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Autore: determamfidd    19/04/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incontra una Nana

Barís figlia di Alrís

Nata nel 2883 TE, Barís è un'allegra ragazza estroversa che ama vedere felici le persone più di ogni altra cosa. Ha capelli castani e occhi azzurri piuttosto privi di nota, ma un bellissimo e luminoso sorriso. È molto vicina a suo zio Bofur e può essere spesso trovata a scherzare o cantare vicino a dove sia lui. È la migliore amica di Gimrís, figlia di Mizim, che ha solo tre anni più di lei. Barís è campionessa nel domare bambini e come babysitter, grazie al fatto di essere la maggiore di dodici. Le piacciono molto i pony e la musica, e vorrebbe imparare a suonare il flauto e la viola. Sa già suonare il guiterne e la ciaramella, e mostra un vero talento per il violino. Il suo grande dono è, però, la sua voce. Barís ha la voce migliore che sia uscita da Erebor in secoli, con un'estensione vocale di tre ottave e mezza, un'intonazione pura e una flessibilità superlativa. Più avanti nella vita diventerà famosa come Barís Linguacristallina.


«Dannati Elfi»

«Sta zitto, Óin, non riesco a vedere!»

«Perché vorresti?» Óin incrociò le braccia e rimase fermo, irritato. Gli Elfi intorno a loro svolazzarono, graziosi e sereni e remoti. «Tutto ciò che puoi vedere sono altri maledetti Elfi.»

Thorin, Balin, Óin, Ori, Nori, Fíli, Kíli e Thráin erano in piedi dietro al cerchio di sedie, ascoltando con attenzione. Vedere Bilbo a questo grande incontro aveva stretto dolorosamente il cuore di Thorin. I capelli di Bilbo erano diventati bianchi, e il suo volto stava infine mostrando i segni della sua veneranda età. Si muoveva lentamente, e parlava ben poco. La maggior parte delle parole veniva da Gandalf (che o ignorava la Compagnia o non si era reso conto della loro presenza) e da Lord Elrond (il compiaciuto, presuntuoso imbecille Elfico). Sia Bilbo che Frodo sembravano terribilmente piccoli in questo consiglio di popoli liberi e grandi signori, e Thorin voleva ringhiare a tutti quei dannati Elfi (e specialmente a quell'Uomo arrogante) che li guardavano e poi si voltavano con aria di superiorità.

Gimli sembrava molto a disagio, il suo volto duro e irritato. L'espressione di Glóin era cupa e calma, anche se il cucciolo di Thranduil era seduto a solo qualche posto di distanza. Erano entrambi vestiti nei loro abiti formali – i fermagli d'oro che gli adornavano la barba e i capelli sciolti. Thorin notò distrattamente che Gimli, ancora una volta, si era scordato di pettinare i propri.

Per prima cosa Glóin portò le notizie dalla Montagna. Gandalf mormorò pensoso e i suoi occhi si strinsero sotto alle sopracciglia cespugliose. Thorin aspettò con impazienza, ma nessuno nel Consiglio aveva nulla di utile da dire.

«Erebor vedrà la guerra» sospirò a se stesso.

«Sarebbe sempre successo» disse Balin cupo «Non si poteva evitare.»

«Avevo sperato che qualcuno di questi gran Signori ci potesse dare speranza» disse Thráin, guardando gli Elfi con sospetto «Troppo da chiedere a un branco di mangia-erba. Avrei dovuto saperlo.»

«Due volte in una generazione» borbottò Óin «Giorni cupi davvero.»

«Eh, scusatemi, state zitti per favore!» sibilò Ori «Stanno parlando dei giorni antichi!»

«Che giorni antichi?» Fíli allungò il collo «Óin, abbassati, non vedo niente!»

«Allora muoviti! Sto bene dove sono»

«Chi è Isildur?» chiese Kíli, aggrottando le sopracciglia.

«Un Re degli Uomini, un Numenoreano» disse Ori irritato «Non sai proprio nulla?»

Nori ridacchiò.

«Oh, e tu sei così intelligente» disse Kíli, potando in fuori il mento trasandato «Quindi quand'è vissuto?»

«Alla fine della Seconda Era, e all'inizio della Terza, sciocco» esclamò Ori «Era uno degli Uomini che crearono i Regni di Gondor e Arnor.»

«Arnor?» Fíli alzò un sopracciglio «Cos'è Arnor?»

«Non riesco a credere a voi due!» ringhiò Balin «Vi siete scordati tutto quello che vi ho insegnato!»

«Incluso come stare zitti!» disse Thráin, e alla vista del volto seccato del nonno, entrambi i Principi si azzittirono.

Si parlò a lungo degli Anelli del Potere, e Thorin permise alla sua mente di fantasticare. Lasciò che il suo sguardo andasse a Bilbo. Il vecchio Hobbit era avvolto in uno scialle, e sembrava così piccolo e simile ad una bambola nella sedia Elfica troppo grande.

«Quindi cos'è Arnor?»

«State zitti!»

«Porta l'Anello, Frodo» disse Elrond, interrompendo i pensieri di Thorin, e voltò la testa per fissare il giovane. L'anello di Bilbo, quella cosetta innocua, cadde sul piedistallo con un suono sproporzionatamente forte. Lo guardò, e poi guardò Frodo, che stava tornando al suo posto con un enorme sospiro di sollievo.

«Quindi è vero!» disse l'Uomo alto, i suoi occhi fissi sull'anello.

E poi la prole di Thranduil mormorò: «L'Anello di Sauron – l'Anello del Potere!» e Thorin si sentì le ginocchia mancare.

L'Uomo stava ancora parlando, ma Thorin poteva a malapena sentirlo.

Questo non era uno dei gingilli minori sparsi per il mondo. Questa cosetta che Bilbo aveva portato per quasi sessant'anni era l'Anello di Sauron, l'anello più potente, l'Anello.

Attraverso il ronzio acuto nelle sue orecchie, gli venne il pensiero che non c'era da stupirsi se il messaggero nero desiderava tanto Bilbo.

L'altro Uomo, cupo e trasandato, vestito in abiti Elfici, fu rivelato come l'Erede di questo o quell'altro. Thorin poteva a malapena importarsene, ancora stupefatto e confuso all'idea di ciò che il suo Hobbit aveva beatamente portato e usato per così tanto – per evitare i visitatori indesiderati, fra tutte le cose!

