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Autore: seasonsoflove    13/04/2015    7 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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If you're lost you can look 
and you will find me 

Time after time 
If you fall I will catch you
I'll be waiting 

Time after time 



Belle French in quel preciso istante, si considerava la ragazza più arrabbiata del pianeta.
Avrebbe volentieri mandato tutti a quel paese, avrebbe raccolto le sue valigie e se ne sarebbe andata a casa se avesse potuto.
La vita era proprio infida: Belle ce la metteva tutta per sorridere, per farsi forza ed andare avanti, per ignorare gli incidenti di percorso e considerarli, appunto, solo incidenti di percorso. Tutto questo risultava difficile nel momento in cui il fato decideva che per lei nulla era più ottimale di un meraviglioso fine settimana passato a fianco del suo ex ragazzo di cui – anche se evitava di pensarci e di dirlo ad alta voce – era ancora inevitabilmente innamorata.
Anche se in quel momento, per Robert, provava tutto fuorché amore. Provava invece una gran voglia di schiaffeggiarlo.
Non c’era un vero motivo, in realtà non era nemmeno colpa sua, ma in quel momento era lì, immobile, con la sua tipica espressione contrita con le narici tese, e fissava ostinatamente un punto lontano.
E questo per Belle era inconcepibile.
Quella stupida espressione le faceva montare una rabbia indescrivibile.
“Quando hai finito di fare l’ostile, possiamo anche iniziare.” Sbottò infine.
Lui si girò vagamente sorpreso.
“Sei tu che hai iniziato.”
“Come preferisci. Però smettila e diamoci da fare.”
 
Erano nell’aula di biologia dell’università.
Erano stati distribuite loro diverse ricerche: niente di eccessivamente impegnativo ma neanche compiti troppo facili.
“Abbiamo fatto una cosa simile a scuola. Niente di nuovo, se questo è il meglio che possono offrire…” Borbottò Robert, fissando il foglio delle istruzioni ed indossando i guanti.
“Perfetto. Allora spero che tu lo sappia fare.”
Lui finì di mugugnare qualcosa e si sedette, scrutando dubbioso il suo libro senza realmente vederlo.
Se avesse potuto rallentare un momento, fermarsi, fare ordine nei suoi pensieri e nelle sue emozioni sarebbe stato tutto più semplice, o almeno quella era la sua netta impressione.
Era accaduto tutto rapidamente e si era trovato sballottato accanto a lei, a Belle, con davanti due giorni di collaborazione forzata.
Se da una parte non poteva fare a meno di esultare e pensare che a volte la fortuna davvero aiutasse gli audaci e che era stata un’ottima mossa quella di andare a Boston con il resto della classe, dall’altra temeva che quel weekend insieme potesse rivelarsi deleterio.
Che in qualche modo potesse peggiorare la sua situazione.
Così Robert non osava muovere un muscolo: aveva quasi il terrore che improvvisamente Belle decidesse che tutto quello era troppo per lei, che ne aveva abbastanza. Aveva paura che lo lasciasse lì da solo, abbandonato a se stesso, com’era già accaduto in passato.
“Sono dieci minuti che fissi quel libro, credevo che fossero compiti facili per te.” Commentò Belle acidamente, riportandolo bruscamente alla realtà.
Alzò lo sguardò improvvisamente incerto.
“Allora…ci mettiamo al lavoro…?”
La ragazza annuì seria. Lo guardò brevemente, dopodiché si girò dall’altra e prese a ordinare le provette.
 
Iniziarono a lavorare.
Accanto a loro, ai vari tavoli, le altre coppie si dividevano tra quelle impegnate e quelle palesemente svogliate. Tra queste ultime, vi era Regina, in coppia con Kristin, la sua compagna di stanza. Le due sembravano fare tutto fuorché lavorare al progetto.
Belle sistemava i campioni di sostanze che erano stati dati loro, mentre Robert li distribuiva seguendo accuratamente quanto scritto sul libro.
Davanti a loro un noioso uomo sulla quarantina, professore di chimica, spiegava le diverse formule agli studenti e illustrava gli obiettivi del corso.
Non dissero una parola.
A un certo punto, Gold realizzò che la lezione sarebbe finita.
E che loro sarebbero usciti.
Avrebbero dovuto pranzare, il suo stomaco glielo stava facendo prepotentemente presente.
Magari lui e Belle avrebbero potuto mangiare insieme, ad uno dei tavolini del bar dell’università, oppure sul prato di fronte alla loro sede.
Pensò che forse sarebbero riusciti a parlare.
Non voleva forzare le cose, voleva solo riuscire a…parlarle.
Voleva chiederle come stava, come proseguiva sua vita, se davvero avesse intenzione di scriversi a Boston…magari aveva anche intenzione di scusarsi per ciò che le aveva detto in infermeria, per averla aggredita in quel modo quando non ne aveva il diritto…e poi voleva chiederle di Will.
Se le era davvero simpatico, se erano amici, se magari per caso lui fosse interessato ad Ariel…
L’ora di pranzo arrivò e i ragazzi si alzarono mentre Emma Swan ricompariva in aula e spiegava loro come si sarebbero svolte le cose quel pomeriggio.
 
 
“Io ho preso un panino questa mattina.” Disse semplicemente Robert, estraendo un fagottino di carta stagnola dalla borsa.
“Buon per te.” Fu la risposta.
Belle si guardava intorno impaziente.
Voleva trovare Ariel e mangiare con lei.
Oppure con Will.
Voleva scappare da quell’imbarazzante situazione per almeno un’oretta, sfogarsi per bene ed essere pronta ad affrontare il pomeriggio: sapeva che sarebbe stato altrettanto sfiancante.
Verso le undici aveva gettato alle ortiche tutte le sue pretese di eroismo e coraggio e aveva affrontato la dura e cruda realtà: non voleva confrontarsi con quella situazione e non poteva soprattutto, per lo meno non uscendone illesa.
Per un fugace momento aveva accarezzato l’idea di andare dalla Swan e chiederle di cambiare compagno, dirle che Robert non si era dimostrato collaborativo, che era svogliato…poi però le era sembrata una decisione davvero meschina e vigliacca.
Una cosa che probabilmente Robert avrebbe fatto al posto suo.
Così aveva optato per rimanere al suo posto, parlare lo stretto indispensabile e senza comunque essere sgarbata.
Non sapeva se fosse riuscita nel suo intento, soprattutto per quanto riguardava l’ultima parte, ma sperava di sì.
“Possiamo sederci nel prato.”
La frase di Robert la fece cadere completamente dalle nuvole.
“Io non ho da mangiare.” Iniziò evasiva.
Non sarebbe stata maleducata. Sarebbe stata corretta come sempre.
Continuava a ripeterselo.
“Okay…allora possiamo passare prima al bar.” Dichiarò lui indicando il chiosco vicino a loro.
La ragazza si girò di scatto.
“Ho già detto ad Ariel che mangio con lei.”
Lui guardò ostinatamente verso il bar.
“Belle, siamo in coppia insieme”
“Dobbiamo semplicemente lavorare insieme.”
“Ma Belle, mangiare fa part-“
"No."

In quel momento Will apparve in fondo al viottolo di ciottoli che usciva da uno degli edifici del campus.
Robert si irrigidì.
Belle era seria. Non aveva intenzione di mangiare con lui.
L’avrebbe lasciato lì, da solo.
Proprio come aveva temuto.
Lo disprezzava a tal punto da non voler nemmeno passare una mezz’ora con lui a chiacchierare del più e del meno addentando uno stupido panino del bar.
“Ci vediamo tra un’ora qui, va bene? Buon pranzo!”
Fu un saluto breve, glielo disse senza nemmeno guardarlo negli occhi.
“Belle…” iniziò Robert.
“La smetti? Non fai altro che dire il mio nome. E’ fastidioso.” Esclamò lei secca.
“E’ il tuo nome! Come devo chiamarti!?”
Belle sembrò sul punto di ribattere qualcosa di pungente.
Poi scosse la testa e ripeté “Tra un’ora qui.”
Si incamminò verso Will che la salutava sorridente con due panini in mano.
“Siamo davvero arrivati a questo punto?”
Le parole fluirono dalla bocca di Robert prima che lui potesse fermarle.
Era più che rabbia e frustrazione, era incredulità di fronte a due persone che in così poco tempo erano riuscite a distruggere tutto ciò che avevano costruito.
Era incredulità di fronte all’atteggiamento di Belle.
Lei non si voltò, finse di non aver sentito ed accelerò il passo.
“Non lo so.” Mormorò però tra sé e sé.
 
