- Linfoma di
Hodgkin, quarto stadio, probabili
metastasi alla colonna vertebrale e i polmoni.
In una situazione
normale saresti ricoverata subito e al massimo dopodomani inizieresti
la chemioterapia.-
Francesco aveva parlato con davanti a sé i
fogli dei referti delle analisi.
-
Ma non si può fare, e in ogni caso non hai la certezza
né della
diagnosi né della stadiazione, visto che non ci sono ancora
i
risultati dell'agoaspirato.-
- Ma per favore, Claudia.- Sbottò
l'uomo. - Smettila di nasconderti dietro a un dito.-
La donna
sospirò.
- Non è facile accettare una cosa simile, soprattutto
non è facile pensare a quello che accadrà a me e
alla mia
famiglia.-
Francesco le prese le mani. - Stai tranquilla, andrà
tutto bene. Scusami se sono stato burbero, sia prima che l'altro
giorno, ma mi sono preoccupato sia per le tue condizione che per il
poco peso che gli hai attribuito.-
- Lo so, non preoccuparti,
posso capire quello che provi.- Rispose lei con un leggero sorriso. -
Però adesso non so davvero cosa fare, non posso iniziare le
cure in
questo momento, è fuori discussione.-
Riganese cercò di
comprendere ancora una volta le ragioni dell'amica, anche se come
medico gli pareva una follia non cominciare immediatamente le
terapie, vista soprattutto la gravità della situazione.
- Dopo le
elezioni, nella speranza che queste due settimane non ti portino
peggioramenti. Ti ripeto però che qualsiasi cosa accada, se
ti senti
male o altro, devi correre in ospedale; non pensare a come possa
venire fuori la notizia o cosa si possa dire in giro. È
difficile,
lo so, ma qui c'è in gioco la tua vita, Claudia, e credo tu
lo
sappia anche meglio di me.-
La deputata annuì e, come sempre
faceva quando il discorso prendeva pieghe che non le piacevano,
distolse lo sguardo dall'interlocutore rimanendo zitta.
Aveva
quasi voglia di piangere.
Come malata di cancro non ci si vedeva,
non si era mai vista ammalata gravemente di nulla, e anche quando
pochi anni prima aveva cominciato i periodici controlli ginecologici
che ogni donna doveva fare non si era poi mai preoccupata
più di
tanto.
Era uno scrupolo, una routine, nulla più.
Come
Ministro si era anche occupata delle campagne di prevenzione, ma come
donna era sempre stata certa che i suoi esami sarebbero stati
perfetti ogni volta.
E di fatti gli esami ginecologici,
probabilmente, sarebbero stati buoni anche in quel periodo, ma il
male aveva deciso di colpirla ugualmente, in un altro modo, facendo
crollare tutte le sue certezze.
Proprio come aveva fatto il
suicidio di Oscar.
Le si gonfiarono gli occhi di lacrime ma ancora
una volta non volle piangere, decisa a mostrarsi forte come suo
solito. -
- Sarà lungo?- Domandò.
- Dipende da quanto effetto
farà la chemioterapia. Dobbiamo fare analisi più
approfondite alla
schiena e ai polmoni, ma credo che in ogni caso ci sarà
bisogno di
operare, e dunque è possibile anche vi sia la
necessità di qualche
ciclo di radioterapia.-
- Il pacchetto completo, quindi, non mi
faccio mancare nulla.- Commentò sarcastica. - Sarebbe
cambiato
qualcosa se mi fossi fatta visitare prima?-
Il medico deglutì.
Si aspettava quella domanda e sapeva che l'amica avrebbe di certo
preferito la verità a una qualche rassicurante bugia.
- Sì, se
appena accusati i primi sintomi ti fossi fatta visitare è
probabile
che ora saresti sotto terapia ma con una prognosi migliore, per
quanto anche adesso le possibilità di guarigione siano alte,
è
chiaro.
- Oh sì, so bene che sono stata fortunata, vi sono
malattie molto meno curabili.- Replicò al suo solito modo.
Rimasero
ancora in silenzio, e Francesco si stupì di come l'amica
riuscisse
quasi a scherza su quella situazione, benché vedeva i suoi
occhi
mostrare i sentimenti che realmente provava.
- Se non hai altre
domande vorrei fartene una io, Claudia.-
- Dimmi pure.-
- Posso
capire la stanchezza e la mancanza di appetito, in un periodo
stressante può capitare, e se mangi poco si potrebbe
definire
normale anche la perdita di peso.