Si voltò nuovamente verso il suo Hobbit, vecchio e artritico, e capì ciò che esso aveva fatto. Aveva prolungato la vita di Bilbo. Centoventisette era un'età esorbitante per uno Hobbit, e nonostante ciò Bilbo aveva iniziato a mostrare i segni del tempo solo quando aveva lasciato Hobbiville, e l'Anello.

L'Anello.

«Ho sentito correttamente?» chiese Balin incredulo.

«Il Flagello di Isildur» sussurrò Ori «Oh dolce potente Mahal, dai loro la forza.»

Thráin ringhiò sottovoce, spostando il peso da un piede all'altro e aprendo e chiudendo i pugni. Le sue spalle erano tese da violenza a malapena repressa.

«Distruggetelo» mormorò Thorin «Questa cosa orrenda... è sporca – deve essere distrutta!»

«E allora, che stiamo aspettando?» ringhiò Gimli, e alzò l'ascia da battaglia a doppia lama di suo padre.

Con un urlo selvaggio scattò in avanti e abbassò l'ascia con un colpo di cui Dwalin sarebbe stato orgoglioso. Il respiro di Thorin si bloccò quando Gimli fu scagliato all'indietro e un tintinnio metallico risuonò nell'aria, sussurrando e ridendo.

«Sta bene?» disse Óin ansiosamente «Sta bene?»

Gimli si tirò su sui gomiti e scosse la testa per chiarirsi le idee. L'ascia di suo padre era in mille pezzi.

«Sì, l'idiota sta bene» disse Nori «Non si può dire lo stesso della vecchia ascia di Glóin, però.»

«L'Anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Glóin» disse Elrond. Thorin lanciò un'occhiata al maledetto Elfo. Nessun capello fuori posto, nemmeno una scintilla di preoccupazione, come se Gimli non avesse appena rischiato molto per liberarsi della cosa. «L'Anello fu creato nei fuochi del Monte Fato, e solo lì può essere distrutto.»

Il primo Uomo – Boromir – iniziò a spiegare (con pazienza ammirabile, pensò Thorin) perché ciò era follia. Mordor non era un luogo in cui degli Hobbit potessero andare a fare una gita. Thorin ascoltò con metà orecchio e guardò con attenzione mentre Gimli si tirava in piedi e si raddrizzava. Sembrava non aver sofferto di alcun danno permanente.

Poi ovviamente, il maledetto figlio di Thranduil doveva dire la sua. «Non hai sentito nulla di ciò che ha detto Lord Elrond? L'Anello deve essere distrutto!»

«Oh, ora vuoi aiutare!» ringhiò Thorin, voltandosi verso di lui. Il suo sangue stava ribollendo. Bilbo aveva portato l'Anello; l'Anello aveva toccato il suo Hobbit, l'aveva alterato; era strisciato nascosto da Elfi e ragni e perfino un drago con l'aiuto di quella sporca, malvagia... La sua rabbia cercava una via d'uscita. Ne trovò una. «Intendi mantenere la tua parola? O ti volterai ancora? Voi Elfi con le vostre false promesse e false amicizie... non ci si può fidare di voi per questo!»

«E suppongo sarai tu a farlo!» Gimli scattò in piedi, la sua faccia furibonda. La stanza eruttò, e Balin sospirò, facendo ricadere la testa fra le mani.

«Bene, ci siamo riusciti» borbottò «Thorin, ragazzo, potresti voler fare qualcosa per questi tuoi scatti di rabbia. Diciamo, forse imparare a contenerli?»

«Sarò morto prima di vedere l'Anello tra le mani di un Elfo!»

L'Elfo alzò un sopracciglio elegante. «Davvero? Allora posso offrirti la mia assistenza, Mastro Nano?»

La testa di Gimli si abbassò, e le sua enormi spalle da toro si tesero dall'impazienza. «Ha! Non potresti atterrarmi nemmeno se ci provassi, rametto pelle e ossa. Non ne hai la forza. Non riusciresti a portare questa cosa per mezzo miglio!»

L'Elfo squadrò il Nano dall'alto in basso, guardando giù freddamente. «Farei meglio di una talpa avida e avara, dalla testa di pietra e dal cuore di pietra» ringhiò.

«Cuore di pietra?» esclamò Gimli «Meglio di senza fede! Mai fidarsi di un Elfo! Ti prometteranno amicizia, e poi ti si rivolteranno contro! Belle parole nascondono cattive intenzioni. Ti conosco, Elfo dei Boschi, e la tua razza infima!»

«Oh, sta andando benone» borbottò Glóin con sarcasmo, affondando nella sedia e coprendosi gli occhi.

Questo Elfo non era impassibile quanto Thranduil, e il suo volto divenne furioso. «Un Nano prenderebbe questa cosa e la terrebbe per sé! L'oro è tutto ciò che amate, o mi sbaglio? L'avarizia è tutto ciò che conoscete, piccolo scava roccia. Non mi sorprende che ti sembri naturale.»

«Belle parole dal figlio di colui che venne armato fuori dai nostri cancelli, richiedendo i tesori della nostra gente sotto assedio – senza una parola si scuse per l'imprigionamento di mio padre!» ruggì Gimli.

«» urlò Bifur.

«Thorin, penso che le cose stiano andando fuori controllo...» mormorò Ori.

«Elfo traditore!»

«Nano avido!»

«Mangia erba bugiardi!»

«Sporchi amanti delle rocce!»

Il rumore stava diventando assordante, e Thorin si voltò per vedere gli occhi di Gandalf su di sé. Il vecchio Stregone sembrava profondamente deluso – e spaventato. «L'Anello» disse gravemente, e Thorin in qualche modo fu in grado di sentirlo al di sopra del ruggito «Ride di questa discordia. Il Nemico si delizia della nostra malafede, Thorin figlio di Thráin. Ama il nostro orgoglio e il nostro conflitto. Aumenta solo i suoi guadagni.»

Thorin lo fissò, e i sussurri malvagi nell'aria si mischiarono col frastuono finché non fu più in grado di distinguere i singoli suoni.

«Lo porterò io!»

La voce limpida risuonò sopra al clamore, e Thorin batté le ciglia.

«Lo porterò io!»

