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Autore: meiousetsuna    09/04/2015    6 recensioni
Buon compleanno, Fanny! *-*
La Cura è tornata in gioco. Per qualcuno è un'arma, per altri la possibilità, insperata, di riconquistare l'umanità perduta.
Invecchiare, morire.
C'è un motivo per cui questo può essere desiderabile?
Esiste qualcosa di così importante da addolcire il sapore del tempo che passa, per essere perduto per sempre?
Dal testo:Pochi secondi dopo la pesante porta di legno, un vero pezzo da museo, si aprì, lasciando intravedere la visione di un paio d'occhi ritagliati dal cielo e un’espressione che scaldava il cuore.
Damon si inchinò leggermente per salutare la sua amica, rubandole una risatina tintinnante, come la sera di due autunni prima, quando l'avevano conosciuta la sera di Halloween e lui e sua moglie avevano insistito che fosse una vera principessa e non valesse chiedere i dolcetti nascosta tra le bambine normali.
Era un signore così elegante, sempre vestito di scuro con la giacca a un petto sopra un dolcevita nero o blu, i capelli brizzolati, più bianchi dell'autunno precedente, ancora folti e curati.

Con amore e tristezza immensa,
vostra Setsuna
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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  Post-canon; Human!LeadingCharacters; possibili Spoiler! di congetture comuni
Rating verde, Het, nuovo OC
Scritta per il compleanno di fanny_rymes

L’anima peregrina

Il tappeto di foglie ocra e amaranto era troppo bello per spazzarlo via, anche se prima o poi qualcuno si sarebbe rotto una gamba correndo su quella passerella offerta dal mese di ottobre.
Non certo Brittany, che era una veterana di simili avventure, con i suoi otto anni di esperienza e gli scarponcini rossi con la para antiscivolo.
“Sono Dorothy e sto andando sul sentiero di mattoni gialli!” *
In questo caso, il lungo tragitto della piccola viaggiatrice consisteva nei pochi metri di vialetto che divideva casa sua e quella dei vicini, dove il cancello della proprietà era sempre aperto, giorno e notte.
Evidentemente non avevano paura di niente, era questo che piaceva molto alla bambina. Ladri e  fantasmi, per qualche inspiegabile motivo, si tenevano alla larga da soli.
Vera ospitalità del sud, pensavano i Jefferson;** erano lontani i tempi bui della schiavitù della loro gente e da secoli gli abitanti si sentivano felicemente integrati in quella cittadina piena di vita e colori ogni periodo dell'anno, a sole cinque miglia da Atlanta.
Arrivata al portone, la piccola bussò con l'antichissimo batacchio di bronzo che raffigurava uno stemma con una scritta in una lingua difficile.
“Mister Salvatore? Sono Brittany, posso entrare? Le faccio una bella sorpresa!”
Pochi secondi dopo la pesante porta di legno, un vero pezzo da museo, si aprì, lasciando intravedere la visione di un paio d'occhi ritagliati dal cielo e un’espressione che scaldava il cuore.
Damon si inchinò leggermente per salutare la sua amica, rubandole una risatina tintinnante, come la sera di due autunni prima, quando l'avevano conosciuta la sera di Halloween e lui e sua moglie avevano insistito che fosse una vera principessa e non valesse chiedere i dolcetti nascosta tra le bambine normali.
Era un signore così elegante, sempre vestito di scuro con la giacca a un petto sopra un dolcevita nero o blu, i capelli brizzolati, più bianchi dell'autunno precedente, ancora folti e curati.
Le numerose rughe di espressione non riuscivano a vincere la naturale bellezza di quel viso dagli zigomi perfetti, la mascella volitiva e le labbra ancora piene, malgrado la sottile trama di piccole linee traditrici che le contornavano.
Ognuna di loro era un ricordo; una risata, un grido, una smorfia di dolore.
Anche le mani non erano più quelle di un tempo, anche se la pelle era rimasta chiara e priva di macchie; a volte le dita eccessivamente assottigliate piegandosi facevano un po' male, ma lui non ci badava.
Era la persona vecchia meno lamentosa che Brittany avesse mai conosciuto, non come i suoi parenti. Aveva anche suonato il pianoforte per lei al suo compleanno, sotto gli occhi attenti di sua madre. Alla fine del brano, nessuno aveva avuto il coraggio di applaudire, erano tutti come sotto l'effetto di un incantesimo.
Sembrava di essere trasportati davvero all'epoca di quei valtzer frizzanti come bollicine di champagne; la signora Jefferson non si sarebbe stupita di vedere il loro ospite ballarlo perfettamente, per terminare con un baciamano.
Le sue presunte qualità di medium le avevano dato una certa notorietà ai tempi del college, ma ora non si sarebbe azzardata a sembrare una squilibrata — nel migliore dei casi la solita eccentrica che si vantava dei suoi antenati di New Orleans in odore di stregoneria — alzandosi con fare plateale e dichiarando qualcosa come: “Mostra la tua vera natura, Damon Salvatore!”