 
“Sei una tossica.” Disse semplicemente Regina, mentre la sua nuova amica si preparava ad ordinare Martini liscio all’una del pomeriggio, al bar dell’università.
“Ma finiscila.” Mormorò lei concentrata sul suo documento d’identità falso.
“Come pensi di giustificare il fatto che sei una studentessa del liceo eppure il tuo documento dice chiaramente che hai ventidue anni e ti chiami Malefica?
“Ci penserò quando arriverà il cameriere. Tu piuttosto, hai pensato a cosa mangiare nel frattempo?”
“Io non pranzerò con te. In prigione non ci voglio finire.” Dichiarò bruscamente la mora.
Kristin alzò lo sguardo su di lei.
“Va bene.” Disse infine, lo sguardo leggermente vacuo.
Regina si alzò di scatto dal tavolo al quale erano sedute e si allontanò rapidamente.
Sapeva esattamente chi voleva trovare e l’avrebbe fatto al più presto.
Mentre se ne andava si chiese distrattamente se Malefica fosse riuscita ad ordinare il suo drink.
Decise che non le importava.
 
 
“Belle, siamo davvero arrivati a questo punto?”
Will parlava del più e del meno, le raccontava della sua mattinata passata con un ragazzo grasso che aveva già soprannominato “Little John”, ma Belle era completamente assorta nei suoi pensieri.
Robert aveva ragione.
Erano davvero arrivati a quel punto?
Era una domanda legittima dopo la mattinata appena trascorsa.
Una mattinata passata in un imbarazzante silenzio, una mattinata passata ad ignorarsi.
Belle aveva giocato una buona parte in quella faccenda, lo sapeva. Se fosse stato per Gold, probabilmente non sarebbe accaduto nulla di tutto quello, avrebbero semplicemente parlato e probabilmente si sarebbero divertiti. Se fosse stato per lui forse quella sera sarebbero andati a bere in qualche pub universitario, poi l’avrebbe riaccompagnata in stanza e poi…poi…
Ma lei non riusciva a perdonarlo.
Continuava a pensare e a ripensare a ciò che avevano passato insieme, cose minuscole se confrontate alle grandi tappe della vita, eppure ogni singolo avvenimento, ogni sapore, odore, ogni ricordo era una ferita aperta.
Dopo tutte quelle settimane, era ancora tremendamente doloroso.
E presto il dolore aveva iniziato a trasformarsi in rabbia.
Rabbia anche contro sé stessa, per non aver saputo prevedere come sarebbe andata a finire e rabbia contro sé stessa per come si stava comportando adesso.
Robert stava probabilmente mangiando da solo, in mezzo al prato, il viso leggermente contratto al sole, i grandi occhi con la loro sfumatura ambrata e i soffici capelli spettinati dal caldo venticello che soffiava sul campus.
Poteva quasi vederlo, le maniche della camicia rimboccate, il gilet, le scarpe e i pantaloni neri, così solo…
Era una cosa aveva sempre stupito Belle: la solitudine di Robert.
Non era solo nel senso stretto della parola, aveva degli amici, aveva una famiglia.
Ma Belle lo aveva visto a tavola coi suoi genitori: era stato così diverso dalle cene con suo padre, Moe e sua zia Ruby, alle cene a cui sua madre Colette l’aveva abituata, dove ogni cosa emanava calore e famigliarità.
No, Robert era semplicemente solo. Poteva voler bene ai suoi genitori e loro volevano bene a lui, ma nel ragazzo c’era qualcosa di profondamente malinconico che non era mai riuscita a capire fino in fondo. Soprattutto perché lui non ne parlava mai.
Le era sinceramente sembrato che insieme a lei fosse più allegro e sembrasse davvero coinvolto, le era sembrato di vederlo davvero felice. E probabilmente era così, ma non abbastanza se era arrivato, nel giro di una sola settimana, a fare ciò che aveva fatto.
"Quindi?"
Belle sussultò.
Will la guardava in attesa di una risposta.
“Quindi…” iniziò lei sorridendo, in attesa che lui ripetesse l’ultima frase.
“Ti va una torta al cioccolato?” disse semplicemente.
La bocca di Belle si aprì fino a formare una grande o.

"Intendi...adesso?"
“Sì. Ho visto un bar molto carino qui dietro. Tranquillo.” Annuì convinto.
Lei rimase un momento in silenzio.
“Che ore sono?”
Lui alzò le spalle, poi si mise a rovistare nello zaino in disordine.
“Che diamine…” borbottò. “Ah ecco.” Estrasse un vecchio cellulare.
“Neanche l’una e mezza.”
“Alle due dobbiamo ricominciare. Non so se facciamo in tempo.” Esclamò dispiaciuta.
Era vero.  O almeno, parzialmente.
Cominciavano davvero alle due e quindi avrebbero fatto in tempo, volendo, a gustarsi la torta con tutta calma. Avevano più di mezz’ora.  Ma Belle aveva appena deciso che aveva un’altra questione da sistemare.
Non sapeva cosa l’avesse spinta e probabilmente se ne sarebbe pentita, ma non era mai stata il tipo di persona che lasciava una questione in sospeso.
Doveva trovare una certa zazzera di capelli lisci, castani e voleva chiarire le cose prima che fosse troppo tardi.
No Robert, non siamo arrivati a questo punto. O meglio, sì, ma non voglio farmi del male ulteriormente. E non voglio ferire nemmeno te, perché non te lo meriti.
“Capito.” Disse semplicemente l’altro. Si alzò e si stiracchiò.
“Io…vado un attimo in camera a prendere delle cose per il pomeriggio…però questa sera facciamo quel giro di cui parlavamo…vero?” chiese Belle, nella speranza di suonare serena ed amichevole.
“Volentieri!” esclamò l’altro.
E così Belle iniziò la sua ricerca nel parco.
 
