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Autore: determamfidd    12/04/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incontra una Nana

Orla figlia di Ara

Un Nana del clan Nerachiave, Orla è una guerriera esperta. Ha lasciato la sua terra natia nel lontano est e viaggiò fino ad Erebor dopo che venne riconquistata. L'unica Nerachiave nella Montagna, Orla sopportò vari anni di sospetto. Come il nome suggerisce, Orla ha una gran massa di capelli neri che trattiene in una coda alta. Si rasa i lati della testa per tenere i capelli fuori dagli occhi, e tiene la barba corta e la olia in stretti riccioli. Dalla pelle nera e gli occhi scuri, Orla è estremamente severa e seria, e il suo volto non mostra assolutamente alcun segno di aver mai sorriso. Per la sorpresa di tutti, sposò Dwalin figlio di Fundin nel 2980 TE. Hanno tre figli: Thorin, Balin e Frerin.

Orla di Jeza-Red


Frodo crebbe veloce come l'erba. Era un piccoletto curioso, e allegro e avventuroso quanto può esserlo uno Hobbit. Thorin approvava pienamente del suo leale amico Samwise, ma il Tuc e il Brandybuck erano sin troppo simili a Fíli e Kíli nei loro rumorosi trent'anni. Poteva a malapena guardarli senza che gli venisse voglia di sgridarli.

Bilbo invecchiò, ma lo mostrava a malapena. Divenne un tantino recluso con gli anni, e iniziò a scrivere nel suo studio sempre più a lungo. Thorin leggeva da sopra la sua spalla. Non gli venne mai in mente che forse non avrebbe dovuto.

«Adesso, la mia barba non è mai stata così lunga!» protestò a un certo punto, e Bilbo sbuffò.

«Si chiama licenza artistica» mormorò a se stesso, ma cancellò lo stesso la riga.

Il tempo passò e passò, e Bilbo viveva sempre più a lungo. Si preparò per la festa del suo undicentounesimo (come lo chiamava lui) compleanno con la più totale allegria, ridacchiando e mormorando a se stesso giorno e notte e sfregandosi le mane in impazienza. Bofur spedì un intero carro di giocattoli dal suo negozio da dare come regali di compleanno ai piccoli. Thorin non aveva mai capito l'usanza Hobbit di dare regali il proprio giorno del nome – ma ad ognuno il suo.

La sorpresa fu eseguita in perfetto stile, e lui rimase per divertirsi della confusione. Gli Hobbit erano così propri e facilmente da scioccare, e la loro incredulità era decisamente spassosa. Alla fine, Thorin arrivò alla porta di Casa Baggins proprio mentre Bilbo se ne andava. Guardò con un piccolo sorriso mentre il suo Hobbit prendeva il suo bastone da passeggio preferito e iniziava ad andarsene lungo via Saccoforino, cantando mentre camminava.

«Buon viaggio, mio Scassinatore» mormorò, e si voltò per entrare in Casa Baggins un'ultima volta. Questo buco Hobbit era dove tutto iniziò e vi avrebbe detto addio in onore dei vecchi tempi.

Il suo sguardo fu catturato dall'anello, che sedeva innocentemente sul pavimento. Si chinò per studiarlo. Il piccolo anello d'oro di Bilbo? Perché se l'era lasciato indietro?

«Dunque, Thorin Scudodiquercia?»

Thorin si voltò di scatto in shock. Gandalf era ancora in piedi accanto al camino, assurdamente enorme in mezzo alle cose di Bilbo. «Puoi... puoi vedermi?»

«Certo che posso vederti» disse Gandalf «Sei in piedi proprio lì, o sbaglio?»

Thorin fece un passo avanti, i suoi occhi sbarrati. «Nessuno mi ha visto. Nessuno mi ha visto! Non in sessant'anni!»

«Di certo non sei passato a chiacchierare con me o Radagast allora, mio caro ragazzo» disse Gandalf, rubando tranquillamente un po' della buona erbapipa di Bilbo e preparando la sua pipa «Quante volte dovrò ancora ricordare agli altri popoli che sono uno Stregone!»

«Non riesco a crederci» disse Thorin, stupefatto «Ci vedi sempre?»

«Non passo molto tempo in un singolo luogo, di regola, e quindi non rimango mai a lungo nelle terre in cui lo spirito di un Nano potrebbe indugiare» disse Gandalf, allungando le gambe e accendendo la pipa. Fece un anello di fumo. «E no, non sempre, per rispondere alla tua domanda. È una questione di percezione, e cose simili hanno bisogno di concentrazione. A volte potrei guardare un Nano e sapere che lui o lei non è più nel mondo dei viventi. Non li conosco sempre, ovviamente. Di certo non bene quanto conoscevo te.»

«A volte mi chiedo se uno di noi mi avesse mai conosciuto davvero» disse Thorin cupo, e si sedette su una sedia «Non riesco a crederci. Gli Stregoni mi vedono.»