“È suo nipote, l’ho visto che si fermava al pub vicino al Parco dei Caduti, arriverà presto! Non è arrabbiato perché gliel’ho detto vero? L’ultima volta…”
Damon sorrise dolcemente, facendo una carezza sulla massa di riccioli neri della sua vicina di casa.
“Ho detto: se continuerai a presentarti così all’improvviso mi verrà un colpo. Te lo sei ricordato, vero? Per questo mi stai avvertendo, anche se hai rovinato la sorpresa… facciamo così. Prometto di non morire di infarto, se la prossima volta non mi dirai niente: ci stai?”
“Sì! So che non mi dice una bugia. I signori anziani soffrono di cuore, me lo ha detto mia madre e non le deve succedere niente, le voglio bene. Buongiorno, missis Salvatore”.
Elena era sopraggiunta quasi senza far rumore, posando una mano sulle spalle del marito. Sopra il pigiama indossava un’elegante vestaglia di seta indiana, simile a un’altra, più corta e ormai sciupata da una macchia sulla schiena e con un persistente profumo di rose, che era conservata in soffitta.
“Ti prendo dei biscotti, Brit, li ho cotti ieri sera, sono quelli con zenzero e cannella che ti piacciono”.
La donna non aveva bisogno di ascoltare la risposta, mentre entrava in cucina a preparare un piatto di plastica trasparente colmo di dolci, che consegnò nelle mani della bambina.
“Vai a fare colazione adesso, farai tardi a scuola”.
“Certo! Buona giornata, grazie!”
Elena stava per rispondere qualcosa, ma la sua attenzione si concentrò su Damon che senza dire nulla si era precipitato verso il cancello, aprendo le braccia per poi stringerle intorno al collo e al busto di un ragazzo alto, con i capelli castano cenere un po’ lunghi da un lato del viso.
“Passano i decenni, ma le pettinature da eroe non mancano mai, vero, Stef?”
Stefan non disse nulla, ricambiando l’abbraccio. Ogni volta che tornava a trovare suo fratello, era terrorizzato dai cambiamenti che passavano davanti ai suoi occhi.
Damon era stato il più attraente tra loro, anche se non sempre il più fortunato con le donne, ora poteva ammetterlo, anzi, doveva.

