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Autore: eugeal    12/04/2015    0 recensioni
Lo sceriffo è tornato e Nottingham è salva.
Durante l'assedio, Marian ha scoperto un lato di Guy di Gisborne che non conosceva.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Tuck si fermò a guardare la tenuta di Locksley: il sole stava tramontando e gli abitanti dovevano essersi già ritirati per la notte perché non si vedeva alcun movimento all'esterno della casa.
Il frate si rivolse a Guy.
- Così è qui che abiti?
Gisborne osservò Locksley per qualche secondo prima di rispondere.
- Forse. Se mi considerano morto, probabilmente le terre saranno già tornate alla corona. Non ho eredi e non so se lo sceriffo possa aver rispettato le mie volontà. - Guy inorridì nel pensare alla reazione dello sceriffo nel leggere il suo testamento, quando lo aveva stipulato di certo non aveva pensato alla possibilità che potesse essere divulgato mentre lui era ancora vivo. - L'attuale proprietario di Locksley potrebbe avere tutto l'interesse che io rimanga morto e agire di conseguenza.
- Posso andare avanti io per chiedere ospitalità per la notte e informarmi sulla situazione. Così se adesso la casa dovesse appartenere a qualcuno che ti è ostile non saresti obbligato a rivelare la tua identità. - Propose Tuck e Guy annuì.
- Porterò l'asino nelle stalle nel frattempo. Ha comunque bisogno di acqua e cibo e se fossi costretto a fuggire potrò prendere uno dei cavalli. Aspetterò lì. - Gisborne prese la briglia dell'animale per condurlo verso l'edificio delle stalle, ma si fermò dopo pochi passi e tornò a voltarsi verso il frate. - Tuck?
L'altro lo guardò, aspettando che continuasse.
- Potrei essere costretto ad andare via in fretta... Potrebbe non esserci il tempo per un saluto. In quel caso è meglio che lo dica ora... Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Ti devo la vita.
Tuck accettò quelle parole con un sorriso poi indicò le stalle con un cenno del capo.
- Ora vai. Non ci metterò molto.

Sir Edward chiuse il registro dei conti della casa Locksley e si sentì un po' più sollevato. Aveva temuto che senza i proventi delle terre non sarebbero riusciti a pagare le tasse imposte dalla contea e avrebbero perso di nuovo la casa, ma per fortuna i beni che Sir Guy aveva lasciato in eredità sarebbero stati sufficienti a mantenere la proprietà per alcuni anni.
Nel frattempo lui e Marian avrebbero dovuto limitare le spese e imparare a gestire bene quello che avevano, ma sarebbero riusciti a vivere dignitosamente senza dover dipendere dallo sceriffo o da chiunque altro.
- Signore? - Thornton si avvicinò rispettosamente e Sir Edward sorrise al vecchio servitore. Quell'uomo aveva servito fedelmente Robin quando era ancora il proprietario di Locksley, poi aveva gestito la casa per Sir Guy e ora continuava a lavorare per lui e Marian nel modo più efficiente e rispettoso. - Un frate ci ha chiesto ospitalità per la notte. É diretto all'abbazia di Kirkless insieme a un altro pellegrino, ma sono stati sorpresi dalla notte prima di poter arrivare a una locanda. L'ho fatto accomodare accanto al focolare della sala, ma vorrebbe parlare con lei, signore.
Sir Edward annuì. Lui e Marian non erano più ricchi, ma non avrebbe negato un rifugio e un pasto caldo a chi ne aveva bisogno.
- Ditegli che arrivo subito.
- Ah, mio signore?
- Sì?
- Ho notato che Locksley è ancora decorata con i colori e gli stemmi di Sir Guy. Posso dare ordine ai servitori di rimuoverli e appendere i colori della vostra famiglia, se lo desiderate.
Sir Edward ponderò le parole di Thornton per qualche secondo, poi prese una decisione.
- Appendete pure i nostri stemmi, ma non togliete quelli di Gisborne. Io e Marian gli dobbiamo la nostra libertà, manterremo i suoi colori per rendere onore alla sua memoria.

