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Autore: Piperilla    17/04/2015    3 recensioni
C'era qualcosa, in Audrey, che spingeva Jason a cercarla pur sapendo quanto fosse rischioso per lei e se stesso stare vicini; e c'era qualcosa, in Jason, che portava Audrey a lasciarlo avvicinare nonostante fosse consapevole che questo avrebbe potuto significare la morte per entrambi in qualunque istante. E proprio ciò che li spingeva inesorabilmente uno verso l'altra era il motivo per cui avrebbero dovuto stare lontani, e che impediva loro di fidarsi pienamente quando si trovavano faccia a faccia.
Rassegnato, Jason, a non essere accettato dalle donne; rassegnata, Audrey, a essere respinta dagli uomini. Rassegnati entrambi, a non poter stare insieme all'unica persona in grado di capirli.
Ma a volte un bacio cambia tutto.
(Vincitrice del premio "Best Couple" al “Kissing Booth Contest” indetto da Chappy_ sul Forum di EFP)
(Quarta classificata al "Slice of life contest!" indetto da MistyEye e valutato da RoseDust sul Forum di EFP)
(Partecipante al "Quasi inedite - III edizione" indetto da Giuns sul Forum di EFP)
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Audrey aspettava, in piedi sulla riva del fiume Hudson. Sapeva che lui sarebbe arrivato; non aveva mai mancato un appuntamento, neanche quando i loro incontri erano ancora casuali, dettati soltanto dal lavoro.
   Sorrise, Audrey, ripensando al suo primo incarico – al loro primo incarico: erano nemici – lo erano ancora – al servizio di persone che si odiavano; erano gli alfieri in una guerra senza fine – ogni sotterfugio, ogni offensiva, ogni attacco era affidato alle loro mani – al soldo di re senza scrupoli; erano in competizione, sempre, per dimostrare ognuno la propria superiorità sull’altro.
   Strinse più forte la mano intorno alla canna del fucile.
   «Pronta, Audrey?».
   La donna sorrise; nonostante non avesse mai distolto lo sguardo dall’acqua, nonostante lui si fosse avvicinato silenzioso come sempre, lei l’aveva sentito arrivare.
   «Sempre, Jason».
   Audrey tirò su il fucile e se ne puntò il calcio contro la spalla con un gesto esperto, imitata da Jason.
   «Il barattolo rosso» disse lui.   
   Due spari risuonarono in contemporanea.
   Il barattolo rosso che galleggiava nel bel mezzo del fiume schizzò impazzito nella corrente, colpito dai proiettili, per poi affondare rapidamente. Uomo e donna continuarono a sparare, colpire rottami nel fiume e ricaricare con la stessa naturalezza con cui parlavano, respiravano, si muovevano. Nei loro gesti c’era, addirittura, un automatismo che rivelava come quelli fossero gesti abituali per la coppia in riva allo Hudson: non avrebbe potuto essere diversamente, per due dei killer migliori al mondo.
   Dopo aver colpito appena un secondo prima di Jason una lattina vuota di birra che veniva trascinata dalla corrente, Audrey sorrise. All’inizio della loro singolare conoscenza aveva odiato Jason; poi ne era stata affascinata; dopodiché il passaggio dall’odio a qualcos’altro era stato quasi indolore. Dopo il loro primo incontro faccia a faccia, dopo tutte le volte in cui si erano scontrati a mani nude o si erano sparati contro, dopo la volta in cui lui l’aveva quasi uccisa dopo la morte di Jean Dupré e poi medicata; dopo Lisbona, dopo tutte quelle missioni sul filo del rasoio, i sentimenti di Audrey erano scivolati lentamente verso qualcosa che lei sapeva di non aver mai provato prima. Aveva capito che sarebbe stato Jason a darle il bacio: non uno qualunque – era stata baciata da altri uomini, era già stata baciata da Jason stesso – ma quello, che non aveva ancora mai ricevuto, in grado di farle dimenticare ogni cosa, compresa se stessa: il bacio che anelava da tutta la vita.