Il sudore notturno e quelle
continue influenze anche ti avrebbero dovuto allarmare, soprattutto
viste le tue conoscenze in campo medico, ma se proprio anche queste
vogliamo dire fossero comprensibili io non capisco come tu abbia
fatto a non preoccuparti quando ti si è gonfiato quel
linfonodo sul
collo, fatto che, già mi sembra di avertelo detto, instaura
dubbi in
tutti, anche in chi di linfonodi e linfomi non ha mai sentito
parlare.-
La donna scrollò le spalle e giocò un po' con una
ciocca di capelli prima di rispondere.
- Inizialmente mi sono
convinta che si trattasse di un lipoma, ma è chiaro che le
somiglianze in italiano non siano ugualmente tali in medicina.- Aveva
sorriso ancora, lasciando l'amico senza parole.
Improvvisamente il
medico lasciò perdere l'umano desiderio di consolarla,
comprendendo
da quel suo modo di fare che non voleva soffrire lì ma dopo,
quando
sarebbe stata circondata dalla famiglia o addirittura in completa
solitudine.
- Hai detto “inizialmente”, mi viene il dubbio
che...-
- Sì, sospetto da diverse settimane che un qualcosa di
grave si sia impossessato del mio corpo, e avevo quasi la certezza di
cosa potesse essere. È per questo che sono molto meno
sconvolta di
come sarebbe qualcun altro.
Io più che una diagnosi ho ricevuto
una conferma, il difficile sarà il resto... parlarne a casa,
essere
ricoverata, allontanarmi ancora da mio figlio, spiegare a un bambino
così piccolo una situazione così complessa... ma
ora non ci voglio
pensare, domani farò ritorno a casa e si vedrà.-
Concluse.
- Se
hai bisogno di aiuto anche per questo sai che non devi esitare non
dirmelo.-
- Sì, sì lo so, grazie, ma credo si tratti di una
cosa che devo fare da sola.-
Poco dopo Claudia disse che era
giunta per lei l'ora di tornare ad Ostia, e Francesco si propose per
accompagnarla fino alla macchina.
- In settimana ti chiamo per i
risultati dell'agoaspirato e le altre analisi di cui c'è
bisogno.-
Le disse mentre la guardava legarsi la cintura e mettere in moto.
-
Sì, ma stai tranquillo. Sembri quasi più
preoccupato tu di me.-
-
Ti voglio bene, è normale.-
- Lo so... Ti voglio bene anche
io.-
- Guida piano e fammi sapere come stai, ricordati di quello
che ti ho detto.-
La donna non rispose più, si limitò a fare un
cenno con la mano, sorridere e partire.
Non pensò a nulla fino
all'arrivo a Ostia, e la prima cosa che fece quando vi giunse fu
andare al ristorante a salutare Roberto e Andrea.
Com'era ovvio
non disse loro nulla di ciò che aveva scoperto,
semplicemente si
limitò a ringraziarli per quei giorni, e quando, prima di
andare
via, Roberto le disse che si aspettava di rivederla spesso con marito
e figlio durante l'estate che stava per cominciare non poté
fare
altro che rispondere “sì” a voce bassa
cercando di non far
notare il dolore che le portava quella frase.
A casa riaprì, per
la prima volta dopo un anno, l'armadio dove tenevano i costumi da
bagno e i teli da mare, decisa a fare il primo e probabilmente ultimo
bagno di quella stagione.
Fissandosi riflessa allo specchio in
costume si accorse di quanto fosse magra, le pareva di avere il corpo
di un'anoressica.
Si
chiese quante persone sarebbero andate al mare dopo una diagnosi del
genere e si rispose nessuna, ma era convinta che la sua situazione
fosse molto particolare.
Si lasciò cullare dall'acqua fresca di
fine maggio che poco a poco si fece tiepida.
Mentre
tornava da Roma le era presa un'immensa tristezza nel vedere le mamme
con i loro bambini, momenti
di
ordinaria felicità che a breve le sarebbero stati negati.
C'era
una gioia in tutto quello, la certezza di star male lei e non suo
figlio.
Era cresciuta senza una
madre e se fosse morta era sicura che anche Guido se la sarebbe
potata cavare, proprio come avevano fatto lei e Gianluca.
Ma
se per qualche disgrazia avesse mai perso suo figlio sapeva che non
si sarebbe ripresa.
Si accarezzò dolcemente il ventre.
Anni
prima aveva desiderato ben più di un bambino solo, ma poi il
lavoro
l'aveva portata a rinunciarci.
Durante l'inverno precedente aveva
però avuto un ritardo di diversi giorni, e per un attimo
aveva
sperato che una svista o un errore le avessero concesso la
possibilità di essere nuovamente madre.