********************


La prima volta, quando era andato a trovarli un paio d'anni dopo il trasferimento a New York, in seguito all’aver ingerito la Cura, sotto la minaccia di Kai di sterminare tutte le persone che amavano se non avessero accettato di auto eliminarsi come vampiri — loro o in alternativa i due Salvatore —  non aveva riscontrato nessuna differenza.
Era passato poco tempo, Elena aveva compiuto finalmente vent’anni e Damon era semplicemente più affascinante del solito.
Chissà come era venuto in mente a Bonnie di riportare quel dono a suo fratello dal 1994, scatenando la corsa ad accaparrarsi l’altra fialetta, esistente nel mondo prigione del 1903. La strega era in buona fede, come sempre, ma quello che ne era seguito era stato l’innesco di una bomba a orologeria.
Qualcuno voleva usarla per sé, per altri era una minaccia di morte o di controllo su una persona odiata. All’idea di veder tornare la famiglia Mikaelson al gran completo, dopo essersene liberati con un colpo di fortuna, avevano deciso di riunirsi a tavolino per cercare una soluzione definitiva.
Peccato che Damon fosse poco propenso a patteggiare e mentre gli altri erano tutti occupati in quel raduno nella vecchia aula di storia di Rick, lui aveva fatto salire Elena in macchina, guidando fino al confine di Mystic Falls.
“Damon, ti sei dimenticato di avere un appuntamento importante? Non dovremmo essere qui”.
“Per quello che vedo, le persone importanti sono qui. Non guardarmi così, scherzo. Conta anche Stefan, va bene? Ma lui non prende buone decisioni per conto suo, è meglio che provveda io. Forse sarebbe felice di tornare umano, ma Barbie non lo farebbe, te lo garantisco da vampiro esperto! E non vorrei vederlo… finire, capisci. Non è come con te e Jeremy, io sono abituato da troppo tempo a sapere che lui dovrebbe sopravvivere per sempre. Ti conosco, Elena”.
Negli occhi di ghiaccio di Damon si accese quella scintilla che brillava solo per la sua donna, mentre le accarezzava il viso con la punta delle dita, tenendola con la testa leggermente sollevata verso di sé.
“Da quando sai del bambino di Jo e Alaric ti stai facendo delle domande e no, non rischierò che per trovare lo scopo definitivo della tua vita tu voglia diventare madre del figlio di un altro. Prenderemo la cura tutti e due, o niente. La scelta è tua, ovviamente”.
Elena prese un respiro profondo, cercando di ricacciare indietro le lacrime che si affacciavano prepotenti.
A volte le faceva quasi paura quanto Damon le leggesse dentro, come un libro aperto. Poi si voltò verso il cartello che segnava l’inizio del territorio della sua città. La loro città. E si ricordò.
“Se morissi si annullerebbe il sortilegio per dimenticare la nostra vita insieme, vero? Che ti ho già amato”.
“Già. E' uno dei motivi, ma non volevo farti pressione con questo, anche se mi piacerebbe che ti ricordassi tutto quello che sentivi per me. Sono sempre stato egoista, è una mia caratteristica”.
“Ma non con me. Per restituirmi il nostro passato sei disposto a tornare umano, una cosa che odi, Damon, che ti fa paura”.
Lui storse la bocca, come faceva quando non voleva ammettere di essere stato scoperto a esporre un aspetto fragile del suo carattere, ma non riusciva a mentire.
Elena non aveva bisogno di interpretare i suoi gesti; facevano parte di lei, ogni pensiero e sentimento di Damon era sotto la sua pelle, non era mai andato via, era semplicemente addormentato nella memoria.
Si avvicinò al vampiro, prendendolo per mano, per condurlo a sedersi ai piedi del cartello: ormai il confine magico non c'era da mesi, ma restava il punto simbolico della loro separazione.
Stapparono delicatamente le fialette, poi tenendosi per mano ne ingerirono il contenuto, senza esitare, un sorso solo.
'Ti avevo detto di non comprami nessun regalo, Damon'.
'Non l'ho fatto ma ho pensato che avresti voluto questa indietro'.
La collana simbolo del suo amore per Stefan.
Ricordava tutto: ogni sguardo, ogni tocco, un bacio, una notte insonne trascorsa a fare l'amore; le liti, le parole dure, quelle di perdono, quelle di passione.
Non avevano parlato, ma si erano amati sull'erba, lì sul ciglio della strada, poi nella macchina e ancora a casa nel loro letto.
La mattina dopo Damon si era alzato presto, preparando una colazione che sarebbe bastata per quattro, che mangiarono fino all'ultima briciola.
Dovevano alimentarsi normalmente ora, ed era diverso. I sapori erano più pieni, il profumo migliore... in realtà sapevano entrambi che non era così: da vampiri i sensi amplificati avrebbero rintracciato il minimo difetto o aroma nascosto nei cibi, non adesso il loro palato umano; era qualcos'altro, felicità.
Almeno Elena lo era, felice di non dover più nutrirsi di sangue; non si era scordata la gioia di Rick quando aveva smesso di essere ossessionato dalla sete.
Damon sorrideva e mandava giù un boccone dopo l'altro, divorato dai dubbi eppure sereno come non si sentiva da un tempo immemore.
Lei gli imboccò un pezzetto di pancake, la grande specialità ai fornelli del suo fidanzato, seguito da un bacio leggero e dalle dita intrecciate nei suoi bei capelli neri.
“Lo hai fatto per me. Non rispondere, ti prego, devo dirlo tutto in una volta. Non ti farò mai pentire, fino all'ultimo giorno; e sarà una vita lunghissima, te lo prometto”.
Non poteva farlo veramente, ma Damon la baciò come non aveva mai fatto prima.
Perché si sentiva l'uomo più fortunato del pianeta stringendo a sé il suo vero amore, perché aveva ceduto alla dolcezza e ne era uscito più forte, perché aveva perso l'eternità e guadagnato la vita che gli era stata sottratta.
Erano passate settimane, mesi e stagioni, ma il figlio che Elena desiderava tanto non era arrivato e non avevano voluto scoprire perché, come se fosse un problema o quasi una colpa da una delle due parti. Soprattutto, come suggerito da tutti i loro amici, doveva essere successo qualcosa durante il rito della Cura.
Non erano tornati indietro nel tempo, erano ex vampiri 'curati' dall'immortalità, un nuovo tipo di persone. Infatti a parte l'avanzare degli anni, non si erano mai ammalati, neppure un raffreddore, diversamente da quello che era successo a Katherine. Su ognuno di loro, aveva avuto un effetto personale, evidentemente.

