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Autore: Bijouttina    14/04/2015    15 recensioni
*Seguito di “Ti va di rischiare?”*
Serena e Marco sono alle prese con la loro nuova avventura: due gemelli in arrivo, un matrimonio da organizzare, un probabile trasloco. Marco è stressato dalla gestione dell’azienda di famiglia, Serena è in preda agli ormoni, le incomprensioni sono dietro l’angolo. Riusciranno a superare i momenti no? Se ci si mettono pure gli amici e la famiglia a complicare le cose, l’impresa non sarà delle più semplici.
*****
«Cazzate!». Lorenzo scaccia quell’idea con un gesto secco della mano, come se fosse una cosa assurda e non avesse avuto alcun senso. «Tuo padre te la menerebbe a vita per non aver dato alla luce un erede».
«Il nostro non è mica un regno», gli faccio notare allargando le braccia e facendole ricadere pesantemente lungo i fianchi un istante dopo.
«Il regno dei Rossini», commenta portandosi un dito sulle labbra. «Non suona nemmeno male. Secondo me dovreste cambiare la scritta sopra il cancello».
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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Capitolo Uno 

Grandi novità, soliti amici



 
«Topo malefico, salta giù dalla credenza!». Minaccio Diablo, il nostro gattone, puntandogli un dito contro, che prontamente lecca senza alcun ritegno. «Io non ho il cuore tenero come Serena, te ne rendi conto?».
Continuo a parlare con lui come se mi potesse davvero capire. Secondo me è troppo furbo e fa finta di niente per ottenere tutto ciò che vuole, ma non lo avrà da me.
«So benissimo che lei ti dà lo stuzzichino di nascosto, non credere che io non me ne sia accorto. Non siete così discreti come credete».
Il felino si siede comodo sul mobile della cucina e mi guarda perplesso, emettendo dei rumorini soddisfatti. Non gli frega niente se lo sto prendendo a parole, a lui basta il risultato finale: ottenere il suo pezzo di prosciutto.
«Smettila di guardarmi in quel modo. Non riuscirai a intenerirmi», borbotto lisciandogli il pelo con una mano e prendendo delle bottiglie di birra dal frigo.
Mi volto all’improvviso e quattro paia di occhi mi stanno scrutando dal muretto della cucina.
«Che c’è?», sbotto infastidito. Non posso più nemmeno fare un discorso intelligente con il mio gatto che sono subito pronti a prendermi in giro.
«Ed ecco a voi l’uomo che borbottava ai gatti». Lorenzo mi indica con il braccio teso, un sorriso sghembo sulle sue labbra.
Paolo, Giorgio e il nuovo aggiunto Alex applaudono e fischiano come se fossi un fenomeno da baraccone.
«Siete una banda di idioti», commento tornando in sala e poggiando le birre sopra il tavolo pronto per la nostra partita a poker.
Diciamo che non ci sono tanto con la testa oggi. Ieri c’è stata la seconda ecografia di Serena e non abbiamo ancora detto a nessuno che stiamo aspettando due gemelli. Abbiamo approfittato di questa serata per ragguagliare i nostri amici sulle ultime novità e, sinceramente, mi sto facendo un po’ prendere dal panico.
Stanotte non ho mai chiuso occhio: dopo lo shock iniziale e la successiva euforia, mi sono sentito svuotato e inadeguato. Saremo in grado di gestire due bambini contemporaneamente? Mille domande continuavano a farsi strada nella mia testa, impedendomi di addormentarmi. Serena dormiva tranquilla al mio fianco, ho ascoltato il suo respiro regolare tutta notte, sperando che potesse aiutare anche me a cadere tra le braccia di Morfeo, ma non è servito assolutamente a niente. Mi sono girato e rigirato nel letto non so quante volte. Perfino Diablo ha rinunciato a dormire con noi stanotte, l’ho accidentalmente colpito tre o quattro volte con il piede, facendolo volare sul tappeto. Alla fine se n’è andato a dormire nella sua cesta per esasperazione.
«Tu, invece, hai delle occhiaie tremende», commenta il mio migliore amico osservandomi da vicino e facendomi venire voglia di sputargli in un occhio. «Ci avete dato dentro tutta notte, eh?».
Mi strizza l’occhio e io lo colpisco con una manata sul coppino.
