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Autore: Mira_Litkin    20/04/2015    0 recensioni
" < Amaya svegliati! > mi urlò Midorikawa dal piano di sotto.
Borbottai qualcosa riguardo al fatto che era sabato, qualcosa di incomprensibile persino alle mie orecchie.
< Non fare storie, oggi hai pure gli allenamenti!> disse un Hiroto leggermente scocciato.
< GLI ALLENAMENTI! > "
Ciao, sono Mira! Il racconto parla di una ragazza che va alla Raimon junior high insieme ai nostri inazumiani, di tutori matti, amici insicuri, amori folgoranti, atti eroici e fantasmi del passato. Come ne uscirà la nostra Amaya?
Ps:Questa è la prima fanfiction che pubblico, perciò siate clementi, tuttavia sono ben accette le recensioni, sia positive che negative.
Genere: Comico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Kira Hiroto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Un incontro particolare.

Feci subito marcia indietro, poiché mi ero appena accorta di aver sbagliato strada.

 
“Non voglio ascoltare cos'hanno da  dirsi... Di sicuro parleranno di Kariya e se sento qualcosa che non dovrei sapere mi sentirei in colpa verso Masaki... Devo smetterla di chiamarlo per nome, cazzo!”
 
Camminai lungo il marciapiede e feci una cosa che non facevo quasi mai, osservare il paesaggio.
È triste come una persona, presa dalla fretta della giornata, si perda le semplici cose che ha attorno a sè.
Il cielo era dipinto di una gradevole sfumatura che andava dall'arancione al rosso, le poche nuvole presenti erano di un tenue rosa confetto, così vaporose da poter esser paragonate allo zucchero filato. Il sole ora faceva capolino, ora spariva, come un bambino che lanciava una pietra e poi scappava via.
 
“Che strano senso di vuoto...” 
 
Voltai lo sguardo alla mia destra per vedere il parco. Mi si strinse il cuore alla vista di un bambino bloccato su di un'albero che implorava aiuto, lanciando di tanto in tanto delle occhiate colme di paura al terreno. Non era esattamente un bambino, avrà avuto sì e no dieci anni.
“Come c'è arrivato lì?” Mi domandai sorridendo. Dopo tre passi mi ritrovai davanti al cancello del parco e rimasi lì davanti indecisa sul da farsi, finché delle domande si insinuarono in me: Da quanto tempo era lì? Perché era lì? Dov'erano i suoi genitori?
Bastarono quei pensieri a far sì che le mie gambe presero come d'istinto a correre verso il bambino.
 
«Hey! Stai bene?» Domandai una volta arrivata sotto l'albero.
«Halleluja, qualcuno si è degnato di aiutare un povero bimbo indifeso!» Alzai lo sguardo, non riuscivo a scorgerlo tanto erano fitti i rami. Mi aggrappai a quello sopra la mia testa e mi tirai su, ora il ramo era sotto di me. Ero sicura che quel ramo non si sarebbe spezzato sotto il mio peso poiché sembrava resistente, così mi trascinai fino al tronco e lanciai un'altro sguardo in alto.
«Che stai facendo?» La voce del bambino giunse alle mie orecchie.
«Ti salvo» Risposi arpionandomi ad un ramo all'altezza dei miei occhi,
«Ok!» Mi tirai sù e poggiai il piede destro ad un ramo che mi arrivava al ginocchio. “Leva, mano destra... Leva, piede sinistro, leva.. Piede destro...” Questi furono i miei pensieri, finché udii di nuovo quella vocina, questa volta vicinissima.
«Ce l'hai fatta!» Alzai lo sguardo e vidi a pochi centimetri dal mio capo i suoi piedini che penzolavano spensierati.
«È già tanto che ti sto salvando il culo» Sbuffai. Mano, leva, piede, leva, mano, leva, piede, leva, e i miei occhi incontrarono quelli smeraldini del bambino.
 
«Non si dicono le parolacce» Mi rimproverò lui, inarcai un sopracciglio.
«Se vuoi torno giù e ti lascio qui» Proposi, il bambino cambiò sguardo.
Era aggrappato per le braccia ad un ramo e penzolava dal busto in giù. Sotto ai suoi piedi non c'erano rami per un paio di metri, se fosse caduto si sarebbe fatto male davvero.
«No, ti scongiuro: ho fame!» Mi pregò. Alzai gli occhi al cielo e cominciai ad escogitare un modo per far scendere il bambino, infine ebbi l'illuminazione.
«Ti fidi di me?» Domandai gentile.
«Certo!» Rispose sorridendo raggiante.
«Allora devi lasciare che ti prenda in braccio» Imposi, il bambino scosse il capo impercettibilmente.
«Sono io che devo proteggere te, semmai io ti prendo in braccio» Disse poi.
«Ma smettila e aggrappati!» Lo ammonii porgendo il braccio, sembrava essere piuttosto leggero.
Chiuse gli occhi qualche secondo e li riaprì, dopodiché con uno scatto afferrò il mio braccio e si arpionò a me.
Per un attimo persi l'equilibrio, ma quando si aggrappò al mio ventre abbracciandomi mi riequilibrai subito.
«Tutto bene?» Domandai stringendolo a me. Udivo perfettamente il suo battito irregolare e il respiro affannoso, si era spaventato molto.
Annuì vistosamente e allentò la presa.
«Sono vivo!» Disse poi festoso.
Persi di nuovo l'equilibrio e mi scivolò un piede, riassestandomi subito.
Il bambino lanciò un urletto e si strinse più forte a me.
Me lo caricai sulla schiena e gli dissi di tenersi bene.
«Ok» Rispose lui.
 