   Con la coda dell’occhio, Jason osservò Audrey e scorse il suo sorriso appena accennato. Nonostante avesse quasi vent’anni più di lei, Jason aveva capito che Audrey era la donna della sua vita. Con lei non era come con le altre: fino ad allora, pur non essendo bello, aveva avuto molte donne, era stato amato, adulato, desiderato, ma con nessuna era riuscito a lasciarsi completamente alle spalle la sua natura di criminale. Aveva dato molti baci, eppure sapeva che non ce n’era mai stato neanche uno in cui avesse messo tutto se stesso: la sua parte sanguinaria, quella spietata e priva di umanità che era cresciuta fino a divorarlo quasi per intero – moderno Mr. Hyde, mostro crudele e implacabile ben nascosto agli occhi del mondo – glielo aveva sempre impedito. Ancora nessuna donna era stata il suo antidoto, ancora non era arrivato quel bacio in grado di resuscitare l’uomo sepolto tra le ceneri della bestia. Ma quando aveva baciato Audrey per la prima volta, in quello sfiorarsi delle loro labbra aveva sentito per la prima volta, fievole e leggero, il sapore di quell’antidoto che una parte inascoltata di sé bramava bere almeno una volta. Non era dolce; era aspro, aspro come un limone acerbo, e sapeva che quando finalmente sarebbero stati pronti, quando finalmente avrebbe strappato ad Audrey un bacio pieno di quell’essenza misteriosa, la sua gola si sarebbe stretta, i polmoni si sarebbero rifiutati di prendere fiato: intuiva che sarebbe stato un po’ come morire di una morte lenta e piena d’agonia, ma dolce. Accanto a lui, Audrey abbassò il fucile. I suoi occhi erano ancora fissi sul fiume, dove schegge di luce del sole morente danzavano sull’acqua: le rimbalzavano sul volto creando uno strano gioco di luci ed ombre, e a Jason sembrò che la Natura stessa si adattasse a quello che Audrey era: una facciata innocente a nascondere una criminale versatile e una killer spietata, e ancora sotto di nuovo morbidezza e voluttuosità, premura e dolcezza, come una donna qualsiasi; l’autocontrollo e l’impulsività, la razionalità e l’istinto, turbinavano in tutte le direzioni rendendola una tempesta perfetta, e ad ogni istante quella donna cambiava, mostrando una delle tante facce che la componevano.
   Quella parte che teneva sempre nascosta – proprio quella morbidezza, venata di istinto femminile che di tanto in tanto si permetteva di lasciare libera – suggeriva ad Audrey che forse quella luce crepuscolare era quella giusta per illuminare il bacio, che magari quella strana gita in riva al fiume era il momento adatto per quel bacio. Audrey lo voleva, con tutta se stessa: a trentadue anni era stanca di essere un sicario e non una donna, era stata una criminale per tutta la vita e c’erano, sempre più spesso, momenti in cui aveva bisogno di qualcosa che la convincesse di poter ancora essere umana. Il bacio era il salvagente verso cui tendeva.
   Jason, immobile a mezzo passo da lei, fremeva. Era raro che fossero così vicini al di fuori delle occasioni in cui si scontravano per lavoro: lavoravano per due uomini d’affari che si odiavano ferocemente, e instaurare un rapporto era pericoloso per entrambi. Averla accanto così a lungo, in quel silenzio rotto solo dai colpi di fucile che lo faceva sentire in pace, lo spingeva verso di lei: voleva stringerla, voleva annegare in Audrey, che era così simile a lui da permettergli di essere se stesso – uomo e assassino insieme, uniti in modo indissolubile – eppure abbastanza diversa da dargli la speranza di una possibilità: una possibilità di qualcosa di diverso da quella che ormai era tutta la sua vita – tutta la loro vita. In Jason, la disciplina ferrea a cui aveva improntato la sua intera esistenza talvolta era messa a dura prova dalla spinta quasi insopprimibile ad agire: era un istinto che gli suggeriva con estrema precisione quando era il momento di abbandonare la paziente pianificazione con cui preparava ogni missione e agire con rapidità e decisione per ottenere il risultato che si era prefissato. Per questo non ebbe quasi bisogno di pensare: sapeva già cosa doveva fare, e sapeva già come doveva farlo.
   «Audrey».
