Ed ecco infine il tuo Primo Regalo di
Natale, Chaos XD anche se questo purtroppo te
l'aspettavi, e sapevi pure il Pairing!
Spero che ti diverta leggerla come a me ha divertito scriverla, e considerala
la storia della nostra sfida SuiKa XDD arrivata
infine con un ritardo incalcolabile. Adesso tocca
a te, eh! Spread SuiKa all over the world! E' il tuo turno, cara
mia, tra le mille cose da fare che hai deve rientrarci anche una bella SuiKa tonda tonda.
Scherzo ovviamente.
Ma spero in un altro anno di sfide <3 ne?
Un bacio enorme,
Ele
Disclaimer:
I personaggi citati appartengono a Masashi Kishimoto, che ovviamente si prende tutti i diritti del
loro uso. Tutte le canzoni citate, riportate, richiamate
in questa fanfiction sono assolutamente frutto del
genio creativo dei rispettivi autori :) che ora non elenco perchè sarebbe
talmente lungo che annoierei il disgraziato lettore.
Il brano riportato sotto il titolo proviene da, come detto, "Sogno di una
notte di mezz'estate" ed è superfluo dirvi chi l'ha scritto.
Avvertenza:
Linguaggio Colorito. Molto. Molto Molto.
Ma niente ipocrisie, per favore, ho tentato di
attenermi ai dialoghi che sento fare tutti giorni da ragazzi di diciotto anni,
e non tirate in causa il MOIGE, la gente normale parla così. Ecco u_u non vi offendete se c’è qualche “puttana” di troppo.
"Ma
lo sapete che Tsunade-sama si è trovata l'uomo???"
"Noooo! E chi è?"
"Jiraya-san! Dai, ti ricordi, quell'omone alto alto
e brizzolato... lo scrittore... quello che mi guardava sempre il culo... il padrino di Naruto,
dai!"
"Aaaaah, quello! Avrei giurato che fosse più uno
di quei pervertiti che comprano le mutande delle ragazzine su Internet..."
"Cos'è, ne sai qualcosa? Dì la verità,
porcellona!"
"Io no. E TU?"
"Da chi l'hai saputo?"
"Mia cugina ha un'amica che faceva nuoto con la sorella di quello che stava
con la ragazza che lavora da Harvey's, hai presente,
quella bassina coi ricci (permanente, eh, non sono
mica naturali!) e il culone."
"Non ha il culone!"
"No, allora parli di un'altra, quella che dico io ha davvero un culo che fa provincia... ecco, lei l'ha saputo dal fratello
minore di Kobayashi di V A, quello con gli occhiali,
che pare che ne sia venuto a conoscenza da una terza persona che, a quanto si
dice in giro, potrebbe essere il figlio di quelli dell'edicola di fronte al
cinema, ma sì dai, l'ex ragazzo della deficiente, sì, di Tayuya
di Oto, dai che te la ricordi, è quella che ha la voce di una gallina scannata
e ha fatto ridere tutti allo spettacolo, quando ha cantato quella 'cosa' che
voleva essere Janis Joplin
ma sembrava 'l'urlo della massaia che scopre un'infestazione di acari '
o una cosa del genere... Insomma, fonti attendibilissime."
"...Certo."
"Direi di più: fonti certe."
"Non facciamo prima a chiederlo a Naruto?
Dopotutto Jiraya-san è il suo padrino, saprà di
sicuro se ha un impiccio con la Godaime!"
"Giusto Tenten, hai ragione. Sakura,
và a fare la scema con Naruto,
così ce lo dirà."
"Ma nemmeno per idea, potrebbe mettersi in testa idee strane!"
"Hai paura che il tuo Sasuke-kun gli spacchi il
suo bel faccino?"
"...Che vuoi da me, Yamanaka?"
"Niente, Sasuke-kun, torna pure a dormire:
perlomeno niente che tu potresti darmi qui su due piedi."
"SCROFA!"
"Ehi, che ho detto di male?!"
"Non parlare mai più in quel modo a Sasuke o ti
strangolo!"
"Hai paura che te lo sciupi???"
"Sarò io a sciupare te, stronza!"
"Ragazze, e fatela un po' fini-"
E, d'improvviso, dalla porta dell'aula Shino
Aburame diede l'allarme dietro gli occhiali scuri,
scatenando il panico generale:"...ARRIVA!"
Ain't no
mountain high enough!
DEMETRIO: Non tentar troppo l'odio del mio animo, perchè sto male soltanto a
vederti.
ELENA: E io sto male solo a non vederti!
[ Sogno di una notte di mezz'estate, William Shakespeare ]
Trenta giorni prima
Non fecero in tempo a
nascondere completamente filtri e cartine, sigarette, patatine e vari snack,
riviste di gossip e di moda, consolle portatili, lettori mp3, fotografie o
matite per il trucco: l'uragano vestito di color panna, con
in testa un cappellino rosso fuoco anni '20, in tutto e per tutto simile
a uno stendardo di guerra, e la falcata da generale prussiano, spalancò la
porta con un boato roboante, dando fiato a quell'estensione
vocale di soprano (do5, per dovere di cronaca) per cui andava particolarmente
famosa.
"Ma se voi usaste la vostra ridicola voce per riscaldarvi anzichè urlarvi addosso scempiaggini, banda di nani?!?
Il fatto che io arrivi in ritardo di qualche minuto non significa che voi
dobbiate trasformare quest'aula in una ludoteca! Non
voglio vedere le vostre merde in giro, via, subito!
Nara, fà sparire quel tocco
di fumo dal banco o te lo tiro nel gabinetto - e per tua sfortuna SO quanto
costa un cosetto del genere. Yamanaka
via la gomma da masticare e i trucchi, il giorno in cui ti eleggeranno Miss
America è molto lontano, entro cinque nanosecondi
voglio vedere questa sala restituita alla dignità di una scuola, il primo che
lascia in giro la sua spazzatura è FUORI, chiaro?!"
Questa era Mitarashi Anko,
temutissima e leggendaria docente di canto e vocalizzazione alla Leaf Academy di New York City,
quartiere Konoha.
La classe, immobilizzata dal terrore, azzardò un impercettibile cenno di assenso.
"Bene, bravi, dite di sì, così.
Hyuuga, se
disgraziatamente ti vedo piangere per un qualunque motivo, ti fosse anche
finito un moscerino nell'occhio, eseguirai qui, adesso, di fronte a tutti e
senza accompagnamento l'intero spartito della Regina della notte del
Flauto Magico. Ci siamo capite?"
Hinata Hyuuga, il viso in
fiamme, raggranellava un po' di sparuto coraggio e balbettava un flebile
"Sì".
"Ehm, Anko-san..." Con un leggero colpo di
tosse, dalla porta lasciata aperta fece capolino il viso occhialuto di Shiho, segretaria personale di Shizune-san,
vicedirettrice dell'accademia. Anko rivolse alla
donna un sorriso sardonico che fece rabbrividire metà dei suoi allievi e sudare
freddo l'altra metà.
"Prego prego, Shiho-san, entri pure, venga avanti."
Visibilmente Shiho non preferiva, ma il suo inutito le sconsigliava caldamente di contrariare Anko-san in un qualunque modo, anche nel meno evidente.
Diplomatica, mosse qualche passo all'interno della sala.
"Ecco, volevo ricordarle che abbiamo stilato la lista di canzoni per il
concerto di Natale di quest'anno,
la vuole visionare?" La segretaria sorrise nervosa, nascosta dietro i
grandi occhiali rotondi, porgendole il foglio dattiloscritto con aria
professionale.
Anko glielo strappò di mano: scorse avidamente le
righe, mentre l'espressione del suo viso affilato diveniva sempre più feroce e
sempre meno umana.
"Certo, se vuole proporre modifiche..." aggiunse
cortese Shiho, le mani strette in grembo per
contrastare il tremito nervoso delle dita. Lo sguardo che Anko
le lanciò fu raggelante, ed ebbe l'effetto di serrarle istantaneamente le
labbra.
E, prevedibilmente, la sfuriata esplose con la violenza di un colpo di cannone contro
i venti ragazzi schierati sui banchi davanti a lei:"Forza
forza, banda di nani, muoversi, riscaldare la voce!!! Dateci dentro con quel
fiato! Voglio sentire gli acuti che avete strillato
nel miglior orgasmo della vostra breve vita!!!"
Di scatto si voltò verso Shiho, che era arrossita
fino alla radice dei capelli:"...E voi non penserete mica che faccia
cantare a questi disgraziati O Tannenbaum e White Christmas
come in una qualunque pulciosa scuola di provincia!"
"Ma Anko-san-"
"E forse Schubert, il Te Deum,
la Messa in Si minore e il Canto Gregoriano a questi quattro imberbi qui,"
gesticolò invasata indicando il gruppetto formato da Sasuke
Uchiha, Naruto Uzumaki, Shikamaru Nara e Kiba Inuzuka, "così che li
applaudano soltanto le loro nonne sclerotiche, eh, ma la chiama musica
questa?!?"
"No, si figuri, io intendevo dire che-"
"E poi ce lo vede quello lì..." Anko
additava un perplesso e stupito Naruto, "...a
cantare tutto impettito Te Deum laudamus te Dominum confitemur con la faccia che si ritrova e soprattutto
LA VOCE che si ritrova, Dei santissimi, dovrei castrarlo per tirargli fuori
sette ottave, ci rendiamo conto??! Non è mia
intenzione portare questo branco di incapaci a fare
gigantesche figure di merda su un palcoscenico, sia
chiaro!!!"
Shiho adesso si impappinava, la voce resa acuta e
tremolante dal panico:"M-ma non era mia
intenzione... I-io dicevo solo che, ecco, vede, cioè,
si diceva, si parlava, la lista, l'elenco, m-mi scusi, non vo-volevo offendere
nessuno, non mi permetterei m-mai, Tsunade-sama-"
"Tsunade-sama sa benissimo come la penso a
riguardo. Anzi, mi fissi un appuntamento con lei per questo pomeriggio, vedremo
di discutere a quattr'occhi della cosa" la interruppe seccata Anko.
"A-AH, certo certo, le
fisso subito un appuntamento, n-non si preoccupi, la consideri cosa fatta"
trillò con una vena isterica la segretaria, assentendo almeno cinque o sei
volte, il sorriso di plastica sul volto terrorizzato.