Cominciai la mia discesa verso il terreno, quando poggiai un piede a terra il bambino saltò giù dalla mia schiena.
Mi voltai, aveva il braccio teso verso di me ed un caloroso sorriso stampato in volto.
«Il mio nome è Kawanari, ma puoi chiamarmi Kawaii» Si presentò.
Lo scrutai da capo a piedi, aveva un'aria familiare.
I capelli erano azzurri, lisci e leggermente spettinati. Gli occhi verdi e luminosi erano incastonati in un dolce viso dalla carnagione chiara, ma non troppo, le labbra erano rosee e leggermente carnose, la corporatura minuta e esile.
«Piacere, Amaya» Ricambiai stringendo la mano.
«Ah, ti fai chiamare così ora?» Domandò stupito. Lo squadrai, poi ricordai che avevo fatto credere a tutti di essere un ragazzo.
«Già» Risposi sorridendo.
Mi fissò negli occhi. Aveva uno sguardo profondo, come se stesse scavando solchi nell'anima per imprimere il suo passaggio.
«Dove sono i tuoi genitori?» Gli domandai.
«Non ne ho la benché minima idea» Rispose senza scollare lo sguardo, cominciavo a sentirmi a disagio.
«Hai idea di dove possano essere?» Scosse la testa.
«Non so neanche come si chiamano!» Lo disse come se fosse la cosa più ovvia da dire.
«Come non sai chi sono!?» Dissi «Non prendermi per il culo, torna a casa prima che tramonti il sole!» Terminai andando verso l'uscita di quel parco.
Percepii dei passi dietro di me, del bambino, ovviamente.
Mi voltai e lo squadrai.
«Che stai facendo?» Domandai seccata.
«Ti seguo» Rispose lui sorridendo.
«Ma smettila, va a fare lo stalker con quelle della tua età» Detto ciò ripresi il cammino. Mi resi conto di ciò che avevo detto solo dopo averlo fatto, ma non me ne preoccupai, con molta probabilità non aveva neanche capito che avevo detto.
«Non sono uno “stalker”! Pedofila!» Come faceva a conoscere certe parole!?
«Pedofila? Ma se sei tu che mi stai seguendo?» Gli risposi.
«Non ha importanza!» Che razza di ragazzino...
«Senti, ora io devo andare... Perciò stai qui e non ti muovere finché non arrivano i tuoi genitori» Ordinai scocciata oltrepassando i cancelli.
I passi dietro di me cessarono. Mi voltai, Kawanari si era fermato davvero! Ma aveva un'espressione triste, osservava con sguardo perso il marciapiede.
«Mia madre è morta, mio padre l'ho perso» Mormorò con un fil di voce, un alito di vento gli scostò un ciuffo da dietro l'orecchio a davanti agli occhi lucidi.
Stava per piangere.
 
"Merda"
 
Fu il mio unico pensiero in quel momento. Non volevo avere una crisi di pianto sulla coscienza, e poi zia Hitomiko sarebbe stata felice di un nuovo bambino...
 
«Su, vieni» Dissi dolce a Kawanari.
Gli occhi smeraldini s'illuminarono.
«Dici davvero?» Domandò strofinandosi un occhio con il dorso della mano, lasciando una striscia umida sulla guancia.
«Sì» Risposi caricandomelo sulla schiena.
«Yeeeee!» Esclamò tutto contento lui, quanto era bello vederlo sorridere...
«Allora andiamo!»
«Siiiii!» Presi a correre verso casa di Kirino. Cominciava a farsi tardi, e non era il massimo andare in giro per Inazuma-Cho di notte, con un bambino tra l'altro.
 
Ben presto arrivai davanti al cancelletto della casa di codini rosa.
«Shhh!» Zittii Kawanari «Devo presentarti ad un mio caro amico!» Gli dissi, ero sicura che Kirino avrebbe cominciato a sbavare difronte alla pucciosaggine di Kawanari. Lui annuì e si ammitolì, conservando un sorrisetto, reduce dagli scherzetti che ci facevamo fino a qualche secondo prima.
 