«Tutti noi che un tempo eravamo servitori dei poteri più grandi abbiamo ancora alcuni dei nostri doni» disse Gandalf, alzando un sopracciglio cespuglioso «E non tutti noi siamo amichevoli.»

«Non sapevo che tu lo fossi» ribatté Thorin, e Gandalf ridacchiò.

«Oh sì, Mastro Scudodiquercia. Rispetto ad altri, sono davvero piuttosto amichevole. O almeno provo ad essere un amico.»

«Ti suggerirei di fare un po' più di pratica» ringhiò Thorin.

«Forse, mio caro ragazzo, forse» Gandalf fece un altro anello di fumo, e poi fissò Thorin col suo penetrante sguardo blu «Ed è per questo che sei qui, a guardare il piccolo spettacolino di Bilbo? Ti comporti da buon amico?»

I denti di Thorin si strinsero.

Gandalf sorrise. «Capisco. Come vanno le cose nelle Sale?»

«Come sempre, sono bellissime» disse Thorin frustrato «e senza immutabili, e piene di morti. Mi mancano i colori della Terra di Mezzo, e passo qui tutto il tempo che posso – che è molto, perché, ancora una volta; morto.»

«E hai intenzione di continuare ad osservare Bilbo?» Gandalf si piegò in avanti. Sembrava molto interessato alla risposta. Thorin esitò.

«Osserverò sempre Bilbo» disse infine «Ho un grande debito nei suoi confronti, un debito che non potrà mai essere ripagato. Mi prenderò cura di lui e lo terrò al sicuro.»

«Thorin, mio caro amico, come mi hai con molta irritazione fatto notare, sei morto! Cosa mai potresti fare?»

Il suo mento si alzò bruscamente. «Mahal mi ha concesso un dono. La mia vita è stata rovinata dall'ombra, la mia morte ingiusta. Non so quanti altri hanno ricevuto questo potere, ma io sono stato benedetto così. I viventi possono a volte sentirmi. Non chiaramente, e non sempre. Ma il loro subconscio può udire le mie parole.»

«Bene, bene» disse Gandalf, socchiudendo gli occhi e mordicchiando la pipa pensieroso «Mi chiedo perché Lord Aulë abbia fatto qualcosa del genere... può leggere i segni, e sa che il suo pupillo...» lo Stregone fissò le fiamme e iniziò a mormorare e borbottare sottovoce mentre pensava.

Thorin aspettò che il vecchio Stregone finisse. Quando non lo fece, lo lasciò disgustato. Forse sarebbe riuscito a raggiungere Bilbo prima che si allontanasse troppo.


Dís corse lungo il corridoio. Thorin incontrò gli occhi di suo padre, e insieme di affrettarono a seguirla. Poteva sentire Frerin, Frís e Thrór che seguivano poco dietro.

Lei spalancò le porte della sala delle udienze ed entrò, le sue pesanti gonne che si trascinavano dietro di lei e i suoi capelli grigi che volavano. «Dáin!» urlò, e il Re si voltò verso di lei «Dáin!»

«Dís, cosa...» iniziò lui, ma lei scosse la testa.

«C'è uno straniero ai Cancelli»

Lui esitò. «Non uno dei Bizarûnh

Lei fece un suono brusco dal fondo della gola. «Ha un messaggio.»

Dáin aggrottò le sopracciglia, e poi sembrò riconoscere la paura che danzava negli occhi di Dís. «Un messaggio da dove

Lei deglutì, il suo petto si alzava e si abbassava veloce. «Mordor.»

Thráin boccheggiò e barcollò. La mano di Thorin si mosse veloce, e insieme lui e Frerin sorressero loro padre.

La faccia di Dáin, vecchia e rugosa ma ancora piena di forza, sbiancò drammaticamente. «Mordor!» ripeté in stupore e paura «Ma Mordor non è un Regno! L'oscurità si raccoglie nelle piane del Gorgoroth, vero, ma il Signore di quelle terre cadde tre dannati millenni fa!»

«E lui dice Mordor» La Dama Dís, Primo Consigliere del Re, alzò il capo. La sua bocca era sottile e il suo volto preoccupato, ma lei stette alta ed orgogliosa. «Può essere? Può quel male vissuto un tempo vivere ancora?»

Con un lungo, tremante respiro, Dáin la guardò direttamente negli occhi. «Ho dei rapporti dalle terre del Sud» fu tutto ciò che disse, e Dís lanciò un gutturale urlo di orrore.

«Eru ci salvi, Mahal ci protegga» sussurrò. La sua voce cristallina era spezzata dalla paura.

«Devo incontrarlo» Dáin si fece forza e serrò gli occhi per un secondo, prima di raddrizzare il suo vecchio corpo «Che genere di messaggio?»

«Parlerà solo col Re» disse lei, e le sue mani si serrarono più volte ai suoi fianchi «Veste di nero e cavalca un cavallo nero. È alto come gli uomini, e parla con una voce maschile, anche se sibila come una serpe. Questo è tutto ciò che so.»

