Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Sofyflora98    18/04/2015    1 recensioni
Sofia è una ragazza apparentemente comune, ma un incidente avvenuto in un pomeriggio di settembre, dopo la scuola, le svelerà la sua vera natura: lei è un'Astral, una persona che riesce a rendere reale ciò che non esiste. E' stato in seguito a quell'incidente che venne coinvolta nell'Astral project, l'associazione che gestisce e tiene sotto controllo questo strano fenomeno. Tra maggiordomi diabolici, dei della morte fiammeggianti e creature mostruose, Sofia scoprirà un mondo interamente nuovo, iniziando a comprendere meglio la vera natura della fantasia umana e dei sentimenti che si può provare per qualcosa che non esiste. O almeno, che fino a poco prima non esisteva.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sofia-san, emergenza! Corri subito in biblioteca!
 
Dopo aver letto quel messaggio, ci precipitammo lungo i corridoi, fino alla biblioteca. O meglio: io mi precipitai in biblioteca, e gli altri, molto confusi, cercarono di starmi dietro come meglio potevano, dato che sul pavimento di marmo avevo scoperto di poter sfruttare lo scivolamento per incrementare la velocità di corsa.
La porta della biblioteca, in legno scuro, era semiaperta. Dall’interno non proveniva alcun rumore, per cui mi accigliai. No, non lasciarti ingannare! Black Lady non si farebbe certo notare facendo rumore! Sempre che non sia una trappola…
Sbirciai all’interno, mentre Kevin spiegava frettolosamente ai suoi colleghi inglesi il contenuto del messaggio. Non c’era nulla di insolito, non c’era quasi nessuno. Solamente una ragazzina adagiata su una poltrona che sfogliava un libricino dalla copertina in pelle consumata.
La cosa mi lasciò perplessa. Perché diavolo mi chiedevano di accorrere se non era successo assolutamente nulla.
- Beh? – mormorò Grell, e guardò anche lui attraverso la fessura tra porta e stipite. – Senti niente di insolito? –
Cercai nel mini computer del mio bracciale la funzione del rilevatore, e cercai se per caso non ci fosse Black Lady da qualche parte nelle vicinanze. Sempre che non avesse di nuovo celato la propria traccia, naturalmente. L’idea che fosse stata vista all’interno dell’associazione m’inquietava parecchio. La sua traccia era visibile, ma continuava ad apparire e sparire, e comunque era segnalata ai piani inferiori. Se qualcuno le si fosse avvicinato sarebbe sparita confondendosi con gli altri Astral.
Beh, in ogni caso i messaggi non si spedivano da soli, per cui decisi di entrare comunque in biblioteca e chiedere alla ragazzina se aveva visto nulla di strano.
Spinsi sul legno lentamente, che a differenza dell’ultima volta che ero stata lì, non cigolò. Finalmente qualcuno si era degnato di oliare i cardini! Nel momento stesso in cui ci vide, la piccoletta sulla poltrona si alzò in piedi, e sorrise. – Per fortuna siete arrivati, Sofia-san! – disse, sollevata.
- È successo qualcosa? Mi hai spedito tu il messaggio? – chiesi. Forse ero stata un po’ troppo brusca, ma lei non parve scomporsi. Con la coda dell’occhio seguì i movimenti dei ragazzi inglesi in coda al gruppo. Chissà perché, quando succedeva qualcosa ero sempre seguita da una piccola comitiva.
- Sì, l’ho spedito io – ora si guardò l’orologio al polso. Si dondolava nervosamente da un piede all’altro, mordendosi il labbro e fissando l’uscio. Grell alzò gli occhi al cielo, irritato da tanta insicurezza. – E si può sapere qual è il tuo problema? – sbottò, ruvido. Io gli lanciai un’occhiataccia. Okay che sembrava non apprezzare molto Kevin, ma prendersela con le piccolette timidine era fuori luogo.
- Ah! – la ragazzina arrossì di colpo, e chinò la testa. – Ehm… in realtà… ecco… è successo che… -
La porta venne sbattuta di colpo. Girai fulminea la testa in quella direzione, ed una delle ragazze dai capelli rossicci afferrò la maniglia. Riuscì ad aprirla di qualche centimetro, ma dall’altra parte qualcuno la richiuse di scatto, facendola cadere per il contraccolpo.
La ragazzina tirò un sospiro di sollievo. Grell le saltò davanti, e la afferrò per il bavero. – Sputa il rospo, nanetta! Che diavolo…? – non fece in tempo a finire la frase. Con una prontezza stupefacente, la giovane Astral fece materializzare una pistola con il suo bracciale, e si sparò un colpo alla testa.
Lo shinigami, la lasciò cadere sbigottito, ed inveì ad alta voce. Io digrignai i denti.
Usai il bracciale per far apparire la mia falce Laevatain. – Spostatevi da lì – gridai, facendo gesto agli altri di togliersi dalla porta - La rompo io, se non si apre! –
La impugnai con entrambe le mani, e feci per calarla sull’anta.
- Non muoverti, o farò saltare in aria l’intero edificio – disse una voce femminile dall’altra parte. Io mi bloccai con le braccia a mezz’aria.
- Sei Black Lady? – la domanda era retorica. Il mio bracciale ora l’aveva rilevata in maniera stabile, ed era al di là di quella porta di legno massiccio. - Sì, sono io - rispose infatti lei.
- Cosa hai intenzione di fare? –
Lei rise, con una risata serena e quasi innocente. – Oh, mia cara Sofia! Non vorrai mica che ti rovini il viaggio nella terra dei sogni, no? –
Viaggio?  Pensai, allarmata. – Ci si vede tra… beh, dipende da te! – e rise di nuovo. Sentii anche il rumore dello schiocco di un bacio.
