DIABOLIK
LOVERS: GIRL OF LIGHT
Prologo
Alberi,
alberi e ancora alberi...
Mi chiesi
se stessi andando a vivere in
mezzo a un bosco...
Gettai un'occhiata al mio autista.
Era
immobile, spaventosamente serio e di
certo non amava conversare.
Mi ero
presentata, dicendo di chiamarmi Mitsuko Yoshida e di avere diciassette anni, ma lui non mi
aveva
degnato di uno sguardo, completamente assorto dalla guida, come se
vivesse solo
per fare quel mestiere.
"Dove
stiamo andando?"
Parlai di
nuovo, ovviamente lui non
rispose, ma potei notare il suo labbro incurvarsi leggermente.
Rabbrividii.
Perché
ero stata costretta a trasferirmi
a Tokyo?
Perché
mio padre aveva mormorato un
"perdonami, presto verrò a
riprenderti", prima di spingermi in questa macchina nera,
funerea e
inquietante?
Troppe
domande senza risposta, troppi
dubbi da sciogliere e che sarebbero rimasti tali per molto tempo.
Assorta
nei miei pensieri, non mi
accorsi che la vettura si era fermata.
L'autista
mi fece cenno di scendere e io
seguii l'ordine.
Recuperai
da sola la mia valigia dal
cofano, il tizio in macchina non alzò un dito, non che
avessi bisogno del suo
aiuto, avevo imparato a contare su me stessa in tutto.
Non
appena richiusi il cofano, l'auto
sfrecciò via, rivelandomi il luogo in cui ero finita.
Avevo di
fronte un enorme cancello nero,
che introduceva a un viale circondato di rose.
Il loro
profumo invase le miei narici.
Era un
odore piacevole e questo servì a
sciogliere la tensione, forse non sarebbe stato poi così
male.
Fissai
l'enorme cancello di ferro che
non accennava ad aprirsi, mi guardai intorno in cerca di un campanello
o
qualsiasi cosa...
Il cielo
intanto si era incupito,
ricoperto da nuvoloni neri, che ogni tanto s'illuminavano sotto la luce
argentea dei fulmini.
Era
l'inizio di luglio, quindi si
prospettava una tempesta estiva coi fiocchi.
Poggiai
la mano sul cancello e al solo
tocco questo si spalancò.
Sorpresa,
proseguii lungo il viale
rosato.
Osservai
le rose che puntellavano gli
arbusti circostanti, ce n'erano di molteplici colori, ma quelle bianche
mi
colpirono maggiormente: così pure, così maestose.
Raggiunsi
un enorme portone in legno,
che per maniglia aveva un battente.
Afferrai
l'impugnatura circolare con
mano tremante: quella villa gigantesca, che mi avrebbe ospitato per
poter
frequentare il nuovo college, era decisamente tetra, seppur a suo modo
elegante.
Colpii
col battente il legno consumato
del portone e il rumore rimbombò in tutta la dimora.
In quel
momento scese una pioggia
scrosciante, che inumidì i miei capelli ramati.
La porta
si spalancò cigolando.
Reprimendo
la voglia di darmela a gambe,
entrai, cercando di essere più coraggiosa di quanto in
realtà fossi.
Una volta
dentro, il portone si chiuse
alle mie spalle.
Sobbalzai,
cercando con lo sguardo chi
lo avesse spinto, ma non c'era traccia di anima viva.
L'ingresso
era ampio, al centro partiva
una scalinata enorme, che poi si divideva in direzioni opposte.
Era tutto
grigio e... vecchio:
sembrava il set di un film dell'orrore, solo che stavolta, se fosse
accaduto
qualcosa, non avrei potuto metterlo in pausa: ci ero dentro.
"C'è
nessuno?" chiesi con un
filo di voce.
Cavolo
Mitsuko smettila di avere paura.
Mi
rimproverai cercando di scacciare
quell'ansia che si diffondeva nel corpo.
"C'è nessuno?"
Alzai la
voce, sperando che qualcuno mi
rispondesse, ma l'unica risposta che ricevetti fu il silenzio.