Thráin iniziò a tremare. «Cugino, non andare da lui» supplicò «Le menzogne del Nemico – non puoi nemmeno immaginare il loro terrore! Mi hanno spezzato, Dáin – ha mentito, e mi ha spezzato!»

«Shhh, 'adad» disse Thorin, e fece passare la mano lungo l'avambraccio di Thráin «Madre, Nonno...» Frís e Thrór annuirono debolmente.

«Ci prenderemo cura di lui» disse Frís piano, e prese la mano di suo marito «Vieni qui, Thráin amore. Non può ritornare. La follia non può toccarti mai più.»

Thráin rabbrividì e lanciò un'occhiata veloce a Thorin. «Troverò la tua Compagnia.»

Thorin annuì, e poi si voltò verso Frerin. «Trova i ragazzi.»

Frerin annuì.

Guardando nuovamente Dís e Dáin, Thorin strinse la mascella. «Rimarrò qui?»

«Aye» disse Thrór, e posò un braccio consolatorio attorno alle spalle di Thráin «Ci incontriamo nella mia forgia. Portaci tutte le notizie che puoi.»

«Portatelo via da qui» gli disse Thorin, prima di riportare la sua attenzione a Dáin e Dís. Intorno a lui, la sua famiglia svanì, sparendo nello sfondo mentre il Gimlîn-zâram li reclamava.

«...giù da lui» stava dicendo Dáin, i suoi occhi freddi e irati «Non sarei così idiota.»

«Non puoi nemmeno rifiutarlo» disse Dís brusca «I servitori di Mordor non accettano un no come risposta!»

«Fermalo» disse Thorin, e sia sua sorella che suo cugino fecero una pausa «Fermalo! Compra del tempo ad Erebor. Dobbiamo cercare aiuto!»

«Beh, prima dovremmo vedere cosa vuole» disse Dáin, e raccolse la corona e se la mise sulla spettinata testa bianca. Quando toccò i suoi i suoi capelli, Dáin sembrò piegarsi sotto il suo peso prima di raddrizzarsi nuovamente «Gli parlerò dal parapetto meridionale.»

Il cuore di Thorin affondò. Sarebbe mai riuscito a sfuggire a quell'orribile, maledetto parapetto? Lì aveva spiato un drago, e lì aveva alzato la mano contro uno Hobbit. Ora avrebbe guardato suo cugino che vi affrontava un messaggero del Nemico di tutta la gente libera.

Glóin era già in piedi sui bastioni, i suoi occhi senza perdono e la sua armatura scintillante. Dwalin era in piedi dietro di lui, e il suo volto era cupo e duro. Il Principe Thorin Elminpietra, un Nano dal profilo Durin, il collo spesso e lunghi capelli neri sciolti, annuì quando vide suo padre e il Primo Consigliere che arrivavano. Il vento era aspro sul versante meridionale della Montagna, e la magnifica barba bianca di Dáin era tirata dalle sue dita ghiacciate mentre lui andava fino al parapetto e si affacciava. «Messaggero» disse brusco «Sono Dáin, secondo del mio nome, chiamato Piediferro, figlio di Náin e Re Sotto la Montagna. Qual'è il tuo messaggio?»

«Re Dáin» disse il messaggero con un inchino. La sua voce sibilava e raspava, e Thorin rabbrividì al suono. «Ti porto saluti dal Signore Sauron il Grande.»

«Non ho alcun bisogno di saluti» disse Dáin.

«Attento» mormorò Dís.

«Sei saggio, Signore» disse il messaggero nella sua voce sibilante.

«Saggio o no, sono occupato» disse Dáin bruscamente «Dì ciò che devi, messaggero!»

«Il mio Signora Sauron il Generoso desidera la tua amicizia, o Re Sotto la Montagna!» disse il messaggero. Il suo cavallo sbuffò e ruotò i suoi occhi rossi. «Sei un grande Signore dei Nani e hai reso il tuo Regno potente e sicuro in solo alcuni miseri anni. Insieme potremmo fare un'alleanza per assicurarci che sopravviva in pace e prosperità per tutti i tempi a venire!»

«E quale sarebbe il prezzo di tale amicizia?» sputò Dís, e Dáin scosse la testa. Lei si calmò, ma i suoi occhi brillavano.

«Non parliamo al Consigliere del Re, Signora, ma al Re in persona» disse il messaggero «E al Re diciamo: quell'amicizia non ti costerebbe nulla. Saremmo amici per tutti i tempi, portando ricchezza e guadagno a entrambi i nostri popoli. Tutto ciò che il mio signore desidera è un pegno della tua buona volontà.»

«Che pegno?» chiese Dáin sospettoso.

«Una sciocchezzuola, mio Signore. E in cambio, Sauron il Signore dei Doni vi darebbe tesori tali che ti renderebbero l'invidia di tutti i tuoi antenati. Anelli del Potere donerà, come nei giorni antichi.»

