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Autore: Lusivia    17/04/2015    3 recensioni
[STORIA IN VIA DI REVISIONE: primi SETTE capitoli aggiornati.]
Un tempo credevo che quelle piccole sferette bianche fossero la sola cosa che mi impedisse di impazzire, quel filo stretto attorno alle rovine della mia mente, e tutto ciò che dovevo fare per evitare il collasso era chiudere gli occhi e buttarle giù.
Per diciotto anni avevo vissuto nella convinzione che fosse giusto così, che non poteva esserci via d'uscita da quella villa nascosta tra le colline, ma spiriti antichi avevano cominciato a sussurrare le loro verità.
Un giorno, da un debole atto di ribellione scoprii che ciò che vi era dentro di me era molto più che il riflesso della malattia; era qualcosa di più antico, l'eco del sangue versato in nome di quell'eterna battaglia che continuava ad emettere i suoi clangori, ma l'umanità era ormai troppo giovane per ricordarne il suono.
Ho dovuto vivere le favole narrate dalle antiche voci nella mia testa per scoprire la verità su di me, sul mondo, sull'autentica faccia dell’umanità, e ancora non sono sicura che sia davvero tutto.
Ma ora dimmi, Laura: quanto indietro vuoi tornare per scoprire che la tua vita è, ed è sempre stata, una bugia?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Kadar Al-Sayf, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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                                                                                                     Capitolo 11
                                                      
                                                                                         Deus dedit, deus abstulit.




L’atmosfera esplose in una feroce combinazione di pioggia e vapori provenienti dal sottosuolo bollente del deserto e presto un vento livido cominciò a soffiare contro le pareti della montagna.
Il manto dei cavalli era perlato di spruzzi d’acqua, le criniere cascavano pesantemente sulle loro teste allungate, di tanto in tanto calpestavano infastiditi la terra fangosa dell’entrata.
Avevo i vestiti pesantissimi e i capelli si erano completamente attaccati lungo la schiena, gli stivali erano zuppi così come le mie ciglia, ma non mi curai nel mio aspetto perché in quella caverna era troppo buio perché riuscissi a vedere quanto i miei occhi fossero arrossati.
Un altro gioco malfido di quella divinità capricciosa.
Strizzai i capelli con le mani, poi asciugai le gocce di pioggia sul viso con il polso e poggiai i palmi madidi sulle cosce, sospirando avvilita prima di girare il volto verso la figura immobile che gemeva e guaiva nei deliri dei suoi incubi.
Malik aveva tentato di mantenere integra la sua coscienza fino a quando l’assurdità degli eventi lo teneva stregato tra l’incredulità e il sogno, come se neanche si rendesse conto di quello che era appena successo, ma alla fine il risveglio fu inevitabile.
Avevo visto il suo animo incrinarsi lentamente, pezzo dopo pezzo, già mentre nel Tempio costruiva il monumento funebre di Kadar con macerie e travi, avvalendosi dell’unico braccio che riusciva a muovere e rifiutando orgogliosamente qualsiasi aiuto da parte mia.
Eseguiva quei movimenti senza espressione, senza emozione, senza un fine.
Il dolore gli ostruiva i pensieri e gli impediva di realizzare quanto sentisse male, sia nel fisico sia nell’animo, almeno finché il grido del vento all’uscita del tunnel gli sbloccò la mente e, con essa, la bocca dello stomaco.
Feci in tempo a spostarmi che Malik rigettò sui suoi piedi un intruglio di sangue e bile e pochi resti del cibo, dopo di che il suo corpo non riuscì più a reggere la tensione che stava scoppiando sotto i tendini tirati e alla fine si abbandonò su di me.
Avevo provato a tenerlo sveglio almeno finché non fossimo giunti ai cavalli e Malik non si abbandonò subito ma farfugliò e lottò il tempo necessario per issarlo sul suo cavallo, dopo di che svenne contro il collo della bestia.
Non ricordavo bene cosa feci dopo, forse piansi.
Adesso, però, ero lì, in una grotta a poche miglia dal Tempio e con Malik svenuto nei suoi deliri febbrili, mentre fuori imperversavano acqua e lampi come se il mondo fosse stato inghiottito nel caos.
Rimasi ripiegata su me stessa per un po’, continuando a fissare la superficie spenta del turchese incastonato nel bracciale, e mi sentii persa.
Kadar è morto. Kadar è morto e non tornerà più.
Brivido.
Ho ucciso un uomo. Ho ucciso un uomo con queste mie mani e ho provato piacere a farlo.
Sussulto.
Quanto sangue, quante morti quel giorno.
Ed io, salva per miracolo.
La bocca mi si spalancò in un singulto, poggiai la fronte contro il bracciale credendo che avrei vomitato atterra, ma ciò che versai furono solo lacrime e un grido sussurrato che bruciò come fuoco.
Quel giorno erano morte tante persone, Assassini e Templari senza distinzioni.
Ma io ero viva.
Io e Malik avevamo ancora una possibilità di sopravvivere.
Così, tirando indietro le lacrime e il respiro, sollevai la fronte dalla superfice levigata della pietra al polso, riempii i polmoni dell’odore della pioggia e, piano piano, quella foschia di pensieri si dipanò un po’.