Il tono di Anko si distese,
lanciò la sua borsa sulla sedia accanto all'ingresso, facendo sussultare Shiho, e si sedette scomposta sulla cattedra, le gambe
magre accavallate sotto il tessuto color panna dei pantaloni. Gettò un'altra
occhiata sommaria alla segretaria, ancora immobile in mezzo alla stanza con
l'aria di un coniglio abbagliato dai fari di un autocarro:"...E
adesso si levi dalle scatole, grazie, devo sentir cantare questa manica di
scioperati. Si intimidiscono se assistono gli
estranei, sa com'è, l'ansia da prestazione" piegò le labbra in un ghigno
che avrebbe dovuto essere un cordiale sorriso rassicurante, ma provocò
l'effetto opposto sulla giovane: Shiho annuì ancora
furiosamente, tanto che quasi si slogò il collo, e chinò il capo deferente,
mormorando qualche inintelligibile parola di scusa.
"Sì sì, subito Anko-san,
la lascio lavorare Anko-san, arrivederci Anko-san, buona giornata Anko-san,
le farò sapere per l'appuntamento..." e si trasse
in salvo uscendo fuori dall'aula il più in fretta possibile, sparendo oltre la
porta senza provocare il minimo rumore.
"Si comporta così
perchè sono tre secoli che non prende il ca-"
sussurrava Ino Yamanaka all'orecchio di Sakura Haruno, approfittando di
una manciata di secondi in cui credeva che
l'attenzione dell'insegnante fosse interamente catalizzata nell'inveire contro Kiba Inuzuka.
Ma Anko affondò le dita sul pianoforte, le note gravi
vibrarono fino ad assordare gli allievi e la donna lanciò ad Ino uno sguardo
omicida:"Yamanaka, completa quella frase e puoi
scordarti il provino per l'assolo da solista nel concerto, in più per una
settimana scrosterai la muffa nei cessi dell'accademia, sono tre secoli
che non vengono ripuliti."
Ino sfoderò il suo miglior sorriso angelico, sbattendo le lunghe ciglia arcuate
dal mascara:"Ma Anko-san, intendevo dire che
sono tre secoli che lei non prende il caffè."
Anko si lasciò andare ad una bassa risatina
sgradevole, prima di replicare ferrea:"Scrosterai i cessi comunque, Miss
America, non tanto per la frase quanto per il tentativo di fottermi:
mocciosa, non puoi fregare ME con le mie stesse armi!"
Il sorriso frivolo le morì sulle labbra, Ino dovette mordersi l'interno delle
gote per trattenersi dal risponderle con un eloquente gesto della mano destra. Sakura le lanciò un'occhiata comprensiva, Hinata le strinse appena un polso e Shikamaru
le strizzò l'occhio. Bastardo.
Ino prese fiato, ascoltò attentamente per qualche secondo e si unì alla
scala che il gruppo stava eseguendo.
Anko, china sul pianoforte come su un testo arcaico
da decifrare, con le dita scivolava sui tasti sempre più rapidamente, testando
la duttilità e l'agilità dei suoi coristi attraverso ritmi sempre più
complicati. Sembrava uno schizzo d'inchiostro, un abbozzo della Secessione
Viennese mai portato a termine, col cappellino rosso come unica macchia di
colore sul viso alabastro e i capelli neri. A una
prima impressione, osservandola in un momento simile, sarebbe potuta sembrare
del tutto inoffensiva: mai vi fu impressione più errata, dato che Anko percepiva la minima vibrazione di tonalità nella voce
degli allievi, l'orecchio temprato da lunghi anni di conservatorio.
"Hinata respira, stai diventando cianotica e
purtroppo si sente, menomale che abbiamo appena fatto gli esercizi di
respirazione!"
"Uzumaki alza quella maledetta voce di un tono,
sei ancora più sotto di Shino!"
"Pulire il suono, tutti quanti! TUTTI, anche tu, Uchiha!"
"Haruno togliti quell'impostazione svenevole, per favore. Pure tu Yamanaka, non vi sto allevando per fare di voi delle idol
kawaii!"
"...Karin, pronto, qui è la Terra, mi senti?! Siamo diciannove, siamo tutti qui, ci fai il piacere di
seguirci senza improvvisare? Grazie molte. Quando avremo
bisogno di qualcuno che faccia l'avanspettacolo, ti chiameremo."
L'ultima ragazza interpellata, Karin Guthrie, occhiali neri su un naso ritto alla francese,
palese segno di snobismo, ambizione e smisurata considerazione di sé, cascata
assurda di capelli rossi (una tintura da quattro soldi, assicurava la Yamanaka, che aveva l'occhio clinico per certe cose) e viso
fin troppo espressivo, rispose al rimprovero infondendo una particolare
acredine nella voce, che Anko non mancò di notare.
"Incazzati pure quanto vuoi, signorina, ricorda
che sarai tu a cantare su quel palco, non io" ridacchiò la donna, le note
che salivano e scendevano in un'infinita scala musicale.
Conseguentemente, la fronte tramata da rughe d'insofferenza, Karin divenne la regina dello zucchero, ma la Mitarashi parve non farci troppo caso, presa com'era dal morficare Sabaku no Kankuro.
"Ho detto 'basso', BASSO, b-a-s-s-o, devo
ripeterlo un'altra volta?! Basso! E non intendo
"persona bassa" come potrebbe essere la Hyuuga, ovviamente senza offesa per la Hyuuga!
E' inutile che sforzi all'inverosimile quelle quattro
corde vocali, il tuo ruolo è quello di basso profondo, dannazione, basso
profondo! Sfruttate la vostra dote se l'avete, se non l'avete arrangiatevi, ma soprattutto cantate, diamine, CANTATE, non
starnazzate!!!"
L'ultima esclamazione fu sottolineata da un roboante do grave, che vibrò per
tutta la stanza e ammutolì all'istante i diciannove allievi, la voce ricacciata
precipitosamente in gola.
Si accorsero dopo qualche secondo di silenzio che quella scelta
era stata un grosso, pachidermico, colossale
non negoziabile errore, precisamente quando Anko Mitarashi riattaccò a suonare con ancora più foga,
sacramentando a voce altissima contro la loro incapacità di eseguire un
qualunque brano che fosse appena più complicato di Twinkle
Twinkle Little Star e contro i dannati
Concerti di Natale, che la mettevano sempre di cattivo umore.
Poi dicevano che il canto rilassava.
In Paradiso, forse, dove non esistevano insegnanti di canto violente,
irascibili, umorali e in astinenza da caffè
!!!
Anko, gli occhi da invasata, contò il
tempo:"Uno, due, tre, quattro..."
E venti voci esplosero all'unisono.
Ventinove giorni prima
"COSA?!?!" Strillò acuta la Yamanaka,
l'espressione sconvolta e drammatica, gli occhi azzurri congelati nel più
genuino stupore. Gli altri ragazzi, allarmati dalla sua teatrale esternazione,
si avvicinarono mormorando già qualche indiscrezione: c'era chi aveva saputo di
un colloquio serrato tra la direttrice e l'insegnante, chi aveva visto la Mitarashi insolitamente allegra per il suo abituale umore
uterino, chi parlava di esaurimenti nervosi della
giovane Shiho ogni volta che sentiva nominare per
caso la marmellata di azuki, mentre il nomignolo di 'David
Bowie' ritornava ciclico e insistente in ogni
voce di corridoio.
A prove terminate, prima di lasciare la sala, la Mitarashi
aveva appeso alla bacheca in fondo all'aula un voluminoso quanto appariscente
manifesto in finta pergamena, su cui la scritta 'PROVINO' stampata in rosso a
caratteri cubitali campeggiava minacciosa, presaga di sventure come i nembi
oscuri che annunciano i temporali. Ino stava appunto contemplando scioccata
quel bando: tutti loro sapevano bene che un provino con Anko
Mitarashi era paragonabile, a
occhio e croce, a una passeggiata in un campo di mine con gli occhi
bendati.
Sakura gettò al foglio un'occhiata vacua, poi si
afflosciò mogia su una sedia, la confezione di succo di frutta scivolata a terra:"...Che depressione!"
La Yamanaka declamò a un volume di voce
strepitosamente alto tutto il manifesto, virgole e punti fermi compresi,
rigirandoselo perplessa tra le mani.
"Vogliono affidare i brani a due diversi solisti per canzone. Cioè, hanno preparato una scaletta da venti pezzi?!"
ululò, dopo un rapido calcolo a mente.
Shikamaru si passò una mano stremata sugli occhi:"Ecco, ci risiamo, questo è perchè sei una stupida
bionda incapace di fare due pi-" Non riuscì a terminare la frase, perchè
ricevette in piena fronte una lattina di alluminio piena di Coca Cola,
scagliata contro di lui da una permalosa e seccata Ino, alquanto soddisfatta
per la sua mira eccellente, che ancora una volta le aveva permesso di centrare
il bersaglio. Il ragazzo si lasciò cadere a terra rantolando dal dolore,
scomodando dal loro posto sul calendario tutti i santi che conosceva e pure
qualcuno inventato sul momento.
"Ma dico sei impazzita del tutto, cosa ti è
saltato in mente, cogliona?!?" mugolò dal
dolore, le mani premute sul viso.
"Il mio amico intendeva dire" intervenne serafico Choji
Akimichi, la bocca piena di patatine, "che venti
diviso per due è uguale a dieci. Ciò significa che i
nostri pezzi non saranno più di dieci, undici con il finale."
"Resta comunque una mole di lavoro non
indifferente" commentò sbuffando Tenten. Rock Lee, suo amico di lunga data e sommo terrore di tutte le
ragazze della zona, la abbracciò fraternamente e quasi la sollevò in aria di
peso:"...Non temere, la Forza della Giovinezza ci
sosterrà lungo questo arduo e accidentato cammino!"
Il ceffone che seguì questa poetica considerazione risuonò secco in un lungo,
penoso minuto di silenzio.
"COSA TI E' SALTATO IN MENTE?!?"
"Che palle" brontolò irritato Naruto Uzumaki, agitando la confezione di ramen
istantaneo che costituiva la sua meredina
pomeridiana.
Hinata gli sorrise
appena:"Vedrai, Naruto-kun, ce la farai, tu
hai... hai una b-bella voce."
Naruto le rispose con un altro sorriso leggero, un
po' sbrigativo per la verità:"Il problema è che ho le prove col
gruppo."
"Se ti sentisse la Mitarashi..." lo rimbeccò lugubre Kankuro.
