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Autore: Beatrix Bonnie    20/04/2015    0 recensioni
Dublino, gennaio 2002.
Maryon, Chris e Colin sono alle prese con un compito davvero difficile: devono risistemare il vecchio teatro della scuola in tempo per la recita su "Sogno d'una notte di mezza estate" di Shakespeare, preparata per la festa di saint Patrick. Ma l'ardua impresa è resa quasi impossibile da un misterioso sabotatore che rallenta i lavori e che riesce addirittura a far sembrare colpevole Chris. I tre amici riusciranno a risolvere il mistero in tempo per la recita? E se la loro ricerca li portasse a scoprire che le antiche tradizioni dell'Irlanda non sono poi così lontane dalla realtà? Forse i folletti non vivono solo nella fantasia delle opere di Shakespeare...
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo di Faerie'
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CAPITOLO 2
L'audizione




Christopher


Christopher aveva paura a scoprire di che morte sarebbe dovuto morire. Attese la lezione successiva di Inglese con lo stesso patema d'animo di un condannato nel braccio della morte che attende la sentenza definitiva. E il giorno del giudizio arrivò troppo presto.
«L'opera che abbiamo scelto è “Sogno d'una notte di mezza estate”» annunciò la maestra con un gran sorriso. Prima ancora che potesse aggiungere una mezza parola, la mano di Maryon scattò in alto. «Cosa c'è, Maryon?» domandò la signora Mauren, leggermente scocciata dall'interruzione.
«Voglio il ruolo di Puck» rispose tutta sorridente, come se con quel sorriso potesse corrompere l'insegnante.
La maestra alzò gli occhi al cielo disperata: Maryon aveva un caratterino davvero impertinente. «Innanzitutto la parola 'voglio' è fuori discussione» replicò con una certa durezza nella voce. «In secondo luogo dobbiamo valutare le vostre capacità prima di assegnarvi le parti.»
Se Christopher fosse stato un tipo da gesti teatrali, a quel punto avrebbe sbattuto ripetutamente la testa sul tavolo. Ma lui era un signorino a modo, quindi si limitò a soffrire le sue pene in silenzio. L'umiliazione era vicina. Il resto della lezione fu dedicato alla spiegazione dell'intrecciata trama dell'opera e alla presentazione dei personaggi.
Il giorno successivo, sulla bacheca della scuola, comparve l'avviso per gli orari delle audizioni, che si sarebbero tenute quello stesso pomeriggio in aula magna.
«Fantastico!» esclamò Maryon, quando i tre amici si furono allontanati dalla ressa di studenti dell'ultimo anno. «Io voglio il ruolo di...»
«Puck!» la interruppe Colin, sconsolato. «Lo sappiamo, Maryon. L'hai ripetuto fino alla nausea.» Il ragazzino si voltò verso Christopher, nella speranza di ottenere il suo sostegno grazie a qualche battutina salace, ma l'amico era depresso più del solito. «Che palle, Chris!» esclamò allora, dandogli uno spintone.
Nemmeno quella volta Christopher reagì.
«Lasciamo perdere, va'» fu l'annoiato commento di Colin. «Meglio se andiamo a matematica.»
Le lezioni della mattina passarono con una lentezza terribile per i ragazzi di sesta, tutti in attesa delle audizioni del pomeriggio. Perfino durante la pausa mensa, l'aria era densa di febbrile attesa e Christopher sentiva crescere sempre di più dentro di sé un mostro vorace che gli divorava lo stomaco. Nemmeno l'arrivo di Jenny, la sorellina di Colin, e delle sue amichette in rosa riuscì a distrarlo dal suo dramma personale.
«La mamma di Stephany le ha comprato il giornalino della Barbie» annunciò Jenny, rivolta a Maryon, sventolando il suddetto giornalino sotto il suo naso. «Non mi interessa» rispose secca Maryon, volendo evitare qualsiasi contatto con quelle cose da femminucce.