Non aveva neanche fatto
in tempo a fare un test di gravidanza che il suo corpo le aveva fatto
capire come stessero realmente le cose; era stato un falso allarme,
dovuto allo stress o, chissà, alla malattia che
già si stava
impadronendo di lei.
Sapeva che se fosse guarita sarebbe stato
molto difficile rimanere di nuovo incinta, e si malediva per avere
dedicato tutto quel tempo alla realizzazione professionale senza
pensare al fatto che non avesse tutto il tempo del mondo a
disposizione per il resto.
Pensò
a suo padre, al dolore che avrebbe provato nel ricevere una notizia
simile, alla paura di perderla che di certo avrebbe avuto.
Tornò
a casa, si fece una doccia calda e, indossata una tuta,
preparò la
borsa per fare ritorno a Roma nella giornata seguente.
Poi si
buttò sul letto e pianse, pianse fino a quando non si
addormentò
sfinita e con gli occhi rossi.
La mattina seguente fece fatica ad
alzarsi, e rimase a lungo sotto le coperte mentre cercava le forze
per iniziare un'altra giornata, addolorata dall'idea che la malattia
le togliesse anche la possibilità di un sonno ristoratore.
Chiamò
il padre e il marito, non aveva sentito nessuno dei due la sera
prima, e in particolare chiese a Davide di tornare a casa presto quel
giorno e al signor Oreste di andare a prendere suo figlio all'asilo e
di portarlo poi a casa.
Entrambi rimasero stupiti da quelle
richieste, ma la donna non diede nessun tipo di spiegazione.
Si
mise in macchina verso le undici e si lasciò scorrere nel
traffico
diretto a Roma.
Fece una fermata in un centro commerciale alle
porte della città eterna; si godette un giro per i negozi,
fece un
po' di shopping e la spesa.
Non dubitava di come Davide avesse
trattato la casa in quella settimana, ma le piaceva avere tutto sotto
controllo, compreso quello che aveva nel frigo e nella dispensa.
Tornando verso le scale mobili che portavano al parcheggio
interrato si trovò davanti alla vetrina di un negozio che
vendeva
foulard.
Rimase a fissarlo alcuni istanti, poi decise di
entrare.
Non aveva bisogno di coprire il collo, ma era inutile
negare che molto presto avrebbe dovuto coprire il capo completamente
calvo.
Ebbe la fortuna di non essere riconosciuta e acquistò due
foulard dai motivi astratti e chiari, estivi, e quando uscì
dal
negozio, vista l'ora, decise di fermarsi a pranzo in uno dei tanti
ristoranti del centro commerciale.
Quando finalmente rincasò
sistemò la spesa e si mise calma ad attendere il marito.
Non
sapeva con quali parole gli avrebbe detto di essere ammalata,
perché
per lei sarebbe stato perfettamente normale dirgli semplicemente
“Davide ho il cancro”, ma sapeva che non era quello
il modo, e
ciò che più la preoccupava era la possibile
reazione dell'uomo, la
paura e il dolore che quella notizia gli avrebbero procurato.
Si
disse che era di certo molto più facile star male che veder
star
male, e lei per prima preferiva soffrire al posto di chi amava.
Il
procuratore aprì la porta di casa alle cinque e la
trovò seduta in
cucina ad aspettarlo.
Ripensò alla telefonata con cui gli aveva
chiesto di tornare presto e capì che qualcosa non andava.
Si mise
vicino a lei, seduto al tavolo dove erano soli cenare e scherzare
assieme al bambino.
- Cos'hai fatto in questi giorni?- Le domandò
per iniziare il discorso.
Lui sorrideva, ma il volto di Claudia
era serio.
- È proprio di questo che dobbiamo parlare, Davide.-
L'uomo trasalì.
- Hai deciso di lasciarmi? Di andare via da
me e tuo figlio?-
Lei abbozzò un sorriso. - Ma no, cosa vai a
pensare? Morirei senza di voi!-
- E allora che succede?- Il tono
del magistrato si fece preoccupato davvero, perché, se un
attimo
prima aveva quasi ancora scherzato chiedendole s volesse andare via,
man mano che i lunghi e silenziosi secondi passavano capiva che forse
era accaduto davvero qualcosa di grave.
- Sono ammalata, amore
mio. Tu, mio padre... credo che ormai tutti ve ne siate accorti,
malgrado io abbia fatto il possibile per non mostrarlo. In questa
settimana ho finalmente accettato quello che mi sta accadendo, ho
sentito Francesco, il dottor Riganese e...-
Davide non sentì
altro, conosceva quel medico e sapeva che specializzazione avesse.
E
questo bastò a fargli capire che la loro vita stava per
cambiare.
Forse per sempre.