 
Trovò Robert in un angolo vicino ad un grande albero.
Era appoggiato ad un sasso, da solo, come aveva previsto.
Belle esitò.
Cosa doveva fare? Andare là semplicemente? Magari avvisarlo con un messaggio. O salutarlo da lontano…o chiamarlo…
Optò per la soluzione più semplice. Avvicinarsi senza dire nulla.
Lui la vide evidentemente, perché la scrutò un momento prima di tornare a dedicarsi al libro che aveva sulle ginocchia.
Quei metri parvero infiniti a Belle.
Una volta raggiunto il ragazzo, si fermò.
“Hai mangiato?” chiese poi.
Lui la osservò di sottecchi e annuì.
Belle incrociò le braccia e guardò il parco.
“Non siamo arrivati a questo punto.” Disse infine.
Robert alzò di nuovo lo sguardo su di lei ma poi lo spostò verso altro.
“Però sembrerebbe di sì.”
“No.” Tagliò corto. “E’ solo che faccio fatica a gestire la cosa. Ma…possiamo farcela in qualche modo.”
Non ottenne risposta.
Lentamente poi, Robert ripose il libro e si alzò.
Finalmente la guardò dritta negli occhi, perdendosi nelle sue iridi così azzurre e in quel viso che conosceva ormai a memoria.
“Perché fai fatica?”
“Perché sì. Questo genere di cose…mi fa male. Intendo, mi fa male a lungo.”
Lui annuì.
“Anche a me fa male.”
“Lo so. E’ per questo che sono qui. Per…per cercare di non peggiorare la situazione. Perché mi sono resa conto di come stessi rendendo tutto più difficile.”
Entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Belle parlò di nuovo:
“Cerchiamo di…di goderci l’esperienza. Senza pensare al passato. E senza parlarne soprattutto. Insomma, facciamo quello che dobbiamo fare, serenamente.”
Robert annuì.
“Ti ho anche portato un’offerta di pace.” Continuò lei.
Dalla borsa estrasse una bottiglia di tè alla pesca.
Il gesto strappò un sorriso al ragazzo che la afferrò.
“Grazie. Ci voleva, si muore dal caldo oggi.”
“Già. Ne ho una anche per me.”
Aprirono le loro bottigliette e le fecero cozzare l’una contro l’altra.
“Cin cin. A questo splendido weekend che è iniziato proprio nel modo migliore.” mormorò cupamente Robert.
Belle alzò gli occhi al cielo anche se in fondo, l’umorismo cupo del ragazzo era una delle cose che l’aveva subito affascinata e sempre l’aveva fatta sorridere.
Sorseggiarono il tè freddo, mentre entrambi pensavano a quel loro assurdo primo appuntamento da Granny in cui entrambi avevano scoperto di avere in comune un’insana passione per quella bevanda.
“Cosa stai leggendo?” chiese poi Belle, indicando la borsa abbandonata a terra.
“Potremmo restare seduti nella nostra biblioteca ed essere comunque in ogni luogo su questa terra…”
“John Lubbock. Perché leggi un manuale di archeologia?”
Robert alzò le spalle.
“Era l’unico libro che ho trovato da prendere in prestito al bar, mentre compravo il panino.”

"Capito."
Rimasero ancora in silenzio, assorti nei loro pensieri.
“Abbiamo ancora un po’ di minuti” La informò poi Robert controllando l’ora.
“Dai, fammi spazio.” Disse semplicemente lei.
Si sedettero entrambi su quella roccia. Decisero pochi minuti dopo di spostarsi completamente all’ombra dato il caldo insostenibile, così si lasciarono andare contro il tronco dell’albero, immersi entrambi nella lettura dei loro libri.
Non era un granché, ma era un inizio, pensò Robert speranzoso.
 
 
La giornata per Regina stava trascorrendo ragionevolmente bene, rifletté la ragazza.
Sì, inizialmente svegliarsi dopo la bevuta della sera precedente era stato un poco traumatico, ma si era ripresa in fretta grazie a due meravigliosi caffè gentilmente offerti dal servizio universitario.
Quando Robert era stato scelto per fare coppia con Belle, a Regina era venuto sinceramente da ridere: il ragazzo tendeva a lamentarsi sempre e sosteneva di essere la persona più sfortunata al mondo. In realtà lei era fermamente convinta che fosse il contrario e che Robert semplicemente non sapesse sfruttare le innumerevoli occasioni che gli venivano offerte e che le buttasse via per vigliaccheria o stupidità.
Forse questa volta sarebbe stato diverso – si disse, mentre mangiava una buona insalata che aveva trovato in un grazioso bar appena fuori dal campus – forse finalmente si sarebbe svegliato e avrebbe realizzato quanto poco gli sarebbe bastato per riportare gli eventi a suo favore.
Quanto a lei…non le importava assolutamente nulla di ciò che avrebbe fatto quel pomeriggio ed il giorno seguente.
Era venuta a Boston con un intento ben preciso, quello di passare del tempo con Emma.
E sperava di averne l’occasione quella sera, ma prima doveva scoprire se ne avrebbe avuto l’occasione.
Tutti i ragazzi si sarebbero dispersi per i vari pub del campus proprio come la sera precedente, con la differenza che quella sera Regina avrebbe abbandonato Robert ai suoi patemi e se ne sarebbe andata in giro con chi voleva lei.
Se le cose non andavano come previsto, aveva sempre Kristin, la sua compagna di camera, con cui si era trovata sorprendentemente bene, nonostante la sua stranezza. La ragazza non si faceva problemi di fronte all’alcool, non si era neanche fatta problemi la sera prima quando Regina era rincasata alle due di notte in stato pietoso. Anzi, lei stessa era seduta sul letto con lo sguardo perso nel vuoto e una strano atteggiamento comatoso.
Regina sospettava seriamente che nascondesse moltissime cose nella sua valigia violetta, ma si era promessa di non indagare: non erano assolutamente affari suoi.
Quindi affrontò senza troppe preoccupazioni, ciò che l’università le proponeva.
Il weekend era appena iniziato.
 
 
L’orologio segnava appena le due e Robert e Belle si misero in cammino verso la seconda tappa di quella giornata.
Avrebbero fatto un tour guidato della facoltà, o almeno era quello che diceva il programma.
“Io non voglio nemmeno fare biologia.” Borbottò Belle osservando il volantino che era stato distribuito quella mattina.
“Allora perché sei qui?”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Domani visitiamo la facoltà di lettere. E’ quella che mi interessa.”
Robert annuì. Il ragionamento filava.
Poi gli venne un’idea.
“Neanche a me interessa fare il tour oggi pomeriggio. Potremmo non andare!”
Belle si fermò perplessa.
“Sei impazzito?”
“No. Beh, forse. E’ che non ho voglia di stare in piedi e fare finta di ascoltare qualcosa di cui non mi interessa niente.”
“Abbiamo pagato per questa gita.”
“Lo so ma-“
Esitò.

Non voleva ferire Belle su quell’argomento, sapeva quanto lei fosse sensibile.
"Ma?"