Frodo stava avanzando nella confusione di tutta la Gente Alta che litigava, il suo volto pallido e spaventato, ma determinato. «Porterò io l'Anello a Mordor!»

Tutto fu silente, e i volti si girarono verso lo Hobbit in sorpresa.

Il silenzio improvviso pareva una lunga esalazione, e Thorin lanciò uno sguardo a Gimli. Era in piedi con le labbra separate, e sembrava che in qualche misura si vergognasse di se stesso.

Thorin fece una smorfia. Non era stato un inizio auspicabile. «Mi dispiace, azaghîth» mormorò.

Le spalle di Gimli si rilassarono, e lui alzò il mento. «Non è stato il mio momento migliore» si disse.

«Nemmeno il mio» disse Thorin, e sorrise tristemente alla sua stella «L'orgoglio è sempre stato la mia maggiore debolezza. Impara da me, e non lasciare che sia la tua.»

«Però...» stava dicendo Frodo, e i suoi occhi blu erano larghi e spaventati «Non conosco la strada...»

«Oh mio buon Creatore» disse Kíli tutto d'un fiato, e afferrò la giacca di Fíli «È così piccolo, non è piccolo? Così piccolo e coraggioso!»

«È più alto di Bilbo» fece notare Fíli, cercando di staccare le dita di Kíli.

«È più piccolo di me!» disse Kíli sulla difensiva.

«Io lascio perdere con te» sospirò Fíli, e permise a Kíli di continuare a strizzargli ed afferrargli il braccio.

Thorin vide il volto di Bilbo quando Gandalf fece un passo avanti e si votò alla protezione del giovane Hobbit. Era completamente stupefatto, ricaduto all'indietro nella sua sedia come se l'avessero colpito. La sua pelle era grigiastra e pallida, e stava fissando Frodo con orrore.

Un'ondata di comprensione inondò Thorin. «Frodo è il figlio del tuo cuore» disse senza emozioni.

«Frodo ragazzo» riuscì a dire Bilbo, e le sue mani strinsero il suo scialle strettamente «Oh, Frodo ragazzo, che cosa ti ho fatto?» La sua voce divenne acuta e debole, e i suoi occhi erano pieni di paura per il ragazzo «Cosa ti ho fatto

«Thorin» disse Thráin sottovoce «Una parola.»

Suo padre lo portò in un angolo e mormorò: «Non possono far del male a Bilbo qua a Granburrone. Il potere di Elrond tiene al sicuro queste terre. Ma Frodo è un Baggins, e uno Hobbit della Contea. Gli daranno la caccia il minuto che mette piede fuori da questa valle.»

Dopo un momento, Thorin annuì brevemente. «La missione è troppo importante.»

«Fai ciò che devi, figlio» disse Thráin, e le sue mani poderose si posarono sulla testa di Thorin in benedizione e rassicurazione «Vai. Fallo.»

Lui prese un respiro e si girò nuovamente verso il suo Scassinatore.

«Bilbo» disse Thorin, e si inginocchiò di fronte allo Hobbit, mantenendo gli occhi sulla vecchia faccia rugosa «Bilbo...»

«Oh, per favore» gemette Bilbo, e Thorin non poteva più sopportarlo.

«Lo proteggeremo per te» promise «Ho giurato che mi sarei preso cura di te, e di quelli che ami. Lo proteggerò. Lo giuro.»

«Per favore, Ilúvatar, Mahal, Kementári, proteggetelo» sussurrò Bilbo «Elbereth Gilthoniel, prenditi cura di lui – oh, perdonami! Perdonami!»

«Lo giuro» promise Thorin, ed alzò un dito per farlo passare sopra alle linee del volto di Bilbo.

Poi si alzò e andò da Gimli. «Gimli, inùdoy» disse, la sua voce profonda e cupa e piena di determinazione «Sai cosa deve essere fatto. Questa è la battaglia della nostra Era, e tu dovrai essere il nostro Campione. Figlio del mio cuore, proteggerai il figlio del suo?»

Gimli si alzò, piantando i piedi come ogni Nano dovrebbe. «E la mia ascia!» disse, forte, e prese l'ascia da cammino di suo padre e guardò male l'Elfo. L'Elfo, dal canto suo, lo ignorò con fredda superiorità.

Anche l'Uomo di Gondor decise di andare con loro, e Frodo sembrava dolorosamente piccolo in mezzo a loro. E poi degli Hobbit stavano uscendo dai cespugli e insistevano che sarebbero andati anche loro, e Bifur esplose in ululati di risa.

«Non possono essere seri?» disse Nori, alzando le sue sopracciglia intrecciate fin quasi ai capelli «Quattro Hobbit?»

«Beh, noi ne avevamo uno, l'abbiamo fatto funzionare» disse Óin, scuotendo le spalle.

«Giusto, sì, uno era un buon numero, uno era Hobbit a sufficienza nella mia opinione. Quattro vorrà dire una marea di fazzoletti da tasca, è tutto quello che sto dicendo»

«Non penso che Peregrino Tuc abbia mai usato un fazzoletto in vita sua» disse Thorin secco, guardando il più giovane degli Hobbit che si rendeva un idiota – ancora.

«Sarete la Compagnia dell'Anello» annunciò Elrond, e Thorin resistette all'impulso di alzare gli occhi al cielo. Un nome grandioso per nove viandanti. Semplicemente “la Compagnia di Frodo Baggins” sarebbe stato sufficiente.

Questo sembrò segnare la fine del Consiglio. Molti dei grandi Signori rimasero a parlare fra loro in voci basse. Frodo aiutò Bilbo a scendere dalla sedia troppo alta, e Thorin li guardò andarsene con occhi preoccupati. Bilbo sembrava quasi trasparente dalla tristezza e dall'orrore, il suo viso anche più vecchio di prima.

Poi sentì la voce di Gimli che rimbombava: «Mastro Elfo, se posso?»

Si voltò per vedere il figlio di Thranduil che guardava Gimli dall'alto in basso, la sua faccia senza espressione ma i suoi occhi che brillavano di irritazione. «Nano. Cosa hai da dire?»

La mascella di Gimli si serrò, ma lui non abboccò all'esca. «Vorrei scusarmi. Le mie parole sono state insultanti e scelte male. Non vorrei partire per una Missione simile con esse ancora fra di noi.»