- Quasi quasi ti tiro fuori le interiora! – le sibilò Grell. Era davvero infuriato. Sapevo quanto detestasse essere preso in giro in quel modo, ma non ci tenevo a vederlo squartare chicchessia davanti ai miei occhi.
Il pavimento iniziò a tremare.
E ora?
I ragazzi dall’Inghilterra strillavano agitati, mentre Kevin tentava di tradurre al meglio la conversazione, nonostante il suo sguardo esprimesse panico controllato al meglio delle sue capacità.
Poi quel movimento del pavimento si fermò. Tutti gli oggetto attorno a noi parvero sdoppiarsi verticalmente e deformarsi. Mi mancò la terra sotto ai piedi. Dopo un lunghissimo istante mi sentii precipitare. Avevo i polmoni bloccati, ed il cervello in tilt. Non l’avrei mai ammesso con alcuno, troppo orgogliosa, ma ero terrorizzata.
Terrorizzata dal non sapere cosa stesse accadendo, terrorizzata dalla maniera in cui Black Lady si era presa gioco di noi senza alcuna difficoltà. Terrorizzata da come la ragazzina si era suicidata senza esitare, probabilmente solo perché faceva parte del piano di Black lady. Sì, evidentemente la piccoletta serviva ad attrarci lì e a trattenerci fino all’arrivo di Black lady.
Colori e forme mi vorticavano attorno come in una spirale, mentre cadevo verso il basso. Sempre che le mie percezioni dello spazio fossero corrette. Chiusi gli occhi, colta da un improvviso senso di nausea.
Ad un certo punto iniziai a sentire dei mormorii. All’inizio erano poco più che bisbigli, incomprensibili, ma pian piano si fecero più forti. Erano voci di uomini, donne e bambini. Parlavano un misto di varie lingue, si sovrapponevano tra loro in maniera confusa, e quando riuscii a capire qualcosa, mi resi conto che le varie frasi erano totalmente sconnesse tra loro, non avevano a che fare per niente l’una con l’altra. Era come se sentissi le conversazione di persone che si trovavano in luoghi diversi allo stesso tempo.
E poi urtai qualcosa di duro con la schiena.
 
 
 
 
Il vorticare e la caduta si fermarono, lasciando il posto ad un colossale giramento di testa.
Ora le voci le sentivo forti e chiare, ma parlavano tutte la stessa lingua, e non erano più sconnesse. Tentai di rialzarmi, la schiena a pezzi. Mi sembrava di essere caduta da una grande altezza. Questo probabilmente era in parte vero, il problema stava nel capire dove ero caduta.
- Sei intera? – un paio di braccia mi afferrarono delicatamente sotto le ascelle, aiutandomi a mettermi in piedi. Diverse ciocche di capelli scarlatti mi finirono sugli occhi, nel fare questo. – Grazie, Grell – ansimai, massaggiandomi le natiche. Cavoli, che botta! Per lo meno, gli altri Astral non erano in condizioni migliori delle mie.
- What happened? Where are we? – gemette una delle ragazze, guardandosi attorno spaesata. Ci trovavamo sul bordo di una grande strada di città fatta di ciottoli. Ma non era la città dove andavo a scuola. Se era per quello, non era nemmeno una città del mio stato. Lo capii da due fattori parecchio evidenti: primo, le insegne dei negozi erano scritte tutte in inglese, dalla prima all’ultima; secondo, da sopra le case riuscii a scorgere il Big Ben. E come se non bastasse, la gente attorno era vestita con lunghi cappotti, capelli a cilindro, abiti larghi pieni di nastri, sottogonne, merletti e via discorrendo.
Mi tornò in mente come il pavimento si era aperto sotto ai nostri piedi.
- Grell, non dirmi che siamo dove penso che siamo – borbottai, ritraendomi. Se eravamo davvero dove pensavo che fossimo, non era il caso di andare in giro con jeans e magliette aderenti.
- Credo proprio che siamo finiti nel mondo da dove mi avete portato via – confermò lo shinigami, con aria grave. Fantastico. Quindi Black Lady ci aveva spediti nella Londra Ottocentesca, eh?
- All of you! – sbraitai, decisamente inasprita, a Kevin e i suoi compagni – Hide in a smaller street, quickly! –
I sei obbedirono senza farselo ripetere due volte, scossi dall’accaduto. Non è che io l’avessi presa bene, ma non potevamo restarcene in bella vista con abiti moderni nell’Inghilterra del diciannovesimo secolo. Quello che per noi era abbigliamento normale, lì sarebbe apparso provocante, se non addirittura osceno. Non ci tenevo a passare per una prostituta, anche se non era il mio mondo.
Grazie al cielo il bracciale d’ordinanza degli Astral poteva provvedere anche a questo, grazie alla possibilità di creare noi stessi delle nuove funzioni. Mi bastava voler utilizzare qualcosa di simile alla funzione armatura, ma con la possibilità di inventare io stessa gli abiti.
Spiegai a Kevin cosa avevo intenzione di fare, e lui tradusse il tutto alle tre ragazze e ai due ragazzi.
Armeggiai con i pulsanti del bracciale, e in pochi minuti avevo sistemato l’intera squadra. Più o meno. In effetti un paio delle inglesine sembravano piuttosto goffe a muoversi con le scarpine col tacco a rocchetto, tipico dell’epoca, ma dissi loro di cercare di abituarsi alla svelta. I tacchi per me non erano un problema, ci ero abituata. La cosa peggiore era il corsetto. Respirare doveva essere un optional, per le lady vittoriane, evidentemente. Non che avessimo scelta, quindi mi misi a pensare cosa fare dopo.