Mi voltai
a destra e scorsi un'altra
stanza.
Mi
avventurai all'interno, con passo
deciso, e notai una figura sul divano.
Mi
affrettai e giunsi in un salotto spazioso.
Un
ragazzo era steso su uno dei tre
divani presenti, gli occhi chiusi e il viso immensamente pallido.
Titubante
mi schiarii la voce, per
richiamare la sua attenzione, ma questo non reagì: nessuno
mi aveva parlato di
ragazzi, doveva essere la magione di una famiglia con due figlie.
Lo
osservai in silenzio sperando che si
svegliasse da solo.
Guardandolo
meglio, mi accorsi che era
molto alto, aveva i capelli rosso chiaro e un fisico niente male...
“Un gran figo”, mi
disse una vocina nella testa.
Scacciai
quella voce, non era il momento
per certi pensieri.
Titubante,
allungai una mano verso la
sua e quando la toccai fui presa dal panico: era freddo come il
ghiaccio.
Mi
sfuggii un "Oh mio
Dio..."
Papà ma dove mi hai mandata?
Mi
chiesi, mentre cercavo disperatamente
il telefono nella tasca esterna della valigia. Finalmente le mie dita
toccarono
qualcosa di solido e rettangolare.
Estrassi
il mio smartphone, pronta a
digitare il numero dell'ambulanza, ma qualcosa, anzi, qualcuno me lo
impedì.
Il
ragazzo steso accanto a me, mi aveva
afferrato per un polso.
Spalancai
gli occhi nel vederlo
così sveglio e forte.
Senza
spiegarmi come, mi ritrovai stesa
sul divano, con il rosso sopra di me.
"Chi
sei?" chiese lui con un
ghigno stampato in faccia.
"Chi sei tu?" domandai, ringraziando il cielo per non aver
balbettato.
"È casa mia e le domande le faccio io." rispose, mentre si
sporgeva
verso il mio collo. Cercai invano di divincolarmi dalla presa.
"Sono Mitsuko, dovevo raggiungere una specie di villa, ma devo aver
sbagliato."
risposi, mostrandomi sicura di me.
"Però ora sei qui... – disse il rosso - e sono
molto assettato.",
aggiunse, leccandosi spudoratamente il labbro.
Ora
sì che avevo paura.
"Lasciami subito.", gli ordinai tentando di scappare, ma lui era
sempre più vicino...
Che
intenzioni ha? Pensai
con orrore.
"Ayato!"
una voce autorevole
interruppe il ragazzo.
Questo
sbuffò e mi lasciò andare.
"Hai avuto fortuna, tavoletta1" mi disse il rosso
sottovoce.
Mi
allontanai da lui e vidi il mio
'salvatore'.
Era anche
lui alto, aveva dei capelli
viola scuro e gli occhi di un bellissimo color prugna, contornati da un
paio
d'occhiali.
Riportai
lo sguardo sull'altro e mi
accorsi che si era avvicinato.
"Chi sei?" chiese anche lui con tono gelido.
"Mitsuko Yoshida." risposi, fingendomi coraggiosa.
"Che ci fai qui?"
È quello che mi chiedo anche io...
pensai fra me e me, però considerai più opportuno
non dare quella risposta.
"Cercavo casa Sakamaki..." spiegai.
Il
ragazzo mi fissò con un'espressione
seria e interrogativa.
"Shu, tu
ne sai qualcosa?"
chiese a qualcuno.
Mi
guardai intorno e scorsi un altro
ragazzo biondo, steso su uno dei divani, con le cuffie nelle orecchie:
sembrava
dormire.
"Dev'essere l'ospite di cui ha parlato quel tale." rispose il ragazzo,
senza aprire gli occhi.
"Chi ci ha offerto lo spuntino?" domandò una quinta voce
alle mie
spalle: dietro di me sostava un altro giovane dai capelli rosso fuoco e
due
occhi verde smeraldo.
Indossava
un cappello simile a quello di
Michael Jackson.
D'istinto
indietreggiai, mi aveva dato
dello spuntino...