Mi presi un altro minuto per discorrere mentalmente su quello che avevo a disposizione e sulla mia abilità come infermiera, soppesai i rischi che Malik correva se non avessi provveduto a rendere sterile la ferita e arrivai alla conclusione che in ogni caso sarebbe morto, con o senza il mio zampino.
Valeva la pena tentare di salvarlo.
Raggiunsi i cavalli legati all’entrata, carezzai il muso di entrambi per calmare il loro respiro e il mio, poi cominciai a rovistare nelle bisacce delle selle finché incappai in qualcosa di utile: una borraccia d’acqua e un fazzoletto pulito da stringere per bloccare l’emorragia.
Agguantai la borraccia, tirai distrattamente il lembo del tessuto e torsi il busto per controllare velocemente Malik, quando uno stridulo fioco irrigidì le mie dita a mezz’aria e il corpo si fermò.
La cavalla nitrì, schioccò la coda nell’aria e mi studiò circospetta, quasi riuscisse a sentire il battito del mio cuore esser accelerato e ne fosse infastidita.
Mi rigirai lentamente, deglutendo, poi stesi le dita in avanti e feci pressione sul bordo della bisaccia quel tanto che bastava per riuscire a scrutarne il fondo, lì dove quello stridulo assillante stava lentamente sfumando nel nulla.
Ed eccolo là, l’oggetto per cui quel giorno erano morte tutte quelle persone.
Lo avevo recuperato mentre Malik costruiva la tomba per Kadar, poco distante dal cadavere del Templare che avevo trucidato, ma non avevo avuto il coraggio di scoprire cosa vi fosse avvolto in quel panno polveroso e così mi ero limitata a portarlo con me nella bisaccia della sella.
Ripensai a quando quell’oggetto misterioso aveva riflesso il bagliore della sua superficie dorata nelle mie irridi, e rabbrividii.
Non sapevo cosa diavolo mi fosse successo né cosa fosse stato ciò che aveva risvegliato la follia della mia testa malata, però una strana sensazione mi stringeva le viscere ogni volta che osservavo la sua circonferenza sferica e questo non mi piaceva.
Non avrei visto oltre quel panno.
Avrei portato quell’oggetto a Masyaf e consegnato ad Al Mualim, dopo di che non m’importava di che uso ne avrebbe fatto, né di scoprire a cosa servisse.
Volevo solo sbarazzarmene alla svelta.

*  *   *

Malik era lì dentro da un po’.
Mi chiedevo cosa stesse accadendo all’interno delle mura mentre io me ne stavo fuori, incapace ancora una volta di affrontare la situazione a volto scoperto, troppo assente e stanca per rispondere all’interrogatorio del signore della fortezza.
Era il manufatto, mi aveva tenuto sveglia tutte le notti con quel suo stridulo continuo e martellante, mentre, al contrario, la vocina nella mia testa si era dileguata da quel giorno nel Tempio.
Sbuffai.
Comunque, il vecchio sarebbe stato felice di vedere il manufatto sano e salvo a Masyaf.
Forse poco gli sarebbe importato quando Malik gli avrebbe raccontato della tragica lotta in cui Kadar aveva perso la vita, ma l’estasi del trionfo lo avrebbe reso benevolo.
Ma non era il perdono di Al Mualim ciò che mi premeva in quel momento.
Intanto che attendevo sulle scale, vidi la sentinella che aveva accompagnato Malik dal vecchio uscire dalla penombra e scendere nella piazzola a testa china, così mi piantai immediatamente davanti a lui e lo invitai a informarmi della situazione.
-Cosa sta succedendo nell’ufficio del Mentore?- domandai.
Lui scrollò le spalle, aggirandomi abilmente. - Non so cosa sia successo, ma Malik è ridotto davvero male. Credo che Altaïr non se la caverà con una strigliata, ’sta volta.
Una smorfia amara mi solcò il viso, la sentinella si licenziò velocemente da me.
Erano passati giorni dall’ultima volta che lo avevo visto, precisamente da quando ci abbandonò come animali da macello alle truppe del di Sable nel Tempio.
Eppure, sentire il suo nome mi provocò un bollore dentro che superò ogni aspettativa.
Scommettevo che in quel momento stava arrancando scuse neanche troppo creative per placare le accuse gridate di Malik, certo che il Mentore non gli avrebbe voltato le spalle neanche quella volta, perché lui era il Prescelto.
-Malik è ridotto davvero male.
Una voce sottile mi strappò da quel flusso di emozioni, riportandomi alla realtà proprio mentre incrociavo lo sguardo con quello di Rauf, che se ne stava in piedi a fissarmi vicino alla staccionata d’allenamento.
Per un momento la sua presenza mi agitò, soprattutto se ripensavo al tempo che aveva dovuto scontare nelle segrete a causa di quel litigio con Kadar, ma qualcosa dal modo in cui mi guardava con le braccia strette sotto torace screditò qualsiasi atteggiamento bellicoso.
-Si è svegliato da poco. - giustificai io.
Lui parve impensierito. -Alle mura ho incontrato Altaïr mentre era di ritorno. - cominciò poi - Aveva un’espressione sconvolta. Pochi istanti dopo, ho scorto Malik che saliva le scale con una cassa e una sentinella a trasportarla, pallido come un fantasma e ferito gravemente.