Jenny ridacchiò e scosse il suo caschetto di capelli rossi come il fuoco (che, tra parentesi, facevano a pugni con la felpa fucsia di ciniglia). «Ma c'è su un'intervista a Simon di “Settimo cielo”» le spiegò, come se la cosa potesse davvero destare un qualche interesse nei tre ragazzini in attesa delle audizioni.
«A Maryon piace» intervenne Colin, con tono risaputo. «Perché assomiglia a Dorian.»
«Non era Dorian che assomigliava a Simon?» si informò Christopher, distratto.
Colin alzò le spalle. «Sì, non è la stessa cosa?»
Il ragazzino ci meditò su. «Mah, alla fine credo che potremmo sostenere che il principio di somiglianza goda della proprietà commutativa.»
Colin scambiò uno sguardo perplesso con l'amica e la sorella.
«Be', comunque non mi piace Dorian!» sbottò Maryon, immusonita. «E dobbiamo darci una mossa se vogliamo andare a 'ste audizioni!»
«Non è giusto, però! Volevo recitare anche io!» proruppe Jenny, con la stessa energia della sua amica.
Nonostante le differenze tra le due ragazzine, Christopher sapeva indicare con sicurezza il motivo per cui fossero amiche: erano entrambe così zuccone, energiche e iperattive. Così lontane dal suo mondo. «Voi affronterete l'argomento solo l'anno prossimo, è il programma ministeriale» sentenziò, in tono definitivo.
«Che palle avere un amico saputello» gli rispose Jenny, con una pernacchia.
Maryon rise. «Un sacco!» fu costretta ad ammettere. Poi afferrò i due compagni per le maniche e li trascinò verso l'aula magna, salutando nel frattempo la ragazzina.
All'ingresso dell'aula trovarono la DDD al completo che sbarrava la strada a chiunque volesse entrare. «Che succede?» domandò Maryon, sgomitando per raggiungere la testa della fila.
«Dovete pagare un pedaggio» spiegò Daniel, in tono di sfida.
«Levati di torno, razza di idiota» gli rispose Maryon, senza farsi intimorire troppo dalla sua aria da gradasso.
«No, dovete pagare il pedaggio» insistette Dorian, assumendo una posa da dandy consumato dal lusso. «Dovete dirci per che ruoli fate l'audizione.»
«Che ti frega?» lo rimbeccò Colin, il quale, in effetti, non aveva ancora rivelato a nessuno per che ruolo voleva presentarsi.
«Perché io voglio fare Demetrio, uno dei protagonisti indiscussi» spiegò Dorian. «Sicuramente è un personaggio con molto charme ed è fatto apposta per me. Non voglio che mi rubiate la parte.»
«Tranquillo, nessuno vuole fare fare l'amante rompiballe» replicò Colin. «Quella parte è perfetta per te!»
Vista la situazione di stallo, Maryon decise di intervenire a modo suo: con un poderoso spintone, fece scansare di lato Dorian. «Grazie» gli disse poi, come se di fosse spostato di sua spontanea volontà.
Christopher si incupì ancora di più dopo l'incontro con la DDD e si lasciò cadere sulle poltroncine dell'aula maga con aria di un condannato nel braccio della morte.
«Dai, Chris, non prendertela per quelli scemi là!» cercò di rincuorarlo Maryon, con uno spintone alla spalla che voleva essere amichevole. «Il tuo Shakespeare sopporterà l'umiliazione di essere interpretato da un idiota come Dorian, perché tanto sa che tu sei il suo fan numero uno!» E alzò i due pollici al cielo con aria d'incoraggiamento.
Christopher le lanciò un'occhiata sfuggente. «Shakespeare non deve sopportare nessuna umiliazione. È morto.»