“Niente.” Concluse infine mestamente. Lasciò cadere l’argomento e si infilò le mani in tasca.
Per un breve istante aveva sperato che magari avrebbero potuto andarsene insieme da qualche parte, mangiarsi un gelato e poi cenare insieme, non vedere Will fino al giorno dopo…
“Non saprei nemmeno dove andare.”
Belle si guardava intorno, le braccia incrociate, visibilmente a disagio.
“Nel senso che-“
“Nel senso che se anche saltassimo il pomeriggio, non saprei dove passarlo. Ariel ci va di sicuro, a lei interessa biologia, e Will-”
Si bloccò incerta su come proseguire, vedendo Robert irrigidirsi.
Come comportarsi in quel caso? Tink forse l’avrebbe saputo.
Lei e Gold erano in una strana zona grigia: non erano amici, non erano in buoni rapporti, erano solamente due persone che un tempo si amavano e che ora si trovavano schiacciate in una situazione imbarazzante e cercavano di sfruttarla al meglio.
Tra lei e Will non c’era assolutamente nulla, e di questo Belle ne era certa.
O almeno ne era certa per quanto riguardasse lei.
Sui sentimenti del ragazzo evitava di indagare, non voleva di certo complicazioni: era un buon amico, la faceva ridere e andava d’accordo con Ariel e Tink.
Questo le bastava, per il momento. Non poteva prevedere cosa il futuro avesse in serbo per lei, ma di sicuro non era minimamente pronta per pensare anche a frequentare un altro ragazzo.
Il motivo era la ciondolante figura accanto a lei che in quel momento aveva ripreso a fissare corrucciata l’orizzonte.
“Anche a Will interessa la biologia.” Terminò la frase con semplicità.
Robert annuì.
Camminarono in silenzio per qualche altro minuto.
“Cos’altro interessa a Will?” chiese poi lui all’improvviso.
Belle deglutì.
“In che senso?”
“Non lo so. Non ci ho mai parlato, mi chiedevo solo che tipo fosse.”
Lei non rispose subito.
Ecco, esattamente il tipo di situazione che voleva evitare.
“E’ simpatico. Gli…interessano molte cose.”
“Ah, bene.”
Era come se la breve tregua che si erano presi fosse finita e tra loro fosse calato un sottile velo ghiacciato.
Belle avrebbe voluto disperatamente dirgli che non doveva reagire così. Che non c’era motivo di essere irritato e che comunque non ne aveva il diritto a prescindere.
Ma non voleva neanche approfondire l’argomento, non voleva ferire Robert ma una parte di lei era perversamente soddisfatta nel vedere quella sottile gelosia che lo attanagliava, nel vedere il desiderio di chiederle cosa stesse accadendo tra lei e Will e la totale incapacità di farlo.
Fu di nuovo Robert a rompere il silenzio.
“E’…è un tipo okay?”
“Direi di sì.”
“I suoi che lavoro fanno?”
Belle sgranò gli occhi.
“Ehm…non lo so?”
“Ah.” Fu la vaga risposta del ragazzo. Rifletté un attimo.
Non doveva continuare a farle domande. Lo sapeva.
Eppure DOVEVA sapere cosa stava succedendo…
“Come mai siete amici?”
“Ci siamo conosciuti alla partita di dodgeball.” Disse precipitosamente Belle. Poi aggiunse “E’ anche amico di Tink ed Ariel.”
“Immagino che aveste bisogno di nuovi membri maschili nel gruppo…” borbottò l’altro sottovoce.
Belle si bloccò.
“Come scusa?”
Robert si fermò anche lui, poco più avanti.
“Ho detto: immagino che aveste nuovi membri maschili nel gruppo.” Ripeté ostinato.
“Quale gruppo?”
“Il vostro. Tu, Tink, Ariel e quella tizia svitata con le trecce.”
“Anna non è una svitata! E poi perché avremmo dovuto avere bisogno di nuovi membri maschili?”
“Sai com’è…”
Si auto indicò.
Belle sbuffò e poi si strinse nelle spalle.
“Smettila, non è andata così. Semplicemente abbiamo parlato e ci siamo trovati bene.”
“E’ un piacere vedere che Tink lo abbia accettato così facilmente nel gruppo, considerando che quando ho iniziato ad uscire con te, ci ha messo mesi per iniziare a trattarmi come se fossi un normale ragazzo e non un appestato.”
Non avrebbe mai voluto che le parole gli uscissero in quel modo, non così alacremente, ma non aveva potuto farne a meno.
Se fino a pochi minuti prima aveva creduto che il pomeriggio sarebbe passato con tranquillità, se aveva addirittura accarezzato l’ipotesi di potersi godere qualche ora in compagnia di Belle semplicemente gioendo di poterla avere di nuovo accanto, ora gli parve chiaro che non era così.
Gli era bastato sentire il nome di Will, ricordare l’entusiasmo del ragazzo mentre si precipitava a portare i panini per il pranzo di Belle e tutto era crollato.
La cosa che più lo faceva impazzire era il sorriso della ragazza accanto a lui.
Dentro di sé era fermamente convinto di non aver mai visto Belle così allegra e spensierata. Will la rendeva felice, Robert lo sapeva, e la cosa che più temeva e che riteneva vera, era che Will la rendesse più felice di lui.
Non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo tra Belle e il suo nuovo amico e quel mistero lo disorientava e lo irritava, lo faceva sentire male, si sentiva come se le avesse sempre fatto mancare qualcosa, qualcosa che ora lei aveva trovato in un altro.
“Bene. Vedo che è impossibile fare un normale discorso con te senza tirare fuori vecchi rancori del passato.” Commentò Belle freddamente.
I suoi occhi azzurri erano ridotti a fessure e le braccia erano rigide.
Dell’atmosfera tranquilla di poco prima non c’era traccia.
“E’ possibile eccome. Solo che a volte mi chiedo il perché di…molte cose.”
“E magari, invece che imputare la colpa agli altri, potresti essere onesto e-“
“E cosa?” domandò Gold iniziando a scaldarsi.
Due studenti che passavano accanto a loro li guardarono straniti.
Intorno, il parco si godeva la quiete della pausa pranzo.
“E ammettere che anche tu hai le tue colpe!”
“E chi ha parlato di colpe? Io ho solo fatto poche semplici domande.” Mugugnò lui.
“No! Hai parlato di Tink e delle cose che sono successe nel passato mentre avevamo stabilito di non parlarne! E mi hai riempita di domande!” esclamò Belle concitata, tamburellando con le dita.
Era esattamente ciò che voleva evitare: una discussione che riaprisse le ferite che avevano appena iniziato a farle un po’ meno male.
“Io non volevo parlare del passato! Ho solo chiesto che tipo fosse Will!”
“Ma cosa te ne frega?”
Robert si guardò intorno a disagio.
“Mi importa eccome! Magari…magari non è una persona per bene e tu…tu ci parli e lui potrebbe farti soffrire e avere cattive intenzioni, che ne so se-“
“Certo.” Lo interruppe Belle sarcastica “Dev’essere proprio quello il problema.”
“Cercavo solo di essere amichevole! Mi stavo preoccupando per te!” urlò Robert improvvisamente furioso “Perché devi essere così con me?”
La ragazza si avvicinò a lui e lo fronteggiò.
“Così come?”
“Così! Così distante!” ripeté lui arrabbiato “Anche questa mattina, sei stata fredda e cattiva, non me lo merito! Non pretendo che tu sia…non pretendo che le cose tornino com’erano ma almeno un minimo di gentilezza!”
“Infatti ti ho chiesto scusa e sono tornata. Ma avevamo stabilito che non avremmo più parlato del passato e invece-“
“E io ho fatto qualche domanda sul tuo presente!”
Belle lo fissò incredula.
“Qualche domanda?”
Lui si concentrò su un albero lontano. Non voleva guardarla negli occhi, gli risultava molto difficile a quel punto.
“Sì.” Rispose poi deciso “Qualche domanda.”
“Tu hai iniziato a farmi il terzo grado su Will!” Esclamò Belle rabbiosa. “Non erano domande innocenti, lo sai!”
“Erano solo domande. Qualche semplice domanda.” Ripeté lui cocciuto.
Fu quello che fece più infuriare Belle.
La sua ostinazione, quel suo modo di fare improvvisamente distaccato, così tipico: prima si infuriava e sbottava, poi si richiudeva in sé stesso e si rifiutava semplicemente di dire le cose come stavano.
Robert era così: davanti alla verità, si rifiutava di reagire.
“No. No, non erano semplici domande.” Dichiarò tremante di rabbia “Tu volevi sapere cosa ci fosse tra me e Will perché non riesci a concepire che qualcuno in questo mondo riesca a farmi sorridere dopo quello che è successo tra noi.”
Robert non disse nulla ma Belle sapeva di avere fatto centro.
Lo vide nei suoi occhi, nel modo in cui lentamente si abbassarono.
Ciononostante, non si fermò.
“E nonostante ti avessi chiesto di non rivangare il passato, non ti è importato, anche se sapevi che mi stavi facendo male. Will non mi fa stare male. Mi fa sorridere ed è una cosa che non credevo più possibile, non così presto.”
Lui continuò a non dire nulla.
“Perché passo del tempo con lui? Perché è bello stare con una persona che…è semplicemente ciò che dice di essere. Senza mille sovrastrutture e senza mille paure. E che non fissa il vuoto senza rispondere e che ha il coraggio di dire la verità e di affrontare i problemi se ce ne sono.”
Belle prese fiato tremante e fece un passo indietro, aspettando la reazione del ragazzo.
Non accadde.
Socchiuse leggermente gli occhi ed annuì impercettibilmente, mentre il vento gli scompigliava i capelli.
“E rispondi qualcosa, cazzo!” urlò lei esasperata.
Robert scrollò le spalle, incapace di aprire bocca.
“Sei un vigliacco.” Rincarò Belle.
Lui continuò a fissare il pavimento.
“Va bene.” Dichiarò dopo un po’. Afferrò la borsa che aveva lasciato cadere e si mosse in avanti.
“Dove vai!?” abbaiò Belle.
“Me ne vado.” Disse piattamente.
Non vedeva l’ora di essere in stanza.
Robin, il suo compagno di stanza, era sicuramente insieme agli altri. Così lui avrebbe avuto la camera per sé.
Si sarebbe sfogato, magari avrebbe pianto, avrebbe fatto le valigie e se ne sarebbe tornato a Storybrooke.
Era accaduto esattamente ciò che temeva.
Quel weekend aveva peggiorato tutto.
Will la faceva sorridere.
Will era un ragazzo semplice e gentile, la trattava bene e la faceva stare bene.
Era ovvio che tra i due sarebbe successo qualcosa, prima o poi, era inevitabile.
“Non hai neanche il coraggio di reagire. E’ questo che mi ha sempre fatto incazzare di te!” Gli urlò dietro Belle.
Era vero.
Continuò a camminare, le mani che sudavano e il cuore che batteva a mille.
Improvvisamente si girò.
Tornò sui suoi passi mentre Belle lo fissava.
“Will ti fa sorridere.” Disse poi, con voce tremante, cercando di ignorare il nodo alla gola che rischiava di soffocarlo “Va bene. Anche io però ti ho fatta sorridere. E ti ho fatta stare bene e stavamo bene insieme, eravamo felici. Lo so che era così, tu eri felice con me, eri…eri davvero felice. Mi ricordo quella sera da Tink e…ed è stata una serata bellissima per entrambi. Adesso mi fai…mi fai sembrare la persona peggiore del mondo, ma non lo sono! Ho fatto un casino e mi dispiace, sono stato un idiota, ma tu non sei una santa! Hai capito!?” si interruppe un momento, poi riprese, riuscendo finalmente a deglutire “Quindi smettila di trattarmi come se fosse stata tutta colpa mia! Io ti ho supplicata di parlarne, di perdonarmi, tu mi hai ignorato! Io non ti avrei mai lasciata! Mai!” Belle aprì la bocca con fare bellicoso per ribattere ma lui proseguì “E volevo solo stare con te. Avrei fatto qualsiasi cosa per te e tu non ti sei mai resa conto di quanto io fossi innamorato e continui a credere che io ti abbia mentito, che io sia…sia diverso da come mi vedi. E credi che abbia baciato Zelena semplicemente perché ne avevo voglia, invece ero disperato! E-“
Il suo monologo disperato venne interrotto dal suono del cellulare di Belle.
Entrambi sobbalzarono.
“E tieni quella suoneria più bassa che mi hai assordato!” abbaiò lui.
“Cretino” sibilò lei. Poi afferrò il cellulare.
 “Brava, rispondi. Interrompimi pure mentre finalmente riesco a parlare.” Continuò Robert.
Belle gli scoccò un’occhiata velenosa, gli fece segno di tacere e accettò la chiamata.
“Pronto?” rispose, la voce un po’ troppo alta e isterica per sembrare normale.
Ci fu qualche secondo di silenzio in cui le sopracciglia di Belle si aggrottarono e Robert pestò i piedi arrabbiato, maldicendo chiunque li avesse interrotti.
“Sì, sono io.” Disse lei perplessa.
Gold incrociò le braccia.
"Sì..."