Io lo fissai, inespressiva.
-Al Tempio, purtroppo, le cose sono andate male.
-Dov’è Kadar?
Non risposi.
Lasciai che fosse il mio sguardo rammaricato a fargli intendere la dura verità.
Lui rimase raccolto in un’espressione innaturale, come se non sentisse alcuna emozione o pensiero, poi un singulto gli contrasse il petto una volta, e una volta ancora, finché Rauf non si ritrovò a singhiozzare senza freni davanti a me.
-Mi…mi…mi dispiace….!-continuava a gemere. - Dovevo fermarlo e invece…invece gli ho dato del depravato! Ma non…non volevo, non…
Un altro singulto gli storse il viso e all'istante le ginocchia di Rauf cedettero rovinosamente sulle scalinate, mentre i pugni stringevano contro le guance rigate di lacrime e il petto tremava inerme.
-Mi…mi dispiace…io non sapevo…- ripeté, ormai consapevole che tutta la follia di quel suo sentimento spregiudicato e contrariato, tutti i sospiri insoddisfatti e il desiderio che mai avrebbe trovato luce, erano morti con l’uomo che amava.
E il mio dolore, se comparato al suo, era poco più che un mal di denti.
Stupidamente, mi sentii surclassata.
-Ti ha…raccontato tutto?- finalmente, riuscii a sbloccare quella pressione sulla punta della lingua.
Lui tirò su con il naso, annuendo.
-Prima di partire, è venuto da me. Mi… ha chiesto di proteggerti, nel caso ti fosse accaduto qualcosa. - sospirò, lasciandosi andare a una risata accorata - Però…che stupido cazzone a nasconderti tra i Novizi! Per lo meno poteva trovarti un posto più sicuro, dove non rischiavi di essere assalita da un branco di uomini che non scopano da mesi…Che dire, era ingenuo.
Tacqui, completamente senza parole, finché anch’io scivolai in una debole risata di sconforto.
Già, era stato ingenuo.
Ma, proprio quando i miei occhi stavano per rigettare di nuovo le lacrime, un Assassino di vedetta sulle mura ci lanciò un fischio nervoso che venne captato dalle nostre orecchie all’istante, dunque entrambi alzammo lo sguardo in direzione della sentinella.
Rauf tirò su le lacrime, alzandosi da terra mentre tentava di riprendere un contegno -Che succede?-domandò il giovane.
-Avvisate Al Mualim!-rispose a pieni polmoni l’altro - Fai in fretta, svelto!
-Che devo dirgli?
-Digli che ci sono guai in vista! I Templari sono qui, stanno trucidando la popolazione!
Io e Rauf avemmo appena il tempo di scambiarci uno sguardo impallidito, poi lui si precipitò lungo le scale e sparì verso l’ufficio del Mentore, veloce come una lepre inseguita da un segugio.
Qualche minuto dopo, il vecchio comparve sul balcone, tallonato da Altaïr che lo seguiva con aria impaziente.
Fu allora, mentre Rauf sgattaiolava al fianco del Mentore per chiedergli come respingere gli invasori, che Altaïr, tra un’occhiata distratta e l’altra sul campo, ma capii che stesse cercando me quando il suo sguardo si posò in uno spasimo sul mio volto buio.
Spalancai gli occhi riflessi nei suoi, sentii una morsa dolorosa stritolarmi la gola e pensai seriamente di correre sul podio e rifilarli un bel pugno sul grugno, ma, per quanto la mia immaginazione corresse veloce, la verità era che mi sentivo smarrita.
Poi, Al Mualim lo richiamò all’attenzione con voce grave e quello distolse lo sguardo, mentre io, a bocca dischiusa, abbassavo lo sguardo da perfetta vigliacca.
Il mio cuore batteva all’impazzata, ma per il livore.
Stavo ancora meditando sui miei sentimenti quando udii un fischio alla mia destra, così drizzai subito la testa sul collo e la girai verso l’entrata della torretta di controllo davanti cui, adesso, c’era Rauf.
Lo raggiunsi a passo deciso. -Che succede? E Malik? Dov’è?
-Non preoccuparti, è nelle mani dei dottori. - tagliò corto lui, poi aprì l’entrata sulla tromba delle scale e mi fece cenno di precederlo. - Muoviti, non c’è tempo.
Gli lanciai un’occhiata pensierosa, poi voltai la testa e mi accinsi a salire i gradini che conducevano a quaranta metri dal suolo proprio mentre Altaïr usciva dalla fortezza di corsa.
All'interno delle mura i rumori provenienti dall'esterno erano amplificati lungo la tromba delle scale e rimbombavano sempre più forti, sempre più agghiaccianti e sanguinolenti, finché un tetro presentimento mi portò a intuire cosa stesse accadendo nel villaggio.
Ma ne ebbi la conferma solo quando giungemmo alla cima, lì dove l’aria sollevava la polvere e le budella dei corpi squartati sul terreno e riportava il tanfo insopportabile fino a noi.
Al villaggio, un numero agghiacciante di cadaveri erano cosparsi sulla pianura insanguinata e più della metà degli Assassini era scesa nel villaggio per fermare il massacro, ma i Templari erano troppi e ben armati e stavano riuscendo ad aprirsi un varco verso l’acropoli a colpi di fendenti e zoccoli.