«Ma sei scemo?!», borbotta massaggiandosi la parte dolente con una mano. «Mi hai quasi spezzato l’osso del collo».
Che esagerazione! L’ho appena sfiorato! Se avessi voluto fargli veramente male, gli avrei sbattuto la faccia contro il tavolo.
Crollo sulla sedia e mi copro il viso con entrambe le mani.
«Si può sapere che cosa ti prende? È andata male l’ecografia?», domanda Paolo sedendosi accanto a me e avvolgendomi le spalle con un braccio. «Siamo qui per te, socio».
«Paolo ha ragione, puoi sfogarti con noi», aggiunge Giorgio, sedendosi dall’altra parte e posandomi una mano sul braccio.
«L’importante è che tu la smetta di sfogarti su di noi, o su di me, tanto per essere precisi. Mi vibra ancora il collo per la manata che mi hai sganciato», bofonchia Lorenzo sedendosi di fronte a me.
Tolgo le mani dal viso e sbuffo.
«Ehm, credo che tu stia solo aumentando la nostra ansia». Mi fa notare Alex arricciando le labbra. Stappa una birra e me la passa. «Forse un po’ di alcol aiuterà a rilassarti».
Dubito che una birra possa far miracoli, ma magari un paio possono fare al caso mio.
I miei amici continuano a osservarmi attentamente, in attesa di un mio cenno. Mi sembra di essermi chiuso in una bolla di sapone e non capto niente di quello che c’è intorno a me. Quella bolla, però, esplode all’improvviso e la mia bocca pronuncia le parole che avevo tenuto sulla punta della lingua fino a quel momento.
«Sono gemelli», dico con un filo di voce.
«Chi sono gemelli?», domanda Lorenzo perplesso. La sua espressione non nasconde tutta la sua confusione. «Sei stato in silenzio stampa per quasi mezzora e te ne salti fuori con questa cosa. Che cazzo vuol dire? Scusa la franchezza, ma non ci ho capito una sega».
Alex, diversamente dagli altri miei amici tontoloni, sembra aver recepito il mio messaggio e si porta entrambe le mani alla bocca, esterrefatto.
«Davvero?», chiede conferma emozionato.
Lorenzo guarda prima me e poi lui, incrocia le braccia al petto ed esclama: «Sono l’unico coglione che non ha capito di cosa sta parlando il nostro socio?».
Paolo e Giorgio scuotono la testa, ma è solo il secondo a parlare. «No, non sei il solo».
«Ah, bene, allora mi consolo». Batte le mani sopra il tavolo facendomi sussultare. «Socio, abbi pietà di noi! Forse siamo noi che siamo rincoglioniti, ma vorremmo sapere di che diavolo stai parlando!».
La sua voce si alza di qualche tono e mi rimbomba nella testa.
Mi alzo dalla mia sedia, scrollandomi i miei amici di dosso e comincio a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Perfino Diablo è saltato giù dal mobile della cucina e ora mi osserva attentamente dal muretto.
Lorenzo scuote la testa, raggiungendomi. Mi posa entrambe le mani sulle spalle, obbligandomi a fermarmi.
«Socio, ti prego, dimmi che ti succede. Mi stai facendo preoccupare». Questa volta la sua voce è bassa e riesco a percepire tutta la sua ansia.
Chiudo gli occhi e deglutisco un paio di volte a vuoto: non avrei mai immaginato che raccontare questa cosa ai miei amici potesse essere tanto faticosa. Quando li riapro, Lorenzo mi sta ancora fissando in attesa di una risposta.
«Serena aspetta due gemelli. Avremo due bambini». Alla fine riesco a spiegarmi meglio, e il mio socio spalanca poco elegantemente la bocca.
«Porco cazzo! Altro che fatto centro! Tu sei andato a segno ben due volte! Sei uno cazzuto!». All’improvviso comincia a ridere come un cretino e mi circonda il collo con un braccio, passandomi le nocche sulla testa. Se continua così mi darà fuoco!
«Il nostro Marcolino ha colpito nel segno!», commenta stringendomi ancora di più il collo. Ho sentito uno strano scricchiolio, forse dovrei preoccuparmi.
«Mi stai decapitando». Gli faccio notare togliendo il suo braccio e liberandomi dalla sua morsa.