Mentre il battito del cuore di Thorin gli rimbombava nelle orecchie e l'ira iniziava ad alzarsi nel stomaco, fu colpito dal pensiero che era molto meglio che suo padre se ne fosse già andato.

«Una sciocchezzuola del genere deve essere davvero preziosa, per guadagnarsi una ricompensa tale» disse Dáin, il suo tono cautamente privo di emozioni «Ti chiedo ancora, cos'è questo pegno?»

«Desideriamo tutto ciò che sai, o grande Re, a proposito degli Hobbit»

Il sangue di Thorin si congelò.

Dáin rimase immobile come la pietra, e il suo volto rugoso senza espressioni mentre il messaggero continuava. «Il mio padrone vorrebbe avere tutto ciò che sai su di loro; dove vivono, cosa sono, e così via. Perché Sauron sa che un tempo voi ne conoscevate uno.»

Bilbo.

«Non dirgli nulla!» urlò Thorin, e scattò verso Dáin per afferrargli il mantello di pelliccia che indossava. Le sue mani vi passarono direttamente attraverso, e lui lanciò indietro la testa e ruggì: «Non dirgli nulla riguardo a Bilbo! Non osare!»

Dáin rimase in silenzio, e il volto di Dís era preoccupato.

Thorin ansimava, tremando per lo shock e la rabbia. Le sue mani stavano tremando. Il suo volto sembrava debole e insensibile quando cadde in ginocchio sul freddo parapetto di pietra.

«Sauron chiede questo come piccolo pegno della vostra amicizia» disse il messaggero, la sua voce che cambiava pericolosamente «Trovate il ladro e prendetegli volente o nolente un piccolo anello, il minore degli anelli, che egli rubò un giorno. È un gingillo che piace a Sauron, e sarebbe un buon modo di dimostrare la vostra buona volontà. Trovatelo, e i tre anelli che i Signori dei Nani possedevano anticamente saranno nuovamente vostri, ed il Reame di Moria tornerà a voi per sempre. Trovate anche solo notizie del ladro, se vive ancora e dove, e sarete grandemente ricompensati dal Signore, e riceverete eterna riconoscenza. Rifiutate, e le cose non si metteranno bene. Rifiutate?»

Dáin rimase in silenzio.

«No» riuscì a dire Thorin «Dáin. Bilbo ha salvato il nostro Regno. Bilbo ci ha ridato la nostra casa – la casa che non hai fatto altro che proteggere! Non possiamo rispondere a ciò con un tradimento simile! Siamo Nani d'onore!»

Dáin rabbrividì. «La mia risposta non è un sì né un no. Devo riflettere sul tuo messaggio e su ciò che implica dietro le belle apparenze.»

«Rifletti bene, ma non troppo a lungo» disse il messaggero «Ritornerò tre volte per ascoltare la tua risposta.»

«Il tempo del mio pensiero è libero, e sono libero di impiegarne quanto voglio» ritorse Dáin.

«Per ora» sussurrò il messaggero, e girò il suo cavallo e si allontanò verso la foresta.

Thorin fissò suo cugino e sua sorella, la sua bocca secca e spalancata e le sue mani aperte dinnanzi a sé. «Dáin» iniziò a dire, e poi strinse i denti per impedirgli di tremare.

Dís si avvicinò al Re. «E ora?» chiese con una voce bassa.

«Tornerà» disse Dáin duro «E ripeterà la sua offerta.»

«Vuole Bilbo» disse Glóin «Perché l'Occhio di Mordor vorrebbe Bilbo Baggins?»

«Un piccolo anello – il minore degli anelli» mormorò Thorin, e il suo battito di bloccò improvvisamente. Dopo il rimbombare assordante nelle orecchie, il silenzio improvviso era scioccante.

«Volere non è avere» ringhiò Dwalin «Siamo Nani d'onore. Non ripaghiamo chi ci ha aiutato con inganno e tradimento. Non trattiamo così i nostri amici!»

La testa di Thorin si alzò di scatto, e guardò il suo più caro amico con sorpresa e speranza nascente.

«Moria, cosa voleva dire con Moria» mormorò Glóin, e il respiro di Thorin gli sfuggì con un soffio «Balin e Óin hanno riconquistato Moria, non può...»

«Il potere che è rientrato e Mordor non è cambiato» disse Dáin, voltandosi verso di loro. I suoi occhi erano infiammati da rabbia e paura. «Ancora menzogne su menzogne! Signore dei Doni si fa chiamare. Aye, e tutti avvelenati! Non ci siamo mai fidati di loro, non lo faremo mai, e i loro doni ci hanno tradito in passato. Non saremo più così ingenui.»

«Cosa dovremmo fare?» disse l'Elminpietra, le sue braccia tese dall'impazienza.