La vista di quella moltitudine di morti mi fece prudere le mani e la lama, ma il mio sdegno si tramutò in panico quando scorsi l’orda rumorosa di spade e cavalli avanzare verso la nostra sede, lasciandosi finalmente alle spalle i pochi abitanti che erano scampati al massacro.
Alcune ombre bianche fecero appena in tempo a rientrare prima che l’entrata fosse serrata, poi tutti si portarono sulle mura per osservare le truppe della Santa croce che attendevano silenziosi davanti alle mura.
I cavalli si fermarono, i ferri vennero momentaneamente riposti, e calò un silenzio surreale.
Solo un uomo procedette a cavallo, completamente solo, e riconobbi in lui Roberto di Sable grazie al luccichio rosato che riflesse la sua testa calva.
- Quel bastardo... ci ha seguito! - ringhiai, sporgendomi un po’ dal bordo della torre.
Rauf rimase sorpreso della mia affermazione. - Avete avuto un confronto con il Gran Maestro dei Templari?- domandò e, quando annuii, lui mi guardò con aria pressoché ammirata.
Poi, dopo qualche tentennamento in cui avrebbe voluto dire qualcosa, tornò sull’uomo che, nel frattanto, aveva intrapreso una poco affabile conversazione con l’altro Gran Maestro.
Mentre io e il Novizio tentavamo di cogliere il saliente della trattazione per la resa, due Assassini irruppero nella torre e si disposero velocemente davanti alle rispettive piattaforme, senza badare minimamente a noi.
Uno di quei due era Altaïr e, a giudicare dalle vesti imbrattate di sangue, doveva esser tornato dallo scontro al villaggio.
Per l’ennesima volta i nostri sguardi furono inspiegabilmente calamitati l’uno verso l’altro e ci scrutammo a distanza senza nascondere la tensione ben dipinta in viso, ma dal pendio salì un grido terrificante e immediatamente tutti accorremmo appena in tempo per vedere un Assassino sgozzato dalla lama di Roberto.
Il confratello con cui era arrivato Altaïr ringhiò una maledizione contro la stirpe del di Sable, Rauf chiuse gli occhi in un moto di disgusto ed io rabbrividii fino all’estremità delle spalle.
-Ora basta, dobbiamo fare qualcosa!- convenni con determinazione furente, provocando la reazione istintiva di Altaïr, marciò spedito sulla piattaforma.
-Concordo con te. - sentii dire da Rauf, poi riemerse dal suo silenzio e spalancò gli occhi. -Mettiti lì, presto. – ordinò, indicandomi con un cenno la quarta piattaforma.
Io trasalii -Spero che tu stia scherzando, Rauf! Moriremo di sicuro da quest’altezza, è una follia!
-Non morirai.
-Rauf, non è un una possibilità, ma la forza gravitazionale.
Rauf alzò gli occhi al cielo -Nadim. Non morirai ma, dannazione, non farci saltare il piano!
-È follia. - insistetti a denti stretti, ma alla fine obbedii senza altre storie.
Marciai sulla passerella scricchiolante lottando contro le folate di vento che tentavano di farmi capitolare giù ancor prima di raggiungere l’orlo, esitai a metà e con la testa incassata tra le spalle, lanciai un’occhiata di sfuggita agli altri.
Rauf e il terzo Assassino erano completamente a loro agio mentre marciavano sicuri sulla piattaforma, ma Altaïr, lui fluttuava tra le increspature degli abiti che si gonfiavano come vele sul mare.
Grugnii, dando un colpo all’orlo dell’abito che stava fastidiosamente sbattendo tra le mie gambe, poi un ultimo sforzo e raggiunsi il capolinea della piattaforma per il salto.
Ma poi, proprio mentre gli occhi si riempivano di lacrime a causa della polvere trasportata dal vento, un luccichio ceruleo oltre quelle rocce acuminate m’indusse a spostare lo sguardo sull’orizzonte, dove un fiume luccicava tra le curve delle verdi colline.
In contemporanea a quella nuova scoperta, due piccoli volatili mi sfrecciarono davanti e fecero alzare i miei occhi verso l’alto, riuscendo così ad ammirare le loro piroette perfette mentre seguivano l’andamento delle correnti ascensionali, riscendendo poi in spirali verso il basso.
Adesso non c’era più il rumore dei cavalli e del ferro di guerra, né il puzzo di budella ed erba mischiati, ma solo il respiro pulito di Masyaf.
Inspiegabilmente, la tensione si allentò.
Sospirai, poi tornai con lo sguardo sulle truppe nemiche, rendendomi conto solo allora che la trattazione tra i due Maestri era già cominciata.
-Allora, vecchio, è questo che vuoi? Che il sangue dei tuoi scorra a iosa sulla mai spada ancora una volta?- domandò il Gran Templare – Perché non metter fine a quest’inutile spreco di risorse, ridandomi ciò che i quattro cani bastardi che hai mandato al Tempio mi hanno sottratto?
-Quattro?- esclamò il vecchio Assassino, allargando le braccia dall’alto delle mura di cinta mentre ribatteva - Ma io ne ho inviati solo tre, Roberto! I migliori!
La risata del di Sable mi provocò un tonfo al cuore, mentre la tensione salì nelle mie vene.