«Come sei esagerato». Mi spintona con enfasi, facendomi barcollare e per poco non inciampo sul tappeto della sala. Lo guardo in modo truce.
Paolo mi intercetta e mi abbraccia di slancio.
«Congratulazioni, Marco! È una notizia bellissima». Mi picchietta la schiena con la mano.
Giorgio fa lo stesso. Alex è l’ultimo a congratularsi e anche lui mi dà delle pacche sulla spalla.
«Non oso immaginare come reagirà il mio Luca non appena Serena darà loro questa notizia fantastica». Mi sorride raggiante e io mi sento un po’ meno perso.
Non lo so, forse avevo bisogno della loro approvazione.
Lorenzo ha ancora un sorrisetto da ebete sulla faccia. Si appoggia con la schiena al divano e incrocia le braccia al petto.
«A te sono sempre piaciute le cose facili. Invece di fare due figli in tempi diversi, hai preferito farli in una botta sola. Sei furbo, chi lo avrebbe mai detto».
Dopo questa sua insinuazione, non posso fare altro che prorompere in una fragorosa risata, rido fino alle lacrime. La tensione si è allentata immediatamente e mi sento molto meglio ora.
«Grazie ragazzi», comincio asciugandomi gli occhi con le mani. «Stanotte non ho dormito perché mi sono fatto prendere da mille paranoie. Sia chiaro, sono immensamente felice per come sono andate le cose, ma due figli in un solo colpo non devono essere facili da gestire».
«Però ci sono un sacco di persone pronte a venire in vostro soccorso». Paolo mi stringe una spalla con la mano. «Se avrai bisogno di noi, ci saremo. I nonni non vedranno l’ora di darvi una mano, per non parlare delle tue sorelle. Non dico che saranno tutte rose e fiori, ma c’è una buona possibilità che tutto andrà per il verso giusto».
Le parole del mio amico mi fanno sentire meglio.
«Paolo ha perfettamente ragione, ci sarà la coda per fare da baby sitter ai pargoli, per lasciare voi fornicare in santa pace», aggiunge Lorenzo divertito. Per lui tutto ruota intorno al sesso, come se esistesse solo quello. Al momento ho altri pensieri per la testa. Sarò un buon padre? Riuscirò a dare lo stesso amore a entrambi? Non vorrei mai che uno si sentisse meno amato dell’altro perché sarebbe impossibile: amo già i miei figli in egual modo.
«Pensa se fossero due bambine!», esclama Giorgio divertito.
«A Rossini senior verrebbe un coccolone», commenta Lorenzo al posto mio. «Spero che tu sia riuscito a fare almeno un maschio, altrimenti sei fottuto».
Mi esce una smorfia involontaria al solo pensiero di mio padre deluso di non poter mandare avanti il buon nome della nostra famiglia. Sinceramente a me non importa del sesso dei miei bambini, l’importante è che siano sani, tutto il resto non conta.
«Come se si potesse scegliere», dice Alex scuotendo la testa.
«Sarà quel che sarà, non importa». Questa volta sono io a prendere la parola. «Se fossero due femmine, mio padre se ne farà una ragione e credo che alla fine ne sarebbe ugualmente felice».
«Quello sicuramente». Almeno qualcuno è dalla mia parte. Ringrazio Alex con un cenno del capo.
«Cazzate!». Lorenzo scaccia quell’idea con un gesto secco della mano, come se fosse una cosa assurda e non avesse avuto alcun senso. «Tuo padre te la menerebbe a vita per non aver dato alla luce un erede».
«Il nostro non è mica un regno», gli faccio notare allargando le braccia e facendole ricadere pesantemente lungo i fianchi un istante dopo.
«Il regno dei Rossini», commenta portandosi un dito sulle labbra. «Non suona nemmeno male. Secondo me dovreste cambiare la scritta sopra il cancello».
«Mio nonno si sta rivoltando nella tomba dopo questa tua affermazione».
«Un po’ di movimento non gli fa di certo male, si sgranchisce le ossa», dice lui con una scrollata di spalle.