Thorin percepì la propria bocca che si spalancava. Gentile, aye. E pronto al perdono sussurrarono i suoi pensieri da molto tempo prima.

L'Elfo sembrava confuso – e sospettoso. «Capisco. In questo caso, anch'io ritiro le mie parole, e ti offro le mie scuse. Il tuo nome?»

«Gimli figlio di Glóin» disse Gimli, offrendo la minima parte di un inchino. Thorin non poté non notare che aveva omesso il saluto usuale.

«Legolas Thranduilion» disse l'Elfo, inclinando la testa solo leggermente. Thorin lo guardò storto. Quell'Elfo gli aveva puntato contro una freccia e aveva minacciato la sua vita! Come osava Gimli offrire le sue scuse a quella creatura!

«Ben incontrato, Elfo» disse Gimli, ignorando il nome.

Il labbro dell'Elfo si arricciò in disgusto. «Ovviamente no.»

La barba di Gimli tremò, come se stesse sopprimendo un ringhio a sua volta. «Beh, almeno c'è ampio spazio di miglioramento, aye?»


Frís trovò Thorin nella sua fucina, molto tempo dopo. Aveva iniziato a lavorare a un tegame di ferro, e stava andando bene. Aveva dato una forma iniziale, e anche se il ferro grezzo non era un metallo nobile come quelli a cui dava forma normalmente, lo trovava molto fluido da lavorare e si piegava facilmente alla sua volontà.

Si rigirò il lavoro mezzo finito fra le mani. Qua la padella, dove uno Hobbit avrebbe potuto cuocere pancetta o pomodori o uova o funghi o quelle piccole torte piatte che piacevano tanto a Frodo. Qua il manico, dove mani Hobbit avrebbero afferrato sicure e ferme e confidenti. Possibilmente un manico in legno, per ridurre la conduttività del calore. Le mani Hobbit erano rapide ma morbide. Qua un risvolto lungo l'orlo, per versare, e qua il marchio del creatore: Thorin, figlio di Thráin. Qua attorno ai lati, un complesso disegno di linee annodate Naniche, ogni nodo sormontato da fiori Hobbit.

«Stai bene?» disse lei piano, sedendosi accanto a lui. Lui grugnì.

Lei prese il tegame e lo rigirò, osservando i suoi simboli-guida e le decorazioni si lati. «Oh, Thorin» sospirò.

«Gli Hobbit hanno un linguaggio per i loro fiori, così come noi abbiamo il nostro per le gemme» disse lui, e la sua voce sembrava profonda e lontana persino a se stesso.

«Questi cosa sono?» disse lei.

Lui fece una pausa, e poi le prese la mano e la guidò su uno dei fiori. «Bacche di rosa» disse «E gigli della pioggia.»

«Cosa vogliono dire?»

Lui sorrise e non rispose.

Frís mise da parte la padella e girò la mano di lui. C'era una bruciatura sul palmo dal processo di fusione, e lei fece un “tcch!” sottovoce.

«Sto bene» disse lui, ritirando la mano «Sto bene.»

«Non ne dubito» disse lei, e guardò su verso di lui. Lui aveva preso l'altezza di suo padre, e torreggiava su di lei. «Mi preoccupo. Sono tua madre; è un mio privilegio farlo.»

«Sono più vecchio di te» le ricordò lui, e lei alzò un sopracciglio biondo grano.

«Sei ancora mio figlio e ti conosco, mio scontroso piccolo Principe. Parlami.»

Lui rimase in silenzio per un momento. Poi disse: «Bilbo ha portato l'Anello. L'ha portato per quasi sessant'anni. Io l'ho osservato per tutto questo tempo, e non ho mai...»

Gli occhi blu di lei, della stessa sfumatura e forma di quelli di lui, si addolcirono. Poi lei gli tirò giù la testa e gli diede un bacio sulla fronte. «Non sei responsabile, Thorin» disse «Non sei responsabile per ogni cosa brutta che è successa in questo mondo. L'Anello ha una volontà propria, e ha scelto il tuo Hobbit. Che lui è riuscito a mantenere il proprio cuore e la propria mente dice molto su di lui.»

«Non l'avrebbe mai trovato se io non...»

«Oh, per carità di Mahal!» disse lei, amore frustrato che le passava sul volto «Sai quant'è difficile guardarti costantemente mentre ti flagelli per cosa che non sono colpa tua? Hai fatto degli errori, certamente – ma questo non è tuo. Gandalf è stato colui che ha scelto Bilbo Baggins, o te ne sei dimenticato?»

Il respiro di Thorin si fermò mentre espirava.

«Lo sospettavo» disse lei «Per favore, Thorin, smettila. Sei una buona anima, e un cuore forte. Smettila si farti a pezzi dal rimorso.»

«Ma... 'amad, io...» Thorin non sapeva cosa dire, e le sue parole gli uscirono strangolate e per metà un ringhio «Io non ho – mai saputo che...»

Lei gli mise le dita sulla bocca, e poi le lasciò passare attraverso la sua barba tagliata corta, pettinandola gentilmente. «Ho visto di nuovo mio figlio a quella riunione. Ho visto il mio coraggioso, valoroso, determinato ragazzo – il Nano che ha guidato un popolo dimenticato al sicuro, ribaltato una battaglia senza speranza, e sfidato due eserciti senza altro che la propria forza di volontà. Non perderti di nuovo nel tuo senso di colpa, mio caro. Non prenderti dei pesi che sono destinati a essere portati da altri. Nessuno è abbastanza forte per quello.»

Lui batté le ciglia, e poi lasciò che la sua testa ricadesse sulla spalla di lei ed esalò un lungo, tremante respiro. Le braccia di lei si avvolsero quanto potevano attorno alle sue spalle, e lui rimase lì per un altro lungo momento, respirando l'odore che sapeva di sicurezza, di amore e di casa.

Poi si raddrizzò e premette le loro fronti assieme. «Bene dunque» disse «Si torna al lavoro.»

Lei sorrise.


«Ora, Gimli» disse Glóin, la sua voce ruvida che si spezzava «Ecco l'acciarino, e qua la mia vecchia pipa. Gli Hobbit crescono l'erbapipa migliore del mondo, e non ne sono avari. Sarebbe davvero crudele negarti la possibilità di assaggiarla. Ah, guardati ragazzo, le tue trecce sono in disordine! Le hai annodate a occhi chiusi? Le hai almeno pettinate?»