Calma.
-Cosa ci trovi di così divertente?- Al Mualim era visibilmente irritato dall’impudenza dell’avversario.
- I tuoi adepti mordono come serpi, Assassino!- esclamò il comandante, facendo muovere il cavallo su e giù davanti alle mura. -Attento, finirai avvelenato nelle menzogne del tradimento.
Le mani fragili del Maestro picchiarono sulla superficie in pietra con stizza.
-Frena quella lingua biforcuta, Roberto, o verrò giù io personalmente a tagliartela!
-Non aspetto altro.
-Quale arroganza !Vieni qua, in casa mia, e ti permetti non solo di pretendere qualcosa che ritieni esser tuo di diritto ma addirittura osi mettere in dubbio la fiducia dei miei uomini! E allora eccoti qua la prova, razza di miscredente!
A quel punto, la mano venosa del vecchio indicò nella nostra direzione e le truppe nemiche alzarono il capo verso di noi.
- I miei uomini non hanno paura di nulla. – continuò il vecchio Assassino, ora con le labbra tese in un sorriso vittorioso - Mi obbediscono ciecamente e se io dico di gettarsi tra le braccia della morte attraverso un volo senza scampo…ebbene, lo faranno.
A quel punto, un segnale sonoro di Rauf ci fece segno che era il momento.
Dovevamo saltare.
I secondi precedenti al volto furono i più lunghi della mia vita, i più intensi e contradittori.
Provai a trovare un dannato motivo per saltare, per cui rischiare la mia vita in quel folle volo.
Lo trovai nel momento in cui vidi l’espressione di beatitudine dipinto sul volto dei miei confratelli mentre allargavano le braccia nel vento, lasciando che questo sbattesse contro le loro ginocchia e gonfiasse le vesti bianche come vele.
Invidiai la loro pace, così fui inspiegabilmente spinta a testare quella sensazione.
Guardai il cielo, le nuvole, le ali degli uccelli, e sentii che c’era qualcosa di estremamente naturale nel modo in cui il mio corpo veniva attratto verso il ciglio della piattaforma, come se…se fosse stato progettato per muoversi col vento.
diceva Suor Agata, se da piccola avevo una delle mie solite crisi.< Farà meno male quando la carne soffrirà.>
Pouf! Il mio corpo si staccò.
Allargai le braccia nell’aria e distesi la punta dei piedi, spingendo il mio equilibrio oltre la piattaforma, e gli occhi si chiusero, cullati dallo schiocco rassicurante delle vesti.
Per lo meno, se mi fossi sfracellata al suolo quel sogno sarebbe arrivato alla fine.
Poi, il nulla.
Solo l’aria che cercava di ghermirmi il corpo con le sue braccia azzurre, senza riuscire però a bloccare il volo.
Allora, era questo il salto della fede?
Libertà?
Un tonfo sordo e pensai di esser rientrata nel mio corpo in tempo per non perdermi il suo sfracellarsi contro le rocce.
Ma poi sentii un filo ispido di paglia pungolarmi il bulbo oculare e, schizzando all’insù in un grugnito di dolore, uscii da quella mare di giallo in cui ero appena atterrata.
Mai stata così felice di vedere un covone di paglia!
Mentre io sfilavo i resti degli aghetti infilati sotto il cappuccio, sia Rauf Altaïr uscirono indenni d’atterraggio, ma il terzo Assassino non fu altrettanto fortuna e adesso stringeva tra guaiti e sussulti la sua gamba rotta.
Sentendo il confratello iniziare a lamentarsi, Rauf si precipitò a tappargli la bocca con le sue mani sottili e gli brontolò di tacere se non voleva che il piano da morti suicidi saltasse all’aria, ma gli era ormai chiaro che bisognava cambiare tattica.
- Devo aiutarlo a tornare dentro, non posso lasciarlo qui a morire.
- Va bene Rauf, lascia fare a noi. - Altaïr non ebbe esitazioni, come sempre.
L’Aquila calcolò velocemente il modo più veloce per arrivare al nostro obbiettivo, una torre di controllo sospesa su palafitte lunghe più di trenta metri, finché adocchiò con uno schiocco di lingua le corde che sorvolavano il burrone bianco e decise che saremmo passati di lì.
Ma qualcosa lo portò a tentennare.
- Si ammazzerà…- lo sentii brontolare.
E capii che stesse parlando di me quando mi fece cenno di seguirlo su una passerella naturale a dosso del burrone, poi prese ad avanzare su di essa di pancia contro il muro mentre io, invece, mi presi qualche minuto per sputargli contro un insulto decisamente poco gentile.
Il muro era molto più scivoloso di quel che pensavo e, come se non bastasse, il colpo di zoccoli di qualche cavallo sopra di noi faceva vibrare la roccia, dunque mi bloccavo, calmavo il respiro, e, dopo che ebbi disteso le dita conficcate nella superficie interna delle suole, riprendevo a muovermi.
-Ci sei?- mi domandò Altaïr quando fummo a metà strada.
-Sì. - risposi altèra- Ci sono, non sono un’idiota…
Un singulto mi costrinse a tacere, perché mi resi conto che il mio piede era appena stato risputato via da un’insenatura.