«Direi che dopo questa battuta macabra, possiamo anche levare le tende, o per lo meno cominciare a giocare seriamente. Non so se ve ne siete resi conto, ma, da quando avete conosciuto le vostre donne, non riusciamo più nemmeno a fare una partita di poker decente. Le nostre serate sono diventate delle sedute degne di uno psicanalista», bofonchia Paolo sedendosi nuovamente al tavolo e mandando giù una generosa sorsata della sua birra.
In effetti non ha tutti i torti. Sinceramente non ricordo nemmeno quando abbiamo fatto una partita seria e la cosa mi spaventa un po’. Mi siedo di fronte a lui e sospiro.
«Hai ragione, Paolo». Gli concedo mollemente.
«Mmmm, qualcosa non mi quadra». Lorenzo cammina lentamente verso il tavolo, a braccia conserte e gli occhi ridotti a due fessure. «Dicci chi è».
Punta un dito dritto in faccia a Paolo e per poco non glielo infila in un occhio. Il nostro amico si scansa appena in tempo.
«Ma ti sei per caso rincoglionito? Chi è chi?», sbotta guardando Lorenzo come se fosse uscito momentaneamente di senno.
«La donna che non te la dà!», risponde il mio migliore amico con enfasi.
Noto un lieve rossore farsi strada sulle guance di Paolo e ora il dubbio si è insinuato anche nella mia mente.
«Non c’è alcuna donna», farfuglia lui in stato confusionale.
«Con chi credi di avere a che fare? Con un pivellino?». Lorenzo continua a colpirlo sulla spalla con un dito.
«Lo sai che quello che stai dicendo non ha alcun senso?». Paolo cerca di arrampicarsi sugli specchi come meglio può, ma non ha fatto i calcoli con Lorenzo: non mollerà finché non avrà ottenuto quello che vuole.
Vedo Paolo parecchio in difficoltà e mi fa una gran pena. È davvero un secolo che non lo vedo con una donna ed è l’unico di noi ancora solo. Che ci sia davvero una donna che gli piace? E dove l’avrebbe conosciuta? Al lavoro? Giorgio non mi ha mai detto niente, continua a ripetere che lavorano solo racchie nel loro ufficio.
Non è questo, però, il momento di fargli il terzo grado, lui non ne vuole parlare e obbligarlo non ha senso, si chiuderebbe ulteriormente a riccio. Paolo non è mai stato uno di molte parole, è introverso e tende a tenersi tutto dentro. Raramente si apre con noi, ma non lo fa perché non si fida, è solo il suo carattere. Sa benissimo che se avesse bisogno di noi, ci saremo sempre.
Decido allora di attirare nuovamente l’attenzione su di me e salvarlo dallo sguardo indagatore di Lorenzo.
«Serena ha accettato di sposarmi prima della nascita dei nostri figli. Ora devo anche abituarmi a parlare al plurale».
Questa mia frase ottiene l’effetto sperato e tutti si voltano a guardarmi con gli occhi sgranati.
«Ma è una notizia meravigliosa!», esclama Alex. Lui è l’unico in questa stanza a essere sempre entusiasta delle mie notizie, quasi quasi mi tengo lui come migliore amico al posto di Lorenzo, avrei più soddisfazioni!
«Credevo ci avrebbe messo nove mesi per darti una risposta!», commenta Lorenzo accigliato.
«I gemelli sarebbero nati da un po’, se avesse aspettato tutto quel tempo». Gli fa notare Giorgio prima di bere una sorsata dalla sua bottiglia.
Devo ancora abituarmi a sentire le parole gemelli, figli e tutto quello che ci sta dietro. La cosa che desidero di più è che Serena stia sempre bene e che questa gravidanza non gli crei problemi.
Lorenzo fa una smorfia. «Come siete diventati tutti pignoli ultimamente. Era per dire che ci avrebbe impiegato secoli, invece ci ha messo solo qualche ora. Sta migliorando o è una mia impressione?».
«Si vede che la gravidanza le fa bene». Paolo esterna il suo pensiero intrecciando le mani dietro la nuca e osservando Diablo che passeggia allegramente sopra il tavolo, dando qualche zampata alle fiches quando gli gira.
«Può darsi», dico stringendomi nelle spalle.
«E quando vorresti andare al patibolo?», domanda Lorenzo passandosi una mano tra i capelli.
«Patibolo», ripete Alex ridacchiando. «Come se tu non avessi chiesto a Stella di fare la stessa cosa».