- Stai d’incanto! – sospirò Grell, guardandomi dall’alto al basso e viceversa ripetutamente. Mi venne il dubbio che gli sarebbe piaciuto indossare un abito simile anche lui. Anzi, non avevo alcun dubbio. Un vero peccato che la cosa non fosse fattibile in tali circostanze!
- Non è il momento per queste cose – lo zittii, scuotendo la mano. Non avevo mai aperto un portale da un mondo all’altro, solamente tra vari luoghi nello stesso mondo, e sapevo che era tutt’un altro paio di guanti. Aprire collegamenti tra i vari mondi era anche più difficile che trasferire persone da qui a lì. Black lady doveva essere davvero esperta in queste cose.
- Ciel, oltre alla Manor House in campagna, possiede pure una Town House qui a Londra – dissi, dopo aver pensato a cosa fare nel prossimo futuro.- Propongo di andare lì, per il momento, visto che non sappiamo come tornare indietro. Se qualcuno ha altre proposte, le dica subito. Se qualcuno di voi è in grado di farci tornare nel nostro mondo me lo faccia sapere –
Nessuno si fece avanti, quindi procedemmo con la mia idea. Con il bracciale riuscii a trovare immagini dagli episodi dell’anime, e quindi mi basai su quelle per orientarci in quella città sconosciuta. In realtà ero già stata più volte a Londra, e naturalmente anche gli Astral inglesi, però nel presente (o meglio, nel futuro, dato che eravamo tornati indietro cronologicamente) aveva un aspetto radicalmente diverso.
Ci perdemmo più volte, e spesso mi ritrovai a chiedere informazioni ai passanti, che nonostante fossimo vestiti adeguatamente notarono quanto fossimo impacciati e non abituati ai loro modi di parlare che prevedevano parole ormai fuori uso. L’aiuto più grande ce lo diede il mio shinigami prediletto, che era già stato nella Town House del ragazzino quando era il maggiordomo di Madame Red.
Ci volle parecchio tempo, comunque, e quando finalmente raggiungemmo la meta dovei trattenermi dall’esultare a gran voce. Ricordai che anche manifestazioni troppo espansive erano fuori luogo nell’Ottocento, specialmente da parte di una ragazza.
- Beh, diamoci una mossa – mi avvicinai all’uscio, e preventivamente suonai il campanello, che a differenza che nel mio mondo era letteralmente una piccola campanella d’argento. Non mi aspettavo che ci fosse qualcuno, era più per assicurarmi che non entrassimo per poi trovarci davanti qualche nobile dell’epoca, che si sarebbe chiesto come avevamo fatto ad entrare nella casa del conte Phantomhive senza che ci aprissero. Naturalmente la cosa era impossibile, dato che il conte stesso era dall’altra parte, ma la previdenza non era mai troppa.
Invece sentii dei passi, e la porta smaltata di nero si aprì, rivelando il volto di un elegante e fascinoso giovane uomo in marsina. Sbarrai gli occhi, incredula.
- Sebastian?! – esclamai, dimenticando la compostezza delle lady.
- A dopo le spiegazioni, lady Sofia – disse il maggiordomo, scostandosi per lasciarci passare – Ora sbrigatevi, su. Sapevamo che sareste arrivata, prima o poi –
Ciel era nel salotto, imbronciato, che torturava le fodere del divano lussuoso con le unghie. Quando ci vide tirò un sospiro di sollievo, e ci fece segno di accomodarci. Noi non ci facemmo pregare: ci avevamo messo ore a trovare quel posto, e per quanto fossi abituata a camminare coi tacchi, non  li avevo mai indossati per fare lunghe camminate, specie se accompagnati da gonne voluminose e bustini.
- Cosa ci fate qui anche voi? – m’informai subito. Avrebbero dovuto essere all’associazione, assieme agli altri. La loro presenza in quel mondo, per quanto molto più regolare della mia, era quanto mai anomala.
- Non chiedermelo! – si lagnò il conte – Ero beatamente seduto a prendere il tè, quando sono precipitato nel vuoto, e mi sono ritrovato qui, assieme a Sebastian! Era evidente che fosse opera di Back Lady, quindi ho immaginato che presto saresti giunta qui anche tu! –
Vidi i compagni di Kevin armeggiare con dei piccoli arnesi, che applicarono al loro orecchio.
- Scusate l’interruzione – proferì una delle ragazze, con lunghi riccioli color rossiccio ginger – Prima non avevamo avuto modo di indossare il traduttore di lingua e Kevin ha dovuto interpretare per noi, ma ora il problema è risolto. Credo che lei – ed indicò la più alta, seduta al suo fianco – abbia qualcosa da dire, o sbaglio? – e rivolse uno sguardo interrogativo alla compagna.
La seconda,  che aveva capelli biondicci e lisci, non molto folti, si alzò in piedi, e corrugò le sopracciglia. Sembrava arrabbiata, pensai, anche se non ne compresi inizialmente la ragione.
- Qualcosa da dire? Direi proprio di sì! – sbraitò. Mi si raddrizzarono i capelli in testa: era veramente adirata. – Quando siamo venuti qui non facevano altro che dirci di quanto fosse dotata l’Astral Sofia, e di come la sua squadra con lo shinigami Grell fosse efficiente, oppure delle sue abilità intellettive e deduttive nascoste dietro ai suoi modi sbarazzini.