Suonai il campanello.
«Chi è?» La voce di Kirino passò dal citofono.
«Sono io!» Risposi.
«Io chi?» Domandò lui facendo il finto tonto.
«Tua sorella» Dissi scherzosa.
«Mia sorella è alle Barbados!» Inventò sul momento lui.
«Che dici!? Tu non hai una sorella!»
«E con ciò?» Chiese Kirino con un'aria di superiorità.
«Dai fammi entrare!» Sbuffai divertita sistemando Kawanari sulla schiena, stava lentamente scivolando a terra.
«Prima dimmi chi sei»
«Sono Amaya!»
«E dirlo prima no?» Il rumore del cancelletto che si apriva rallegrò Kawanari.
Scaricai Kawanari e gli feci cenno di seguirmi, passai il sentiero -se sentiero si possono chiamare due metri in croce di mattonelle- e arrivai davanti alla porta d'entrata, che si spalancò non appena mi ci soffermai davanti.
 
«Ciao Am-Ma quanto sei puccioso~» Kirino prese in braccio e stritolò Kawanari in un abbraccio, che somigliava più ad una morsa mortale.
«Ahahahah, sapevo che ti sarebbe piaciuto!» Sorrisi.
«Posso adottarlo?» Si rivolse a me mettendosi guancia contro guancia con Kawanari, che non sembrava dispiaciuto da quelle attenzioni.
«Volendo sì, è un orfanello» Risposi guardando il diretto interessato.
«Non se ne parla! Io devo proteggere Amaya, non posso separarmi da lei!» Protestò il bambino.
«Tranquillo, stavo scherzando!» Lo calmò Kirino stringendolo più forte, poi lo posò a terra, solo allora notai la sua altezza.
I bambini con quell'altezza cercano sempre gli abbracci dalle ragazze, poiché hanno l'altezza che io definisco come “altezza tette”.
La faccia arriva proprio lì, sul seno delle ragazze, e con la scusa “sono triste, ho bisogno di un abbraccio” tuffano la faccia nel seno delle ragazze che, ingenue, non immaginano che per la testa di un bambino passino certi pensoeri perversi.
 
«Oggi pensavo di preparare degli Hamburger, voi li volete?» Domandò mentre mi toglievo le scarpe.
«Sii, Hamburgers~» Esultò il bambino
«Ma tu non mi hai ancora detto come ti chiami!» Si ricordò Kirino.
«Mi chiamo Kawanari, ma in genere mi chiamano Kawaii» Si presentò lui.
«Ah beh, più che azzeccato direi! Su, vieni in cucina a darmi una mano!» Disse Kirino afferrandogli la mano sinistra.
«Io vado un attimo in bagno» Annunciai dirigendomi verso la porta infondo al corridoio, una volta entrata chiusi la porta e lanciai uno sguardo al mio riflesso.
Scostai il ciuffo davanti all'occhio verde -dio solo sa perché- e urlai dallo spavento.
 
Udii dei passi rapidi farsi sempre più vicini e la porta spalancarsi.
«COS'È SUCCESSO!?» Domandò urlante Kirino spalancando la porta, Kawanari lo raggiunse poco dopo, sentivo il suo sguardo su di me.
«I-il...» Non riuscivo a parlare, balbettavo.
Kirino avvicinò il capo alla mia testa, osservando il mio riflesso con attenzione.
 
«Cosa c'è che non va?» Domandò dopo un attenta analisi.
«I-ill'occhio...» Ill'occhio? Già non stavo niente bene.
«Cos'ha l'occhio?» Chiese Kirino prendendomi il volto tra le mani, osservandomi attentamente negli occhi.
«Ha cambiato colore l'occhio sinistro» Disse Kawanari con non chalanche.
Kirino mi osservò meglio.
«Ora che ci penso, non ti ho mai visto l'occhio sinistro... Ma chissà perché ero convinto fosse verde...» Disse poi.
«Perché è così» Rispose Kawanari.
Gli lanciai uno sguardo interrogativo, in risposta scrollò le spalle.
«Non posso dirti niente finché non capisci tutto da sola» Disse.
«Capirai dopo aver parlato con l'amico dell'allenatore Yuuto» Terminò uscendo dal bagno.
 
«Mette i brividi a volta» Disse Kirino interrompendo il silenzio.
«Già...» Confermai riflettendo su ciò che aveva appena detto Kawanari per poi uscire dal bagno.
 
 
 
 
 
*angolo mio*
Ciaoo! Vi sono mancata?
Tutti: No!
Almeno fate finta!
Tutti: *se ne vanno*
O-ok... *si deprime*
 
Vabbeh, passiamo alle cose serie!
...
...
...
Non ho nulla da dire! u.u, quindi propongo di lasciar stare questa cosa dell'angolo autrice per questa volta.
 
Cia-ciaooo!
 
 
Baci, Mira.
 
 
Ps: Ho modificato un piccolo particolare nel capitolo “Non ricordi?”, Vlad la chiamava “Mira”, ho cambiato: ora la chiama “Yukiko”!
  
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