Improvvisamente Belle cambiò espressione.
“Cosa?” chiese disorientata.
Robert le fece segno di muoversi, dopodiché le diede le spalle e riprese a fissare il parco, cercando di regolare il battito cardiaco. Si allontanò di qualche passo, respirando a fondo.
Si girò e vide Belle parlare concitatamente al telefono e spiegare qualcosa.
Passò qualche minuto, poi la chiamata si chiuse e la ragazza rimase immobile in mezzo al selciato.
Robert si avvicinò con passo spedito.
“Non ho finito.” Dichiarò poi.
Belle lo fissò.
“Invece sì. Io però torno a Storybrooke.” Disse infine.
Lui rimase un momento immobile, poi scoppiò a ridere.
“Ho già pensato di tornarci io. Quindi se io torno, tu devi restare.”
La ragazza non reagì e ricontrollò il cellulare.
“Sono seria.”
“Anche io .”

"Robert per favore!"
Lui la guardò come se la vedesse realmente solo ora, sentendo un tono di voce allarmato che raramente le aveva sentito usare.
Era davvero seria.
Ed era anche pallida.
Improvvisamente un orribile sospetto gli riempì la mente.
“Sei…davvero seria?”

"Sì"
Aspettò che lei parlasse, ma sembrava troppo stordita per spiegare cosa fosse successo.
Esitò.
Una parte di lui voleva riprendere il discorso e sfogarsi, l’altra percepiva il cambiamento di atmosfera, come improvvisamente il sole avesse smesso di splendere e l'aria si fosse raffreddata...
“Belle cosa-“
“Era l’ospedale. Mio padre si è sentito male al lavoro. Dicono che è tutto sotto controllo e ora sta già…già molto meglio ma mi hanno chiesto di…di andare lì.”
Robert si ammutolì.
Tutta l’ira che aveva provato fino a poco prima, svanì nel giro di un secondo. Fu come se qualcuno avesse bucato la grossa bolla d’ira e frustrazione che aveva accumulato e ora lui fosse vuoto.
Tutto il desiderio di rinfacciarle ciò che lui aveva patito in quelle settimane, era improvvisamente scomparso.
Ora nella sua mente vi era solo un pensiero: aiutare Belle.
“Io…” iniziò incerto.
“Devo davvero tornare. Capisci?”
Lui rimase un momento immobile.
Poi annuì.
Belle esitò, poi si lisciò la gonna.
“Vengo anche io.” si decise Robert.
“Non puoi.” Disse lei stancamente “La Swan non lo permetterà.”
“Non sto chiedendo il suo permesso infatti.”
“Si incazzerà moltissimo.”
“Allora sono felice che non me ne importi niente.”
“Robert, davvero, non puoi venire con me!” esclamò lei concitata.
“Infatti, non posso. Però devo.” Dichiarò.
La ragazza avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma quella chiamata l’aveva svuotata di qualsiasi forza.
La voce dell’infermiere continuava a rimbombarle in testa.
Non era niente di grave – diceva – però c’era bisogno di lei. Sì, suo padre era cosciente, però c’era bisogno di lei. C’era stato qualche problema con la circolazione e la respirazione, le pareva di aver capito. C’era bisogno di lei.
In trance, si girò ed iniziò a camminare.

Storybrooke.
Doveva raggiungerla al più presto e non aveva idea di come fare.
Quanto era lontana da Storybrooke?
“Cos’ha? Te l’hanno detto?” iniziò Robert trotterellandole accanto rapidamente.
“Hanno parlato di qualcosa al cuore. Ma…hanno ripetuto un paio di volte che non è grave.” Disse, fissando il selciato.
Doveva prendere il tram, ne era certa. E il treno. La aspettava un lungo viaggio.
“Bene. Allora non è niente di grave. E’ così sicuramente.” Borbottò.
Il suo pensiero volò fugacemente a Killian.
“Potrei chiamare Jones!” esclamò improvvisamente ispirato “Lui sarà ancora in ospedale per suo fratello. Magari può chiedere cos’è successo.”
Belle esitò.
“Non credo che darebbero informazioni ad uno sconosciuto. Parlavano di alcune carte che dovrò firmare.”
“Non è niente di grave.” Ripeté Robert, stando al passo.
La ragazza si bloccò un momento e lo fissò. Realizzò che davvero non aveva idea di cosa fare.
“Devo…come facciamo a tornare a Storybrooke?” chiese poi, guardandosi intorno sperduta.
Robert si morse le labbra. A questo non aveva minimamente pensato.
“Dobbiamo andare in stazione.” Disse poi.
“Lo so ma tu…ti ricordi la strada?”
Lui esitò.
In realtà non benissimo. Non era stato attento all’andata, era troppo impegnato a scrutare Belle e Will per accorgersi del tragitto che avevano percorso o di quale tram avessero preso.
Ma potevano cavarsela.
“Sì, mi ricordo la strada. Abbastanza, insomma.” Mentì  “Adesso andiamo alla stazione dei tram e…e lì vediamo. Le valigie ce le faremo recapitare.”.
Belle annuì spaventata.
“Poi…se vuoi in treno continuiamo a parlare.” Mormorò debolmente.
Gold scosse la testa precipitosamente.
“Non era nulla di importante. Erano…solo i mie patemi. Adesso…adesso cerchiamo di arrivare in stazione.”
                                                                                                                                                                                                           