 Siamo arrivati alla vostra sede per aiutarvi contro quella Black Lady, pensando quindi di collaborare con delle persone di gran lunga superiori a noi. Abbiamo notato la tua potenza latente, Sofia, ma ho la netta impressione che ti abbiano tanto decantata a vuoto, visto che non la utilizzi! Arriviamo da voi, e cosa accade cinque minuti dopo? Vi fate trarre in inganno da quella psicopatica come dei perfetti imbecilli, ci fate trascinare in un altro mondo, e pare che tu non sia in grado di rimediare, come nessun altro qui.
Non ho visto nessuna abilità al di fuori della norma di ogni altro Astral! E sai cosa ti dico riguardo alla vostra perfetta sintonia di combattimento di cui tanto ci avevano parlato? –
Si prese una pausa per lanciare un’occhiata velenosa e tagliente come un rasoio a Grell, che era in piedi dietro di me. – Altro che coppia efficiente! La vostra cooperazione consiste nel girarvi attorno facendovi gli occhi dolci e piccole provocazioni a vicenda. E poi… il vostro comportamento è troppo disinvolto, anche ora che siamo tutti nei guai fino al collo! – il suo viso era diventato rosso.
Io rimasi a bocca aperta. Non la conoscevo che da quel giorno, e già mi odiava a morte. Ma che si aspettava, una specie di dea onnipotente? Per fortuna Kevin si alzò e la spinse delicatamente sulle spalle, incitandola a sedersi. – Per favore, Violet, non peggiorare la situazione. Sofia è Astral da molto meno tempo di te, e sono comunque pochissimi a poter viaggiare da un mondo all’altro –
- Lasciami stare! – ribatté Violet, acida, e se lo scrollò di dosso con tanta violenza da mandarlo a sbattere contro il tavolino in legno che c’era tra i vari divani e poltrone. – La difendi solo perché hai una cotta per lei! Se davvero è così speciale come tutti dicono, allora che ce lo dimostri! –
L’odio con cui mi guardò mi lasciò di stucco. Non mi era mai capitato di essere guardata in quel modo, e in tutta sincerità non sapevo nemmeno come reagire. Non ci ero rimasta male. Io raramente stavo male per una cosa del genere, era più probabile che mi offendessi. Però capii come si sentiva: evidentemente gli organizzatori dei gruppi di astral mi avevano elogiata più del dovuto, e si erano fatti un’idea di me come di una persona completamente diversa, per poi ritrovarsi delusi nel vedere che non ero poi differente da tutti gli altri. Ed in effetti, non avevo ancora capito cosa ci vedessero Simon e gli altri adulti dell’associazione  di speciale in me. Non avevo nulla di più degli altri Astral, solo un punto più grande nelle localizzazioni delle auree di potenzialità, che non significavano nulla dato che c’erano persone con poteri più grandi dei miei all’associazione.
Mentre facevo questi ragionamenti, Grell emise un brontolio, e si tolse dalla sua posizione alle mie spalle per mettersi tra me e Violet, come a farmi da scudo dalle sue parole.
- Cos’ha di speciale? – le sibilò in faccia, scoprendo i denti aguzzi – tanto per cominciare invece che mettersi a piagnucolare ha subito preso in mano la situazione, quando siamo finiti qui. Ha mantenuto la freddezza ed ha pensato a cosa fare per prima cosa, sapendo di non poterci riportare indietro. Ed inoltre… - la sua voce si addolcì notevolmente – Lei è una delle pochissime persone che sono riuscite a sbattermi a terra in combattimento. Chiunque altro di voi sarebbe stato linciato vivo in meno di due minuti, se fosse stato al suo posto quando mi ha trovato nel suo mondo.
Quindi facci un favore e chiudi il becco, prima di sparare altre idiozie! Non fai che abbassare il quoziente intellettivo dell’intera strada! –
Violet fece un passo indietro, intimidita.
Io gli vedevo solo la schiena, quindi non seppi mai come potesse averla guardata, ma dubito che sarebbe scorretto supporre che non averlo visto è stato solo un bene, in quel caso. In effetti non l’avevo mai visto arrabbiato sul serio, e l’idea dei suoi denti aguzzi digrignati e scoperti con fare aggressivo non mi allettava per nulla. Anzi, doveva essere davvero uno spettacolo terrificante.
Come prova di questo, scorsi che Violet non era la sola ad essersi spaventata. Anche gli altri suoi compagni avevano espressioni intimorite, un paio si erano addirittura spinti più a fondo contro la testiera del divano. Kevin sembrava aver mantenuto il controllo di sé, ma non potei non notare la tensione che lo aveva preso.
Ciel, al contrario non aveva battuto ciglio, e come prima era elegantemente seduto con le gambe accavallate bevendo la sua tazza di tè, così ora faceva, senza averli neppure degnati di uno sguardo. Quel piccolo diavoletto era davvero una sagoma, a volte!
- Suppongo che sarete esausti, dopo aver camminato così tanto per venire qui – disse infine il conte, dopo aver terminato di bere. Non aveva perso la sua glaciale tranquillità nemmeno ora.
- Sebastian, accompagnali nelle stanze degli ospiti – ordinò, indicando la porta che conduceva al resto della lussuosa casa. Nella maniera in cui li guardò, però, ciò che vidi oltre l’imperturbabile calma, fu una nota di disprezzo. Non avrei dovuto scordarmi della sua tendenza a spregiare la maggior parte delle persone.
- Yes, my lord – il maggiordomo li condusse fuori senza batter ciglio, ma intravidi l’ombra di un ghignò attraversagli il volto per un istante, quando sentì le indicazioni del suo padrone. A quanto pareva, la combriccola non piaceva molto agli Esterni, per un motivo o per l’altro.