"Si fotta, la Mitarashi, sempre che non lo faccia già con quel tizio,
quella specie di David Bowie!"
"SSSSSSSST!" I compagni di corso lo sommersero furiosi,
immediatamente all'erta, paventando un'irruzione repentina dell'ammiraglio in
gonnella.
"...Quella donna ha orecchie ovunque" mormorò sibillino Kiba, pallido in volto.
Attesero un interminabile e tesissimo minuto in perfetto silenzio,
immobilizzati come insetti nell'ambra nel movimento che stavano
per compiere. Si guardarono negli occhi, lo sguardo che saettava a destra e a
sinistra, come se temessero che la Generalessa facesse capolino sputando fuoco
dallo zaino di Gaara o dalla cartella di Sai, oppure
dalla plafoniera delle lampade al neon, strillando a squarciagola la loro
condanna sull'onda del do5.
Ma il bando tornò a imporsi prepotentemente alla loro
attenzione, irresistibile richiamo di sirena. Gaara,
dubbioso, si grattava la nuca leggendo e rileggendo i termini del provino:
arrivato al terzo brano, inorridito puntò l'indice contro la riga di testo
incriminata:"E io dovrei cantare 'Jingle Bells Rock' ?!" fece a
bassa voce, a metà tra lo schifato e l'incredulo.
"Ignorante, è Jingle Balls dei Korn!" gridò con giubilo Kiba,
il viso a pochi millimetri dal foglio per un piccolo problema di miopia.
Nello stesso momento Ino e Temari, gli occhi fissi su
una sola condizione del bando, scandirono come una dichiarazione di guerra la
medesima frase:"Io voglio Janis
Joplin."
La loro voci, in entrambi i casi, esprimevano un'esigenza assoluta e
inderogabile, un imperativo categorico, un'affermazione che nessuno avrebbe
potuto discutere, amenochè non osasse sfidare due dei
caratteri più coriacei e indistruttibili esistenti sulla faccia della terra.
Appena si accorsero di aver detto la stessa cosa, strinsero le labbra fino a
ridurle a una semplice linea invisibile, e si
fissarono torve, gli occhi chiari incandescenti, segno di aperta sfida.
L'identico pensiero saettò nella mente di tutti, e preoccupata Sakura si affrettò a cambiare discorso, dirottando
l'aggressività di Ino su questioni meno pressanti,
come l'ombretto leggermente sbavato sulla sinistra e le prime sessioni di
shopping compulsivo pre-acquisti
natalizi. La ragazza comunque mantenne una luce
sinistra nello sguardo, che fece trasalire Sakura, Shikamaru, Choji e chiunque
conoscesse la potenza della sua tetraggine.
Sasuke Uchiha, il capo
reclinato sul banco, roteò gli occhi e riassunse con la sua abituale incisività
il pensiero che si era affacciato lampante nella mente di tutti quanti:"...'Fanculo a Babbo
Natale."
Venticinque
giorni prima
"E'
impazzita."
"No, sul serio, è impazzita."
Dietro le quinte del teatro del quartiere, affittato
per l'occasione dalla Leaf Academy,
Tenten ripeteva insistentemente quelle due parole, le
braccia incrociate sul petto e il viso corrucciato dall'ansia. Karin, appoggiata alla parete polverosa nell'identica posa,
annuì piano, pensosa.
"E' totalmente fuori" ribadì il concetto Tenten, sussurrando.
Karin sbuffò, risistemandosi sul naso gli occhiali
per la decima volta. Non che Tenten le stesse antipatica, era solo che talvolta non trovava
niente d'interessante da dirle. Molto più spesso di 'talvolta' a dire il vero,
le ricordò la sua coscienza: la frequenza con cui chiacchierava con Tenten si avvicinava pericolosamente al mai, se si
voleva essere sinceri.
"E' impazzita, non c'è altra spiegazione."
E neanche la Hyuuga le stava
antipatica, a conti fatti: era solo... solo... patetica. Timida fino all'inverosimile,
esageratamente buona e gentile, fin troppo sensibile e fin
troppo poco testarda, una specie di uccellino bagnato che singhiozzava
sempre. Difatti Hinata cantava proprio in quel modo,
cosa che la Mitarashi non riusciva a perdonarle.
"...Miseria ladra, ragazzina, sei un soprano! Un SOPRANO! Sai cosa
significa la parola soprano?"
Hinata tentennava un poco prima d'annuire, le dita
che si torturavano impazienti e l'incertezza nella voce.
"Bene, lo sai, brava, allora ficcati in quella testa soffice che soprano
equivale a cantare, e cantare bene! Non cinguettare,
né balbettare, nè piagnucolare, né pigolare,
e neanche sdilinquire fino alla consunzione i poveri cristi che perderanno
preziose ore della loro vita ad ascoltarti! Un po' di rispetto per il tuo
pubblico, cazzo, ma non ti ho proprio insegnato nulla?! Se non fai capire che vale la pena ascoltarti, se non ti imponi in mezzo al marasma degli altri non ti guarderanno
mai, signorina, mai, sarai uguale a mille anonime vocette
morte ancora prima di nascere!!!"
Il labbro di Hinata tremava. Se n'erano accorti tutti
quanti, perfino la Mitarashi, e sapevano
perfettamente cosa sarebbe seguito a quell'innocente tremolio.
"Riprendi dall'ultima frase."
A stento la Hyuuga riprese a
cantare, la voce ancor più in bilico per il duplice sforzo di non scoppiare a
piangere e di non perdere del tutto la concentrazione, più di quanto già non
fosse compromessa. Dalle altre quinte i sussurri inviperiti si stavano alzando
di volume sempre più: Naruto Uzumaki
litigava con Sasuke-kun, si erano già formate
le fazioni dei pro e dei contro, mentre l'Haruno
tentava con scarsi esiti di calmarli e invitarli al silenzio.
"Ma cazzo ti rendi
conto di cosa le sta dicendo?!? Non può permettersi tanto, è offensiva e
meschina!" Sibilava Naruto,
gli occhi che fiammeggiavano.
"Ci sta insegnando a cantare, pensi che il mondo là fuori sia più tenero
di lei?!" replicava brusco Sasuke.
"Dovrebbe incoraggiarci, non smontare ogni tentativo che facciamo, porca
troia, lei è qui per noi, non viceversa!!!"
"Ho capito, ma su quel palcoscenico ci saliremo noi, e io non ho la minima
intenzione di fare una figura del cazzo!"
"Sentilo il filantropo, il leccaculo, il vero
pezzo di merda qui dentro, senti come si preoccupa
per gli altri! Ma pensi prima di parlare o no?, mi fai
schifo, mi fai vomitare!!!"
"Io penso per me, coglione, come tutti quanti,
non sono una Paladina della Legge come te e non m'interessa diventarlo!!!"
"Tu al massimo puoi essere un soprano!
"Invece tu non canteresti decentemente neanche se ti tagliassi le palle
col coltello!!!"
"Come hai fatto tu?!"
"Lurido bastardo!"
"Naruto, Sasuke,
piantatela, sembrate due mocciosi viziati!"
"...No, Hinata, non ci siamo, non ci siamo
proprio. E quei decerebrati
là dietro farebbero bene a stare zitti, perchè si sentono più loro di te, sicchè fai i tuoi conti, ragazza mia. O tiri fuori quella cazzo di voce che hai,
perchè so che ce l'hai, oppure il miglior posto dove potrai cantare sarà sotto
la doccia o mentre passi l'aspirapolvere.
Il prossimo, grazie."
Sakura, Shikamaru, Choji e Shino dovettero
trattenere a viva forza Naruto, che voleva slanciarsi
sulla scena furibondo e indignato, mentre una mano
brutale -Neji, probabilmente- spinse Sai, ancora
occupato a capire come poteva l'Uzumaki capponarsi se
era privo di pisello, direttamente nel cerchio giallo delle luci di servizio.
Sai non fece una piega, con un piccolo sorrisino
gonfio d'orgoglio comunicò il brano che avrebbe eseguito e, dopo qualche
secondo di silenzio, partì con la sua interpretazione, la voce limpida che si
librava lineare e perfetta nel teatro vuoto.
Perfetta, pensò Karin, e scialba.
Hinata le era scivolata
davanti evitando i compagni e il richiamo gentile di Tenten:
aveva proseguito senza una parola verso i camerini, i passi così rapidi che
nessuna di loro capì se la ragazza stesse piangendo o meno. Nella penombra
delle quinte svanì come un'impressione di luce candida, la porta veloce dietro
di sé senza che la serratura arrugginita cigolasse. Inutile, Hinata sfuggiva a ogni suono, era
l'assenza completa di qualsiasi rumore.
Sulla porta nel frattempo s'era già formato il prevedibile ingorgo della fila di aspiranti consolatori della povera Hinata.
Karin intravide le basi per un nuovo litigio, questa
volta fra Naruto e Neji:
l'uno sosteneva, per così dire, la politica dell'intervento, mentre Neji s'affidava alla neutralità e alla solitudine come
balsamo migliore per una qualunque delusione.
"Come puoi pensare che sia meglio lasciarla sola?!
Sei suo cugino!"
"Proprio perchè sono suo cugino e la conosco leggermente meglio di
te so quello che dico" fu l'ironico sibilo di Neji,
la piega delle labbra indurita e una pungente luce sarcastica negli occhi
chiari, identici a quelli di Hinata, "Dovresti farti un po' più i fatti tuoi, Naruto"
aggiunse infine, a mo' di conclusione. Sasuke, a
questa considerazione, si lasciò sfuggire un piccolo
sorriso compiaciuto, cui Sakura rispose con
un'occhiata incollerita.
Karin ignorò l'ultimo particolare e si concentrò su Sasuke. Ah, Sasuke-kun, croce e
delizia di metà delle ragazze del coro, sogno neanche
troppo segreto di tutte quante, Hinata esclusa.
Avevano sempre fatto carte false per capitare casualmente vicino a lui a
lezione, per chiacchierare del più e del meno, perchè da cosa nasce cosa e... e
niente. Le snobbava, non le calcolava neppure, perso
in pensieri che non riguardavano nessuna di loro, proprio nessuna. Un vita bruciata per l'ambizione: ecco cos'era il loro
onirico, venerato e idolatrato Sasuke-kun. Una
scatola vuota che loro avevano riempito di romanticismo da quattro soldi, finchè l'evidenza non aveva presentato il conto: Sasuke-kun non era interessato a nessuna di loro.