Gimli rimase fermo e permise a Glóin di sciogliergli una treccia, le vecchia dita nodose si muovevano nello schema di una vita. «Dubito che a qualcuno importerà se ho spazzolato i capelli o meno, Papà» disse Gimli.

«Beh, a me importa, e anche a tua madre importerebbe» disse Glóin irritato «Stai rappresentando l'orgoglio della nostra gente ora, figlio. Devi avere l'aspetto che un Signore dei Nani avrebbe.»

«Tutta quella Gente Alta ed Elfi, non sarebbero in grado di capire se fossi un Signore dei Nani o un lattaio» grugnì Gimli, alzando il mento così che il padre potesse inserire più della sua folta barba nella treccia «Perché dovrei indossare i miei fermagli e trecce per un branco di tali ignoranti...»

«Ignoranti che siano, sono nostri alleati» disse Glóin, tirando bruscamente la treccia che stava facendo «Mahal sa che non sarebbero nemmeno in grado di distinguere un Vastifasci da un Barbedure, ma tu ti comporterai in modo degno di mio figlio e di un Nano della Linea di Durin. Ricorda, ciò che farai ora non si rifletterà solo su di te ma su tutti i Nani esistenti.»

Gimli sospirò, e permise a suo padre di sciogliergli l'altra treccia. «Sì, Papà.»

Glóin sbuffò. «Quando dici “sì, Papà” con quel tono di voce mi chiedo se tu non sia ancora un ragazzino di sessant'anni, invece che un Nano che ha più del doppio di quegli anni.»

Gimli allungò la mano e toccò le decorazioni in onice ed oro nella cascata candida dei capelli di Glóin. «Mi sento come un ragazzino di sessant'anni. Sono solo un Nano, Papà, non posso rappresentare tutti i Nani! È troppo da chiedere, io...»

«Ah, shhh. Ti comporterai bene» disse Glóin, e legò la seconda treccia e indietreggiò «Oh, nidoyuh.»

Gimli alzò la testa, facendo scivolare le sue nuove trecce sul petto largo e possente. Rimase immobile, lasciando che suo padre lo guardasse. Poi Glóin si piegò in avanti e afferrò il volto di Gimli fra le mani, e disse piano una parola. Gimli chiuse gli occhi ed espirò lentamente.

Guardando, Thorin fu profondamente scosso. Aveva sentito quella parola.

Era quasi sicuro di aver appena sentito il vero e segreto nome di Gimli, figlio di Glóin.

Glóin premette insieme le loro teste per un momento, e poi baciò la fronte del figlio gentilmente. «Ricordati chi sei. Rimani al sicuro più che puoi. Proteggi il Portatore. Tieni d'occhio l'Elfo, e non incontrare nessun maledetto troll o idiozie simili!»

«Ho delle lettere» disse Gimli, mettendo una mano nella maglia di ferro e ripescandone una pila di carte. Si schiarì la gola. «Una per Mamma, e una per Gimrís e Bofur, e una per Gimizh. Quella, quella in carta blu, è per Zia Dís. C'è anche una nota per Dori, e un'altra per Bombur e Alrís, e l'ultima è per Dwalin, Orla e i loro ragazzi. Ho anche una lettera da spedire a Dáin, se io...»

Glóin le prese, e poi avvolse Gimli in un abbraccio da orso. «Ti voglio bene, ragazzo» disse, piano e commosso «Sono così orgoglioso di te. Tanto, tanto orgoglioso di te.»

Gimli seppellì il volto nella bellissima barba bianca di Glóin, e si strinse al padre con tutta la sua enorme forza. «Anch'io ti voglio bene, 'adad.»

«Non dimenticarti di contattarci quando puoi» disse Glóin contro i capelli di Gimli. «Proteggi quello Hobbit con tutto ciò che hai. È l'unica speranza per tutti i nostri popoli.»

Gimli annuì contro la barba di Glóin, prima di obbligarsi a lasciarlo andare e raddrizzarsi. «Bene» disse, e si schiarì la gola «Dobbiamo partire entro un'ora. Io dovrei... io...»

Glóin sorrise e annuì. «Vai, azaghâl belkul. Vai e aiuta a salvare il mondo.»

Gimli si mise in spalla lo zaino, strinse l'ascia da cammino di suo padre, infilò le asce da lancio e l'ascia barbuta decorata nei foderi in pelle, si mise l'elmo in testa, diede un ultimo, angosciato sguardo al padre, e si trascinò via.

Glóin fissò la vuota porta spalancata per il tempo di due battiti di cuore, prima di affondare nel letto troppo alto.

Thorin esitò, e poi di sedette accanto al cugino. Il silenzio lasciato dietro dalla partenza di Gimli li inondò.


«Quindi chi è l'Uomo?» chiese Óin, grattandosi lo stomaco mentre lui, Ori e Thorin arrancavano dietro agli Hobbit.

«Quale?» disse Ori.

«Questo. Quell'altro. Non stavo davvero ascoltando»

«Il Consiglio più importante da secoli, e tu non stavi ascoltando?!»

«Troppi Elfi»

Ori sospirò e strinse le labbra. «Quello col corno è Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor. Quello che fa i passi lunghi è Aragorn, ed è l'Erede di Isildur.»

«Oh» Óin li squadrò «Poveracci, a malapena un po' di pelo tra tutti e due. Quello di Gondor mostra un po' di potenziale, ma quello di Isildur è messo male quanto Kíli. Come fanno a sapere cosa fanno e chi sono senza una barba da intrecciare?»

Ori scrollò le spalle. «Magari chiedono?»

«Sembra noioso»

Gimli camminava dietro ad Aragorn in silenzio, i suoi occhi scattavano tra gli alberi sconosciuti e la mano sull'impugnatura della sua ascia. L'elmo che gli aveva donato Dwalin era sulla sua testa, e i suoi stivali pesanti si schiantavano ritmicamente contro le foglie che scrocchiavano sotto i piedi. Anche gli Uomini camminavano pesantemente, e Thorin si voltò verso gli Hobbit, che seguivano quasi senza rumore camminando scalzi tra le foglie.