- Forte, il modo in cui l’hai spenta! – esclamai quando furono fuori portata d’orecchio, battendo una mano sulla spalla dello shinigami, operazione che mi costrinse ad alzarmi sulle punte dei piedi, nonostante lui non fosse molto alto. In realtà non ricordavo nemmeno di essere bassa. Ah, ma lui indossa tacchi più alti dei miei! Me ne ero quasi scordata! Diedi una sbirciatina agli stivaletti rossi e neri che avevo adorato dalla prima volta che glieli avevo visti addosso nel manga. Angelica probabilmente avrebbe fatto una smorfia disgustata al pensiero di un maschio con i tacchi. Beh, era lei quella che si perdeva quella splendida visione.
- Non mi piacciono – borbottò, incrociando le braccia. – Non riesco a reggere che quell’ oca se la sia presa con te. Mi era quasi venuta voglia di ucciderla –
La cosa non mi sorprese. O meglio, non mi sorprese che gli fosse venuta voglia di ucciderla, non che lei l’avesse infastidito così tanto.
- Sopporta. Non è che ci si possa far qualcosa se lei è così – dissi con una scrollata di spalle, nel tentativo di sedare i suoi impulsi omicidi.
Grell aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma poi ci ripensò, e tacque. Abbassò lo sguardo sul pavimento, visibilmente infastidito, ma anche… qualcosa che non seppi definire. Come se stesse cercando di reprimere un qualche istinto, e che la cosa gli costasse una fatica immane.
Mi morsi il labbro, incerta su come interpretare la cosa. – Stai… bene? – dissi infine, nel tentativo di essere più naturale possibile.
Lui scosse la testa. – No, per niente. Non sto affatto bene! – se ne andò di corsa, senza darmi il tempo di reagire.
Ero rimasta sola con il piccolo conte, nella stanza. Incredula, scossa dagli avvenimenti di qualche ora prima e anche stanchissima, ora che ci pensavo. Ma che diamine! Prima il salto da un mondo all’altro, poi quelle ore a cercare la dannatissima Town House del ragazzino a piedi con tanto di tacchi, corsetto e gonne ingombranti, poi la sfuriata della ragazza che avevo appena incontrato e per finire le sofferenze ignote del dio della morte. Mi venne quasi voglia di scaricare anch’io la mia nevrosi su di loro per vendetta. Ma che avevano tutti quanti?!
Mi voltai di scatto verso Ciel. – Comincia a piagnucolare o strillare anche tu, e ti giuro che non sarò responsabile delle mie azioni – lo avvertii. Lui rise, piano, in quel modo controllato e raffinato tipico della nobiltà dell’epoca.
- Puoi stare tranquilla. A differenza di quella ragazza e di Grell, io non ho tempeste ormonali a farmi diventare una suocera isterica – confermò il ragazzino, mentre con un gesto spostava una ciocca di capelli dal suo occhio ancora normale.
- Ehi, dove hai imparato certe espressioni? – finsi di scandalizzarmi io, portandomi le mani alla bocca in un’ironica imitazione delle lady ottocentesche.
- In verità da te –
- Ah, e io che dovrei dare il buon esempio ai più piccoli! – mi chinai a sfilarmi le scarpe. Senza si stava decisamente meglio, specie dopo tutto quel tempo passato a camminare. Avevo i piedi doloranti e irrigiditi dallo sforzo eccessivo.
- Sei vuoi… - Ciel arrossì visibilmente mentre diceva questo – Se vuoi puoi usare la vasca da bagno. Ehm… e Sebastian, come sai, obbedisce anche ai tuoi ordini, quindi mettiti comoda, lady Sofia –
Poi mi fece gesto di avvicinarmi. Si alzò in piedi e mi sussurrò all’orecchio talmente piano che lo percepii appena. – Grell è ancora li fuori, in verità – ed indicò la porta.
Intravidi, effettivamente, un’ombra proiettata sul pavimento, ma fu un breve istante, perché parve accorgersi di essere stato notato, e se la svignò frettolosamente con un gran rumore di tacchi.
- Secondo te come mai si comporta così? – domandai confusa al piccolo conte. Lui alzò le spalle. – Non ne ho la più pallida idea –
Rimasi un attimo indecisa; non sapevo se provare ad andargli dietro o semplicemente farmi i cavoli miei in attesa di una qualche spiegazione. Origliare alle porte non era da lui, e nemmeno abbassare lo sguardo di fronte a qualcuno, o perdere le staffe in difesa di un’altra persona.
- Credo che coglierò al volo la tua offerta riguardo la vasca da bagno e lo sfruttamento del nostro caro Sebas-chan – decisi, stabilendo che era ora di liberarsi della polvere che mi si era attaccata addosso lungo il tragitto. Mai come in quel momento rimpiansi le strade asfaltate moderne, prive di nuvoloni di polvere alzati dalle carrozze. E ribadisco, mai come in quel momento, perché successivamente tornai a maledire le zaffate di smog, il traffico delle strade e gli automobilisti che non lasciavano passare i pedoni sulle strisce.
 
 
 
 
La stanza da bagno era un ambiente che, a differenza del resto della magione, era tappezzato e arredato con la prevalenza di tinte tenui. Ormai era quasi sera, per cui le tende erano tirate, e l’illuminazione proveniva da una gran quantità di candele. Mi piacque subito: la luce tremolante e la lieve penombra nei punti dove non giungeva del tutto creavano un’atmosfera se non romantica, almeno suggestiva.