Proprio in quel momento, la tirocinante Cloe lesse il primo nome della sua lista alfabetica e invitò Michan Abbot a salire sulla pedana dove c'era il tavolo usato di solito per le conferenze. Era una cosa nota e universalmente riconosciuta il fatto che Michan avesse sempre avuto qualche problema con il pubblico, come aveva dimostrato al saggio dell'asilo, quando se l'era fatta nei pantaloni sul palco. Anche se era solo una prova, divenne tutto rosso e non riuscì a leggere nulla oltre la seconda riga. La maestra Mauren lo rimandò al posto dicendo che molto probabilmente avrebbe fatto parte del gruppo che preparava la sceneggiatura. Michan si sedette in un angolo, seguito dalle risate sguaiate dei compagni, che l'insegnante non riuscì a sedare del tutto.
Man mano che procedeva l'elenco degli studenti, Christopher sprofondava sempre di più nella poltroncina. Non gli sarebbe dispiaciuto fondersi con essa, per scomparire completamente dalla scena. Chissà, magari si poteva modificare il DNA umano e creare dei mutanti mutaforma... stava divagando. Si obbligò a riconcentrarsi sui provini, proprio mentre Maryon prendeva possesso del palco e si calava nella parte del folletto dispettoso ed esuberante. Cosa che le riusciva perfettamente naturale. Doveva proprio essere una virtù innata.
Anche Dorian dimostrò delle doti per il teatro davvero spiccate. Dai suoi patriottici genitori aveva ricevuto l'importante nome di Dorian Gray ma, a giudicare da quanto si trovava a suo agio nei panni del dandy consumato dal lusso, era proprio il caso di dire, in quel frangente, che i latini ci avevano azzeccato davvero col loro detto nomen omen. Infatti, le responsabilità derivanti da un titolo tanto importante erano state ben interpretate da Dorian, estremamente vanitoso e caratterizzato dalla sua terribile mania di passarsi le mani nei capelli biondi. Christopher non si sarebbe stupito se fosse venuto a conoscenza di un quadro stregato che lo ritraeva. Nel vederlo recitare, poté finalmente capire perché metà della popolazione femminile della “Central Infs” gli regalava biglietti con i cuoricini a san Valentino: aveva un discreto fascino; e assomigliava davvero a Simon di “Settimo cielo”.
Christopher, puntando i suoi affilati occhi azzurri su Dorian che tornava al posto, si chiese se davvero Maryon fosse invaghita di lui come sosteneva Colin. Ma tutti i suoi presunti sospetti e quello strano moto di gelosia che si era affacciato alla bocca dello stomaco vennero stroncati quando David fu rimandato al posto, schernito da tutti, compresi i suoi amici Daniel e Dorian, per la sua scadente interpretazione. Christopher ripiombò in terra.
«McGregor Christopher» chiamò Cloe.
Il ragazzino si alzò tremante e si portò verso la pedana. La maestra gli consegnò il copione per la parte di Teseo, il duca di Atene, il personaggio che Maryon gli aveva consigliato per l'audizione. I suoi occhi azzurri esaminarono rapidamente la pagina, mentre tutta la sala attendeva con il fiato sospeso la prossima mossa del grande McGregor. Alzò leggermente la testa e il suo sguardo, nuovamente pieno di determinazione, incrociò quello della maestra. «Questo non è Shakespeare» osservò con tono accusatorio.
Cloe, che evidentemente doveva essersi persa alla nascita il filtro tra bocca e cervello, rispose prima che la signora Mauren potesse impedirglielo: «Be', ma certo! Non potevamo mica pretendere che dei ragazzini della vostra età imparassero il testo originale del Seicento!»
«A parte il fatto che “Sogno d'una notte di mezza estate” è stato composto probabilmente tra il 1594 e il 1595» cominciò Christopher, gettando a terra il copione con disgusto. «Comunque, to be or not to be: that is the question: whether 'tis nobler in the mind to suffer the sling and arrows of outrageous fortune, or to take arms against a sea of troubles, and by opposing end them? To died to sleep
La tirocinante rimase a bocca aperta: un ragazzetto di dodici anni che recitava a memoria il monologo di Amleto non l'aveva mai sentito. Ma, dopotutto, non ce n'erano tanti come lui.