 
Regina non aveva la minima idea di ciò che stava accadendo in quel preciso istante dall’altra parte del campus. Tutto ciò che sapeva è che alle due e mezza Robert e Belle non si presentarono.
Venne fatto l’appello più volte ma loro non arrivarono.
La ragazza sbuffò mentre finalmente Kristin – che lei ormai aveva comodamente ribattezzato Malefica – la raggiungeva. Pensò che i due si erano probabilmente riappacificati e in quel momento si stavano godendo un bel pomeriggio sotto le coperte di una delle loro due stanze.
In ogni caso, non erano affari suoi.
Aveva problemi più grandi e tediosi a cui pensare.
Come ad esempio, chiedere ad Emma di fare un giro per i bar quella sera. Chiederglielo senza sembrare assillante. O troppo ossessiva. O innamorata.
Insomma, chiederlo in assoluta tranquillità. E non era di sicuro facile.
Rimase taciturna per la mezz’ora seguente, mentre venivano trascinati da un’aula all’altra dei vari edifici ed erano costretti ad ascoltare una tremenda presentazione, bilingue, sul college.
“Capisco che tu sia sovrappensiero, cara, ma è la quarta volta che mi pesti il piede. La prossima volta ti strangolo.” Le sussurrò Kristin.
Regina alzò gli occhi al cielo.
“La tua bevuta non è andata come il previsto?”
L’altra non rispose.
La mora rifletté un momento, osservando, senza realmente vederle, tutte le persone accanto a lei. Si morse il labbro indecisa.
“Come chiederesti di uscire ad una persona, senza chiederle veramente di uscire?” bisbigliò poi.
La sua compagna di stanza si girò lentamente e un’espressione leggermente sorpresa si formò sul suo volto. Si toccò perplessa i capelli biondi, poi rispose.
“Troverei una scusa. Aiuto con la scuola, sai, cose simili.”
Regina annuì. Come pensava. Era la cosa più logica, ma non era il suo caso.
“Okay. E se non potessi? E soprattutto, se fosse… sconveniente uscire con questa persona?”
Kristin sorrise lentamente.
“Povera Regina. In che guaio ti sei cacciata?”
“Intanto non prenderti tutta questa confidenza.”
“Con chi vuoi uscire eh? Con la Blanchard?”
Regina non rispose.
Quasi pensò però.
“Ho fatto centro vero?”
“Certo che no” mormorò l’altra distratta.
“E’ una persona qui presente?”
“Non ti riguarda.”
La comitiva si incamminò per un corridoio stretto e varcò un ampio portone, giungendo nell’atrio.
“Il mio consiglio comunque è questo: passa la serata con me. Ad un certo punto…puoi fingere di avere bisogno di aiuto…una cosa simile. E chiami la persona in questione che si sentirà doverosamente costretta a venire in tuo aiuto.”
Regina sgranò gli occhi e si voltò. Quella era decisamente la cosa più intelligente che qualcun le avesse detto durante tutta la giornata, non c’era formula di chimica che tenesse.
“Sei un drago!” mormorò estasiata.
“Non mi faccio di certo chiamare Malefica a caso.” Rispose compiaciuta.
Regina annuì.
In qualche modo, avrebbe fatto funzionare le cose.
 
 
Il viaggio per Belle e Robert fu molto lungo ed angosciante.
Le stazioni si susseguivano, il treno sorpassava numerose cittadine del Maine e il paesaggio rimaneva sempre lo stesso, con le sue coste frastagliate, gli alberi alti e il cielo terso. Il sole iniziava a scendere, le ombre si allungavano e la luce era calda in quella torrida giornata di maggio.
Robert, la testa appoggiata al finestrino, fissava le file di alberi accanto al loro binario, cercando di pensare al da farsi, una volta arrivati a Storybrooke.
Belle era seduta di fronte a lui, lo sguardo perso nel vuoto.
Si torceva le mani e continuava a controllare il cellulare con occhi disperati, quasi come se avesse paura che esplodesse.
E intanto le campagne del Maine, ignare della loro angoscia, continuavano ad estendersi a perdita d’occhio mentre Robert finalmente decideva che la fronte iniziava a sudargli un po’ troppo e che doveva assolutamente abbandonare il vetro bollente del finestrino.
 
“Non credo che manchi tantissimo.” Mormorò il ragazzo ad un certo punto, mentre il cielo si tingeva delle tinte del tramonto.
Belle annuì spaventata.
“Hai fame?” le chiese poi, estraendo dalla borsa un pacchetto di biscotti.
“No, grazie.”
“Però dovresti mangiare, non tocchi cibo da questa mattina.”
Era vero. Dopo il frugale pranzo che avevano consumato verso l’una e dopo quella dannata chiamata, Belle non aveva ingerito più un solo boccone.
“Non ho fame.”
“Lo so ma-“

"Robert."
Lo disse quasi supplichevole.
Lui annuì tristemente: reputò insensato insistere.
“Almeno bevi un po’…un po’ di tè alla pesca. Ecco, prendi il mio, il tuo è finito.”
Le porse la sua bottiglietta.
“Non ho mal di gola. Nessuna malattia.” Aggiunse precipitosamente e abbozzando un sorriso.
Belle afferrò stancamente ciò che il ragazzo le porgeva e bevve un sorso.
“Ecco fatto.” Disse poi.
Si lasciò andare sul sedile e chiuse gli occhi.
Sarebbe andato tutto bene – si ripeteva. Altrimenti l’avrebbero già chiamata.
Era sicuramente una cosa da niente, un leggero malore.
Robert di fronte a lei continuava a tamburellare col piede mentre di nuovo si era abbandonato sul finestrino.
Belle si prese un momento per osservarlo. Si era tolto la cravatta e il gilet, era rimasto con una delle sue semplici camicie nere, leggermente slacciata, le maniche rimboccate. Lo sguardo perso, i capelli leggermente spettinati…se Belle non fosse stata così preoccupata, si disse con estrema sincerità, avrebbe trascorso quelle ore guardandolo e pensando a cose a cui era meglio non pensare.
Il ragazzo batté forte col piede contro il sedile.
“Smettila.” Sbottò infine lei.
Lui la guardò stupito.
“Continuavi a fare rumore col piede.”
“Oh. Scusa.”
Belle scosse la testa infastidita.
“Non fa niente. Era una cosa stupida. Scusami tu, è che sono nervosa.”
Robert annuì.
“Andrà tutto bene.” Si interruppe, poi riprese precipitosamente “E lo penso davvero. Non lo dico per autoconvincermi, come faccio sempre. E’ così.”
Lei sorrise tristemente.
“Proprio così?” chiese.
“Così!” asserì lui convinto.
Appoggiò nuovamente la testa al finestrino e riprese inconsapevolmente a tamburellare col piede.
 