Avevo già sfacciatamente sottoposto a me Sebastian molto tempo prima, quindi non si fece pregare per prepararmi l’acqua calda nella vasca.
A dir la verità, lui aveva maliziosamente chiesto se avessi bisogno d’aiuto per lavarmi, ma gli ricordai che a differenza del conte Phantomhive, io non ero un mocciosetto che non sapeva nemmeno vestirsi da solo o che non vedeva l’ora di farsi mettere le mani addosso da un demone. Mi parve un pochetto turbato da quest’ultima affermazione, ma non per questo dimenticò le buone maniere, e con un inchino mi lasciò sola.
La parte complicata giungeva ora: come si toglieva quel vestito?
Scrutai dubbiosa l’intrico di nastri, lacci e stringhe sulla mia schiena. Essendomelo fatto apparire direttamente addosso, non avevo la più pallida idea di quali chiudessero cosa, o in che ordine andassero sciolti. Andai per tentativi alla cieca, cercando a tastoni quelli che mi sembravano più esterni.
Andò abbastanza bene: disfeci nodini e fiocchetti senza troppi problemi, e sfilai il primo strato della sopra gonna dalla testa. Poi venne il turno del secondo strato del vestito, con tutti i merletti e ricami che spuntavano da sotto la sopra gonna e dalla scollatura. Lì fu già più complicato liberarsene.
Il nemico più grande, però, era al di sotto dei mille pizzi e sbuffi di soffice tessuto.
Il nemico più grande erano la crinolina e il bustino.
Ma chi me l’ha fatto fare? pensai rabbiosa, mentre armeggiavo con le stecche di quell’affare che teneva larga la gonna. Non so ancora come feci a togliermelo di dosso, ma una volta fatto non potei evitare di essere soddisfatta di me stessa.
In quanto al corsetto, lo strappai senza tante cerimonie con un coltellino che materializzai con i miei poteri da Astral. Se mi fosse servito, mi sarebbe bastato farne apparire un altro. Anzi, feci sparire sia quello che la crinolina, tanto per darmi la soddisfazione di vederli svanire sotto ai miei occhi in una sorta di gesto simbolico.
La sottoveste non aveva nulla a stringerla o chiuderla, sembrava più che altro una specie di camicia da notte con la gonna molto ampia e piena di fru-fru e ricami, quindi la sfilai senza ulteriori difficoltà.
Ora che avevo acquisito padronanza dell’abbigliamento femminile dell’epoca, non sarebbe stata certo Black Lady a crearmi problemi!
Mi soffermai ad ammirare la splendida vasca da bagno. Oh, era esattamente come la disegnava la fumettista! Semplicemente magnifica!
Sebastian si era preso la briga di mettere nell’acqua calda dei sali da bagno profumati alla rosa. Come faceva a sapere che quello era il mio aroma floreale preferito preferii non chiedermelo nemmeno. A volte, i metodi del maggiordomo di scoprire certe informazioni era inquietante, se non quasi agghiacciante.
- Yay! Se le otaku di Internet sapessero che sto facendo il bagno nella vasca di Ciel, e che Sebastian mi ha preparato l’acqua…! – mi lasciai sfuggire, con una voce squillante che raramente mi veniva fuori.
Misi dapprima una punta del piede sulla superficie dell’acqua per sentire la temperatura, e poi mi immersi completamente.
Come mi aspettavo, era perfetta. Sia l’acqua, che la situazione, e tutto il resto. Sarà stata anche una macchinazione di Black Lady quella di mandarci qui, ma a dir la verità poter entrare io stessa in quel mondo era il mio sogno. Sarebbe stato sublime e molto da shojo manga se in quel momento fosse entrato il bel ragazzo di turno, creando la classica situazione imbarazzata e da batticuore!
Perdendomi in questi pensieri, scivolai più a fondo, finché l’acqua non mi arrivò a sfiorare il naso.
Io non lo amo.
Rimasi sbigottita dal pensiero che mi sorse all’improvviso.
Che diavolo aveva formulato il mio cervello, in maniera autonoma? Una cosa del genere non era nemmeno plausibile! Se non amavo Grell io, allora chi mai…?
No. È la verità.
La maniera in cui realizzai questa cosa mi sconvolse ancor di più.
Lentamente feci emergere il mento dalla schiuma vaporosa e profumata di rose. Per la prima volta nella mia vita mi ritrovai a fare un’analisi, un’analisi sulle persone che vedevo attorno a me, su ciò che avevo imparato riguardo la psicologia umana tramite le mie osservazioni degli altri. Quali persone, tra i miei conoscenti, erano seriamente innamorati, quali tra le mie compagne avevano un ragazzo, e che tipo di rapporto c’era tra loro. Com’era l’emozione che si provava davanti al proprio idolo, o al ragazzo per cui si ha una cotta. E mi resi conto che ciò che provavo non aveva nulla a che fare con tutto ciò.
Ed era ovvio, così ovvio che mi diedi della stupida per non averlo capito prima.
Non poteva essere lo stesso amore, o lo stesso affetto che potevo provare per chiunque altro. Ed il motivo era il più scontato: ciò che provano le coppie sposate, i fidanzatini adolescenti o le fans di qualche personaggio famoso era rivolto ad una persona che avevano incontrato e conosciuto col tempo, una persona normale ed in carne ed ossa. Una persona umana, mortale, che ha sviluppato un carattere a seconda delle esperienze, e il quale aspetto fisico è tale per puro caso.
Prima del fenomeno degli Astral era stato solo questo, sempre.
Ma ciò che provavo io era diverso. Non inferiore, né più superficiale. Semplicemente diverso, alla radice.