«Ma noi non abbiamo fretta di sposarci, al contrario di questi due. Come se un anello al dito e una firmettina cambiassero qualcosa», borbotta infastidito dall’insinuazione di Alex.
«Beh, è una tutela maggiore», aggiunge l’uomo evitando di commentare il tono acido del mio amico. Ormai ha imparato anche lui a conoscere Lorenzo e non ha senso prendersela per quello che dice.
Paolo controlla il suo cellulare e deglutisce a vuoto: che diavolo gli prende? Si alza all’improvviso dal suo posto.
«Scusate, ragazzi, ma devo scappare».
«Era lei, non è vero?». Lorenzo torna di nuovo all’attacco e il poveretto rotea gli occhi esasperato.
«Non era nessuno. Ci sentiamo. Grazie per la birra, Marco, e congratulazioni». Mi stringe una spalla con la mano prima di sparire dal mio appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.
«Non ce la racconta giusta», commenta Lorenzo fissando l’uscio.
Ha perfettamente ragione, ci sta nascondendo qualcosa e credo che il mio migliore amico indagherà finché non scoprirà la verità.
 
 
°°°
 
Sono sdraiata sul divano di Luca in attesa che Stella e Marica si presentino al nostro venerdì da film strappalacrime. Luca mi è passato a prendere, non si fidava a farmi fare da sola quei cento metri che separano i nostri appartamenti e ora mi sta massaggiando i piedi. Una goduria indescrivibile.
«Sembra che stai per avere un orgasmo». Mi prende in giro il mio migliore amico, passandomi i polpastrelli sulla caviglia gonfia.
Apro un occhio soltanto e gli mostro la lingua. «Sei solo invidioso perché nella mia condizione posso prendermi tutte le attenzioni al mondo e tu ti sentiresti in colpa a contraddirmi».
«Non sfidarmi, cucciola. Sai benissimo che potrei ribellarmi a questo lavoro sottopagato. Mi sento quasi un tuo schiavetto in questo momento e non è proprio una bella sensazione». Mi manda un bacio e io ridacchio felice.
Adoro queste sue attenzioni, mi fanno sentire davvero bene.
«Davvero non vuoi dirmi che cosa ti ha detto il ginecologo ieri?», domanda a un tratto.
Non abbiamo ancora parlato con nessuno di quello che è successo ieri, dobbiamo ancora dirlo anche alle nostre famiglie. Onestamente non mi sarei mai aspettata che potessi aspettare due gemelli, l’idea non mi era mai passata per l’anticamera del cervello. Credo di non aver ancora metabolizzato del tutto la cosa. Marco sembrava così entusiasta al nostro rientro a casa, ma la sua gioia si è affievolita durante la notte: l’ho sentito rigirarsi nel letto tutto il tempo. Forse credeva che io dormissi, invece non riuscivo ad addormentarmi. Il mio cervello continuava a lavorare a ritmi folli, a pensare a tutte le difficoltà a cui andremo incontro.
Poso una mano sul mio ventre e sorrido: è una sensazione davvero strana avere due vite che stanno crescendo dentro di me.
«Voglio aspettare anche le ragazze», gli rispondo dopo un po’.
«Posso almeno sapere se è tutto a posto?». Luca lascia andare i miei piedi e si inginocchia davanti a me, posando il mento sulla mia spalla. Mi bacia la guancia. Gli accarezzo i capelli dolcemente e sospiro.
«È tutto a posto». Lo rassicuro baciandogli la punta del naso. «Non ti preoccupare per me».
«Mi chiedi una cosa impossibile, io mi preoccuperò sempre per te. Sei il mio amore bello». Solleva appena la mia maglia, scoprendomi il punto dove stanno crescendo i miei figli. Mi bacia il ventre.
«È lo zio Luca che ti parla», comincia rivolgendosi a loro al singolare. «La tua mamma è davvero crudele con me e non mi vuole anticipare niente. Dille che così non va bene e che io ho il diritto di sapere come stai perché sei il mio cucciolino e io ti strapazzerò di coccole non appena uscirai da questo corpo deforme».
«Ehi!». Lo colpisco sulla testa con un cuscino che ho recuperato dal tappeto. Lui ridacchia scansando il secondo lanciato un istante dopo.