«Tu, ragazzo mio, non vai da nessuna parte, quindi smettila di pensarci. Ci servi come Ambasciatore con la gente di Dale. Devono essere con noi su questo e tu sei il Principe Ereditario, quindi inizia a comportarti come tale» disse Dáin secco. L'Elminpietra si afflosciò. «Ci serve aiuto. Ci serve consiglio.»

Consiglio. La parola gli stuzzicò la memoria. Consiglio. «Lord Elrond» disse Thorin ad alta voce.

«Lord Elrond» fece eco Glóin, e poi tentò di guardarsi la propria bocca in sorpresa.

«Un Elfo!» sbuffò Dwalin, ma Dáin incontrò lo sguardo di Dís, e poi alzò una mano.

«Aspetta, non è una cattiva idea» disse «Mandiamo un giovane guerriero coraggioso da Lord Elrond, prendiamo consiglio, e raccontiamo cosa sta succedendo a Bilbo Baggins allo stesso tempo. Vive lì ora, o sbaglio?»

«Aye» disse Dwalin «Ha lasciato la Contea sedici anni fa. Odio pensare a come il poveraccio avrà mangiato tutto questo tempo.»

«Molto bene» disse Dís, e raddrizzò le spalle «Chi mandiamo? Di chi ci possiamo fidare?»

Ci fu un silenzio assordante.

«Pa', non credi che potrei...»

«Thorin ragazzo mio, se non la smetti di pensarlo, ti farò compilare tutte le scartoffia da oggi al Giorno di Durin!» abbaiò Dáin.

«Mandate Gimli» disse Thorin in un sussurro. Ben presto aumentò fino ad essere un ruggito. «Gimli è l'unico di cui mi posso fidare. Mandate Gimli!»

«Ehi, che dite di Gimli?» Dwalin si girò verso Glóin, che sbiancò.

«Non offrire volontario il figlio di un altro così! Solo perché il tuo non è di età...»

Le sopracciglia di Dáin di alzarono. «Aspetta, Gimli è...»

«Ha centotrentotto anni, sì, ed è mio figlio!»

«Ed è il combattente d'ascia migliore negli ultimi due secoli...»

«Ahem»

«...a parte Dwalin, qui»

«Aye, ed è ancora mio figlio!»

Dís sembrava combattuta, le sue mani strette attorno alle pieghe della sua gonna. «Glóin» disse, e la riluttanza gocciolava da ogni sillaba «Glóin, penso che dovrà essere lui per forza.»

Glóin si voltò verso di lei, il suo volto violaceo. «È mio figlio!»

«Di chi altro ti fideresti per compiere questa missione?» disse Dwalin semplicemente «Chi altro è abbastanza bravo?»

Glóin esitò, e poi si accigliò. «Non ti vedo offrirti volontario.»

«E quando la guerra arriva ad Erebor? Cosa succede allora? E poi, ho quasi duecentocinquanta anni, Glóin» disse Dwalin, e alzò la testa verso la luce. Il diamante nell'occhio di vetro brillò, e ogni cicatrice risaltò contro la sua pelle tatuata e testa calva. Le sue braccia avevano ancora muscoli enormi ma la sua barba era diventata del colore del cielo d'inverno. Sorrise tristemente. «C'era un tempo in cui non sareste riusciti a fermarmi. Ora?» rise senza allegria.

Glóin fece una pausa, fissando il cugino disperatamente. «Mio figlio» disse debolmente «La mia stella» Dwalin gli appoggiò una mano enorme e pesante sulla spalla.

«Glóin, è pronto. Non ti ringrazierà per averlo lasciato indietro, non questa volta.»

«Aye» la bianca testa leonina si abbassò. Poi si rialzò di scatto. «Beh, allora andrò con lui. Almeno fino a Granburrone. Questo compito richiede un Signore dei Nani oltre che un guerriero. Il mio ragazzo è bravo, ma non è un diplomatico.»

Dáin disse seriamente: «Se ne sei certo. Questi non sono tempi sicuri per attraversare le Montagne Nebbiose.»

«Non esistono tempi sicuri per attraversare le Montagne Nebbiose» grugnì Dwalin «Mai pensato che l'avrei detto, ma mi piacerebbe che quel dannato Stregone fosse qui.»

«Glóin?» disse Dís «Cugino? Ne sei sicuro? Non sei più un giovane Nano.»

«Bilbo è stato mio amico per quasi ottant'anni» disse Glóin indignato, gonfiando la barba «Devo avvertirlo!» Poi tirò su col naso «E sono vent'anni più giovane del vegliardo qui.»

Dwalin ringhiò piano.

«Faremo così dunque» disse Dís con un sospiro, e guardò oltre ai bastioni dove il cavaliere era ancora visibile accanto agli alberi molto sotto di loro, prima di venire infine ingoiato dalla foresta.

Thorin ricadde a terra in sollievo, la testa fra le mani. «Oh, amici miei» ansimò «Oh, Gimli. Oh, Bilbo.»