Esatto, nessuna-di-loro, qualcosa in contrario?!?
"Asciugati la bava, arpia, sei disgustosa" Il ghigno sarcastico e astioso
di Suigetsu Hozuki, a pochi
passi da lei, la riscosse e non le fu possibile evitare che un denso color rosa
brillante le ravvivasse le guance.
"Altrettanto, Johnny Rotten"
ribattè gelida la ragazza, ripresasi in un batter
d'occhio.
Suigetsu rise ancora, senza un briciolo d'allegria.
Attese qualche secondo, si schiarì la voce e lanciò la sua stoccata:"Escono insieme."
Karin registrò l'informazione senza scomporsi, poi
l'incredulità ebbe la meglio sulla dignità e la sua voce si piegò in un ringhio
sommesso:"...Come lo sai?"
L'altro sorrise, schernendola, e seppe d'aver vinto la partita:"Ho i miei
informatori, informatori attendibili," precisò compito:"Lo so per
certo, come so che l'uomo della Mitarashi fa
l'imbrattacarte per non so che rivista di musica indipendente e che quindi uno
dei motivi della loro relazione è una specie di do ut des,
ottime scopate per ottime recensioni, non fa una grinza del resto, come so che
la Red Moon Foundation cerca carne fresca ed ecco spiegato perchè
pagheranno le spese dello spettacolo, come so che se ti chiami Guthrie non è affatto una coincidenza."
Gli occhi dorati di Suigetsu risero beffardi,
addirittura più fastidiosi del tono enfatico del loro padrone o del suo brutto
sorriso sbilenco -Johnny Rotten- . Karin
ebbe voglia di spaccargli la faccia.
"Nei film succedono sempre brutte cose a chi sa troppo" soffiò
pericolosa la ragazza, immediatamente sulla difensiva.
"Ma qui mica siamo in un film," sbuffò Suigetsu
divertito, "ed è gentile da parte tua preoccuparti per me, animale, ma
'sta tranquilla: mi vanto solo con chi non può nuocermi in nessun modo."
Tanto sfoggio di sicurezza fu come gettare benzina sul fuoco, ma Karin riuscì a contenersi mordendosi a sangue l'interno
delle gote: doveva sapere ancora una cosa.
In un sussurro cambiò di nuovo discorso:"...L'Altro
come l'ha presa?"
Suigetsu scrollò le spalle:"Che vuoi, l'Altro si
ubriacherà di realtà per consolarsi. E poi ha sempre
la sua ridicola band. Anche se pare che si sia
proposto come testimone di nozze."
Ecco, pensò Karin, questo doveva essere il colpo
finale, destinato proprio a lei, che Hozuki si teneva
in canna da giorni. Stranamente però non provò niente: né amarezza nè delusione, tantomeno odio o
tristezza. Niente. Perfino la collera era evaporata in un soffio, svanita come
nebbia al sole. Qualcuno aveva anestetizzato le sue emozioni e per una
cantante, riflettè, questo era decisamente
un male.
"Cos'è? Brucia?" Suigetsu sogghignando le
mollò una spinta che per poco non le fece saltar via
gli occhiali.
"Brucerà la tua faccia di merda se non ti levi
di qui entro due secondi" fu la sua piccata risposta. Il ragazzo di contro
le mostrò il dito medio.
Un istante dopo la voce seccata della Mitarashi
sbraitava chiamando il prossimo e Karin,
semplicemente, camminò sotto l'alone d'oro fuso dei riflettori accesi. Mormorò
il titolo del suo brano e si aggiustò gli occhiali sul naso, come faceva sempre
un attimo prima di iniziare a cantare.
Inspira; espira; inspira; apnea alta; comincia a contare...
Niente, non sento niente: si vede che, in fondo, perdere una scatola vuota
non è neanche perdere, è quasi dimenticare. La vera sconfitta sta
da tutt'altra parte.
Espira; apnea bassa; inspira; sei sette otto...
Smettila di pensare e canta, Guthrie!
Ventitrè
giorni prima
Davanti al
portone d'ingresso tre marmocchi coi paraorecchie
colorati e i cappottini variopinti stretti dal freddo declamavano fieri Let it snow! Let it
snow! Let it snow!, e quando lei gli regalò un quarto
di dollaro appiccicoso di chewing gum,
rinscemita dall'atmosfera natalizia, risentiti le
lanciarono un'occhiata sdegnata e ricominciarono a gnaulare sotto il nevischio
solo dopo che lei svanì nell'atrio del grande palazzo grigio. Avrebbe già
dovuto capire che quello era sotto ogni punto di vista un cattivo auspicio.
Il secondo cattivo auspicio fu rappresentato dagli strilli inviperiti di Temari che, al cellulare, litigava misurando il corridoio a
grandi passi furiosi. Karin accennò un saluto con la
mano e l'altra ragazza le fece un chiarissimo segno che significava "ti
spiego dopo", gli occhi iniettati di sangue che mandavano scintille.
Momentaneamente distratta dalla telefonata, Temari si
riprese subito gridando ancora più forte di prima, e
infilò veloce la porta della toilette femminile perchè almeno le pareti potessero
attutire l'esplosione della sua collera.
"...No, col cazzo, ci siete voi dietro a tutto,
sistema questa cosa perchè io con quella là non ci canto, Hidan,
è fuori discussione! Levami da questo casino immediatamente, sennò puoi dire
addio ai tuoi-"
Il terzo cattivo auspicio fu la porta del bagno che
sbatteva violentissima, quasi Temari avesse tentato
di abbatterla con un calcio.
Il quarto cattivo auspicio fu, entrando in sala, l'immagine di una
singhiozzante Hinata rannicchiata sotto la finestra
col viso devastato dalle lacrime, il corpicino
squassato dai singulti come se cercasse di sputar fuori una pietra che le
ostruisse la gola, mentre Tenten e Matsuri, sedute accanto a lei, tentavano di confortarla
come meglio potevano.
"I-in irlandese! Ca-capite?!?
Addirittura in irlandese! P-perchè non mi
lascia in p-pace," tirava su col naso, il pianto
come un fiume sulle gote, "N-non le basta
u-umiliarmi di fronte a... a t-tutti, non le b-basta prendermi i-in giro, trattarmi d-da bambina
scema, d-disprezzarmi! No! D-deve anche rendermi la
v-vita impossibile!" E crollava la testa scura sulle ginocchia tremanti in
un'altra serie di singhiozzi disperati:"...Q-quella ...quella STRONZA!!!"
Karin vacillò e per poco non le cadde di mano la
borsa con gli spartiti. Era la prima volta in quattro anni che sentiva Hinata dire una parolaccia.
Shikamaru, poker d'assi in una mano e canna
nell'altra, colse il suo sguardo stupefatto e indicò con uno svogliato moto del
capo il fondo dell'aula:"E' arrivato Babbo
Natale" disse a mo' di spiegazione, la fronte segnata da fitte rughe
pensierose.
Al principio Karin non capì: seguì il suo cenno e
vide una folla di teste corrucciate ammassate in fondo alla stanza, tutte impegnate a discutere animatamente di qualcosa, e c'era chi
litigava, chi si deprimeva, chi invocava il suicidio, chi malediceva il giorno
e l'ora in cui aveva messo piede alla Leaf Academy e anche qualche fortunato che piangeva calde
lacrime di gioia.
Ino Yamanaka era impegnata a prendere
sistematicamente a pugni il muro, e a ogni colpo
strillava un isterico "NO!", l'onda dei capelli biondi che
fiammeggiava:"No! No! No! Voglio parlare con la Mitarashi!"
Sakura tentò di scuoterla:"Ino,
per oggi hai fatto abbastanza la diva, puoi calmarti adesso?!"
L'amica la fulminò, dimenticò il muro e in un attimo le fu addosso; Karin ebbe l'impressione che se la sarebbe mangiata viva,
testa color rosa pesca compresa.
"Io non canto con QUELLA!" Urlò Ino indicando la porta della sala,
mentre un brivido gelido corse lungo la spina dorsale di Karin.
Sakura la spinse lontano, roteando gli occhi:"Non te la prendere con me, non ho deciso io gli
abbinamenti, non ho scelto io di cantare con Shikamaru,
non è colpa mia se sei gelosa!" La rimbeccò acida.
Ino arrossì ancora di più e, scopertasi tradita, piantò un altro pugno
fortissimo nel muro, che probabilmente le sarebbe costato
tutta l'articolazione della mano destra, prima di dirigersi verso la
porta con l'irruenza di un treno in corsa.
A Shikamaru che la fissava inebetito attraverso due occhi
sgranati e molto poco lucidi, per non dire beoti,
abbaiò contro:"E TU che cazzo hai da guardare,
eh?!?" Infine uscì dalla sala prove e sbattè
sonoramente la porta -quinto cattivo auspicio e seconda porta scardinata nel
giro di un quarto d'ora- .
Nara scambiò un'occhiata stordita coi compagni di poker, Choji,
Juugo e Sai, che annuirono solenni, mentre il ragazzo
posava le sue carte e, la paglia ancora sfrigolante all'angolo delle labbra,
seguiva la Yamanaka fuori dall'aula. Nemmeno un
secondo dopo i tre si erano già gettati sui suoi assi come un branco di squali.
Karin circospetta avanzò verso i ragazzi stipati in
fondo alla sala, muovendosi silenziosamente per schivare sacche, zainetti e
spartiti abbandonati sul pavimento, gli occhi sbarrati, il cuore in gola e un
sudore gelido che le imperlava la fronte. Scansò Kiba
e Kankuro inginocchiati a terra, occupati a recitare
orazioni devote al Dio Metallo, e passando vicino a loro riconobbe appena la
parola "Korn" in mezzo a
una litania sconnessa di commossi ringraziamenti deliranti. Naruto
e Sasuke invece stavano di nuovo battibeccando
come due prime donne, gli occhi ridotti a fessure e le mascelle serrate,
urlandosi di tutto e travolgendo i malcapitati che volevano impedire la
degenerazione dello scontro in una rissa totale.
"Io non canterò mai con un fallito come te!"
"Forse temi il confronto, soprano?"
"Dillo meglio, Naruto, dì che hai paura che non
ti sentano nemmeno giù in platea!"
"Volevano una vera voce da uomo per coprire i tuoi urletti
da castrato!!!"
"Ti piacerebbe! Invece mi hanno fatto cantare con te proprio perchè il migliore coprisse le cazzate del
peggiore!!!"