La mia persona speciale era stata creata, e quindi aveva sia un carattere che un aspetto esteriore  che in milioni di anni non avrebbero mai potuto combinarsi in tale maniera, o anche solo in maniera simile. Era un’idealizzazione, una rappresentazione di ciò che, per noi almeno, poteva essere una persona perfetta. Lo stesso valeva per ogni altro individuo proveniente dal mondo in cui mi trovavo in quel momento.
Lui non esisteva. L’abbiamo reso reale noi Astral, persone disadattate o is9olate rispetto alla maggior parte della gente, e che si sono rifugiati in un mondo fantastico abitato da persone che corrispondessero ai nostri modelli.
Ilo fatto che ora fossero in carne ed ossa non cambiava il fatto che fossero creature inventate da persone come noi, e che ciò che si potesse provare per loro fosse tutta un’ altra questione che per le persone cosiddette normali.
Grell, dal principio, non era nemmeno un essere umano.
Ma, ragionai, c’era qualcosa di splendido in tutto ciò. Provare sentimenti per qualcosa di inesistente, di puramente immaginario, aveva un nonsoché di affascinante e toccante. Riuscire a sviluppare emozioni così forti, pur sapendo che non potrai mai toccare il destinatario di tali, che non potranno mai sentire le tue parole, richiedeva non solo una grande consapevolezza di ciò, ma anche la capacità di accettarne le conseguenze. Sapere che nessuno avrebbe mai compreso, che non potrai mai essere ricambiato.
Qualcosa di questo restava anche ora, che erano reali, vivi.
Non avevano perso le loro fattezze prive di difetti e frutto di pura creazione ideale, non avevano perso la loro natura. Erano sempre distaccati dal nostro mondo, era chiaro. Non sarebbero mai stati parte integrante di esso. Un fenomeno del genere non aveva precedenti, ed essendo loro parte di un universo per loro appositamente costruito, sarebbero sempre e comunque stati una presenza estranea.
No, non lo amavo. Non come si ama una persona normale.
Ma nemmeno le veneravo, come invece facevano molti altri Astral.
In un certo senso lo adoravo, perché stare semplicemente a guardarlo era qualcosa di incantevole, e che riempiva di meraviglia. Ma non era un’adorazione passiva o contemplativa. Non lo vedevo come una creatura superiore fuori dalla mia portata. La mia non era un’emozione puramente spirituale.
Sì, era bellissimo e quasi irreale, a causa della sua natura. E per questo lo desideravo.
Volevo che fosse mio, volevo che lui spontaneamente  lo diventasse, senza dover fare tutte quelle scenate di corteggiamenti mirati. Non sarebbe stato nemmeno corretto nei suoi confronti comportarmi apposta per tentare di piacergli. Un atteggiamento del genere l’avevo sempre considerato fasullo: se non si piace ad una persona per come si è naturalmente, allora non vale la pena di girarci attorno.
Volevo che capisse, e che provasse lo stesso. Volevo che avesse bisogni di me.
Mi stupii di quanto la mia personalità corrispondesse a quella di dominatrice, in certi momenti. Beh, in effetti, per amare (e sempre ben inteso che non si tratta dell’amore che potremmo definire comune) una persona come lui non si poteva non avere la personalità dominante.
In fondo, lui era l’uke per eccellenza!
Mi alzai in piedi ed uscii dalla vasca. Attesi un paio di minuto perché l’acqua smettesse di gocciolare copiosamente dal mio corpo, e mi avvolsi in un ‘asciugamano, che più che altro era un grande telo di tessuto soffice e spesso che assorbiva facilmente l’acqua.
Lo girai come se fosse un vestito, e prendendo l’abito che avevo indossato prima su una spalla, uscii dal bagno.
 
 
 
Avevo intenzione di chiedere subito a Sebastian dov’è che avrei dormito: ero più stanca di quanto mi fossi accorta prima. Pensai che chiamarlo a gran voce sarebbe stata una buona idea. Avrei ribadito ulteriormente la mia autorità su quel demone troppo cieco per accorgersi di che gran pezzo di shinigami era quello che non molto tempo prima ci provava con lui in ogni maniera possibile. Il fatto che ora Grell non flirtasse più né con lui né con Will, pensai, era un buon segno, dal mio punto di vista.
- Sofia - mi riscossi dalle mie riflessioni quando riconobbi quella voce. Parli del diavolo…
Grell era appostato vicino alla porta del bagno. Supposi che mi stesse aspettando lì. Gli sorrisi, non troppo entusiasticamente, per non apparire una perfetta scema con la sua cotta.
- Buonasera, testa rossa! – scherzai, mimando una riverenza.
Lui, però, non rise. Anzi, era serissimo, come non l’avevo mai visto. Come non immaginavo che l’avrei mai visto. aprì la bocca, inspirò profondamente, e  mi afferrò il polso.
- La tua stanza è di là – disse, indicando uno dei corridoi.
A passo veloce, mi condusse in direzione di essa. Troppo veloce. Era nervoso, anche se non avevo idea di cosa lo turbasse. Per tutto il tragitto evitò di guardarmi, e si limitò a stringermi il polso con forza.
Non mi faceva male, ma era una presa più stretta del necessario e del normale. Beh, ero più impegnata a far sì che l’asciugamano non mi scivolasse giù per preoccuparmi del mio polso.
Quando fummo davanti alla porta della suddetta stanza, lui si bloccò di colpo.
- Eccoci – disse piano.
Io lo scrutai con sconcerto. – Grell? – tentai, sperando di ricevere una qualche risposta.
