
Plic… Plic…
 
 
Gocce che cadono.
Sono fastidiose.
Come se non bastasse sento persino quella sottospecie di ticchettio tipico delle macchine per registrare il battito cardiaco usato negli ospedali.
 
Plic… Plic…
 
 
È troppo chiedere del fottutissimo silenzio, poi?!?
Staccate quel macchinario infernale e smettetela di far cadere delle gocce o qualunque cosa siano!!!
 
Plic… Plic…
 
 
Adesso m’incazzo.
Eccomi se m’incazzo.
Divento una belva.
 
Tento di alzarmi, ma sembra tutto inutile.
È come se il mio corpo rifiutasse bellamente di non ascoltare ciò che la mia mente comanda.
Se devo proprio essere sincera, non sento nemmeno il mio corpo.
Sono niente!
Non riesco nemmeno ad aprire gli occhi! Nemmeno le avessero sigillate con dei lucchetti.
Perché cazzo non riesco a muovermi, poi?!?
 
“Signor Doflamingo, siamo giunti ad una conclusione…”- soggiunge una voce a me familiare. Quella di Akainu. C’è anche Joker. Dove cazzo mi trovo? Perché Joker è qui?- “Sua figlia deve dimenticare. È per il suo bene”.
 
Ok, aspetta un minuto.
Da quando Joker ha una figlia?
E chi è?
Perché devono parlare di questa faccenda proprio in mia presenza?
 
C’è qualcosa che non quadra…
 
Alla buon’ora, socia! Dov’eri finita?
 
Non c’è tempo per discutere! Devi svegliarti!!!
 
Non riesco a capire perché mi stia ordinando tutto questo, ma eseguo senza rifletterci sopra, ma i miei tentativi sono vani.
Più ci provo, più il mio corpo oppone resistenza.
 
Non ci riesco!
 
Stai scherzando, nevvero?
 
No, per niente.
 
Siamo nella merda.
 
Perché? Che cazzo sta succedendo?
 
E mi abbandona.
Non mi risponde, lasciandomi totalmente sconvolta, inondata dallo sconforto e dalla confusione più totale.
Odio non capire cosa stia succedendo.
 
“Si rende conto che la Bestia dentro di lei potrebbe ribellarsi? Come può, Kat, dimenticare ciò che è successo? Ha ucciso quel bastardo di un padre fasullo e ha visto morire davanti ai suoi occhi l’uomo che, da quel che mi è stato riferito, era stato il suo pseudo fidanzato” commenta Doflamingo inalberandosi un poco, lasciandomi sconvolta e ancor più confusa.
Cerco di ricordare gli ultimi avvenimenti, dalla promessa fatta al vecchio di riportare a casa sano e salvo Rufy, alla mia vendetta contro Mihawk e la morte di…
 
Shanks è morto…
Ed è stata colpa mia…
È morto per proteggere un essere insignificante come me?!?
 
Devo svegliarmi
Devo.
Non può essere vero.
Lui non può essere morto!!!
È solo un brutto sogno.
Un incubo, no?
Gli incubi finiscono, prima o poi, non possono durare per sempre.
È solo un brutto sogno.
Un brutto sogno…
 
“Shanks è morto per una buona causa. Sua figlia se ne dovrà fare una ragione. Ma la decisione è irrevocabile.
Le cancelleremo la memoria, così come a Gol D. Ace, Monkey D. Rufy, la ragazza dai capelli rossicci e la restante combriccola di amici.
È un procedimento che riuscirà a tenere la memoria “bloccata” per cinque anni.
Allo scadere del limite, il procedimento verrà rieseguito sui soggetti” afferma in tono calmo il Cane Rosso, facendomi sprofondare nella paura più nera.
 
Tutta la mia vita è stata una menzogna.
Alla fine Mihawk non era mio padre, ma Joker.
Questo spiega il motivo per cui, nonostante il mio odio verso di lui, gli ero “attaccata” in un qual modo.
E non me lo ha mai detto.
Mai.
 