Tuttavia, Christopher non stava propriamente recitando: era più simile a qualcuno che leggeva un testo, piuttosto che ad un attore che interpretava la parte. Infatti si fermò dopo pochi versi. «È inutile che mi sottoponga ad un'audizione considerato che non so recitare» ammise infine, con un sospiro. «D'altronde anche il filosofo francese Montaigne sosteneva che l'uomo deve saper accettare i propri limiti: dunque intendo ritirare il mio nominativo e vi pregherei di inserirmi nell'equipe tecnica.» Detto questo, scese dalla pedana e, tra il silenzio generale, andò a sedersi vicino a Michan Abbot. Gli lanciò uno sguardo di sfuggita e notò che il ragazzino si stava scaccolando. Tornò a voltarsi verso il palco con un moto di disgusto.
Ecco la triste fine di Christopher McGregor, giovanotto di belle speranze e dall'intelletto eccezionale, costretto a sedere tra i relitti della buona società per via di un'unica, singola dote che era stato obbligato ad ammettere di non possedere, solamente perché la maestra aveva deciso che recitare un'opera di Shakespeare dovesse essere un modo divertente per affrontare l'autore. Ma perché non accontentarsi del programma ministeriale?
L'ennesima prova che il mondo ce l'avesse con lui.

Colin


Colin attese con un po' di ansia il suo turno. Sapeva di essere l'ultimo, a causa di quell'eterna condanna che era il cognome iniziante per W, ma quella consapevolezza non servì a diminuire l'ansia.
«Weaving Colin» chiamò finalmente la maestra e il ragazzino si alzò dal posto eccitato e si diresse verso il palco. Non aveva detto a nessuno per ruolo intendesse proporsi perché aveva paura che lo prendessero in giro: dopotutto, lui era un tipo abbastanza tranquillo e probabilmente nessuno avrebbe creduto fosse in grado di proporsi per la parte di Lisandro, uno dei protagonisti.
«Che cosa vuoi provare, Colin?» chiese la maestra.
Il ragazzino sfoderò un sorriso. «Lisandro» rispose, scatenando un mormorio generale tra i suoi compagni. Colin fu piuttosto soddisfatto di averne lasciati un bel po' di stucco: aveva finalmente l'occasione di dimostrare quanto valeva. Quando l'insegnante gli passò il copione, lanciò una rapida occhiata alle parole del testo, poi fece un profondo respiro per calmare l'eccitazione e si calò nella parte.
Colin fu certo di aver colpito nel segno quando, al termine della sua interpretazione, gli spettatori improvvisati applaudirono con entusiasmo. Poteva proprio dire di avercela fatta.
La giuria, composta dalla signora Mauren e dalla tirocinante Cloe, avrebbe dato il responso alla prossima lezione di Inglese, così per due giorni, i ragazzini del sesto anno rimasero in febbrile attesa. Maryon era iper-agitata per il suo ruolo di Puck ma Colin, per una volta, era tranquillo: era certo di aver fatto una bella prova e poteva dire che la parte fosse ormai sua.
Quel mercoledì mattina, la maestra entrò in classe tutta sorridente, dicendo che molti dei ruoli da protagonisti erano stati scelti per ragazzini della VI A, la loro sezione. «Dorian Gray avrà la parte di Demetrio» annunciò infatti Cloe. A quella notizia, Dorian si alzò sorridendo, si passò una mano tra i capelli e si inchinò ad un pubblico immaginario.
«Sbruffone» commentò acida Maryon.
«Colin Weaving avrà il ruolo di Lisandro» continuò la maestra, ignorando l'intervento di Maryon.