L'Elfo era andato avanti. Le sue scarpe morbide facevano poco rumore anche se non era sovrannaturalmente silenzioso quanto gli Hobbit. I suoi occhi si stringevano mentre osservava tra gli alberi, e a volte si arrampicava sui rami per raggiungere un punto di osservazione più alto.

Dormivano a metà del giorno e si muovevano di notte, confidando che la luce del giorno tenesse al sicuro i dormienti dagli Orchi. I secondo giorno si accamparono sul crinale occidentale di una collina per evitare di essere osservati da Est. Era una buona cosa che Gimli avesse portato la pietra focaia di suo padre, dato che Gandalf scomparve appena dopo aver preparato il campo.

«Dove va?» chiese Pipino, aggrottando le sopracciglia «Un momento curioso per andare ad osservare il paesaggio!»

«Mio padre dice che Gandalf va e viene quando lo desidera» disse Gimli, e sorrise al piccolo Hobbit accendendo la miccia «Non preoccuparti, Mastro Peregrino! Hai me e Boromir e Aragorn a proteggerti.»

«E Legolas» aggiunse Aragorn, i suoi occhi che brillavano divertiti «Hai dimenticato Legolas, Mastro Gimli?»

Gimli grugnì e non rispose, ammucchiando foglie e rametti attorno al suo fuoco nascente.

«Oh, Gimli» disse Thorin e si massaggiò il volto con una mano, cercando di reprimere il suo sorriso «Ti ho influenzato troppo a lungo.»

«Ora Padron Frodo» stava dicendo Samwise, passandogli una striscia di carne essiccata «Non è esattamente una delizia, ma ci riempirà finché Mastro Gimli non avrà acceso il fuoco.»

«Sono pronto quando lo sei tu, Mastro Samwise» disse Gimli, facendo un passo indietro per mostrare il piccolo focolare con la sua fiamma allegra.

«Adesso, questo è notevole!» Sam si grattò la testa «Sono abituato ad accendere fuochi io stesso, ma questo è stato rapido! Anzi, sembra quasi tu ci abbia messo solo un battito di ciglia!»

«Il fuoco è sempre stato un buon servitore dei Nani» disse Gimli, e si levò i suoi guanti pesanti per riscaldarsi le mani sul fuoco.

«Andiamo, Padron Frodo, venite più vicino. Quel vento non scherza!» disse Sam, e poi si voltò verso Merry e Pipino che cercavano nel suo zaino «E voi due, via da lì! Non voglio spiegare a Granpasso perché abbiamo finito le provviste a nemmeno due giorni di distanza da Granburrone!»

Merry sembrò in qualche misura imbarazzato, ma Pipino era completamente a suo agio. «Beh, per me non sarà un problema» disse allegramente «Io avrò lo stomaco pieno, e non c'è molto che si possa dire di male su ciò!»

Gimli ridacchiò. «Mio padre una volta mi disse che per gli Hobbit esistono sette pasti al giorno. È vero?»

Gli occhi di Pipino si illuminarono e lui si sedette di fronte a Gimli, infilandosi i pollici nella giacca con aria di importanza. «Ora, ci sono due scuole di pensiero a proposito» disse, annuendo solennemente «Taluni, i più illuminati, sostengono ci dovrebbero essere almeno sette pasti. Perché, se ti viene un languorino tra la seconda colazione e la merenda? Se ti svegli nel bel mezzo della notte pensando a panini col tacchino? E se la zuppa non era particolarmente soddisfacente la prima volta, e vuoi provare di nuovo?»

«Va bene, va bene!» rise Gimli «Ho capito come funziona. Gli illuminati tra gli Hobbit consiglierebbero di mangiare per tutto il giorno e la maggior parte della notte, se si potesse fare!»

Pipino si illuminò, compiaciuto di aver fatto ridere il Nano. «Assolutamente!»

La testa dell'Elfo si era girata sentendo la profonda, rumorosa risata di Gimli, e una piccola ruga si era formata tra le sopracciglia scure.

«Quanti pasti hanno i Nani, dunque? Siete come gli Uomini, o avete le idee più chiare in proposito?» chiese Sam, mettendo la padella sul fuoco.

Gimli si piegò indietro, i suoi occhi brillavano. «Sono sicuro che ci troveresti davvero molto stupidi, Mastro Gamgee. Normalmente abbiamo solo due o tre pasti al giorno, anche se possiamo facilmente farne a meno.»

«Due o tre!» Merry sembrava scandalizzato «E Bilbo ha viaggiato così per – oh, quel povero vecchio Hobbit!»

«Non lo facevamo morire di fame» borbottò Thorin, e dietro di lui Óin fece un suono di protesta indignata.

«Come cavolo fate a funzionare con così poco!» disse Pipino, avvicinandosi al fuoco e fissando Gimli con gli occhi spalancati «Di sicuro svanirei nel nulla. Due o tre – o niente!»

«Vergognoso, ecco cos'è!» dichiarò Sam, agitando il cucchiaio.

Gimli alzò le grandi mani e rise. «Pace, pace! È ciò di cui ho bisogno, tutto qua. Se mi nutriste come uno Hobbit ben presto sarei largo quanto alto!»

«Non riesco a credere che sei così forte come appari» disse Merry, toccando le enormi braccia di Gimli «Io sparirei completamente!»

«Non è naturale» borbottò Sam, pugnalando la padella col cucchiaio.

«È perfettamente naturale per un Nano, che io sono» disse Gimli, sorridendo ai giovani Hobbit «Mi terrò sugli argomenti che un Nano conosce e lascerò tutta la conoscenza del mangiare agli Hobbit, a cui ovviamente appartiene.»

«E cos'è che conosce un Nano?» disse interessato Pipino e ruotò la testa, fissando Gimli con avida curiosità.

«Pipino, non essere maleducato!» disse Merry, tirando la giacca di suo cugino e alzando le sopracciglia «Scusalo, Mastro Gimli, è solo che non abbiamo mai incontrato un Nano e Pipino qui» piantò un gomito nel fianco di Pipino «non ha assolutamente idea di cosa sia appropriato.»

«Oh, e tu invece sì, ovviamente» mormorò Sam sottovoce. Frodo sorrise debolmente.

«Nessuna offesa, Mastro Merry» disse Gimli, mettendosi comodo e accendendo la pipa «Non mi dispiace affatto. Ci sono un sacco di menzogne che girano sul nostro popolo» e Gimli lanciò uno sguardo torvo all'Elfo «ed è una buona cosa avere la possibilità di combatterle.»