 
Finalmente, arrivarono a Storybrooke ed il sole era ormai tramontato. Ci avevano messo un po’ di più del previsto a causa di un ritardo a Portland.
Belle scese dal terno si lanciò letteralmente sul binario ed uscì di corsa dalla stazione, mentre Robert le stava dietro faticosamente.
Dentro di sé pensò che fosse venuto il momento di mettersi a dieta.
“Muoviti.” Gli urlò infatti Belle.
“Sì. Mi muovo. E da domani mangerò meno gelati.” Mormorò Robert tra sé e sé.
Giunsero nel parcheggio della stazione e Belle si bloccò.
“E ora?” chiese il ragazzo raggiungendola e ansimando.
“Ora prendo il bus.” Decise lei dopo qualche secondo di riflessione “Ce n’è uno che porta direttamente all’ospedale.”
Lui annuì e poi si bloccò.
“Però vengo anche io.”
Belle gli lanciò uno sguardo strano e non disse nulla. Una parte di lei avrebbe voluto chiedergli di lasciarla sola, di andare a casa o fare quello che voleva. Ma temeva di non essere in grado di affrontare tutto quello nella più perfetta solitudine. Aveva anche pensato a chiamare Tink, ma la ragazza probabilmente stava festeggiando con Killian e le sembrava brutto interromperla.
Così annuì brevemente e fece segno a Robert di seguirla.
Dopo qualche passò però, Gold si fermò di colpo.
“Io penso che dovremmo prendere la macchina.” Disse all’improvviso.
La ragazza continuò a camminare.

"Belle!"
“Ti ho sentito. Ma si dà il caso che io non abbia una macchina.”
“Io sì però.”
Lei rallentò, si girò verso di lui aggrottando le sopracciglia.
“Ce l’hai qui?”
Robert annuì e le indicò il parcheggio.
Riprese a correre ignorando la fitta alla pancia, passando tra diverse macchine, cercando di individuare con gli occhi la sua e cercando di ricordarsi dove l’avesse lasciata.
“Se non ti ricordi dov’è io faccio prima a prendere il bus!” esalò Belle standogli dietro.
“Lo so dov’è. Lo so. Devo solo…”  si bloccò e appoggiò la mano sulla testa.
Si ricordò che il giorno precedente era arrivato in ritardo per colpa del mangime di Bobik e che il parcheggio era quasi pieno. Non era riuscito quasi a trovare posto e per questo aveva dovuto lasciarla quasi in strada…
“Okay. Lo so.” Disse dirigendosi spedito verso l’uscita.

"Sicuro?"
"Sicuro."


 
Regina si scrutò allo specchio in modo estremamente critico.
“Sì, sei uno schianto” disse Kristin, senza degnarla di uno sguardo.
L’altra la fissò con sufficienze ed incrociò le braccia, girandosi e guardando la sua compagna rovistare nella valigia.
“Cos’hai lì dentro?” si decise a chiedere infine.
L’altra si girò e la fronteggiò.
“Lì dentro dove?” chiese poi con un sorriso tranquillo.
“Lì.” Indicò la valigia.
“Oh. Lì. Beh, principalmente vestiti, sai. Poi anche del sapone e quel genere di cose.”
Regina strinse gli occhi sospettosa, sentendosi vagamente presa in giro.
“Hai capito benissimo cosa intendo.”
“No.” Dichiarò l’altra innocentemente.
“Allora sarò più specifica: cos’hai lì dentro che potrebbe farci finire nei guai, cara la mia Malefica?”
La ragazza sorrise trionfante.
“Ah. Tu intendevi...” si chinò sulla valigia e ne fece uscire una bottiglia di vetro. Sembrava acqua ma Regina sapeva benissimo che non lo era.
“Questo.” Terminò la frase.
La mora annuì.
“Hai intenzione di condividerla sì o no?” le chiese infine.
“Dipende” disse l’altra con fare vago.
“Da cosa?”
“Da molte cose. Non voglio che qualcuno faccia la spia e-“
“Non sono una spia.” Dichiarò Regina sprezzante. “Sono già finita in punizione per aver bevuto a scuola quando non avrei dovuto. Non ho intenzione di ripetere. Non…non platealmente, almeno. Ma vorrei condividere per questa sera. Ne ho bisogno per una cosa che devo fare.”
Kristin annuì soddisfatta e aprì la bottiglia.
“Ah.”  Disse, prima di passarla all’altra ragazza che tendeva il braccio avidamente. “Sapere cosa devi fare e chi devi incontrare, è implicitamente il prezzo da pagare per berla.”
Regina sbuffò ed alzò gli occhi al cielo.
Non le avrebbe mai detto la verità. Ma con un po’ di fortuna, poteva inventarsi una bugia credibile. Non ora però, prima avrebbe ingerito un po’ di quella magica sostanza che avrebbe reso tutto più semplice.
“Te lo dirò dopo che avrò bevuto. Sarà più facile.”
Un sorriso da entrambe le parti, suggellò il patto delle due ragazze.
 
 
In quel preciso istante, a molti kilometri di distanza, Robert e Belle arrivarono finalmente – non senza numerose imprecazioni ai semafori e diversi creativi insulti da parte di Robert agli altri automobilisti, tutti chiaramente incompetenti agli occhi del ragazzo - all’ospedale.
Era sgradevolmente famigliare.
In effetti nell’ultimo periodo si erano ritrovati lì insieme molte volte e mai in situazioni piacevoli o tranquille.
A gennaio, la prima volta, dopo il disastroso Ballo d’inverno, poi a trovare Killian e suo fratello…
Questa volta ea anche peggio, pensò Belle.
Questa volta toccava a lei.
Ma non era successo niente, l’avrebbero chiamata altrimenti, anche l’infermiere le era sembrato relativamente tranquillo mentre l’aveva chiamata a Boston…

Boston.
Boston era lontana, e anche l’università.
Belle pensò tristemente ai soldi spesi per quella gita, a quanto le era costata e al fatto che non aveva nemmeno potuto vedere la facoltà che le interessava, e chissà come sarebbe stato triste suo padre per tutta quella storia e conoscendolo si sarebbe sentito in colpa…
I passi di Robert accanto a lei la tenevano ancorata alla realtà, impedivano alla sua mente di divagare troppo e di perdersi nelle preoccupazioni e soprattutto, nel cieco terrore che in qualche modo l’aveva attanagliata da quando aveva ricevuto la chiamata.
Perché tutto quello le ricordava fin troppo ciò che era accaduto con sua madre.
Ma non doveva pensarci. Non poteva e non ce n’era motivo.
Entrarono passando direttamente dal pronto soccorso, come le era stato detto dall’infermiere.
Belle si bloccò un momento davanti alla porta e deglutì.
Anche Robert si fermò e la guardò.

​"Andiamo?"
"Sì..."

“Andrà tut-“
“Tutto bene. Lo so.” Ripeté stanca.
 