Colin sorrise soddisfatto. Non era mai stato il tipo che amava star sotto i riflettori; quella di solito era Maryon. Però gli piaceva l'idea di mettere in scena l'opera di Shakespeare, con tutti quegli intrecci complicati, con le fate e i folletti di mezzo, pozioni magiche e lieto fine. Era contento di poter interpretare il giovane innamorato e sognatore: era una parte che gli si addiceva. Anche se lui innamorato non lo era mai stato. Cioè, che schifo le femmine! Nel frattempo, Cloe era andata avanti ad assegnare i ruoli. «Puck, il folletto dispettoso, sarà interpretato da Daniel Rubber» annunciò ad un certo punto. «COSA?» Maryon scattò in piedi, furiosa come una belva affamata. «Ma lui non ha nemmeno chiesto quel ruolo!»
Colin poteva capirla, poverina: battuta squallidamente dal suo peggiore nemico! Quello era molto peggio della volta in cui Daniel l'aveva superata nella gara a chi mangiava più patatine fritte in un minuto. Davvero molto peggio.
Tuttavia, la maestra non diede ascolto alle sue proteste, perché si mise a guardare perplessa il foglio che Cloe aveva appena letto. «Aspettate, ci deve essere un errore» annunciò poco dopo, con gli occhi ancora incollati sull'elenco.
«Lo credo bene!» esclamò allora Maryon, rimettendosi a sedere e incrociando le braccia al petto.
«Ecco!» La maestra sorrise, soddisfatta di aver risolto l'inghippo. «La parte di Puck è stata assegnata a Maryon.»
Un sorriso enorme si disegnò sul volto della bambina.
«Mentre Daniel sarà Bottom» aggiunse la maestra.
A quella rivelazione, tutta la classe scoppiò a ridere, ma nessuno tanto sguaiatamente come Maryon: quella pareva tanto una vendetta. Infatti, il personaggio del paesano Bottom, circa a metà dell'opera, era vittima di un incantesimo di Puck che trasformava la sua testa in quella di un asino. «Non serviranno vistosi cambiamenti» sussurrò Colin all'orecchio dell'amica.
Un sorriso furbo illuminò il viso di Maryon. «Direi proprio di no!»
Quando Cloe completò la lettura dell'elenco, la maestra aggiunse che tra i vari atti ci sarebbe stato un intervallo musicale. La mano di Colin scattò in aria.
«Colin, lo so che tu suoni la chitarra, ma hai già una parte, non puoi fare anche l'intervallo musicale» gli disse la maestra, senza nemmeno ascoltarlo. Colin borbottò, imbronciandosi. «Non volevo suonare la chitarra» mugugnò poi, risentito. «Volevo proporre qualcun altro per la parte.»
«E chi vorresti proporre?» lo assecondò la maestra, ben sapendo che Colin non era il tipo da rompere tanto le scatole in classe. Quella era Maryon.
Il ragazzino fece balenare il suo sorriso più largo. «Christopher.»
Chris, sentendosi chiamato in causa, si riscosse dal tedioso torpore in cui era piombato fin dall'inizio dell'ora. «Io?» domandò, con un'aria sinceramente un po' rimbambita per essere un piccolo genio.
Colin si strinse nelle spalle. «Be', sei bravo – spiegò, – e non hai una parte.»
Chris arrossì un pochino, ma alla fine lanciò all'amico uno sguardo di ringraziamento che lui ricambiò con un sorriso.
La maestra si scusò con Colin per non averlo nemmeno ascoltato e disse che l'audizione per lo stacco musicale si sarebbe tenuta il pomeriggio successivo, subito dopo scuola. Purtroppo, era aperta a tutti gli studenti della scuola elementare e anche a quelli più grandi della secondary school “James Joyce”, il liceo di Cloe e – Colin lo realizzò con terrore – anche dei suoi fratelli Luke e Joy. Oh, cielo! Colin sperò tanto che i gemelli non mettessero in piedi qualcuna delle loro bravate: non voleva farsi conoscere al liceo ancora prima di cominciarlo!