"Figlio di una t-"
"DILLO E TI SPACCO QUELLA FACCIA DI MERDA, BASTARDO!"
All'altro lato della stanza Rock Lee, il volto
illuminato dall'estasi, provava i vocalizzi, la mano sulla gola e gli occhi
scintillanti dalla contentenzza, mentre intonava
qualche accenno di quella che le parve "Last Christmas".
Shino, appena la vide avvicinarsi, sospirò affranto e
scosse la testa di riccioli fittissimi: anche se indossava i suoi inseparabili
occhiali da sole neri, Karin comprese che il suo
sguardo doveva essere sinceramente preoccupato:"Siamo
nei casini" commentò l'Aburame, e mai un
epitaffio potè riassumere in modo così perfetto ciò
che entrambi si trovavano davanti agli occhi. Poi Shino
si spostò di lato e la ragazza vide la causa scatenante della follia collettiva
che aveva pervaso i suoi compagni: era appesa con malgarbo alla bacheca sopra
al vecchio bando dei provini in finta pergamena. Era un foglio bianco scritto
al computer, su cui un avverimento torreggiava
altrettanto minaccioso, 'SCALETTA CONCERTO DI N.', e fu come un fulmine
che le corse dai capelli alla punta dei piedi incollati al parquet.
Non ebbe bisogno di scorrere fino in fondo la lista, non ebbe bisogno di
leggere che Ino e Temari avrebbero duettato su Amazing Grace di Janis Joplin, o che a Kiba, Kankuro e Juugo era stata
affidata Jingle Balls dei Korn,
o che Hinata avrebbe dovuto cantare solista Oìche Chiùn, ovvero
Silent Night secondo Enya,
né che Naruto e Sasuke
avrebbero dovuto dividersi Punk Rock Christmas come Gaara e Neji avrebbero fatto con Hallelujah, nè che I Say A Little Prayer era toccata
in sorte a Sai e a Matsuri, o che a Lee era stata assegnata Last Christmas, mentre Shikamaru e Sakura sarebbero stati John e Yoko per una sera e avrebbero cantato l'inflazionata Happy Christmas, mentre Choji, con Tenten, sarebbe diventato Nat King Cole che sorridente intona Buooon
Natale means Merry Christmas to you!
Karin non ebbe bisogno di leggere tutte queste
cose.
Il suo nome era il primo della lista (avrebbe aperto il concerto, porca
trota, era la prima, la prima, LA PRIMA!!!)
1.
AIN'T NO MOUNTAIN HIGH ENOUGH [KARIN + SUIGETSU]
Si sentì
svenire.
Se non altro Suigetsu quel
pomeriggio aveva avuto il buon gusto di non presentarsi a lezione.
Diciassette
giorni prima
La frenesia
dell'imminente concerto aveva contagiato tutti quanti, ma chi ne aveva risentito di più erano stati i cinici, come Gaara, che decapitava nel giro di due secondi netti ogni
simpatico gnomo natalizio sorridente che trovava per la sua strada, e i più
volubili, come Rock Lee, che si aggirava per
l'accademia piroettando giulivo con un cappello da Babbo Natale in testa,
almeno fino a quando Tsunade-hime non lo scoprì a gorgheggiare
nei corridoi Deck the hall with boughs and holly, fa la la la la,
la la la la! e glielo strappò in mille
pezzettini di peltro rosso e bianco.
Inutile dire che l'umore della Mitarashi
era peggiorato ancora, arrivando ai minimi storici di tollerabilità: a ogni
prova volavano ramanzine, sgridate, strepiti e paternali già dopo la prima
nota, l'insegnante non risparmiava sarcasmo e demoliva sistematicamente ogni
singolo allievo. Sasuke aveva già minacciato di
mollare tutto per la quarta volta, Gaara di ucciderla
per la sesta e Juugo di uccidere tutti per la
quattordicesima; Hinata aveva dato fondo alle scorte
di fazzoletti di carta, spesso in compagnia di Sakura
o Matsuri, dato che la loro insegnante pareva
divertirsi molto ad accanirsi con particolare sagacia su di loro.
Karin litigava con Suigetsu
in media ogni tre minuti. E il solo lato positivo era
che i suoi insulti erano più creativi di quelli dell'insegnante, cosa che, per
come la vedeva lei, era l'unica parte vagamente divertente di tutta la faccenda,
a parte quando la Mitarashi aveva cacciato via a suon
di urli furibondi i marmocchi dickensiani che
canterellavano accampati di fronte al portone.
Il migliore tra tutti era stato "fegato putrefatto di vacca". Nonostante il vago sapore ottocentesto,
doveva riconoscere che era assai originale.
Quel pomeriggio si erano accordati tutti quanti per trovarsi un'ora prima alla
scuola di musica, così da poter fare con calma gli esercizi di respirazione e
poi provare e riprovare fino allo sfinimento i brani della scaletta.
Suigetsu era arrivato in ritardo, senza la minima
voglia di cantare e senza una sillaba o una nota imparata a memoria: approfittò
di una cantonata di Karin per vomitarle addosso un'altra sequela di improperi sferzanti, e a quel
punto, semplicemente, la ragazza non ci aveva visto più. Qualcuno nella sua
testa aveva spento la luce.
Tornò in sé nell'istante in cui si gettava fuori dall'aula
con lo slancio impetuoso tanto caro a Ino e a Temari,
uno stormo di bianchi fogli di spartito fitti di appunti che fluttuavano dietro
di lei e un pacchetto di ghiaccio istantaneo con cui un'anima pia, Tenten forse, tamponava il sopracciglio destro spaccato di Hozuki Suigetsu.
L'eco degli insulti la seguì fino nell'atrio dell'accademia, dove Karin quasi scagliò dieci centesimi contro l'erogatrice di
bevande, per chiedere un caffè extraforte e
rigorosamente privo di zucchero. Era un problema di aggressività, ripeteva sua madre, la maestra
elementare o la mamma della sua ex migliore amica, è soltanto un problema di
aggressività, la bambina non riesce a controllarsi, non sa come dire ciò che
pensa e per questo sfrutta un altro canale, ma quella fottuta
macchinetta non lo sapeva. Non lo sapeva.
Si era mangiata i suoi soldi senza emettere un solo spruzzo di caffè e non aveva la più pallida intenzione di renderglieli. La sua reazione più immediata dunque fu
quella di prendere a calci e a pugni il dannato macchinario, rovesciandogli addosso una gragnuola di manate,
spinte, ginocchiate e spallate piuttosto rudi.
Quella macchina era come Suigetsu. Stava lì, immobile
e ghignante, non faceva altro che sfotterla, e per giunta prenderlo a botte
faceva anche piuttosto male. E non le dava
mai quello che voleva.
"G-Guthrie-san..." Dietro di lei una
voce, titubante come la mano che lieve le sfiorò le spalla:"...P-posso p-prestarle io i s-soldi, se v-vuole."
Imperterrita Karin continuava a sfogarsi maltrattando
la macchinetta:" Non - ti - preoccupare" rispose, fra un colpo e
l'altro, "Questa - dannata - cosa - ha - solo - bisogno - di - un - po' -
di... disciplina !" Un tremendo STHUD fece mandare un lamento
stridulo all'erogatrice, la cui pulsantiera sembrava ormai irrimediabilmente
rotta e lampeggiava debole.
"E comunque ho un nome," STHUD!
"Potresti anche usare quello e darmi del tu invece di chiamarmi in quel
modo ridicolo" concluse Karin,
massaggiandosi le nocche arrossate e spellate.
"Mi s-sembrava s-stupido... no, ecco, n-non il tuo nome, volevo dire che io... insomma..." Hinata
era arrossita e, dal numero di pause ed esitazioni nella sua frase, Karin capì che era arrivato il
momento di lasciarla respirare.
"Non ti preoccupare, va bene così" le disse, sforzando un tono
rassicurante che in realtà sembrò più irritato. La Hyuuga deglutì e annuì appena, le gote ancora color porpora
e lo sguardo sfuggente. Non diede segno di voler aggiungere qualcosa, ma rimase
in silenzio, piccola statua di cera di brava ragazza -gonna a pieghe blu scura,
camicetta, ballerine, capelli raccolti sulla nuca. Karin,
per non saper che fare, affibbiò un paio di calci spossati alla macchinetta,
ottenendo soltanto un altro lugubre cigolio metallico. Niente caffè. Si lasciò sfuggire una
bestemmia a mezza voce, che sicuramente Hinata sentì.
"Scu-scusami," la Hyuuga deglutì ancora:"Po-potrei...
ecco?" Indicò con un leggerissimo moto del mento l'erogatrice di bevande
mezza devastata dalla furia di Karin, che scrollò le
spalle con sufficienza e si spostò:"E' tutta tua, buon divertimento."
Hinata si avvicinò alla fessura per introdurre gli
spiccioli, vi gettò un'occhiata rapida, diede una leggera pacca al lato destro
della macchina, dopodichè inserì con decisione altri dieci centesimi. Aspetto
qualche secondo, tamburellando i polpastrelli sulla pulsantiera, finchè non raccolse un bicchierino di latte al cioccolato,
che porse a Karin con un sorriso timido.
Karin odiava il latte, le sembrava una bevanda da
poppanti o da ragazzine cuoriciose e tenerose (?!) ma, stupendo perfino
se stessa, pensò che quella non fosse una buona ragione per rifiutare.
"P-perchè, vedi" iniziò pacata
la Hyuuga, "Alle volte un po' di... di b-botte
servono. Ne sono convinta perfino io, p-pensa. Però, ecco, ho imparato che non
c'è nulla di male, proprio n-nulla, sai, nel voler trovare un... un modo diverso. L-lo so che le
botte servono, p-perchè spingono a reagire, più o meno, e scaricano il nervosismo. Lo so. P-però... serve anche, insomma, serve anche...
serve..."
Karin la interruppe saccente:"Sì,
sì, ho capito, ho capito, è chiaro il concetto, non rantolare adesso. Grazie
tante, vado a prendere a calci qualche culo
di tenore dei miei stivali. Ti devo un caffè!"
rise, una mano sollevata in alto a mo' di saluto e il naso nel
bicchierino di latte al cioccolato.
"A-a dopo, Guthrie-sa...
cioè, Karin" mormorò Hinata, inserendo nell'erogatrice altri dieci centesimi. Le
sembrò superfluo specificare che, a dire il vero, lei non beveva
mai caffè.