«Stavo scherzando, cucciolino. La tua mamma è di una bellezza esagerata e tu sei un bambino fortunato perché la avrai tutta per te una volta nato».
Senza rendermene conto, mi trovo gli occhi ricolmi di lacrime.
«Sono due». Quelle parole escono senza alcun controllo dalla mia bocca. Non posso più aspettare le nostre amiche, devo dirlo a Luca, non ce la faccio più.
Lui mi guarda senza capire. «Che cosa sono due?».
Indico il mio ventre con la mano, carezzandolo delicatamente. Luca guarda me e poi il punto che sto sfiorando e i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi.
«Vorresti dirmi che qui dentro ci sono addirittura due nipotini da viziare?», domanda per scrupolo mentre le lacrime si fanno strada lungo il suo viso. Gli asciugo una guancia con le dita e annuisco.
«Oh tesoro mio!». Raggiunge di nuovo il mio viso e lo riempie di baci. «Sono così felice».
Piangiamo insieme come due idioti. Gli faccio un po’ di spazio sul suo divano e si sdraia accanto a me, rimaniamo stretti l’uno all’altra.
«Ho anche detto a Marco che voglio sposarlo prima della loro nascita», dico carezzandogli la schiena.
«Sbaglio o ci hai messo meno del solito a dargli una risposta?». Affonda il naso nell’incavo del mio collo e si accoccola ancora di più a me.
«Forse», ammetto. «Credo che sarebbe molto più difficile da gestire un matrimonio dopo il parto. Ci sarebbero due neonati cui pensare e non riusciremmo a organizzare tutto».
A essere sincera non abbiamo ancora avuto tempo di parlarne. Oggi Marco è stato impegnato tutto il giorno in azienda e io, essendo rimasta a casa da lavoro perché non mi sentivo troppo bene, non ho fatto altro che rimuginare sul nostro matrimonio. Non nascondo di essere parecchio agitata. La mia vita è cambiata radicalmente da quando ho conosciuto Marco e non avrei mai creduto che potesse prendere questa piega. Non sono pentita, per niente, amo la mia nuova vita insieme a lui.
«E quando pensavate di sposarvi? Più avanti vai, più sembrerai un pallone aerostatico», mi fa notare il mio migliore amico.
«Grazie per avermelo ricordato», mugugno con una smorfia.
Il campanello fa sobbalzare entrambi. Luca si tira su sbuffando e va ad aprire la porta. Le ragazze, con Eleonora a seguito, entrano nell’appartamento un paio di minuti dopo. Mi metto a sedere sul divano, ma mi viene un capogiro. Devo essermi mossa troppo rapidamente. Mi tengo la testa con le mani, finché la stanza non smette di girare vorticosamente.
«Che succede, cucciola?». Luca mi prende entrambe le mani e mi osserva preoccupato.
«Ho avuto solo un giramento di testa, tranquillo. È già passato». Gli regalo un sorriso rassicurante e lui annuisce, non gli mentirei mai, anche perché lo capirebbe immediatamente.
Stella e Marica si siedono sul divano, una alla mia destra e l’altra alla sinistra, rubando il posto a Luca come ogni volta. Lui rotea gli occhi e recupera Eleonora dalla carrozzina. Le riempie il viso di baci e lei gli sorride ogni volta, felice.
«Che ci siamo perse per colpa del suo ritardo?», domanda Stella incolpando Marica per essere arrivate tardi.
«Non mi partiva la macchina, non è colpa mia», si giustifica la nostra amica.
«Credo che ormai sia da rottamare», commenta Luca. «Dillo alla zia».
«Tu sei da rottamare», borbotta lei in direzione del nostro amico.
«Come siamo suscettibili stasera». Il mio migliore amico la guarda attentamente e poi, socchiudendo gli occhi, aggiunge: «Che cosa ci stai nascondendo, signorina Franchi?».
«Perché dovrei nascondervi qualcosa?», farfuglia lei in imbarazzo.
«Sei strana ultimamente, non puoi negarlo», continua lui senza staccarle gli occhi di dosso.
Marica gioca nervosamente con il braccialetto d’argento che ha allacciato al polso, facendo tintinnare tutti i ciondoli.