   Audrey si voltò verso di lui. Jason non aveva distolto lo sguardo dal fiume, non si era mosso; tutto quello che aveva fatto era stato lasciar fluire il suo nome fuori dalla propria bocca, come se in quelle poche sillabe fosse racchiuso tutto, come se fossero sufficienti a spiegare ogni cosa. Lei continuò a fissarlo, in attesa.
   «Audrey» ripeté Jason. Stavolta alla donna sembrò che avesse pronunciato il suo nome come un sospiro di stanchezza: lento, basso, esausto. Stringeva il fucile alla base della canna, e lo faceva oscillare piano: se non fosse stato per quel lieve movimento, chiunque l’avrebbe scambiato per una statua.
   Audrey non parlò. Quando finalmente Jason si girò verso di lei, entrambi capirono che era arrivato quel momento che avevano aspettato per anni.
   La mano con cui Jason teneva il fucile si mosse veloce; le circondò la vita con il braccio e la attirò a sé, indugiando su quelle labbra immobili e su quegli occhi decisi che lo fissavano, in attesa.
   Anche Audrey continuava a stringere tra le dita il fucile: non poteva lasciarlo, non voleva, non ne era capace. Per una donna come lei, impugnare un’arma non era un modo per difendersi o un passatempo preso in prestito dal mondo maschile, ma un lavoro: rappresentava, forse, l’essenza del suo lavoro, che era un po’ come dire che rappresentava l’essenza di ciò che lei era, mente, cuore e istinto, nata per sognare, amare, vivere e cresciuta per truffare, torturare, uccidere.
   Non voleva lasciare quel fucile, Audrey: non poteva permetterselo, non mentre si trovava tra le braccia di un assassino spietato quanto lei e nonostante si fidasse di lui, nonostante sapesse che Jason non l’avrebbe uccisa. La sua benedizione, se ne rese conto in quel momento più che mai, era di possedere due mani. L’aveva pensato spesso, in passato, quando con una mano aveva tenuto fermo un nemico e con l’altra aveva inflitto il colpo mortale; quando il sapiente lavoro di tutte le sue dita aveva prodotto documenti falsi, o scassinato luoghi sicuri: ma mai come quel giorno aveva compreso la suprema fortuna del poter usare le sue mani per fare cose diametralmente opposte come tenere un fucile e allo stesso tempo aggrapparsi all’unico uomo che fosse mai riuscito a farle dimenticare per un attimo la parte di sé – quella parte così grande, così pesante – che a volte considerava avariata: la parte di sé senza scrupoli, la stessa che la rendeva una criminale tanto efficiente. E Audrey sapeva di volerlo, quel bacio – e di volerlo ricevere dall’uomo che le stava di fronte – perché l’adolescente solitaria che era stata e che ancora riviveva in lei attraverso i ricordi gridava le proprie ragioni, il proprio diritto a innamorarsi e ad essere finalmente ricambiata, e non ignorata o messa da parte perché già addestrata all’illegalità, già troppo matura e letale perché gli uomini potessero amarla e volerla al loro fianco.
   Forse avrebbe dovuto parlare, dire qualcosa, pensò Jason; perché in quel momento le aspettative erano tali che non riusciva a compiere l’ultimo passo, a posare le proprie labbra su quelle di Audrey. E Audrey si poneva le stesse domande: avrebbe voluto parlare, esortarlo ad agire o farlo lei stessa, eppure temeva che muoversi o anche solo respirare avrebbe distrutto quel momento, quell’attimo di inaspettata e insperata vicinanza – forse neanche a Lisbona erano stati così vicini, in quella notte tanto piena di sangue e ricordi da sembrare ormai lontanissima nonostante fossero passati solo pochi mesi. Non riusciva a baciarla, Jason, se con quegli occhi scuri Audrey continuava a fissarlo, aspettandolo e sfidandolo; non poteva baciarlo, Audrey, se l’espressione di Jason restava granitica e impenetrabile come sempre, congelata nello sforzo riflessivo di cui non potevano fare a meno e che così poco aveva a che fare con quel momento. Anche in silenzio, anche immobili, uomo e donna continuavano a tenersi testa, a lottare con ferocia per la supremazia, bloccati in quella zona grigia in cui nonostante tutto i mostri annidati dentro di loro urlavano la loro diffidenza e il loro desiderio di prevalere sull’altro, di schiacciarlo e conquistarlo. Sentivano quell’attimo speciale scivolare loro tra le dita e andare perso per sempre, mentre nessuno dei due si decideva a cedere, a concedere all’altro un centimetro fatto di sola fiducia per riuscire finalmente ad avanzare.