“Cosa ricorderanno, invece? Avranno un vuoto totale? Cosa?” domanda Doflamingo scettico.
“Ricorderanno una vita che non hanno mai avuto. La solita noiosa vita dei ragazzi: scuola, primi amori, alcool, discoteche eccetera, eccetera” gli risponde in tono atono, irritandomi parecchio.
Forse, quella vita, sarà stata noiosa per lui, ma non lo sarebbe stato per me, dopo tutto quello che ho dovuto subire ed affrontare!
Ma questo vuole anche dire che non vedrò più Ace.
Avremo strade diverse…
 
“Avrei una richiesta…” comincia Joker con tono deciso, lasciandomi perplessa.
“Non dovrebbe farne, dato che le concediamo il favore di restare in libertà e di avere la patria potestà su sua figlia nonostante i suoi crimini!” sbotta Akainu in risposta, accennando persino ad un ghigno rumoroso e sprezzante.
“Non me ne può fregare un cazzo dei miei crimini! C’è in ballo la vita di mia figlia!” grida Joker fuori di sé, spaventandomi un poco.
Tuttavia… sento una strana felicità alle sue parole…
 
“Voglio che Ace faccia parte della sua vita. Ha già perso troppe persone a lei care. Non voglio che se ne vada via un’altra”- continua il suo discorso, facendo calare per alcuni secondi un silenzio di tomba, in cui si può sentire tutta la tensione presente- “Faccia in modo che stiano insieme. Non m’importa come. Un banale incidente, un incontro fortuito, qualcosa! I geni d’incontri e di scontri siete voi, non io”.
“D’accordo. La procedura avrà inizio domani alle ore 13.20.  Fino a quell’ora, non potrà più vedere sua figlia” conclude Akainu.
 
Dei passi si allontanano, mentre posso sentire mio… padre sospirare pesantemente, per poi avvertire la sua presenza avvicinarsi…
 
“Mi spiace che tu sia ridotta così… tsk! Ti hanno indotto persino al coma a causa delle ferite che hai riportato! E ti vogliono cancellare la memoria. So di non essere stato il padre migliore al mondo, ma ti ho sempre voluto bene, indifferentemente dal modo in cui mi trattavi. Quante volte hai cercato di ammazzarmi o di cercare di mandarmi all’ospedale? Ho seguito la tua crescita nell’ombra, assistendo solamente da lontano. Forse tu non ci crederai, ma svariate volte mi è balzata alla mente di uccidere quel bastardo di Occhi di Falco, ma dovevo attenermi al piano. Un solo passo falso e tutto sarebbe andato a puttane. Ti ho incitata ad odiarmi ed a disprezzarmi, provocandoti. Sono stato vile, lo so. Sei libera di odiarmi, se vuoi, ma so solamente una cose: ti vorrò sempre bene, figlia mia, qualunque cosa accada…”.






Angolo di Alyce: Ed ecco il penultimo capitolo, bella gente!
Se devo essere sincera, mi spiace concludere la storia! Mi sono affezionata troppo a Kat e al suo piccolo Mostriciattolo tatoso e puccioso! <3
Comunque! Come potete vedere, dopo che Kat ha ammazzato Mihawk (a proposito, com'è è venuta la scena di battaglia???? Sono curiosa! Voglio migliorare, perchè non sono il massimo nelle scene dove c'è moltissima azione), l'hanno indotta al coma!
Povera! Oltre a perdere Shanks (lo so! Lo so! LO SO! Sono stata meschina con un colpo così basso, ma era necessario per il finale. Mi è pianto il cuore a far uccidere Shanks. Ma la scelta era fra lui ed Ace e, quindi, altro finale. Tutti e due drammatici, comunque), ha saputo chi era il suo vero padre: di male in peggio, insomma.
E, come se non bastasse la bella batosta, anche la perdita della memoria! Bella ciliegina sulla torta, no?
Nel prossimo capitolo ci sarà un bella sorpresa! Che non vedo l'ora di scrivere!!!! *^*
Al solo pensiero vado in escandescenza!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! <3 <3
Ok, mi riprendo!
Ci si vede nel finale, dolcezze!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
  
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