Uno sgradevole odore di disinfettanti e medicinali li accolse. Belle chiuse gli occhi un momento, respirò e riprese a camminare.
Alla reception firmò i documenti che doveva firmare e una giovane donna disse loro di aspettare quieti in sala d’attesa, insieme agli altri.
Così si sedettero, Belle agitata, le mani nervose e lo sguardo perso e Robert accanto a lei, imbarazzato e anche un po’ spaventato.
Il medico del pronto soccorso, il dottor Whale, che Robert riconobbe come il medico che gli aveva operato la gamba in gennaio, giunse da loro in pochi minuti.
“La signorina French?” chiese guardando Belle.
Lei annuì, gli occhi sgranati.
“La aspettano in cardiologia per firmare alcuni documenti. Le spieghiamo brevemente la situazione. Anche suo padre è lì.”
Belle fece per parlare ma lui la interruppe “Sta bene. Non è nulla di grave. Ma potrebbe diventarlo se non interveniamo tempestivamente.” Si fermò e la guardò con serietà.
La ragazza si torse le mani.
“Allora vengo.”
Robert fece per muoversi ma Whale lo guardò interrogativo.
“Oh, lui è con me.” Disse Belle sbrigativa.
“Mi dispiace signorina French, ma solo i famigliari sono ammessi.”
I due ragazzi si guardarono allarmati.
Fu un breve momento, i loro sguardi si incontrarono e in quel preciso istante Belle capì che non sarebbe stata in grado di gestire quella situazione da sola. Per qualche breve istante aveva creduto di potersela cavare, certo, ma quella speranza era sfumata. Era troppo difficile e aveva davvero bisogno di un sostegno e Robert era lì, per qualche assurdo motivo il fato aveva deciso di riunirli proprio in quel momento, e lui la conosceva e sapeva che lei stava vacillando. Lo capiva dal suo sguardo perso.
Per un breve istante, fu come se tra loro fosse tornato tutto normale e Gold provò il forte impulso di stringerla forte a sè.
Ci pensò il medico a riportarli alla brusca realtà.
"Andiamo?"
Belle non si mosse e si guardò intorno.
“Lui…è…mio fratello.”  Iniziò poi, improvvisamente ispirata.
Robert aggrottò le sopracciglia ma dopo un momento di perplessità, annuì.
Whale li guardò sarcastico.
“Ah sì? Però non vi assomigliate molto. Anzi, proprio per niente.”
“Ma come no!” protestò Belle. Si avvicinò a Robert e si appoggiò alla sua spalla indicandolo.
“Non vede? Siamo entrambi bassi e-“
“Non molto alti. Non siamo bassi. Siamo non molto alti.” la corresse Gold punto sul vivo.
Lei gli scoccò un’occhiataccia.
“Continuo a non vedere somiglianze, ragazzi miei. Occhi azzurri, capelli mossi e rosso scuro. Occhi nocciola, capelli lisci e castano chiaro.”
Robert si inserì.
“E’ perché non siamo davvero fratello e sorella. In realtà siamo cugini. Ma siamo cresciuti insieme, sa…Quindi ci consideriamo fratello e sorella. Insomma…è chiaro, no?”
Belle lo guardò male ma non disse nulla.
Il dottore incrociò le braccia e li scrutò attentamente.
“Io mi ricordo di voi due.” Disse infine. “Lui” indicò Gold “Si è fatto male questo inverno. Al ginocchio se non erro. E ha fatto un sacco di storie per farsi togliere due pezzi di vetro, una cosa mai vista prima al pronto soccorso.”
Robert strinse le labbra e fissò lontano, contrito ed offeso.
“Era mio fratello anche allora. Fratello e cugino.” Dichiarò Belle decisa.
“Non è vero. Vi siete baciati prima dell’intervento.” Replicò Whale sorridendo.
“Ci ha spiati!” esclamò Robert indignato.
“Idiota. Hai fatto saltare la copertura.” Mormorò Belle al ragazzo.
Whale continuò a sorridere.
“Suo padre sta aspettando.” Disse poi a Belle.
“Lui è il mio ragazzo.” Esclamò lei disperata “Può venire con me, davvero. E’ di famiglia, stiamo insieme da tanto.”
“Siamo fidanzati. Promessi sposi.” Rincarò Robert, ignorando il piccolo fuoco danzante che si era acceso nel suo cuore nel sentirle dire una cosa simile.
Il medico scosse la testa.
“Niente da fare.”
“Ci sposeremo a giugno!”
“Ci siamo già sposati a giugno scorso!”
“Ragazzi. Per me non sarebbe un problema, dico davvero.” Mormorò Whale  sorridendo in modo comprensivo. “Ma il regolamento è questo. Ora, sono sicuro che il signor…”
“Gold. Mio padre è una persona importante. Molto.”
“Gold qui presente, il cui padre è una persona molto importante, potrà aspettare qui mentre lei parlerà con il dottore. Che ne dice? Suo padre non dovrebbe trovare nulla da ridire.”
Robert non rispose, incrociò le braccia e fissò il pavimento, rabbioso ma sconfitto.
Belle però annuì.
Si girò verso Robert.
“Ascolta. Non voglio costringerti a stare qui e sono seria. Hai già fatto tanto e…e se vuoi puoi andare, sei stato molto gentile e te ne sarò sempre grata.” Mormorò guardandolo negli occhi.
Lui scosse la testa, tornando a perdersi nei suoi occhi azzurri e sperando in qualche modo di poter alleviare la tensione che vi leggeva dentro, anche solo rimanendo lì ad aspettarla.
“Sto fuori ad aspettare.”
“Potrei metterci un po’. Magari hai sonno, hai fame…Dico davvero Robert io-”
“Davvero. Sto qui. Non c’è problema. Lo faccio volentieri.”
Belle si morse il labbro.
“Grazie.” Sussurrò.
Lui annuì sorridendo debolmente.
Poi senza riflettere, fece la cosa più spontanea: le prese la mano.
Fu un gesto forse irrazionale, ma non poté fare nulla per evitarlo.
La sentì irrigidirsi al contatto con le sue dita, ma nessun dei due si spostò.
“Andrà davvero tutto bene. Sarò qui ad aspettare. Proprio qui,  su…su una di quelle sedie. Le vedi?” Indicò un gruppo di sedie vuote lì vicino.
Belle annuì mordendosi le labbra e sentendo la gola chiudersi improvvisamente.
“Tengo un posto anche per te e prendo qualcosa da mangiare e da bere.”
La ragazza gli strinse brevemente la mano, quasi automaticamente, cercando di ignorare i brividi che la percorrevano e focalizzandosi su ciò che andava fatto.
Lentamente staccò la mano e ripeté piano “grazie”, dopodiché sparì con Whale per la corsia.
Esausto, Robert caracollò fino alla macchinetta dove acquistò due pacchettini di Oreo che divorò in pochi minuti. Poi si procurò due bottigliette d’acqua e raggiunse il gruppetto di sedie indicate precedentemente. Ne scelse con cura una e ne occupò altre due per sicurezza, in caso Belle volesse stendersi o in caso avesse chiamato Tink e Killian.
Poi crollò lui stesso su una sedia e chiuse gli occhi.








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Time after time - Cyndi Lauper



Ehm...ciao.
Sì, sono una brutta persona. Sì, dovevo aggiornare secoli fa e no, non l'ho fatto. No, non ci sono scuse per questo. Mi dispiace, il mio cervello semplicemente si rifiuta di collaborare quando inizio ad avere prove intensive a teatro e quando gli esami si avvicinano - sto studiando economia aziendale, se qualcuno ha consigli che non contemplino il suicidio, siete i benvenuti - e...e basta.
Alla fine ce l'ho fatta.
Devo dire che ultimamente non sono neanche molto ispirata a causa dell'andamento della serie tv madre - sì, sono molto delusa dalla quarta stagione - ma ho deciso che non abbandonerò questa fanfiction che ormai mi accompagna da più di un anno e a cui sono davvero affezionata.
Qualche nota sul capitolo: mi pareva di averlo già detto, non ho potuto chiamare Malefica col suo nome originale per ovvi motivi, così ho optato per il nome dell'attrice che la interpreta, accennando comunque al "soprannome" della bionda. Stona un po' ma...non avevo scelta!
Per quanto riguarda ai Rumbelle...ARGH. Sono disperata. Non sapevo che pesci pigliare, vi confesso che questo capitolo ce lo avevo in mente più o meno dall'inizio ma al momento critico in cui ho dovuto scriverlo, si è rivelato una spina nel fianco. Spero di non essere andata troppo OOC, di non aver esagerato...e state tranquilli, Moe French starà benissimo <3 niente angst, solo fluff, happy endings e cose belle!
Ho cercato di rendere un pochino il rapporto tra Regina e Malefica, mi sono piaciute abbastanza quelle due e ho AMATO l'aria da tossica spacciatrice che aveva Mal nella foresta incantata in contrasto con quella da boss mafioso che ha a Storybrooke.
Le SwanQueen sono state un momentino accantonate ma nel prossimo torneranno a colpire, così come Tink e Hook.
Beh, che dire? Vi ringrazio tantissimo per il sostegno che mi dimostrate, soprattutto perchè sono scema ed incostante...ma spero che in qualche modo l'attesa venga ripagata e che il capitolo vi sia piaciuto :
)
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va, critiche, pomodori...è tutt ben accetto! Quindi ancora tanti grazie e tanti cuori a tutti e alla prossima, CHE DOVREBBE ESSERE a fine aprile, salvo situazioni critiche. 
Un bacione!
Seasonsoflove


 
   
 
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