Il giuramento di Thorin gli risuonava nelle orecchie. Mi prenderò cura di te. Farò la mia ammenda. Il suo battito saltò e corse nella sua gola. Poteva sentire le mani gelate del fato che si allungavano per schiacciarli tutti.

Il Grande Nemico, aveva detto Mahal, quasi ottant'anni prima. Colui che fece i Sette. Sauron il Grande, Gorthaur il Crudele, Annatar, Signore dei Doni, l'Aborrito, l'Ombra, l'Ingannatore, il Signore degli Anelli.

E voleva Bilbo.


Thorin arrivò a grandi passi nella forgia di suo nonno, gli occhi duri e infiammati. Il chiacchierio nervoso morì quando entrò, e Balin fece un passo avanti, il suo gentile volto bianco come gesso.

«Ragazzo, è vero?» disse «È il Nemico?»

Thorin lo guardò cupo, prima di annuire una volta. «Lo è.»

Balin lanciò un debole grido di orrore, seguito da Kíli, Nori e Bifur. Il volto sottile di Ori divenne molle dal terrore, e Frerin si morse forte il labbro.

«Dicci» disse Thrór, guardandolo «Cos'è successo dopo che noi... ce ne siamo andati?»

Thorin non guardò verso Thráin. «Hanno mandato via il messaggero senza risposta» disse, tenendo la voce calma quanto poteva «Manderanno una delegazione da Lord Elrond Mezzelfo di Granburrone, per chiedere la sua saggezza e avvisare Bilbo.»

«Bilbo!» esclamò Nori «Cosa vuole il Nemico dal nostro Hobbit?»

Thorin incrociò lo sguardo di Kíli. Il volto di suo nipote era toccato dalla paura, ma i suoi occhi erano pieni di compassione per suo zio. Thorin fece un respiro e si voltò. «Un piccolo anello» disse con la gola secca «Il minore degli anelli.»

«L'anello di Bilbo?» disse Fíli incredulo «Quella piccola cosa d'oro che lo faceva diventare invisibile?»

«Il messaggero ha chiesto tutto ciò che sappiamo sugli Hobbit, ma desidera molto quell'anello. Ha offerto tre Anelli del Potere in cambio» disse Thorin, raddrizzandosi per non tradire il suo tremito. Sia Thráin che Thrór fecero un brusco respiro.

«Tre!» disse Ori stupefatto «Tre dei Sette!»

«Uno dei quali lo prese dalla mia mano» disse Thráin, amarezza e rabbia e miseria scritte su ogni ruga del suo volto «L'Anello di Durin III, datogli da Celebrimbor in persona.»

«Non ci servono i suoi doni» sputò Thrór «Abbiamo visto come ripaga gli amici! È sempre stato un traditore.»

«Dáin, cosa dice Dáin?» Thráin si voltò verso Thorin, le sue mani enormi serrate «Lo tenteranno, lo sapevo.»

«Non ci serve un dannato anello del Potere» ringhiò Óin «Siamo Nani. Troviamo il nostro potere nella terra, non in qualche dannato traditore gioiellino fatto da un serpente nell'ombra!»

«Non capite!» Thráin ruggì, alzandosi in piedi «Hanno una volontà propria!»

«Aye, e anche noi!» anche Óin si alzò.

«Ma mahabhyùr rukhs katakhigeri» ringhiò Bifur, e tutti i Nani riuniti iniziarono a parlare nello stesso momento, le loro voci che si alzavano con la rabbia.

«'ikhuzh!» tuonò Thorin. Tutti loro si rimisero ai loro posti, anche se molte delle facce erano ancora macchiate dalla rabbia. «State litigando per nulla! 'Adad, Dáin non desidera gli Anelli. Come ha detto una volta, i Nani non dimenticano in fretta l'ingiustizia. Sono passati tremila anni da quando Durin IV scoprì il tradimento di Sauron, e in cambio marciammo con l'Ultima Alleanza e schiacciammo il potere di Mordor. Non perdoniamo, e non dimentichiamo. Non ci fidiamo più del Signore dei Doni.»

Thráin si afflosciò, chiudendo gli occhi. Frís e Frerin andarono da lui e gli presero le grandi mani, stringendole forte.

«Cosa ha detto il messaggero a questo?» chiese Hrera, i suoi occhi castani freddi.

«Nulla, perché Dáin non gli ha detto nulla» disse Thorin «Lo tengono in una situazione di stallo. Ritornerà ad Erebor per tre volte.»

«Anelli» disse Óin, tirandosi la barba «E cos'altro? Non può essere tutto.»

«L'amicizia del Signore Sauron» sputò Thorin, e Balin mormorò sottovoce.

«E se questa amicizia venisse negata, e Dáin non gli dicesse nulla del nostro Scassinatore?»

Thrór lo fissò con suo sguardo penetrante. «E a quel punto?»