Al termine delle lezioni della giornata, i tre amici sciamarono fuori dalla scuola insieme agli altri studenti. Individuarono subito il papà di Maryon che, come spesso faceva, era venuto a prenderla in moto. La qual cosa era stata utilissima ad accrescere la fama di Maryon di tipa-più-tosta-della-scuola.
«Papi, papi!» esclamò la bambina, correndogli incontro. «Sono Puck, sono Puck!»
«Chissà perché, ma me lo aspettavo» commentò l'uomo, spettinandole i capelli con un gesto affettuoso.
Colin, costretto ad aspettare l'arrivo di sua sorella Jenny – che probabilmente si era persa via con le sue amichette rosa a commentare il nuovo album da solista di Nick Carter – si avvicinò osservando invidioso la moto. Christopher gli trotterellò dietro come se avesse paura che qualcuno potesse aggredirlo se fosse restato per più di cinque minuti da solo davanti a scuola.
«Ciao, ragazzi» li salutò il padre di Maryon.
«Ciao» rispose Colin, con un mezzo sorriso. «Come sta la vecchia carretta?» domandò poi, accarezzando il sellino della BMW con affetto. Adorava quella moto. Anche a lui sarebbe piaciuto avere un babbo che saettava nel traffico a cavallo di una motocicletta, invece il suo vecchio guidava un'utilitaria giallo vomito. Bello.
«Come al solito.» Il signor Alborgeth gli fece l'occhiolino. «Quando avrai l'età, te la farò provare.»
Colin già si figurava centauro a cavallo della magnifica moto rossa di papà Alborgeth, quando l'uomo estrasse dal bauletto del suo mezzo un sacchettino di biscotti al burro e li offrì con aria soddisfatta ai tre ragazzini.
«Sono i biscotti dei folletti?» chiese Colin, allegro. Il signor Alborgeth raccontava sempre alla figlia e ai suoi amici che un folletto che aveva con lui un debito di vita gli portava nottetempo un'infornata di biscotti al burro. Colin era l'unico che prendeva quella cosa sul serio; Maryon, al contrario, la odiava.
«Non so perché mio padre insista a preparare di nascosto i biscotti e a farmeli trovare su un piattino la mattina dopo» si lamentò, come sempre. «Quando avevo cinque anni era una cosa carina, adesso ne ho undici, quasi dodici: non credo più nemmeno a Babbo Natale, figuriamoci ai folletti che portano i biscotti!»
«Io non ho mai creduto a Babbo Natale» intervenne Chris, le mani in tasca e il naso nascosto nel collo di pelo del suo cappotto, per evitare di congelarselo. Colin lo guardò con commiserazione. «Tu hai avuto un'infanzia difficile, Chris.» Lui invece ci credeva a quella storia dei folletti: il suo babbo gli raccontava sempre le leggende del mondo magico di Faerie e delle creature fantastiche che lo abitavano. Forse la foresta incantata e gli spiritelli dispettosi non vivevano solo nella fantasia di Shakespeare. In fondo, l'Irlanda era una terra di magie e leggende.






Eccoci di nuovo qui con il secondo capitolo della storia (che partecipa al contest Tutti in scena, di cui fra un po' avremo i risultati).

Insomma, io sono parecchio affezionata a questi personaggi e alle loro avventure, perché sono le prime storie serie che abbia mai scritto (sono state rivedute e corrette, non temete!).
Per questo, dopo aver visto QUI l'immagine dove sono rappresentati Chris, Maryon e Colin e QUI invece l'immagine che rappresenta la DDD: David, Dorian e Daniel, vi lascio i volti degli altri personaggi che compaiono nel capitolo:
QUI la sorellina Jenny in rosa;
QUI la maestra Mauren;
QUI Cloe Painting;
QUI il papà di Maryon, Remus Alborgrth (protagonista, se vi interessa, di QUESTA storia).

A presto, carissimi!
Beatrix B.

   
 
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