Le braccia si tesero in avanti, le gambe si piegarono indietro e sentii la foschia del burrone strattonarmi verso di sé, tuttavia Altaïr fu più rapido di lei e stese prontamente il suo braccio in mio aiuto.
Mi afferrò e le dita sporche di sangue li fecero perdere la presa, dunque inveì, si rigirò di scatto con le spalle contro il muro e tese pericolosamente il busto in avanti, afferrandomi con entrambe le braccia.
I piedi tesero verso l’esterno, il sedere si staccò dal muro e, quando capì che la gravità stava per attirarlo con me verso il basso, staccò una mano dalle mie costole e la rigettò indietro, riuscendo ad afferrare un appiglio e a tornare con la schiena al sicuro un attimo prima che un soldato si sporgesse a controllare.
Rimanemmo immobili per qualche secondo, l’uno stretto contro l’altro, a riprendere fiato.
Era successo tutto in una frazione di secondi.
-Dannazione…
-Lasciami, adesso. - grugnii e lo allontanai con un gesto stizzito, ancorandomi alla sporgenza più vicina per evitare di scivolare di nuovo.
Quello mi guardò con il fiatone, strinse i denti in chissà quale maledizione su di me, ma fu costretto a piegare le spalle e riprendere a seguirmi, giacché avevo ricominciato ad avanzare più veloce di prima e senza di lui.
Salimmo in cima alla torretta avvalendoci delle funi penzoloni tra le palafitte e una volta lì trovammo dei tronchi, unti di grasso e legati per una fune, che pendevano su un’inclinazione verso la schiena delle truppe nemiche.
Ci bastò uno sguardo veloce per intenderci al volo.
Altaïr si posizionò alle spalle della catasta, io mi portai a destra ed estrassi la spada che avevo portato con me dal tempio, osservai il riflesso sulla sua scanalatura rigettarsi nei miei occhi, presi un bel respiro e infine recisi la corda con una stoccata netta.
Nel medesimo istante, Altaïr incurvò la schiena contro la catasta e in meno di un secondo la trappola precipitò sui nostri nemici ignari, che si dispersero tra grida di panico e il rullo impetuoso dei tronchi.
Le truppe Templari si dispersero in preda al panico e di Sable fu costretto a raccattare quelli che non erano stati schiacciati dalla trappola per la fuga, dando così motivo agli Assassini di festeggiare come matti dalla cima della fortificazione.
Mentre le grida dei nostri confratelli si alzavano nell’aria e qualcuno faceva gesti osceni ai nemici in fuga, io sputai un’esulto e mi voltai a controllare Altaïr, che era stranamente silenzioso, ma rimasi sorpresa da ciò che vidi.
Non gli importava della vittoria, ora il suo rammarico era tutto rivolto verso i cadaveri degli abitanti, vittime di una guerra che, ancora adesso cominciava a capire, chiedeva ogni volta un prezzo troppo alto in cambio di un’esigua vittoria.
Gli altri Assassini, però, non si fecero rovinare la festa da questi piccoli cavilli e, infatti, ci accolsero con cori d’inneggiamenti e pacche sulla schiena non appena tornammo nella fortezza, neanche fossimo eroi di guerra.
Ma poi, la sagoma leggermente ricurva di Al Mualim si fece spazio tra alcuni Assassini in cima alle scale e immediatamente la raggiante vittoria fu sostituita in un silenzio cadaverico, che costrinse tutti noi a ritornare nei ranghi prestabiliti.
I pochi confratelli che ci erano rimasti attorno si dileguarono alla svelta, lasciando me e Altaïr scoperti allo sguardo arcigno del Mentore.
Sapevo che il suo disappunto non era per me, ciononostante continuavo a sentire la tensione.
Cosa avrebbe fatto, adesso, la nostra divinità? Ci avrebbe puniti? Perdonati?
La risposta arrivò con un suo sorriso soddisfatto.
- Siete stati molto bravi. - cominciò rassicurante il Maestro -Adesso, le forze di Roberto sono disperse e questo ci porta in notevole vantaggio. Per ora, siamo al sicuro da un’altra incursione al villaggio.
Le sue parole presagivano clemenza e per un momento avvertii l’ansia di Altaïr allentarsi notevolmente, eppure dal modo in cui il vecchio tirò un sopracciglio intuii che la sua era solo una calma fittizia.
-E dimmi, Altaïr.- continuò Al Mualim- Sai perché ciò è accaduto?
Il ragazzo non parlò.
-Perché hai collaborato. - esordì l’altro e m’indicò con un gesto ampio del braccio. - Cosa che, invece, non hai fatto al Tempio.
-Io ho fatto quanto richiesto.
Il volto del Gran Maestro si screziò d’amaranto.
-No, Altaïr !- lo riprese stizzito -Tu non hai fatto ciò che ti ho disposto, ma hai agito con boria e hai sacrificato i tuoi confratelli senza alcun ritegno! Malik, Kadar: loro hanno subito una gravissima offesa e tu neanche te ne rendi conto!
Ma l’arrogante ragazzo sembrò non accettare di buon grado quell’accusa, e ciò non fece che provocare l’ira funesta di Al Mualim.
Prima che potessi ritrarmi, il Gran Maestro mi agguantò per un braccio, tirò con forza e bloccò ogni mia resistenza storcendomi i polsi contro le mie stesse scapole, poi, quando fu sicuro che Altaïr mi stesse fissando spiazzato, strappò via il cappuccio dalla mia testa.