Thorin alzò le mani. «Non ha fatto nessuna minaccia diretta. Ma l'intenzione era chiara. Se dopo la terza volta si rimarrà senza risposta, la guerra sarà su di loro.»

Balin si accigliò. «Perché il nostro Scassinatore?» si chiese «Perché quel piccolo anello?»

«Perché non volere un anello che ti fa diventare invisibile?» Nori alzò le spalle «Fa molto comodo, quello.»

«Perché il Signore Sauron, che decisamente non è un ladruncolo o un teppista come te, desidererebbe il piccolo gingillo dorato di Bilbo?» disse Balin a malapena nascondendo l'esasperazione.

Nori alzò gli occhi al cielo. «Chiediamo alla biblioteca che cammina. Ori?»

Ori annuì e si schiarì la gola a disagio. «Beh, non è un Anello del Potere – non ha pietra o simboli. Tutti i libri dicono che avevano pietre e rune.»

«Le avevano» disse Thrór brevemente, e poggiò la mano sulla spalla di Thráin. Thráin grugnì.

«Il messaggero nero tornerà, e presto» disse Thorin, e le sue mani si serrarono sul tavolo «È un viaggio di cinque mesi da Granburrone a Erebor.»

«Chi manda Dáin?» chiese Thráin con un voce rasposa ed esitante.

Thorin lanciò un'occhiata a Óin. «Vanno Glóin e Gimli, insieme a tutti coloro che vorranno unirsi a loro.»

Óin scattò nuovamente in piedi. «Mio fratello, e mio nipote, attraverseranno le Montagne Nebbiose contro la volontà di Sauron?!» ruggì, e Nori e Bifur scattarono ad afferrare le braccia del guaritore, tenendolo fermo «Hai suggerito tu questo, Thorin?»

Lui rimase dov'era. «L'ho fatto.»

«Tu...!» gli occhi di Óin si gonfiarono, e Balin annuì pensieroso.

«Gimli è la scelta migliore» guardò Thorin con un'espressione furba «È un onesto, coraggioso e potente guerriero. Sarà la scelta migliore per proteggere Bilbo.»

«Il Nemico può raggiungere Bilbo a Granburrone?» esclamò Kíli. Balin scosse il capo.

«Nay, ragazzo. Lord Elrond tiene la vallata al sicuro. Non sono sicuro del come, ma è protetta da tutti i mali. È risaputo da secoli.»

«Non riesco a credere che stiamo andando dagli Elfi in cerca d'aiuto» borbottò Nori. Bifur sbuffò per dimostrare che concordava.

«Perché Glóin?» disse Óin, la sua espressione disperata «Perché la mia famiglia?»

«Gimli per la sicurezza di Bilbo, e Glóin per quella di Erebor» disse Thorin cupo «È un ambasciatore migliore di qualunque altro. È un Signore dei Nani e un Durin, ed è più calmo dell'Elminpietra e più giovane di Dwalin o Dís. E poi, per quanto forte sia Gimli, non è un diplomatico.»

«Gimli, però?» disse Frís, arricciando il naso «Il piccolo Gimli?»

Per la loro sorpresa, sia Ori che Nori risero. «Piccolo!?» sputacchiò Ori.

«Penso che sarai sorpresa, Nonna» disse Fíli divertito «Gimli è robusto quanto Thorin, forte quanto Dori, ha una barba nella quale potresti perdere un topo di campagna, ed è in grado di usare un'ascia da battaglia a lama doppia con solo una mano.»

Frís batté le ciglia. «Capisco.»

«Gimli proteggerà Bilbo» disse Thorin, e un brivido gli corse lungo la schiena «È l'unico di cui mi fido per un compito simile, dato che non posso farlo io stesso.»

«E ti sente meglio di chiunque altro nel mondo dei viventi» notò Fíli.

Thorin annuì. «Sì. Mi sente bene.»

«Ci sarà davvero la guerra, pensi?» disse Kíli, i suoi occhi sbarrati. Thorin deglutì attraverso una gola stretta e dolorosa.

«Temo di sì» mormorò «La guerra arriverà ad Erebor.»

Balin sospirò gravemente. «Di nuovo. Due volte in una generazione. Questi sono tempi malvagi amici miei.»

«È così, dunque?» disse Frerin, suonando molto, molto giovane. La mano di Thráin si strinse sulla sua.

«Non solo Erebor» disse Frís, i suoi occhi intelligenti sul volto di Thorin «Non solo Erebor. Il Nemico non sarà mai soddisfatto da un piccolo angolo di Arda. Questa è la guerra che coprirà le terre di oscurità. Mordor tornerà.»

Il petto di Thorin si alzò e si abbassò mentre tentava di calmare il proprio respiro. Poi disse: «La guerra che è iniziata tanto tempo fa sta arrivando. La guerra per la Terra di Mezzo.»

«Beh, è una buona cosa che siamo al sicuro dentro Aman» commentò Nori, e venne silenziato dal gomito di Ori.