********************


“La vostra vicina di casa è deliziosa”. Stefan raggiunse la cognata, dandole un bacio su una guancia. “Ti trovo in gran forma, Elena”.
Lei gli fece l'occhiolino, sapendo di far ingelosire Damon. Non tanto da infastidirlo, ma abbastanza perché fosse più galante del solito.
“Hey, non puoi mangiarla, ok? Teniamo un profilo basso, qui a East Point*** niente omicidi nel vicinato”.
Stefan sorrise al vecchio scherzo del fratello mentre entrava a posare la borsa in casa. In quell'antica villa coloniale, malgrado i numerosi importanti restauri, l'atmosfera che si respirava sembrava restituire uno scorcio di un mondo ormai collassato, ottimo come scenografia di un film in costume. Era elegante, ricca, eppure c'era qualcosa di stonato che diede a Stefan un brivido freddo lungo la schiena.
'Il sipario sta per chiudersi'.
“Ascoltate, devo chiedervi un favore. Vorrei restare di più questa volta, sto cercando dei modelli rari per il Museo delle auto d'epoca di Detroit, qui ho visto dei veri gioielli a benzina esposti nei cortili, penso di poter convincere i proprietari a disfarsene. Pagando, intendo”.
Damon lo strinse sulle braccia, ancora con energia, pensò Stefan con sollievo.
“Siamo felici di averti qui, tutto il tempo che vuoi”.
Elena annuì sinceramente, portando una ciocca di capelli dell'ordinato caschetto grigio argenteo dietro l'orecchio. Per molti anni aveva optato per una tinta del suo castano naturale, poi l'aveva giudicata superflua, ridicola.
A Damon piaceva di più così, vera. La trovava più raffinata.
“Stasera vi porto a cena fuori, nel miglior ristorante, potete prenotare per le sette, d'accordo?”****
I Salvatore seguirono con lo sguardo Stefan che si allontanava nel viale, salutandoli con la mano senza girarsi indietro.
“Bene, porto su il bagaglio, poi ti raggiungo in camera, Elena”.
“È prestissimo, non mi servono tante ore per prepararmi, non sei gentile!”
“Chi ha parlato di prepararsi? Se avremo il ragazzino tra i piedi per molto, potrebbe infastidire la nostra vita privata... i vestiti devi toglierli, non metterli!”
Elena rise maliziosa, mentre gli occhi pieni di desiderio di suo marito la spogliavano prima che potesse farlo lei, allungando una mano per spegnere la luce.

Fine?

*Capisco sia offensivo spiegarlo, ma è “Il mago di Oz”
**Thomas Jefferson, III presidente degli USA, fu celebre per l'emendamento della Costituzione che permetteva a tutti la ricerca della felicità. Per questo il suo cognome fu 'adottato' da molti ex schiavi di colore, nel momento di registrarsi come cittadini americani.
***East Point deve il suo nome all'incrocio tra Atlanta e la fine della West Point Railroad a est; fu un punto strategico della guerra di Secessione.
**** Chiaramente non scrivo “le 19” visto che siamo negli U.S.A. Si intendono le 7p.m.
N.d.A. = Ho volutamente omesso una data esatta e qualsiasi descrizione 'fuori dalla casa antica' perché non ero interessata a descrivere un ambiente futurista; per questo non ho spiegato com'è la macchina con cui è arrivato Stefan, o dettagli simili. Volevo, al contrario, mantenere tutto 'sospeso nel tempo'

…di quanti amarono la grazia felice
di quei tuoi momenti
e amarono la tua bellezza
di falso o vero amore.
Ma uno solo di te amò l’anima peregrina,

e il dolore del tuo volto che muta…

Quando tu sarai vecchia
William Butler Yeats

  
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