Sulla soglia della sala prove Karin venne accolta dal ruggito di un Suigetsu
letteralmente fuori di sé, la t-shirt macchiata di sangue e l'occhio destro
nascosto dal sacchetto blu di ghiaccio secco. Un pugno che roteava nell'aria, Hozuki le sputò addosso le
peggiori maledizioni, trattenuto a stento da Kankuro,
mentre Juugo annunciò ancora una volta con un ghigno luciferino l'indiscriminata distruzione fisica di ogni
individuo presente nell'aula in quel momento.
L'apoteosi venne raggiunta quando Shino,
come di consueto di guardia nel corridoio, sgomento si affacciò dalla
porta:"Tra cinque minuti la Mitarashi sarà
qui!!! L'ho vista dalle finestre, è giù in cortile che tenta di parcheggiare,
penso abbia già graffiato cinque macchine." Tacque per qualche secondo,
intento ad ascoltare, poi confermò:"La sento
litigare con Ebisu-san, quello della
portineria."
"Non abbiamo mandato qualcuno a fermarla?" chiese Sakura,
atterrita.
"Ci ho pensato io, ho chiesto a Shiho di
trattenerla" replicò Shikamaru con un sorriso a
trentadue denti. Sorriso che non sfuggì a Ino e che
gli costò carissimo, perchè la Yamanaka gli si piantò
di fronte, mani sui fianchi e sguardo combattivo, e a denti stretti gli chiese
chi diavolo fosse questa 'Shiho', perchè di certo non
poteva essere l'occhialuta e racchia Shiho-san che
tutti loro conoscevano.
Sasuke con uno sbuffo frustrato li lasciò
perdere e si rivolse ai compagni:"...E quanto pensate che resisterà
quella lì di fronte alla Mitarashi con le
palle girate?!"
Il dilemma finale seminò il panico fra i ragazzi, che ricordavano bene il sacro
terrore della segretaria per l'inflessibile Generalessa. Immediatamente
abbrancarono gli spartiti con l'impeto dei naufraghi di fronte alla ciambella
salvagente, cominciarono a riscaldare la voce con l'enfasi di un coro di voci
liriche, si disposero già pronti per l'inizio della prova
mentre nel frattempo Matsuri corse a tenere il
tempo battendo le mani. Karin, approfittando del
minuto di smarrimento generale, costrinse Suigetsu a
parlarle a faccia a faccia, troncando sul nascere ogni sua protesta o insulto o
rimostranza di sorta. Si sistemò gli occhiali, inspirò e recitò a memoria il discorsetto che si era preparata sorseggiando il latte al
cioccolato di Hinata.
"Punto uno. Tu non mi piaci.
Punto due. Nemmeno io piaccio a te.
Punto tre. Mi innervosisce
persino il modo che hai di respirare così rumorosamente, e non farmi catalogare
ogni singolo tuo atteggiamento che detesto perchè staremmo qui fino al prossimo
Natale.
Punto quattro. Dal momento che
la bastarda ci ha messo insieme, mi aspetto collaborazione e impegno da parte
tua, se non vuoi che ti spezzi ogni singolo arto o che -ed è molto peggio- il
nostro pezzo faccia pena. In questo caso sai quale sarebbe la reazione della Mitarashi e penso che tu non sia così idiota da voler
passare il resto della tua vita col naso incollato alla tazza del cesso degli
uomini.
Punto cinque. Odio quella canzone quasi quanto odio
te, ma per il motivo di cui sopra ho intenzione di cantarla come mai è stata cantata.
Punto sei. Non hai alternative e lo sai, quindi fai
come dico io o quello non sarà l'unico sopracciglio che ti spaccherò.
Punto sette. Se risento ancora una volta la parola 'Sasuke-kun' sgusciare fuori dalla
tua boccuccia di rosa, rimpiangerai di essere nato. Non sto scherzando, te li
spacco quei denti, tanto non posso fare un lavoro peggiore di quello che ha già
fatto Madre Natura.
Allora, prendere o lasciare?"
Sopracciglio inarcato, braccia strette sul petto e gambe appena divaricate, Karin si sentì un po' Calamity Jane e un po' (molto) stupida.
Ma la sua soddisfazione fu immensa quando vide Suigetsu chinare impercettibilmente il collo, in quello che
doveva essere un rachitico cenno di assenso che andava contro ogni sua volontà.
Ma era un sì. E un sì per Karin significava sempre vittoria.
Forse, pensò tempo dopo ascoltando Hinata che
sussurrava un'eterea Oìche Chìun
con un filo di voce, ogni tanto quell'altro
modo funzionava meglio dei pugni.
Cinque
giorni prima
"Il vestito, cazzo, vi volete sistemare
decentemente, sembrate un reparto di insaccati, avete il colore dei salami
stagionati, Cristo d'un Dio, e datevi una mossa!!! E quanto ho detto scarpe col
tacco non intendevo gli zatteroni da lap-dancer, Yamanaka, e soprattutto era sottinteso che ci sapeste
camminare, invece quello che mi ritrovo davanti agli occhi è una massa di ragazzotte che hanno appena avuto un attacco di diarrea
fulminante!
Non è vero, Yumikawa?!"
Tenten, in bilico su un tacco dodici, abbassò lo
sguardo, tentò invano di contrastare il tremito che le piegava pericolosamente
le caviglie ed ebbe voglia di togliersi quelle dannate scarpe e lanciargliele
addosso, così magari avrebbe tenuto il becco chiuso per un po'.
"Per lo spettacolo voglio sei topmodel, non uno
squadrone di parrucchiere, suoricelle, battone,
massaie e maestrine, è chiaro per tutte?!"
Fasciate nei lunghi abiti color vino, le ragazze annuirono tese, spazientite
dall'ennesima requisitoria e anche piuttosto infreddolite, dato che il teatro
del quartiere, vecchia carcassa crivellata di colpi, era continuamente
attraversato dai gelidi spifferi invernali. I ragazzi, paludati in un elegante
completo nero, avevano l'aspetto di altrettanti
pinguini ingessati: Anko maledì con un ringhio il
discutibile gusto estetico dei due sarti, Izumo e Kotetsu, che avevano causato un tale scempio e trasformato
il suo coro in una classe di liceali imbecilli pronti per il prom di fine anno.
"E ricordatevi che il palcoscenico non è piano, ma in pendenza, perciò
imparate a camminare come si deve senza che sembri che vi abbiano infilato una
scopa su per il culo!" aggiunse in conclusione,
quasi latrando. Gli allievi mormorarono qualcosa di vago, le facce distrutte
che mostravano l'intero repertorio di occhiaie
profondissime, pelle orribile, occhi appiccicosi arrossati dalla stanchezza e
sguardo assolutamente ebete. Le prove erano sempre più massacranti
mano a mano che il giorno del concerto si avvicinava, e passare ore e
ore in teatro tutti i pomeriggi aveva provocato un crollo generalizzato delle
loro medie scolastiche, escludendo i soliti noti come Shikamaru,
Sasuke, Sakura, Neji e Sai.
"Che fate ancora lì?! Forza, di corsa a coprirvi
-se vi cala la voce siete morti, morti!-, poi vi rivoglio qui per l'ultima
prova del finale e dopo ce ne andiamo tutti a casa.
Su, non state lì a fissarmi come serpenti imbambolati da un fachiro! Nei
camerini! Ora!" Gridò Anko, l'indice puntato
verso le quinte dove si trovava la scala che scendeva nelle viscere del teatro.
In silenzio i coristi si avviarono mestamente verso i camerini, masticando
qualche imprecazione soffocata - soprattutto le ragazze quando il
supplizio delle scarpe e del vestito diveniva insopportabile.
La Mitarashi li lasciò andare soltanto alle otto meno
un quarto, dopo un'ultima strigliata delirante che seppellì definitivamente il
loro umore sotto le suole delle scarpe. Si erano avviati a
casa mesti, col passo dei morti viventi, sotto una spolverata di impalpabili
fiocchi di neve.
Quella sera, raggomitolata sotto uno spesso strato di lana tiepida, Karin aveva alzato la cornetta e riconosciuto subito la
voce petulante e arrocchita dalle sigarette che con
piglio soave l'aveva apostrofata:"Ciao, merdaccia."
Tayuya Hokumon, corista
nella Oto Music Company, vecchia compagna di scuola maggiore di lei di qualche
anno, che rivestiva il ruolo ufficiale di migliore amica a tempo perso.
Karin, nelle orecchie i grugniti di sua nonna che
inveiva contro il telegiornale, si era defilata in camera per rifugiarsi nel
tepore riposante delle coperte. E aveva
fatto tutto ciò senza smettere
un attimo di canticchiare a mezza voce "If you need me call me/ no matter where
you are/ no matter how far (don't worry babe) just call my name/ i'll be there in a hurry, you don't have to worry!".
"Ciao,
zoccola" le rispose Karin, imitando il suo
stesso tono compassato.
"Allora, come va nella terra dei Puffi?" Ghignò Tayuya
dall'altro capo del telefono.
Karin sospirò:"Sono
sicura che lo sai già perfettamente."
"Adoooro il tuo acume, merdaccia.
Ma un momento: starò mica diventando prevedibile?!"
"Stai diventando una fottuta pettegola, di
questo sì che dovresti preoccuparti."
"T'è sfuggito un dettaglio fondamentale, lo sono sempre stata."
Karin sospirò di nuovo:"Per questo ti amo alla
follia, zoccoletta rossa."
"Almeno io non sono una sfigata che si tinge! E' tutto NA-TU-RA-LE da
queste parti!" Tayuya rise sguaiata, prima di
riprendersi con un colpo di tosse:"Comunque, sono
vere le voci che girano?"
"Che siamo la fabbrica dei mostri della Red Moon? Sì."
"Oh oh oh" fece tetra l'altra,
"Orochi-sama sta smadonnando
da tre giorni per questa cosa, non l'ho mai visto così incazzato,
vecchio pedofilo bastardo che non è altro. Ma mi
riferivo alla vostra notte magica, per la verità."
"Tutto vero. Anche che la Yamanaka e la sorella
dello psicotico cantano insieme."
Tayuya sparò un urlo che segnò la fine del timpano
destro di Karin:"Caaaazzo!
Due al prezzo di una!"
Vecchia storia quella tra Tayuya, Ino e Temari. Vecchia storia che aveva un volto, un
inconfondibile odore di tabacco e rispondeva al nome di Nara Shikamaru.