Guy finì di occuparsi dell'asino di Tuck prima di permettersi di pensare alla propria situazione.
Aveva paura di cosa avrebbe trovato ad attenderlo a Locksley e detestava quella sensazione di vulnerabilità ed incertezza.
Forse a Nottingham non era rimasto più nulla per lui se non l'odio e il disprezzo della popolazione e allora per lui sarebbe stato meglio cercare di ricominciare una nuova vita lontano da tutto.
Lontano da Marian.
La sola idea di non poter più rivedere la ragazza faceva troppo male perché Guy potesse soffermarsi a lungo su quel pensiero, ma in quei giorni passati nella caverna aveva avuto fin troppo tempo per riflettere ed era arrivato a una decisione.
Sperava solo di avere la forza di riuscire a seguirla fino in fondo: se anche Marian provava solo odio per lui, avrebbe fatto in modo di rimediare alla situazione difficile in cui l'aveva messa e poi se ne sarebbe andato via, liberandola per sempre dalla sua presenza.
Del resto perché Marian avrebbe dovuto ricambiare o anche solo tollerare i sentimenti che lui provava per lei?
Guy non riusciva a capire come avesse potuto essere stato così illuso da pensare che una ragazza innocente come Marian avrebbe potuto provare qualcosa per uno come lui.
Doveva riconoscere almeno un merito ai banditi che lo avevano aggredito: se non altro erano riusciti ad aprirgli gli occhi.
Con un sospiro si avvicinò ai cavalli chiusi nella stalla e riconobbe uno dei suoi preferiti: l'elegante stallone nero che cavalcava nelle occasioni più importanti, quando lo sceriffo gli chiedeva di accompagnarlo in qualche occasione ufficiale o quando dovevano ricevere ospiti importanti a Nottingham. Anche il cavallo sembrò riconoscere il suo cavaliere e scalpitò, impaziente.
Guy si avvicinò per porgergli una manciata di fieno e gli accarezzò il muso, grato che almeno quell'animale sembrasse lieto di rivederlo.
Decise che se si fosse trovato nella situazione di dover rubare un cavallo e fuggire, avrebbe scelto quello.