L'Elfo sobbalzò all'attenzione improvvisa, e i suoi occhi si spostarono nuovamente dal piccolo gruppo alla foresta.

«Dunque» disse Gimli, inspirando dalla pipa «Ciò che un Nano conosce. Ciò che un Nano conosce.»

«Rocce e pietre, senza dubbio» disse l'Elfo distrattamente, e Gimli alzò un sopracciglio.

«Aye, rocce e pietre. Ti aspetti che io mi offenda?»

L'Elfo rimase in silenzio.

«Rocce e pietre non sono morte, Mastro Elfo» continuò Gimli «Ognuna ha la propria canzone, e noi la sentiamo sotto i piedi e tra le dita. Tutto desidera. Tutto ha della bellezza al suo interno, ed essa desidera essere libera. Le pietre più dure lottano per diventare, e non possiamo fare a meno di accorgercene. Ogni Nano è attirato da un'arte, e troviamo bellezza e saggezza nel lavoro delle nostre mani e delle nostre menti. Ci viene insegnata presto la nostra storia e le canzoni e i canti della nostra gente. Ogni clan ha le proprie antiche tradizioni, sapete. Amiamo la musica, e la danza. Mia nonna era una famosa danzatrice d'ascia. Riusciva a farne girare quattro allo stesso tempo! La gente di mio padre, i Longobarbi, hanno più probabilità di scavare alla ricerca di oro o ferro, ma i Barbedure amano maggiormente l'argento e ne fanno molti oggetti interessanti.»

«Tu hai un'arte?» chiese Boromir, interessato nonostante tutto «Le mie scuse – ma non ho mai sentito uno della tua razza amante dei segreti che parlava così apertamente prima d'ora.»

Gimli scartò le scuse con un gesto della mano. «No, non ho ancora trovato ciò che fa cantare le mie mani» disse tranquillo «Ma sono ancora giovane – c'è molto tempo ancora!»

«Quanti anni hai, Mastro Nano?» chiese Aragorn.

«Oh, ne ho compiuti centotrentacinque qualche mese fa» disse Gimli, facendo un anello di fumo.

Aragorn sembrava sorpreso. «Ed io che pensavo di essere tra i più anziani del nostro gruppo. Sembra che fra te e Legolas e Gandalf, io sia solo un bambino.»

«Suppongo che tutti noi siamo bambini rispetto a quei due» disse Gimli.

«Bilbo una volta mia ha parlato di una lingua» disse Frodo.

Gli occhi di Gimli si strinsero. «Aye, c'è una lingua, che ci è stata tramandata dal nostro Creatore.»

«Ha detto che non avrebbe dovuto esserne a conoscenza» disse Frodo, e fece un piccolo sorriso «Conosci Bilbo.»

«L'ho incontrato una volta, quando ero solo un ragazzo» disse Gimli, e sbuffò «Non mi sorprende che sia a conoscenza del Khuzdul. Aye, si chiama così. Tra tutte le genti noi siamo gli unici a non aver imparato la nostra lingua dagli Elfi, ma dal nostro Grande Creatore in persona. È sacra, e non dirò altro su di essa.»

«Il tuo creatore?» disse Merry sconcertato «Vuoi dire che qualcuno fa i Nani? È un'arte?»

Gimli sobbalzò, e poi rise a lungo e di cuore. «Ah! Se è un'arte, allora la migliore artigiana che conosco è Alrís figlia di Gerís! Ha dodici figli, un risultato impressionante tre i Nani.»

«Dodici è un numero abbastanza normale nella Contea» disse Pipino «Mia madre era una Banks, sai, ed era la terza di otto.»

«Noi non aumentiamo tanto in fretta» disse Gimli, sempre ridendo «Ah! Devo dirlo ad Alrís e Bombur la prossima volta che li vedo.»

«La moglie di Bombur» disse Frodo, i suoi occhi si accesero di comprensione «Bilbo mi ha parlato di lui. Era uno della Compagnia.»

«Lo era»

«Quindi chi fa i Nani? Se non le signore Nano» disse Merry.

«Nane» lo corresse Gimli, e i tre Hobbit più giovani ripeterono la nuova parola lentamente.

«Non erano voluti» disse Legolas.

Gimli si congelò. E poi disse, con cautela: «non da Colui che creò tutto il resto. No. Noi fummo creati da altre mani.»

«I Nani non erano mai stati destinati ad esistere» disse Legolas, i suoi occhi Elfici brillavano «Loro insudiciano la canzone di Arda con le loro note discordi.»

Thorin ringhiò, e le mani di Óin si strinsero. «No» disse Ori piano «Non influenzarlo. Devono essere una Compagnia, e ciò non può accadere se Gimli perde la calma ogni due secondi.»

«Gimli può perdere la calma senza il mio aiuto» ribatté Thorin, guardando storto l'Elfo.

«Siamo una razza antica, creata da Mahal nei giorni prima che gli Elfi si svegliassero» disse Gimli rigido «Desiderava compagnia, e così creò creature diverse da sé e gli insegnò a parlare. Colui che creò tutto il resto ci scoprì, e disse a Mahal che le sue creature non erano desiderate. E così noi siamo indesiderati, incompresi, per sempre separati dalle altre razze del mondo.»

La bocca di Sam si spalancò. «Ora, questo è crudele, semplicemente crudele» sussurrò.

«È la maniera in cui le cose funzionano» disse Gimli, e fece cadere il tabacco bruciato dalla pipa picchiandola conto il pesante stivale «Avremo un posto nella musica alla fine di tutte le cose, perché così ci è stato promesso. Ma fino ad allora, siamo indesiderati e lo sappiamo» guardò verso l'Elfo con sfida «Ci sono alcuni a cui piace ricordarcelo. Ma che possiamo farci? Smettere di esistere? No. Tutte le cose desiderano diventare. Anche il sasso più orrendo vuole, e i Nani lo sanno meglio di tutti.»

«Non ti fa rabbia?» chiese Frodo piano.

Gimli annuì con la testa accesa. «Aye, a volte. Ma che utilità ha la rabbia? Siamo stati resi forti per resistere. E così facciamo.»

L'Elfo sembrò a disagio per un momento. Poi si alzò e disse: «Andrò a perlustrare l'area.»