"E non mi dire che l'oca bionda se l'è pure
impalmato!"
"Ti ho già detto che amo il tuo intuito, battoncella
di quarta categoria?!"
"Bah, per quel che me ne importa la Yamanaka può
pure sposarselo. Ma una bella razione di uova marce
non gliela leva nessuno."
"Significa che verrete a vedermi?"
"Puoi contarci, merdaccia. Verremo tutti quanti:
io, Kimimaro, Kidomaru, Jirobo... i più fighi di Oto, insomma. Ah, verrà anche Sakon,
sai, quello che ha un gemello identico, mi fracassa i maroni
tutti i giorni perchè vuole conoscerti."
Lo stomaco di Karin minacciò di rigettare perfino il
cenone di Natale dell'anno precedente:"Quello?! Ma levatelo dalla testa, è un cesso!"
"Andrete molto d'accordo, allora."
"Vaffanculo, stronza."
"Aaah, avanti, non fare l'acida. Non sei
contenta che vediamo tutti a vederti?"
Karin strinse i denti, la voce improvvisamente secca
e gelida:"...Rovinate qualcosa e vi ammazzo.
Tutti. Pure Kimimaro. Voglio fare bella figura,
perciò tenete le vostre luride bocche sigillate, se non volete che scenda da
quel palco e vi pesti uno dopo l'altro."
"Neanche un pomodorino alla Yamanaka?"
"Neanche quello."
"Sei crudele. Puttana e crudele. Mi privi di ogni divertimento!"
"Posso darti il suo numero se vuoi. Kidomaru fa
ancora l'imitazione del clown di IT al telefono?"
"Allora è vero quel che si dice su voi Puffi."
"Ergo?"
"State preparando uno show da prima serata e articolone
sul Times. Dì un po', tu ne sai niente di una certa rivista indie, "Transatlanticism",
che vi dipinge come i futuri Domingo, Carreras e Caballè?"
"L'uomo della Mitarashi."
"Ah beh, allora tutto si spiega."
"Quella scuola è peggio di una casa d'appuntamenti, tutti vanno con
tutti!"
Ci fu una pausa da parte di Tayuya:"Fingerò di
non sapere nulla su due persone per non urtare l'autostima di nessuno"
cinguettò candida come l'annunciatrice di un programma televisivo. Poteva quasi
vederla sbattere innocentemente le lunghe ciglia scure.
Karin la ringraziò senza dirglielo:"Sono
la prima, sai? Aprirò il concerto."
"Lo so. E so anche che non sei sola."
"Già, la Mitarashi mi ha accollato l'idiota. Non
lo sopporto, guarda, è un bastardo opportunista incapace pezzo di merda, con la voce di un barbone alcolizzato e zero
presenza in scena. Ha sbagliato tre attacchi su quattro oggi, tre, a cinque giorni dal concerto, e continua a darmi della
cagna isterica se m'incazzo. Mi dà sui nervi, lo ammazzerei se potessi, è la peggior persona con cui la Mitarashi potesse abbinarmi. Cazzo,
anzi le crisi premestruali di Temari! Sono zucchero
in confronto, e non rischiano di mandarti in vacca uno spettacolo. Sai che
cinquina gli ho mollato alle prove? A momenti gli si inclina
il collo di centoottanta gradi, è stata la cosa migliore della giornata!"
ridacchiò Karin.
Seguì un silenzio denso dall'altro capo del ricevitore, poi lo scoppiettio di
una bordata di risatine soffocate:"...Scusa, stronzola,
devo andare, Kimimaro vuole che... beh, sai cosa
intendo." Altra pausa, questa volta più breve, lo spazio di un respiro,
poi di nuovo quell'irritante tono ironico, velato da
una patina di innocuo -e dannatamente falso!-
stupore:"Ma dimmi un po'.
Che canzoncina stavi cantando prima? "
Altre risatine, questa volta palesemente allusive.
Karin riappese senza una parola. L'intuito di Tayuya, maledì col pensiero.
Il
Concerto
"Le
mie forcine!!! Dove sono le mie forcine?! Trovatemele!!!"
"Che cavolo ne so di dove sono le tue forcine?" ribattè
bruta Temari, gli occhi fissi al centimetro di
specchio che si era faticosamente guadagnata e alla linea della palpebra
sinistra che stava ripassando con un kajal nero.
Ino le gettò le braccia al collo, facendole sbavare la matita, e, logicamente,
cantò a squarciagola:"...THAT SAAAAAVED A
WREEEETCH LIIIIKE MEEEEEEE!"
Temari la zittì infilandole nella bocca spalancata un
paio di biscottini al cioccolato. La sua compagna di duetto sputacchiò, tossì e
masticò finchè le guance non le divennero paonazze,
mentre le altre ragazze quasi svennero dal ridere, mezze svestite com'erano, la
luce artificiale delle piccole lampade tonde dei camerini che scintillava nei loro occhi lucidi d'euforia.
"Siete tutte un branco di idiote" sibilò
alla fine Ino senza fiato, la mano destra sul cuore, il respiro che tardava a
tornare.
"Tu pure, Scrofa. Tra due ore andiamo in scena, occhio alla voce" la rimbeccò Sakura, occupata a
terminare, tra un sorso e l'altro di succo di frutta, la fetta di torta di
fragole che rappresentava la sua cena.
"Un'ora e mezzo per la precisione" controllò Tenten
sul suo orologio. A un'occhiata fulminante di Matsuri lo tolse subito dal polso: se la Mitarashi le avesse viste entrare in scena con un orologio
le avrebbe come minimo scalpate tutte quante.
Ino si accomodò languida su una delle seggiole, spostando con una manata i
vestiti che Matsuri vi aveva impilato sopra alla
rinfusa:"Dio, ci sono cinque suocere qui dentro,
non cinque amiche!"
"Sei coscente di aver appena buttato in terra
tutte le mie cose, Yamanaka?" La studiò Matsuri irritata, le braccia cariche da cui spuntavano
calzini, sneakers, spartiti e perfino una sciarpa di
lana variopinta.
"Ne sono cosciente" sorrise Ino imperturbabile; incrociò lo sguardo
allarmato di Sakura e, in tutta fretta, aggiunse:"Scusami, Tsuri-chan."
"Ti scuso se non mi chiami più in quel modo. E
spostati un po'!" Matsuri dovette quasi tirarla
in piedi di peso per poter ristemare i suoi vestiti,
perchè capricciosa Ino rifiutava di alzarsi da sola.
"Certo, Tsuri-chan."
"Ino!"
Un rapido toc-toc alla porta le fece sussultare, ma
non fecero in tempo a reagire perchè Kiba non attese
alcuna risposta, si tuffò nel camerino con un sorriso malizioso che andava da
un orecchio all'altro, spinto alle spalle da Naruto, Kankuro e Suigetsu che
sogghignavano lustrandosi gli occhi, l'accento fresco da gentiluomo galante:"...E' permesso, signore?!?"
La selva di urla isteriche che si sollevò nell'ultimo camerino del teatro di Konoha ricordò, a conti fatti, la catarsi massima di un
sabba di duemila streghe.
"K-Kiba-kun!!! Hanabi
s-saprà t-tutto!!!" Gridò Hinata oltraggiata,
tentando invano di coprirsi drappeggiandosi addosso un lungo pastrano
invernale.
"Tanti auguri! Dille anche che hai un bel culetto!"
Kankuro, la schiena a terra e le punte acuminate di
una spazzola a pochi centimetri dal collo, venne
risparmiato dalla sorella grazie a un mormorio stridulo:"Primachetumiuccidatramilletormenti, Temari,
devo dirti che..." annaspò per
respirare:"...C'è qualcuno per te là fuori!" Col pollice accennò agli
ingressi laterali. Il viso della ragazza s'illuminò: allentò la presa,
concedendo al fratello di strizzarle l'occhio, e anzichè
decretare la fine della sua miserabile esistenza gli stampò un bacio veloce
sulla guancia, prima di scattare in piedi, gettarsi addosso
sciarpa e cappotto e affrettarsi verso l'uscita.
"Tranquilla, sorellina: non ho detto a nessuno che il tuo uomo è uno della
Red Moon!" gridò Kankuro beffardo, quando sua sorella fu sufficientemente
distante da lui, facendola immobilizzare raggelata a
un passo dall'uscita.
"KANKURO!"
Ma suo fratello era già sparito nel camerino dei ragazzi, reclamando asilo
politico, l'addome solleticato da un mare di risate convulse.
Sakura aveva incrinato lo zigomo sinistro di Naruto con un destro ben piazzato, guadagnandosi l'ovazione
compatta delle ragazze, mentre Karin, Tenten, Ino e Matsuri si
spezzarono i pugni a furia di battere invasate alla
porta dell'altro camerino, intimando ai brutti bastardi di uscire e battersi da
uomini, non da donnicciole senzapalle
quali erano.
Shiho-san le trovò così: urlanti in biancheria intima
e calze fuori dal camerino dei ragazzi, spettinate, il
viso truccato a metà, mentre imprecavano nei modi più bassi pensabili, modi che
avrebbero fatto arrossire di vergogna un qualunque scaricatore di porto di
passaggio.
Comprensibilmente, Shiho ci mise cinque minuti netti
per riuscire ad articolare una frase sensata, prendendo più e più volte
respiro.
"...Mitarashi-sama... sarà qui... fra
poco..." La sua ultima parola fu un sussurro flebile:"...pochissimo."
Karin venne travolta da quattro paia di gambe
inguainate nel nylon che, come una mandria di bufali, si rovesciarono nel
corridoio muggendo deliranti di avveritre Temari, trovare le forcine, sgomberare tutto, mettere in
ordine là dentro e far sparire il cibo in mezzo secondo, prima che la
Generalessa trovasse in giro cioccolata, biscotti, caramelle gommose e altre
schifezze ipocaloriche con cui avevano riempito il camerino.
Temari stranamente ritornò da sola, senza essere
stata sollecitata da nessuna di loro, fischiettando Amazing
Grace e svelando una nota morbida nell'espressione
schietta che le ammorbidiva il viso, di solito duro come pietra.
Ino le mostrò la lingua:"Il tizio della Red ci sa fare, eh?! Così veloce e in così poco
tempo!" rise, facendo andare a fuoco le gote di Hinata.
Temari, senza alzare lo sguardo dalla
lampo del vestito di Tenten che stava
chiudendo, la prese con filosofia:"Non si chiama mica Shikamaru
Nara, il mio."