Marian appoggiò la rosa gialla sulla tomba, accanto a quella appena sfiorita del giorno precedente e alle altre che vi aveva deposto ogni sera dal giorno del funerale.
Aspettava che Allan rientrasse dalle ricerche del corpo di Guy e solo allora Marian prendeva il suo cavallo e cavalcava fino alla tomba vuota di Gisborne per deporvi un altro fiore.
La ragazza sedette a terra, accanto alla sepoltura e appoggiò una mano alle pietre con cui avevano ricoperto la terra smossa: erano tiepide dopo essere state scaldate dal sole per tutto il pomeriggio e quel calore ricordava a Marian quello della pelle di Guy quando gli aveva tenuto stretta la mano durante l'assedio di Nottingham.
Quella volta aveva creduto che sarebbero morti insieme, uccisi dagli uomini del principe Giovanni, e quel contatto era servito a rassicurare entrambi, a dare loro la forza di affrontare la fine coraggiosamente con la certezza di non essere soli.
Invece ora lei era lì, viva, mentre Guy era morto da solo, senza avere accanto nessuno che potesse confortarlo negli ultimi momenti.
Marian si asciugò una lacrima e provò rabbia verso gli abitanti di Locksley: gli abitanti del paese non avevano voluto la tomba di Gisborne accanto a quelle dei loro cari e avevano fatto pressioni al prete perché non gli concedesse una sepoltura in terra consacrata.
Marian e Sir Edward si erano opposti a quell'idea e alla fine la bara vuota era stata sepolta nel cimitero di Locksley, ma in un angolo isolato, a una certa distanza dalle altre tombe.
Nessuno dei paesani era venuto al funerale e anche lo sceriffo sembrava aver già dimenticato gli anni di fedeltà che Gisborne gli aveva dedicato perché alla cerimonia erano intervenuti solo lei, Allan e Thornton.
Sir Edward avrebbe voluto essere presente, ma la sua salute era ancora troppo malferma per permettergli di muoversi da casa.
Era stato durante quella cerimonia penosa che Marian aveva giurato a se stessa che lei non avrebbe dimenticato Guy di Gisborne come sembravano aver fatto tutti gli altri e che avrebbe fatto di tutto per riuscire a dare almeno una degna sepoltura ai suoi resti.
- Non pensavo che mi saresti mancato così tanto... - Sospirò la ragazza, sistemando meglio il nastro di raso nero che aveva legato al gambo della rosa, poi si rialzò da terra e spolverò il vestito con la mano prima di rimontare a cavallo.
Doveva affrettarsi, il sole stava tramontando e suo padre si sarebbe angosciato nel saperla fuori casa di notte.
Dopo quello che era successo a Guy, Sir Edward era diventato più protettivo nei suoi confronti e Marian, preoccupata per la salute del padre ancora malferma, non voleva farlo agitare.
Spronò il cavallo e tornò in fretta a Locksley.
Allan la stava aspettando sulla porta di casa.
- Tuo padre iniziava a preoccuparsi.
- Vai a dirgli che sono tornata. Penso al cavallo e poi vi raggiungo in casa.
- Posso farlo io. - Si offrì Allan, ma Marian scosse la testa.
Il suo cavallo era un regalo di Guy e lei ci teneva a prendersi cura di lui personalmente, come se occupandosi dell'animale avesse potuto rimediare a tutte le volte in cui aveva ignorato i sentimenti di Gisborne.
Allan annuì.
- Tuo padre sta parlando con un ospite. A quanto pare dei frati hanno chiesto ospitalità per la notte. Credo che la cuoca stesse aspettando il tuo ritorno per servire la cena.
- Farò presto, vai pure ad avvisarla.
La ragazza smontò da cavallo e si diresse verso la stalla tenendolo per la briglia.
Era contenta dell'arrivo dei frati, parlare con dei viaggiatori avrebbe rasserenato un po' l'atmosfera del pasto, di solito sempre troppo triste a causa della sua malinconia. A suo padre avrebbe fatto bene avere una compagnia più allegra e forse ascoltare le notizie portate dai pellegrini avrebbe distratto anche lei per qualche ora.
Si fermò di colpo nel vedere che nella stalla c'era già qualcuno: un uomo alto che indossava un mantello di lana grigia e che le dava le spalle, impegnato ad accarezzare il muso di uno dei cavalli.
Marian pensò che dovesse essere uno dei frati a cui aveva accennato Allan, almeno a giudicare dalla stoffa semplice dei suoi abiti.
Stava per salutarlo, quando l'uomo si accorse della sua presenza e parlò, senza voltarsi.
- Tuck? Com'è la situazione? - Chiese Guy, continuando a guardare il muso del cavallo. Non si fidava delle proprie emozioni e non voleva che il frate vedesse la sua delusione in caso di una risposta negativa.
Alla domanda seguì solo un silenzio profondo e Guy si chiese quanto potesse essere terribile la risposta del frate se Tuck stesso esitava a riferirgliela.
Lentamente si voltò per guardarlo, sentendosi come un condannato in attesa della sentenza e si trovò a fissare Marian, immobile e pallidissima che lo guardava a occhi sgranati.
La ragazza era rimasta pietrificata nel sentire la voce di Gisborne e anche ora che lo vedeva in faccia, non riusciva a credere ai propri occhi.
Abbassò le palpebre per un attimo, rimproverandosi mentalmente.
Alla fine la tristezza l'aveva fatta impazzire? Aveva desiderato così tanto poter parlare di nuovo con Guy che ora la sua mente si era convinta di poterlo vedere? Forse Allan aveva avuto ragione quando l'aveva messa in guardia dicendole di non lasciar trasformare il suo desiderio di ritrovare il corpo di Gisborne in un'ossessione morbosa, se ora si era ridotta a vedere i fantasmi.
Riaprì gli occhi, ma l'immagine di Guy non era svanita, era ancora di fronte a lei.
Si mosse come ipnotizzata e si avvicinò a lui, poi sollevò una mano e gli toccò il viso.
Le sue dita non affondarono nell'aria. Quella che sentiva sotto la sua mano era pelle, non nebbia, solida e tiepida proprio come la sua e un po' ruvida dove la barba stava iniziando a ricrescere.
Era reale, non uno spettro.
- Guy... - Sussurrò. - Sei proprio tu? Sei vivo?
Gisborne era rimasto fermo a guardarla, incapace di muoversi.
Nei momenti in cui il dolore era stato talmente forte da sembrare intollerabile si era aggrappato al pensiero della ragazza, sforzandosi di resistere per poterla rivedere e, ora che si trovava davvero davanti a Marian, riusciva a pensare solo che lei doveva essere tanto sconvolta nel vederlo perché di sicuro avrebbe preferito saperlo morto.
Il tocco della sua mano sul viso sembrava scottarlo, eppure non era capace di sottrarsi a quel contatto.
- Perché, ti dispiace? - Disse con un sorriso amaro, sforzandosi di mostrarsi indifferente.
Sarebbe andato via, pensò, e lei sarebbe stata libera.
Non importava quanto avrebbe fatto male, ma non l'avrebbe costretta a sopportare la sua presenza.
Doveva solo distogliere lo sguardo da lei e poi forse sarebbe riuscito a muoversi, ad andarsene.
Chiuse gli occhi e stava per fare un passo indietro, ma Marian si mosse per prima: con uno scatto si strinse a lui e lo abbracciò con tanta forza da fargli male, scoppiando a piangere con singhiozzi incontrollabili.
- Dov'eri? Hanno detto che eri morto... Mi sei mancato, Guy, mi sei mancato così tanto!
Guy non reagì, incredulo.
Marian stava piangendo per lui?
Se la stretta delle braccia della ragazza non gli avesse fatto dolere le ferite alla schiena, avrebbe pensato a un'illusione, ma il dolore era acuto e vero, proprio come era reale il calore del corpo di Marian stretto contro il suo e come erano vere anche le lacrime di Marian che gli bagnavano il collo.
La abbracciò a sua volta, affondandole il viso nei capelli per respirare il suo profumo e sorrise.
In quel momento non gli importava di quello che lo aspettava in futuro e non si chiese nemmeno se Marian avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti: lei non lo odiava, le era mancato e stava piangendo per lui.
Per il momento gli bastava.
- Sono a casa. - Sussurrò. – Finalmente sono a casa.

   
 
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