Lui, finalmente, si voltò, e stavolta mi guardo direttamente negli occhi. Capii subito perché aveva evitato di guardarmi fino ad ora: erano lucidi ed arrossati, come se fosse sull’orlo delle lacrime.
Una cosa del genere… poteva significare solo una cosa. Stentai a credere alle mie deduzioni, ma non trovai altre spiegazioni plausibili.
- Non lo sopporto – rantolò con voce flebile.
- Che cosa non sopporti? –
- Gli altri, tutti! – esclamò. Ora aveva quasi gridato, e la sua voce aveva una nota quasi stridula. C’era un briciola di follia nel suo sguardo, come tutte le volte che si animava.
- Non sopporto il modo in cui si rivolgono a te! – continuò – Ti parlano così normalmente, come se nulla fosse. Ti si avvicinano con disinvoltura. Ti guardano dall’alto al basso. O, peggio, osano fare come quella Violet di prima. Non lo sopporto! –
Io mi accigliai. – Perché? Non ci vedo nulla di strano –
Lui gemette, stringendo i pugni così forte che vidi una gocciolina di sangue colargli giù dal palmo.
- Si comportano come se tu fossi come loro. Ma si sbagliano: tu sei più forte di loro. Sei superiore a loro. Sei sempre tranquilla, e non ti atteggi mai nonostante tutte le cose che puoi fare.
Loro non sono alla tua altezza, non meritano di starti vicino, o sfiorarti così spensieratamente! –
Si fermò per riprendere fiato. Io ero senza parole. Che idea si era fatto di me? Assurdo.
- Se io fossi in loro, mi getterei ai tuoi piedi strisciando. Loro sarebbero tutti. Gli Astral, quelle ragazze con cui ti ho visto quando uscivi da quella scuola. Come possono non rendersi conto di essere alla presenza di una… di una… -
- Sì? – lo incitai.
Lui tacque.
Si avvicinò incerto a me, e allungò una mano tremante verso il mio viso. Mi sfiorò la guancia, poi il mento, la spalla, per far scorrere le dita fino alla mia mano. – Di una ragazza talmente forte da sconfiggere uno shinigami – mormorò. La sua voce era rotta. Deglutii, sentendomi un nodo che mi stringeva la gola.
Il mio battito cardiaco era accelerato. Gli occhi mi pizzicavano. Era adorabile, così adorabile!
Quello era uno di quei momenti in cui suscitava il desiderio di stringerlo forte e coccolarlo come con un gattino; di accarezzargli i capelli, e baciargli la fronte, le gote, le labbra.
- In tutti i sensi, Sofia. – con mio grande stupore, lui si lasciò cadere in ginocchio. – Mi hai sconfitto sia nel combattimento che psicologicamente. Io non riesco ad evitare di… -
- Di cosa? – ormai la mia voce era poco più che un sussurro.
Non poteva essere vero, non poteva! Avevo desiderato questo da molto tempo prima che lui diventasse reale. Non era semplicemente un miracolo, era la cosa più eccezionale ed impossibile che potesse capitare. Perché, per quanto fossi determinata a non cederlo a chiunque avesse voluto avere per sé lo shinigami scarlatto, in fondo ero certa che lui non avrebbe mai agito così. Non con una ragazza. Non con un’umana.
Invece era successo davvero, e mi chiesi se non fosse causa di qualche influenza del mio potere paranormale di Astral.
Mi guardò, dal basso verso l’alto. Ormai le sue guance erano color porpora. Aveva le labbra semi dischiuse, che lasciavano intravedere le punte acuminate dei denti. Dio, com’era bello! Ma la cosa più bella in assoluto era il suo sguardo: affranto, quasi di supplica, ma allo stesso tempo anelante.
Le ciglia, lunghissime anche senza essere posticce o truccate, erano luccicanti. Decine e decine di goccioline diafane erano posate su di esse come la pioggia o la neve sulle ragnatele, e brillavano quanto diamanti, accanto agli smeraldi dei suoi occhi.
Strinse le braccia attorno ai miei fianchi, e mi sfiorò il ventre con il naso e la bocca.
Tre parole gli uscirono, come un soffio, pronunciate con voce così delicata, a confronto del loro significato.
- Voglio essere tuo –
 
 
 
 
*****
 
 
Qualcuno l’ha notata la citazione alla serie televisiva inglese “Sherlock” della bbc? Spero proprio di sì! Sarebbe la frase che Grell ha detto a Violet, riguardo al fatto che lei fa abbassare il quoziente intellettivo dell’intera via. Non sono riuscita a resistere alla tentazione di ficcarcela in mezzo, quanto amo quella serie!
Bene, ed ora si giunge al momento per cui ho scritto l’intera storia, più o meno.
Ora porrò una domanda a chi ha letto fino a questo punto: volete che risolva l’attuale situazione in maniera tenera e relativamente innocente, o preferite che faccia diventare il rating arancione e scriva una bella scenetta piccante, ma non troppo?
A voi il futuro della storia, o almeno del prossimo capitolo, anche se temo già di sapere quale sarà l’opzione che preferireste, e temo che scriverla sarà imbarazzante, dato che sarebbe solo la mia seconda volta a scrivere una  scena del genere.
Oh, beh! Qualunque cosa venga fuori, spero che la gradirete comunque, e che non mi venga una schifezza, come effettivamente reputo la maggior parte delle mie storie.
Il disegno rappresenta Kevin e Lulu.
 Sofyflora98
 
P.S.
Secondo voi quali sono i metodi agghiaccianti o imbarazzanti di Sebastian per scoprire informazioni riguardanti la protagonista? Io non oso immaginarlo! XD





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