"Gelosa."
"Oca."
"Puttana."
"Troia."
"Raccomandata!"
L'illuminante dibattito si concluse con un rispettivo lancio di scarpe, non
quelle col tacco ma le semplici, banalotte e informi
scarpe da tennis che usavano tutti i giorni.
Cinque prima dell'inizio del concerto, la Yamanaka si
era gettata addosso a Nara, attirandolo in un abbraccio che Karin
bollò come 'spaccaossa', e gli aveva augurato "Merda! Merda! Merda!" nascondendo il volto
nell'incavo della sua spalla. Di certo era stata meno discreta della Haruno che, mezz'ora prima,
si era intrufolata senza dire una parola nel camerino dei ragazzi proprio
quando tutti quanti erano usciti, tutti tranne una persona. Quella
classica persona che bruciava come l'orgoglio disprezzato, come lo smacco di averle preferito un'altra.
Udì lo scatto secco della serratura che veniva chiusa
chiave, e il primo pensiero intelligibile che le balenò nella mente fu quello
di sfondarla a calci, la maledetta porta chiusa.
Per non pensarci Karin agguantò Suigetsu,
ignorò i suoi soliti affettuosi epiteti e si impegnò a
sistemargli il nodo della cravatta, che nessuno tra i ragazzi sembrava saper
fare seguendo canoni umani. La tentazione di strangolarlo era fortissima,
resistette solo perchè, con somma e inimmaginabile meraviglia, d'un tratto Hozuki si fece serio, evento irripetibile
nei secoli e paragonabile, forse, al crollo di una montagna.
"Oh, Karin."
"Che vuoi?"
"Buona fortuna."
Nessuna traccia di ironia né di sarcasmo, niente
allusioni, frecciatine, battute, insulti. Solo la
buona fortuna. Solo Suigetsu.
Karin lo ringraziò a modo suo:"Non
sbagliare l'attacco della seconda strofa."
L'altro inarcò le sopracciglia:"Che cazzo, ma
neanche se faccio il gentile...!"
"...Buona fortuna anche a te" lo interruppe allora balbettando, prima
di sparire verso le quinte.
Stava
andando tutto alla perfezione.
I vestiti di scena che brillavano nel bagliore dorato delle luci, il cicaleccio
allegro del teatro pieno, il sipario, il discorsetto
di Tsunade-sama e di Hidan
della Red Moon (che dietro le quinte aveva dato una vistosa pacca sul culo a Temari, senza curarsi
troppo d'essere visto tra l'altro), gli applausi fragorosi quando il coro aveva
preso posto sul palcoscenico, la Mitarashi dietro le
quinte vestita da gran dama che minacciava le fiamme dell'Inferno se qualcosa
fosse andato storto, i microfoni dei solisti, il giornalista in platea con la
sua penna poggiata sul taccuino, come Karin lo
immaginava, l'arrivo della musica che morbida si era riversata nel teatro,
avvolgendo gli spettatori come un denso velo di seta delicatissima.
Stava andando tutto alla perfezione, il pubblico batteva le mani scandendo il
tempo della canzone e le loro voci, solitamente così indisciplinate, si
carezzavano l'una con l'altra, senza barare e senza tentare di sovrastarsi a
vicenda. E dietro di loro altre diciotto voci li sostenevano puntuali, erano il
cielo limpido da cui non si allontanavano mai troppo, perchè altrimenti come
Icaro sarebbero caduti.
Stava andando tutto alla perfezione. Stava, imperfetto, azione collocata
nel passato. Stava.
Stava andando tutto alla perfezione. Davvero, alla perfezione.
...Finchè la mano di Suigetsu
non era casualmente scivolata sul suo fianco.
Strangolarlo davanti a cinquecento testimoni, nel bel mezzo del primo
ritornello, non le sembrò un'ottima mossa. Aveva perso l'occasione di farlo, doveva
decidersi giù nei camerini e non farsi intortare da un paio di
occhi color luna.
L'inquietudine fece alzare la voce di Karin di un
tono e la ragazza vide, con suo sommo orrore, il sopracciglio sinistro della Mitarashi innalzarsi e arcuarsi, fino a formare una stretta
linea curva sulla sua fronte.
Suigetsu invece non aveva fatto una piega, era
spigliato, brillante, agile, perfino ammiccante col pubblico, si comportava
come la versione più giovane e meno consumata di Marvin
Gaye:"And from that day I made a vow, I'll
be there when you want
me some way, some how!"
Il sospetto, che presto si tramutò in certezza, le risaltò lampante davanti
agli occhi: stava giocando, la stava mettendo in difficoltà, era tutta una
tattica per farle fare una figuraccia, tutto pianificato, tutta una strategia!
E, per colmo di ogni disperazione, doveva anche
essersi accorto dell'insipiegabile reazione
del suo corpo, che non lo respingeva.
Due minuti e ventiquattro. Il fottuto pezzo durava
soltanto due minuti e ventiquattro. Si trattava solo di resistere due minuti e
ventiquattro: un giochetto da ragazzi, no?
Se mi tocca il culo lo
ammazzo, giuro, testimoni o non testimoni, finirò nel braccio della morte con
gioia!
"No winters cold can stop me
babe!"
"Oh no babe!"
L'attacco,
l'attacco: l'aveva preso, e preso bene! Una volta tanto nella sua vita aveva
preso bene quel merdoso attacco!
E la cazzo di mano però
rimaneva lì; sembrava quasi che il fianco di Karin
fosse modellato al centimetro per fare in modo che quella forma vi aderisse
perfettamente. L'idea le costò una lieve nota stridula che
però, ne era certa, l'orecchio della Mitarashi
captò benissimo.
"Don't you know that there ain't
no mountain high enough! Ain't
no valley low enough, ain't no river wide enough, to
keep me from getting to you babe!
Ain't no mountain high enough..."
Non trovò altra soluzione che, con estrema lentezza, staccargli nel modo meno
evidente possibile la mano dal suo fianco, un dito per volta, il sorriso e la
voce cristallizzata in un'ispirazione celestiale.
E la strinse, quella mano. Con più energia del
necessario, sulle prime stritolandola con tutta la forza che aveva, ma la
strinse. Si calmò a poco a poco, e la strinse.
Riconobbe dalla platea il fischio familiare di Tayuya,
seguito da un terribile "Brava!" che sovrastò perfino la musica, e il
sorriso di Karin si allargò appena, sfumando nel vago
e indeterminato scivolo di accordi di velluto che
segnavano la fine della canzone.
Gli applausi piovvero loro addosso rimbalzando sulle assi di legno del palcoscenico,
frullarono come le ali degli uccelli, giocarono con gli orli dei loro vestiti,
con le ciocche di capelli indomabili sfuggite alla morsa delle acconciature,
soffiarono sui loro volti una fame insoddisfatta di ebbrezza
e soddisfazione.
Stiamo cantando, e lo stiamo facendo bene, il
teatro 'sta sera è soltanto nostro, e ne vogliamo ancora, ancora, ancora!
Poi Karin non ebbe più il tempo di pensare,
immediatamente dopo partì l'accordo iniziale di Happy Christmas
e Shikamaru, a tutti i costi tenuto lontano dall'erba
per almeno due giorni, cominciò la canzone, con Sakura
al suo fianco nel ruolo che fu di Yoko
Ono, e c'era il coro da seguire nei vari passaggi,
mai sbagliare una nota, ritmi serrati, brio e scioltezza, che guai se il
pubblico s'abbiocca e cade in catalessi... Su quelle
dannate voci!
Ma la mano di Suigetsu,
quella, Karin non la lasciò più neppure per un
istante.
"Certo che potevi trovare un modo più
diretto per chiedermi di uscire, razza di
cretino!"
Fin
Note
dell'Autrice
Qualche
nota chiarificatrice che temo serva per spiegare alcune scelte chiamiamole
stilistiche XD.
1) La marmellata di azuki è l'anko XDDD porta proprio questo nome. E' una marmellata di
fagioli rossi, gli azuki appunto. Ecco spiegato
perchè Shiho ha gli attacchi di nevrosi ogni volta
che ne sente parlare.
2) Se non l'avete capito David Bowie, il giornalista,
lo scribacchino della rivista di musica indie è ...
*rullo di tamburi* ... KAKASHI! E per chi, come Claudia Mela (XD) si
chiederà perchè chiamarlo col suo nome non andava
bene, risponderò: perchè fa più figo *_* e tra
l'altro Bowie è bicromo
(ossia ha gli occhi di colore diverso l'uno dall'altro) esattamente come Kakashi-san.
3) Non sono sicura che esista la voce del verbo "capponarsi" (riflessivo!), ma l'ho trovata nella mia antidiluviana copia
del Candido di Voltaire in riferimento alla pratica di castrare i cantanti
lirici perchè mantenessero una voce più cristallina, rendendoli quindi
metaforici galli castrati, e cioè capponi.
4) Johnny Rotten perchè,
proprio come Suigetsu, il noto Sex Pistols aveva denti orrendi.
5) Karin si chiama Guthrie
di cognome in omaggio a Woody Guthrie.
Tenten si chiama Yumikawa
di cognome perchè il giorno che ho scritto quel pezzo avevo
appena finito di leggere "Musica" di Yukio
Mishima. Infine Hokumon, il
cognome di Tayuya, è il nome giapponese della sua
qualifica: Tayuya della Porta Nord.
6) Nell'ultima parte, Ino canta un pezzo di Amazing Grace.
Volete i riferimenti delle canzoni? Non c'ho voglia di
scriverli XD perciò andate sul Tubo e digitate i vari titoli. Vi consiglio di
ascoltarle ;) soprattutto Ain't
no mountain high enough, che dà il titolo a tutta la
faccenda. Ascoltatela, ascoltatela davvero. Non solo
perchè è romanticamente demenziale, ma perchè
immaginarsi Suigetsu e Karin
che la cantano tentando di strangolarsi a vicenda... beh... darà tutto un altro
sapore al vostro Natale *_*!
Ecco, direi che non ci sono altri chiarimenti da scrivere. Ultima
cosa: questa storia non sarebbe nata se non avessi letto "Every cloud has
a silver lining" di eleanor89, perciò se non la conoscete o non
l'avete letta volate e leggete u_u anche se vi
avverto, è ad alto contenuto ShikaIno.
E
infine,
BUOOOOON NATALE! -means Merry Christmas to you!
Hipatya