Non un brusio si levò in aria, neanche un respiro trattenuto nelle bocche spalancate degli altri Assassini attorno: solo centinaia di occhi che mi guardavano impietriti sul volto pallido e inerme.
Fu umiliante.
-Guarda, Altaïr!- gridò il vecchio a un palmo dal mio orecchio sinistro, rimbecillendomi completamente.
L’Assassino non rispose, era terrificato da quel gesto folle del suo Mentore e dal modo brutale in cui mi stava esponendo alla platea e non aveva il coraggio di drizzare lo sguardo dal pavimento.
Le narici del vecchio si arcuarono in un grugnito. - Guarda, ti ho detto! Suvvia, non sarà la prima volta che guardi il suo volto!
Un grido di dolore mi sfuggì quando sentii il Gran Maestro strattonarmi per i capelli, risultando un richiamo troppo forte per Altaïr da essere ignorato, infatti alzò subito lo sguardo su di me e ,provando a controllare il fremito che li percorse i muscoli, inspirò.
-La guardo. - disse fermo il giovane.
-Bene. – il vecchio tirò un bel respiro – Adesso, dimmi una cosa. Come puoi fissarla negli occhi e pensare che lei, una ragazzina poco più che diciannovenne, abbia dimostrato il coraggio che tu non hai avuto e, non contenta, abbia portato a termine la missione?
-Maestro…
-E hai anche il coraggio di scrollarti le colpe dinnanzi a lei! Questa donna ha riportato qui Malik e il manufatto che TU hai mancato, Altaïr ! Ha dimostrato un coraggio di cui tu hai peccato, una tenacia che va aldilà del rango e del sesso, e tutto ciò che riesci a fare e trovare deboli scusanti!
Altaïr esitò, incassano un primo affondo nel suo orgoglio ormai vacillante, e, quando provò a obbiettare, venne di nuovo ridotto al silenzio.
-No, non osare parlare, bada! Ormai non sei più degno d’attenzione, anzi, non sei più degno della Confraternita, né del tuo rango!
-Non potete esser serio!
-Non protestare! Ne ho abbastanza di te, di voi due! Ho tollerato anche troppo la tua arroganza, l’insubordinazione di questa ragazzina, la complicità del povero Kadar…ma ora non darò altre occasioni. E non tollererò i traditori!
E quelle ultime parole furono le definitive e le più dure, quelle che ricacciarono via Altaïr mentre quest’ultimo lo fissava con espressione scossa, del tutto ignaro che quella fosse l’occasione giusta per tre Assassini di bloccarlo e costringerlo a inginocchiarsi.
Mentre la mano del vecchio mi teneva ben salda per capelli, ed io lottavo per frenare le lacrime d’umiliazione e dolore, il ragazzo non si oppose minimamente mentre veniva privato davanti a un’intera platea ammutolita della lama celata e del cappuccio, simbolo del suo rango.
Quando vide il suo pupillo finalmente remissivo sulle scale, Al Mualim si tranquillizzò e decise di lasciarmi andare, spostandomi con delicatezza contraddittoria sul lato estremo della carreggiata, da dove lo fissai ammutolita e più confusa di prima.
-Maestro…posso spiegare!- per la prima volta, Altaïr tremò.
-Mi dispiace, figliolo. Questo farà più male a me che a te.
E Al Mualim estrasse un pugnale dalle sue vesti scure.
Un brivido agghiacciante stridette contro la mia spina dorsale e senza volerlo mi gettai a mantenere il braccio sollevato del Gran Maestro con tutto il corpo, fermando il colpo fatale sotto le espressioni impietrite di tutti.
L’uomo tremò sotto il mio peso, poi voltò lo sguardo incredulo su di me e, prima che potessi supplicargli clemenza, mi colpì con uno schiaffo, facendomi scivolare dal gradino e cadere lungo le scale.
La nuca sbatté rumorosamente contro l’ultimo spigolo, sentii la vista affievolirsi all’istante e, prima di perdere completamente i sensi, udii le grida disperate di Altaïr graffiargli la gola.
-No, ti prego, non la morte come traditore!

*    *   *

La testa mi vorticava in un movimento ondulatorio che faceva su e giù, come cavalloni che s’infrangono furiosi sulle rocce, ma ciò che sentivo rosicchiarmi i timpani era più simile al rumore di migliaia di insetti che stridevano le loro ali secche.
Un rumore decisamente familiare, già udito durante quelle notti, nel deserto, con Malik…
Aprii gli occhi lentamente, ma i bulbi oculari rotearono lo stesso in preda a una luce accecante, fino a che, finalmente, quel rumore tediante cessò e la vista sui soprammobili intorno tornò limpida.
Ora, c’era solo l’abituale fischio del silenzio.
-Ti sei svegliata, finalmente.
Voltai lentamente la testa sul cuscino, quasi impaurita di chi avrei trovato, e, infatti, un brivido mi assalì quando vidi Al Mualim in piedi davanti al mio capezzale, con le braccia strette dietro la schiena e un’espressione assorta.