   Il sole continuava la sua discesa inarrestabile, inseguito dalle tenebre conquistatrici.
   Audrey batté le palpebre. L’espressione di Jason si ammorbidì impercettibilmente. Un respiro così profondo da essere doloroso riempì il petto di lei, e le spalle di lui si ammorbidirono per la prima volta dopo tanto tempo. Con uno scatto repentino entrambi si mossero, come se d’improvviso una forza invisibile li avesse attratti uno contro l’altro, e le loro bocche si incontrarono a metà strada con la frenesia di chi sa di aver quasi perso un’occasione unica.
   E Audrey si stupì nel trovare la bocca di Jason così dolce, così gentile e seducente sulla propria, senza alcuna traccia di prepotenza o violenza: quello era il bacio dell’uomo, e non dell’assassino.
   E Jason fu altrettanto sorpreso nel sentire le labbra di Audrey tanto arrendevoli e premurose sotto l’assalto delle proprie, morbide e delicate, e più voluttuose di qualsiasi altre avesse assaggiato prima: quello era il bacio della donna, e non della mercenaria.
   Insieme, per la prima volta nella vita – fatto curioso e pietoso allo stesso tempo, un uomo e una donna mai sfiorati dall’amore di un’altra persona e ormai convinti di essere aridi dentro – si persero in un bacio in cui c’era tutto quello di cui avevano sempre fatto a meno, a cui credevano di essere immuni. Lo sentivano zampillare dentro di loro come una fonte che sbuca improvvisa nel deserto, oasi sacra e privata dedicata esclusivamente all’altro e a cui nessun altro avrebbe mai avuto accesso; un amore scaturito dalla comprensione, dalla consapevolezza di ciò che entrambi erano e sempre sarebbero stati, e portato a galla da un bacio che nessuno dei due sperava più di ricevere.
   Non ne erano spaventati: tanto Jason quanto Audrey erano coscienti di come quell’amore fosse atipico, anomalo. Capivano che era un sentimento generato non dal desiderio tipicamente umano di amare, ma da una persona reale, concreta, unica, e che non c’erano altre persone al mondo capaci di far nascere in loro qualcosa di simile. Audrey si era innamorata di Jason perché nei suoi occhi vedeva riflessa una donna e non un mostro, Jason non poteva più fare a meno di Audrey perché lei lo toccava senza paura né disgusto: non si giudicavano, non si condannavano; non erano spaventati né nauseati dalle azioni dell’altro, per quanto terribili fossero, perché entrambi avevano le mani sporche del sangue e del pianto delle loro vittime e sapevano quanto grande fosse quel fardello. E nonostante fossero abituati alla solitudine e alla diffidenza, sapevano che quell’amore nato per caso – non cercato, non voluto, all’inizio persino temuto – non avrebbe in alcun modo cambiato quello che erano, che non li avrebbe resi meno disumani nello svolgimento del loro lavoro: non si erano conquistati, si erano concessi, mantenendo così la propria indipendenza l’uno dall’altra e il loro bisogno di non sentirsi sottomessi da nessuno, indispensabile nel loro mestiere. Non si sentivano due metà di una mela, quanto piuttosto un missile e il suo codice d’innesco: inutili se separati, letali nell’unirsi.
   Il sole morente si spense con un ultimo guizzo, lasciando il fiume immerso nell’oscurità. Gli ultimi due colpi di fucile brillarono nel buio, colpendo un pezzo di metallo che rifletteva la luce fioca della luna, e le due ombre scure si allontanarono in direzioni diverse senza voltarsi: Jason e Audrey sapevano che al pari quel fiume – muto testimone del loro primo, vero bacio – che sempre scorreva senza mai tornare indietro, anche loro non sarebbero mai più state le persone che erano soltanto un’ora prima.
   
 
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