«Tu sei sempre il solito rompiscatole», sbuffa lei sonoramente. «È mai possibile che non si possa mai guardare un film in santa pace ultimamente? Sapete una cosa? Mi avete rotto le palle».
Si alza di scatto dal divano e si dirige a grandi falcate verso la porta.
«Non vuoi nemmeno sapere com’è andata l’ecografia di Serena?». Questa volta è Stella a parlare. Mi prende una mano e la tiene stretta nelle sue. I miei occhi cominciano a pizzicare e le lacrime si fanno strada lungo il mio viso. Faccio di tutto per resistere, ma non ce la faccio: comincio a singhiozzare. Non so che cosa le prenda ultimamente, ma questo suo comportamento mi rattrista molto. Non è più la Marica che conoscevo e la cosa non mi piace.
Un istante dopo, me la ritrovo inginocchiata sul pavimento, le sue mani a sorreggermi il viso.
«Mi dispiace, Sere. Mi dispiace da morire». Mi avvolge in un abbraccio e io mi aggrappo a lei con forza. «Ci sarò sempre per te. Per sempre».
«Aspetto due gemelli», riesco a dire tra i singhiozzi.
Marica si stacca quel poco che basta per potermi guardare negli occhi. Luca mi porge un fazzoletto e mi soffio rumorosamente il naso, non riesco nemmeno a respirare. Quanto odio piangere! Gli ormoni mi stanno facendo impazzire e io non riesco a trattenermi.
«Non stai scherzando, vero?». Stella si volta completamente verso di me e mi guarda con la bocca spalancata per lo stupore.
Scuoto la testa, tirando su col naso per l’ennesima volta. Mi sto facendo schifo da sola in questo momento.
«Monozigoti, eterozigoti?», chiede lei con fare esperto.
«Sono due sacche», le rispondo a fatica.
«Allora sono eterozigoti», dice senza alcuna esitazione.
Tutti e tre la guardiamo accigliati.
«Come fai a sapere tutte queste cose?», domanda Luca perplesso.
Lei si stringe nelle spalle. «Quando stavo aspettando Eleonora ho bazzicato un sacco di siti internet e mi sono informata su tutte le possibilità. Non so che cosa avrei fatto se fossero stati gemelli. Lorenzo sarebbe uscito di testa e mi avrebbe lasciato con due pargoli».
«Non dire scemenze, non ti avrebbe lasciato. Smettila di buttarti giù in questo modo!». La rimprovera Marica.
«Marica ha ragione», commenta Luca.
«Tu stai zitto», ringhia la nostra amica dandogli ancora le spalle.
Luca mi guarda con aria interrogativa e lo invito, con un cenno del capo, a non aggiungere altro. Marica è per qualche motivo arrabbiata con lui e non mi sembra il caso di peggiorare la situazione. Lui acconsente buttando fuori un po’ per volta l’aria che ha incamerato nelle guance, cercando di rimanere calmo. Avrebbe tanto voluto ribattere, lo so e lo capisco. Il comportamento di Marica non è normale, ma non è questo il momento di indagare.
«Quindi ci sono due fagiolini qui dentro?». Per la prima volta da quando è entrata mi regala un sorriso e io ricambio, annuendo con decisione. Non riesco nemmeno a parlare in questo momento, mi sento svuotata.
«Pensa se fossero due bambine», esclama estasiata.
Luca sta per aprire bocca, ma lo zittisco con lo sguardo. Lui sbuffa, concentrandosi nuovamente su Eleonora che si è addormentata serenamente tra le sue braccia. Il mio migliore amico spera che siano maschi, lo so.
«Il nostro gruppetto crescerebbe a dismisura», commenta Stella scoppiando a ridere un attimo dopo. «I nostri uomini andrebbero fuori di testa. Pensa quando cresceranno e dovranno uscire con un ragazzo».
«Avrebbero vita breve». Luca alla fine decide di parlare, non lo si può tenere in silenzio troppo a lungo, gli si atrofizzano le corde vocali.
«Oh, sicuramente», aggiunge Stella divertita.
Io sono ancora in silenzio, non mi va di aprire bocca. Marica mi accarezza la guancia arrossata con una mano e mi sorride.
«Mi potrai mai perdonare?», chiede in un sussurro per non farsi sentire dagli altri.