Lo guardai in silenzio, poi provai a rialzarmi ma lo spintone di quelle onde contro la mia fronte mi costrinse a tornare sul cuscino, dunque rinunciai con uno sbuffo.
Lui fece un senso di dissenso. -Attenta, hai dormito per un po’…
-Lo avete ucciso.
Un leggero stupore sbocciò in lui quando i miei occhi s’inondarono di lacrime.
- Come avete potuto farlo, era il vostro protetto!- incalzai, con voce più forte.
Al Mualim socchiuse un poco gli occhi su quei lucciconi, pensando.
-È rammarico, quel che vedo?
Trasalii – No! Ma…ma quella brutalità non aveva scusanti. Non importava se Altaïr meritasse o no quella sorte. Meritava un processo giusto e una condanna appropriata.
-Concordo. Un’inutile spreco di energie e talento, il suo.
Poi sbuffò, grattandosi distrattamente la barba canuta mentre io chinavo lo sguardo sconsolata e tiravo su col naso, cercando sotto le dita conforto sulla superfice liscia del bracciale.
-Ecco perché non ho ucciso Altaïr, sebbene ce ne siano state di motivazioni. - esordì poi.
Drizzai il collo con uno scatto. - Cosa?
-L’ho indotto nel limbo, ad attendere.
Rimuginai, poi corrugai la fronte per invitarlo a spiegarsi, e lui fu ben lieto di farlo.
- La sua fierezza era tramutata in arroganza, questo era palese anche ai miei occhi. Oramai, non potevo più permettergli di nuocere senza ritegno alla Confraternita e calpestare il Credo a suo piacimento. Pertanto, ho deciso di strappargli via con la lama il male che si era attaccato alla sua anima e, adesso, lui giace, in attesa di rinascere. Sarà doloroso, ma, quando riverrà alla luce, sarà ripulito dalle sue colpe.
-E questo… dovrebbe rincuorarmi della perdita di Kadar? Dovrebbe indurmi a placare l’odio?
-No. No, non lo farà. Né il tuo dolore passerà, non per ora.
-E quindi, Altaïr la passerà liscia nonostante quel che ha fatto?
-Non ho detto questo. Ma non sono cose che ti riguardano, al contrario è di mia competenza disporre sulla sorte degli adepti. Compresa te, Novizia.  
Ma certo. - Volete cacciarmi da Masyaf?- sentii l’amarezza del mio sorriso - O forse, mi permetterete di vivere nel villaggio e di trovare un buon marito per mettere al mondo tanti piccoli pargoli ?Ah, ma forse sarà più semplice farmi diventare la puttana della confraternita…
Al Mualim raschiò una risata. - No, sinceramente non credo che una donna della tua tempra sia fatta per il matrimonio. Né che si faccia sottomettere tanto facilmente. Hai sangue gagliardo e un cuore libero, ragazzina. Impari in fretta, straordinariamente in fretta, e sei leale. Però, qualcosa piega la tua mente e t’indebolisce. La morte di Kadar? No, è altro. Comunque, sprecare le tue abilita, farti diventare un’altra delle tante puttane…ecco, non sono tanto stolto da ripudiare il talento quando lo vedo.
Poi, oscillando leggermente le vesti in avanti, il Maestro si ritirò con le mani sciolte e arrivò fino alla porta, dove si fermò a meditare prima di voltarsi e aggiungere -Vieni nel mio ufficio quando avrai fatto visita a Malik. Ma attenta a ciò che farai.
Dopo di che, si accinse a uscire dalla stanza, lasciando a me il compito di sviscerare quell’oscuro vaticinio.
-Maestro!
L’uomo si voltò di tre quarti. - Dimmi.
-Perché …avete rivelato la mia identità agli Assassini?
Lui si fermò a riflettere, poi addolcì lo sguardo truce del suo occhio bianco e, con animo cosparso dal balsamo della benevolenza, rispose. - So che è stato terribile. Ma fidati se ti dico che quello era l’unico modo per porre Altaïr una volta per tutte davanti alle sue azioni. Spero che tu capisca.
Esitai, riflettendo sull’umiliazione che avevo subito per tutti quegli sguardi impietriti fissi su di me, sulla mia impotenza agli strattoni di Al Mualim, sull’espressione basita di Altaïr mentre era costretto a osservare.
-Senz'altro, Maestro. Vi capisco.
Lui sospirò, risollevato.
-Ragazzina. - disse poi.
Alzai lo sguardo. -Sì?
-Non farti una colpa di ciò che è accaduto a tuo fratello. Non potevi evitarlo. Ricordalo a te stessa, quando verranno i momenti bui, e a Malik.
 





Angolo autrice:

Auguri di buone feste fatte a tutti quanti! Dunque, dopo questa piccola pausa troviamo di nuovo i nostri tre sopravvissuti, anche loro alle prese con il duro ritorno alla realtà, eh. Il nostro “ deus” ha finalmente tolto dal piedistallo il suo pupillo arrogante e l’ha calciato tra i comuni mortali, ma, soprattutto, mostra premura nei confronti della nostra Novizia! E Malik? Con quale animo sarà tornato alla sua vita, ora così diversa e dolorosa, e cosa accadrà quando rincontrerà Laura? Ditemelo voi, con i vostri commenti!
Sempre grata, Lusivia.









 
   
 
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