«Fallo» grugnì Gimli, e poi si arrotolò nelle coperte. In due o tre secondi stava russando.

«Non ha nemmeno aspettato la zuppa» si lamentò Sam.

«Ha parlato bene» mormorò Ori.

«Ha parlato di Mahal» disse Óin, scuotendo la testa «Non avrebbe dovuto farlo.»

«I piccoli Hobbit erano curiosi» disse Thorin «Sembra affezionato a loro. La loro curiosità non fa alcun male.»

«Quel dannato Elfo porterà guai» predisse Óin. Thorin sospirò.

«Temo tu abbia fin troppa ragione» disse, guardando torvo gli alberi tra cui l'Elfo era sparito.


Prima che le stelle lo lasciassero, si fermò da Bilbo. Il vecchio Hobbit sedeva in una sedia enorme, decisamente troppo grande per lui, e i suoi piedi erano sospesi sopra al pavimento. Aveva una coperta sulle ginocchia, e la sua testa era ricaduta sul petto.

«Ciao mio caro» disse Thorin piano, e si inginocchiò davanti a lui «Stanno viaggiando tranquilli. Gli Hobbit si stanno affezionando a Gimli, e gli Uomini sono forti e valorosi. Tuo figlio è al sicuro.»

La testa di Bilbo si abbassò ancora, e una piccola espressione di tristezza gli lampeggiò sul volto.

«Sembri così stanco, mio idùzhib» disse con tutta la dolcezza di cui era capace. Thorin non era bravo ad esprimere il suo affetto, e le parole non gli venivano facilmente. Ma per Bilbo avrebbe provato. «Dovresti andare a letto. Ci penso io a loro. Non ti deluderò.»

Alzò la mano e la mise con attenzione sopra quella di Bilbo. Solo un soffio d'aria era fra la calda, vivente, rugosa carne dello Hobbit e il freddo palmo fantasma di Thorin, fermo per sempre al massimo del suo vigore. La sua mano era tanto più grande e forte di quella di Bilbo, e chiudendo gli occhi si immaginò di poter percepire la pelle sottile e delicata, la morbida consistenza burrosa.

«Così vecchio, mio Bilbo» disse, e guardò il volto sonnolento dello Hobbit «Non ho mai pensato di chiedermi perché continuavi a vivere. Pensavo solo a maledire il fato che mi ha tenuto separato da te per così a lungo.»

Alzò l'altra mano e la lasciò passare attraverso la bianca ragnatela dei capelli di Bilbo. «Sono felice che sei invecchiato» disse con voce bassa «Quale che sia il motivo, sono felice che uno di noi l'abbia fatto. Però, odio che tu sia invecchiato senza di me. Avresti riso della mia barba grigia, mi chiedo? Ci saremmo barricati ogni inverno, avvolgendoci nelle coperte e lamentandoci delle nostre ossa? Saremmo diventati più simili col passare del tempo; le mie abitudini che diventavano le tue, le tue parole che diventavano mie?»

Le labbra di Bilbo si mossero, e Thorin sospirò senza suono. «Inutile chiedermelo. Però. Come vorrei, Mastro Scassinatore. Come vorrei.»

Bilbo borbottò nel sonno per un momento, e poi i suoni divennero parole.

I sit beside the fire and think
Of all that I have seen,
Of meadow-flowers and butterflies
In summers that have been.

I sit beside the fire and think
Of people long ago,
And people who will see a world
That I shall never know.

I sit beside the fire and think
Of words I never said,
Of promises and wishes made
All locked up in my head.

I sit beside the fire and think
I hear him now and then.
But still I wait to hear that knock
Upon my door again.

TBC...

Note:

Giglio della pioggia – ti amo anch'io, devo farmi perdonare per i miei peccati, non ti dimenticherò mai

Bacche di rosa – scegli il tuo destino, non romperò la promessa fatta, ti amerò per sempre

Isildur – Isildur, suo fratello Anarion e suo padre Elendil erano tutti Numenoreani che rimasero amici degli Elfi e furono perciò chiamati “i Fedeli”. Questa gente fuggì da Númenor con un seme dell'Albero Bianco prima che venisse inghiottito dal mare per l'arroganza, corruzione ed orgoglio dei sovrani (guidati e ingannati da Sauron). Una volta nella Terra di Mezzo, Elendil divenne Grande Re di Gondor e Arnor – Gondor a sud, Arnor a nord. Isildur e Anarion governarono Gondor per il padre, mentre lui regnava nel Regno del nord. Isildur creò una città – Minas Ithil (ora Minas Morgul) e Anarion ne costruì un'altra, Minas Anor (ora Minas Tirith). Comunicavano usando i Palantír che avevano portato via da Númenor. Minas Ithil fu catturata dalle forze di Sauron nel 3429 (Seconda Era), e quindi si formò l'Ultima Alleanza.

Arnor – il grande Regno del nord che fu creato da Elendil si distrusse nei primi secoli della Terza Era a causa delle guerre civili. Le strade rimasero, così come alcune storie (gli Hobbit ricordano che il loro Conte aveva giurato lealtà al Grande Re del Nord), ma poco di quel grande Regno sopravvive oltre a rovine usate come torri di guardia.

Kementári – Yavanna, Vala degli Olvar (piante ed alberi)

Elbereth Gilthoniel – Varda, Vala delle stelle. Particolarmente amata dagli Elfi.

Mahal ed Eru (l'Uno), e la creazione dei Nani – questa storia viene narrata interamente nel Silmarillion

Le prime due stanze della canzone sono di Tolkien, le ultime due di determamfidd. Parte del testo è preso dal copione del film e parte dal libro.

Traduzione della canzone:
Seduto accanto al fuoco, rifletto
Su tutto quel che ho visto
Sulle farfalle ed i fiori dei campi
In estati ormai da me distanti

Seduto accanto al fuoco, rifletto
Ai popoli vissuti tanto tempo fa,
Ed a coloro che vedranno un mondo
Che a me per sempre ignoto resterà

Seduto accanto al fuoco, rifletto
A parole che non dissi mai
A promesse e desideri espressi
Tutti chiusi dentro la mia testa

Seduto accanto al fuoco, rifletto
Ci son volte in cui posso sentirlo.
Ma ancora aspetto di udir bussare
Nuovamente alla mia porta

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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