«Non c’è niente da perdonare», le dico con lo stesso tono di voce. Mi allungo per baciarle la guancia e le mormoro all’orecchio: «Ti voglio un bene dell’anima».
«Anch’io». Mi stringe forte a sé e rimaniamo abbracciate per qualche istante.
Non capisco per quale motivo Marica si comporti in questo modo, ma apprezzo le sue attenzioni.
«Hai deciso qualcosa per quanto riguarda il matrimonio?». Onestamente non mi sarei mai aspettata che fosse lei la prima a tirare fuori questo argomento.
«Gli ho detto che va bene».
Stella ha sentito questo nostro scambio di battute e si porta entrambe le mani alla bocca.
«Abbiamo un matrimonio da organizzare?», domanda in cerca di ulteriori conferme.
«Direi proprio di sì», rispondo cercando di sorriderle.
Luca mi strizza l’occhio e non aggiunge una sola parola, continuando a cullare Eleonora da bravo zio.
«Come mai tu non dici nulla?». Marica si rivolge a lui guardando un punto del pavimento.
«Stai parlando con me?». Luca inarca un sopracciglio, un angolo della bocca sollevato all’insù.
«No, sto parlando con il cretino che c’è alle mie spalle», borbotta la nostra amica ruotando gli occhi esasperata.
«Qualcuno qui mi aveva intimato di stare zitto ed è quello che sto facendo».
Lei si alza di scatto dal tappeto, gli ruba la piccola dalle braccia, consegnandola alla madre e nasconde il viso nel petto di Luca, singhiozzando. Il mio migliore amico guarda prima me e poi Stella, allibito, ma poi recupera le sue facoltà e la avvolge in un abbraccio.
«Dimmi che cosa c’è che non va, tesoro mio», dice lui massaggiandole dolcemente la schiena.
«Non c’è niente che non va. Va tutto alla grandissima». Le parole escono strozzate per via dei singhiozzi. Nessuno di noi crede a una sola parola.
«Sai che puoi contare su di noi, in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa», le sussurra dolcemente, baciandole poi la fronte.
«Lo so ed è per questo che vi adoro». Si pulisce il naso sulla manica della maglia. «Non riesco a parlarne ora, non ce la faccio. Scusatemi».
Si stacca come una furia da Luca e questa volta prende l’uscita, sbattendo la porta alle sue spalle. Rimaniamo tutti e tre imbambolati, sconvolti da quello che è appena successo.
Marica non aveva mai reagito in questo modo prima di stasera.
«Che cosa le succede?», biascica Stella ancora con la bocca spalancata.
«Di una cosa sono certo. Se c’entra ancora una volta quel coglione di Michele, non ne verrà fuori intero», commenta Luca sedendosi al mio fianco e avvolgendomi le spalle con un braccio. Appoggio la testa contro di lui e mi faccio coccolare dal mio amico.
«Non so che cosa pensare», mormoro a un tratto. «Non l’ho mai vista in questo stato e non sono nemmeno certa che c’entri il bastardo traditore».
«Perché pensi questo?». Stella posa una mano sulla mia e ne accarezza il dorso lentamente.
«Non lo so, chiamalo sesto senso, chiamalo presentimento. Chiamatelo come vi pare». Sospiro sconsolata e chiudo gli occhi. Sono stremata e ho solo una gran voglia di dormire.
«Dobbiamo assolutamente scoprire che cosa succede nella vita di Marica. Dobbiamo studiare uno stratagemma», esclama Luca davvero convinto di quello che sta dicendo.
Io smetto immediatamente di ascoltare, non ce la faccio, preferisco raggiungere le braccia di Morfeo.

 
 
*Note dell'autrice*

Ed eccoci qui con il primo capitolo della seconda parte di Marco & Serena. Ho deciso di riprendere da dove avevo terminato “Ti va di rischiare?”, c’era ancora fin troppa carne al fuoco. Ho inoltre deciso di dare più spazio a Paolo e Marica in questa storia, impareremo a conoscerli un po’ meglio :) Okay, resto in attesa di una vostra considerazione *ansia da primo capitolo*
Grazie a chiunque darà una chance anche a questa mia nuova avventura :)
A martedì prossimo!
Un bacione, Ire.

Vi aspetto nel mio gruppo se vi va:

Bijouttina e i suoi vaneggiamenti
   
 
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