«Sauron vuole Bilbo» disse Thorin, e le parole gli si bloccarono in gola e lo soffocarono per un momento «Non posso lasciare che succeda. Ho giurato di proteggere lui e tutto ciò che ama. Non posso fallire.»

«Dushel tasatizd bâhûn» mormorò Bifur «Il nostro piccolo Scassinatore.»

Thrór si alzò. Andò fino a Thorin in silenzio, i suoi occhi penetranti e severi. Thorin venne colpito dal ricordo del suo potente nonno, Thrór figlio di Dáin, Re Sotto la Montagna, ricchezze che gli ricadevano dalle dita e dalla barba e la corona sul capo; maestoso, saggio e magnifico.

Con un sobbalzo improvviso Thorin si rese conto che aveva preso diretto controllo della riunione. Nonostante tutto ciò che diceva sul fatto di abbandonare la guida e il comando, con due Signori dei Nani e due veri Re davanti a lui, aveva preso il controllo come se fosse stata la cosa più naturale di tutte.

Thorin abbassò gli occhi mentre Thrór di avvicinava, e Thrór alzò il mento di Thorin con la mano.

«Tuo padre mi ha detto» disse piano «È questo, non è così? Quello che il Cavaliere vuole.»

Thorin annuì una volta, e poi lasciò che i suoi occhi si abbassassero nuovamente.

«Vuoi dire che lo sa?» sentì vagamente Ori che sussurrava, solo per essere azzittito da Fíli.

Thrór inclinò la sua testa regale, pensando. Poi pizzicò il mento dalla barba corta di Thorin con dita gentili. «Perché, ragazzo mio?»

«Ho un debito con lui» disse Thorin, la voce bassa «Devo tutto a Bilbo Baggins. Gli ho portato via così tanto, nonno. Ho rubato la sua pace e la sua tranquillità e la sua sicurezza e la sua soddisfazione, e in cambio lui mi ha aiutato a guadagnare il desiderio del mio cuore e a reclamare la mia casa. E... e io fui cieco a tutto ciò che avremmo potuto essere, e lui è rimasto da solo sin da allora. Non potrò mai ripagare il debito che ho con lui.»

«Ma uno Hobbit?»

Thorin esplose. «Sì, uno Hobbit, un ottimo, coraggioso, leale Hobbit! E un Hobbit non è una brutta cosa da essere!»

Thrór sorrise debolmente. «Beh, ognuno ha i propri gusti, nipote. Comunque, faremo tutto ciò che possiamo. Non lasceremo che nessuno faccia del male al tuo Mezzuomo o a qualunque cosa gli è cara. Guarderemo con te.»

«Guarderemo con te» disse Balin, e si alzò, raddrizzando le spalle.

«Se voi pensate che lascerò mio nipote alle cure di voi miserabili, vi sbagliate alle grande!» dichiarò Óin.

Frís si alzò, il suo viso risoluto e i suoi occhi fissi su Thorin. «Figlio mio» disse «Ti seguiremo. Guarderemo e faremo rapporto, e il tuo dono può fare il resto.»

«Te l'ho detto» disse Thráin ruvido, alzandosi in piedi accanto a sua moglie «Siamo qui se hai bisogno di noi, ragazzo.»

«Beh, avrete bisogno di noi» disse Fíli con un cenno testardo del mento, e Kíli annuì in fretta.

«Avrete decisamente bisogno di noi» dichiarò.

«Ra shândabi!» Bifur si tirò uno schiaffo sulle gambe e poi alzò un pugno, colpendo l'aria.

«Beh, non stavo facendo nulla di importante suppongo» disse Ori, e il sopracciglio di Nori si alzò.

«Ori... siamo morti»

«Quel Gimli è un bravo guerriero, ma ha bisogno di qualcuno che gli ricordi di pettinarsi i capelli e le trecce più di una volta al mese» dichiarò Hrera.

Anche Frerin si alzò e lanciò un braccio attorno alle spalle di Thorin. «Va bene, fratellone» disse «Ci siamo tutti.»

Thorin guardò i suoi amici e la sua famiglia, Signori dei Nani e Re e minatori e ambulanti e ladri, e sentì l'antico acciaio che gli rientrava nell'anima. Aveva abbandonato il comando, ma eccolo nuovamente tra le sue mani. Così sia. Era un guerriero e un generale, e la più grande guerra che Arda avesse visto in tremila anni si avvicinava. Poteva sentire il fuoco che gli bruciava negli occhi per la prima volta in settantasei anni.

Tenendosi alto, sentì il mantello della Regalità attorno alle spalle come mai aveva fatto in vita.

«Dunque iniziamo» disse, e i volti della sua gente brillavano dinnanzi a lui «Per Erebor, e Bilbo.»

Un ruggito gli rispose: «Per Erebor, e Bilbo!»

TBC...

Note:

Alcune parole sono state prese direttamente da “La Compagnia Dell'Anello”: al capitolo “Il Consiglio di Elrond”

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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