"Il tipo della Chiesa. È la nuova sposa sacrificale e non
dovremmo
ucciderla per quanto ci è possibile." annunciò il
biondo.
Impallidii
di fronte a
quell'affermazione, erano... assassini?
Perché
aveva detto ucciderla?
Qualcuno
mi leccò la guancia.
"Mh è deliziosa." disse il rosso col cappello.
"Voglio assaggiarla anche io!" un altro ragazzo dai capelli viola e
con un peluche in mano, spuntò nella camera e mi
passò la lingua sulla guancia.
Corsi via
inorridita.
"Non
toccatemi!" urlai,
appiattendomi contro un muro.
"Come sei scontrosa Bitch-chan2!" , a parlare fu
di nuovo
il ragazzo col cappello.
Riflettei
sull'appellativo che mi aveva
dato e alla paura si mischiò la rabbia...
"Come mi hai chiamata?" chiesi, con il tono più alto di
un'ottava.
"Hai sentito benissimo Bitch-chan."
ripetè, lui scandendo le parole.
"Vacci piano, l'ho vista prima io." affermò il ragazzo che
doveva
chiamarsi Ayato.
"Lei è di tutti." disse quello con il peluche in braccio.
"Io non
sono di nessuno! – ribattei
furiosa –ci dev'essere un errore, non dovrei essere qui e
adesso me ne vado!"
Gridai di
nuovo, mentre prendevo il cellulare,
ma qualcuno me lo strappò dalle mani e lo
appallottolò come fosse di carta.
Rivolsi lo sguardo al fautore di quel gesto e mi ritrovai davanti un
ragazzo
alto, capelli biondi, o meglio, bianchi, con sfumature di un rosa
chiarissimo
sulle punte, gli occhi color cremisi e un fisico perfetto come quello
degli
altri...
"P-perché?" balbettai.
"Non ne avrai bisogno." rispose semplicemente, con una punta di
fastidio nella voce.
Non parlai.
Due voci
mi suggerivano cosa fare, una
urlava "scappa!" l'altra ripeteva "tiragli uno
schiaffo!"
Guardai i
bellissimi e terrificanti
ragazzi che mi circondavano e decisi di ascoltare la prima.
Corsi a
perdifiato fuori dal salotto,
andai su per le scale, così velocemente che inciampai,
sbucciandomi leggermente
il ginocchio, dal quale uscì una piccola goccia di sangue,
mi rialzai a fatica,
ignorando la gamba che pulsava dal dolore, arrivai al secondo piano ed
entrai
nella prima camera disponibile.
Chiusi a
chiave la porta alle mie spalle
e caddi a terra, priva di forze.
Delle
lacrime uscirono prepotenti dagli
occhi.
Lì,
su quel pavimento duro e freddo, in
quella stanza semi-buia, tentavo di convincermi che quello era solo un
brutto
sogno, presto sarei tornata a casa con mio padre e avrei ripreso la mia
normalissima vita...
"Bitch-chaaan!", una voce mi riportò con violenza alla
realtà.
Afferrai
con veemenza il pendente a
forma di croce che portavo al collo, m'infuse coraggio...
Chiusi
gli occhi, inspirando a fondo,
quando li riaprii, i sei erano davanti a me.
L'oscurità
avvolgeva i loro volti,
rendendoli più terrificanti di quanto già fossero.
Notai il
loro sguardo guizzare sul mio
ginocchio sbucciato, intravidi una luce sinistra e famelica, in quegli
occhi spaventosi,
e tremai.
Per
quanto mi sforzassi di negarlo, una
vocina ripeteva: vampiri.
Erano
innaturalmente bianchi ed
incredibilmente veloci, per non parlare del fatto che, nonostante mi
fossi
chiusa a chiave in quella stanza, avevano trovato il modo di entrarvi.
In
più, si rivolgevano a me come se
fossi un dolce prelibato...
Conoscevo bene i vampiri.
Avevo
letto molte storie sul loro conto,
in qualche modo mi avevano sempre affascinato, ma ero sicura che non
esistessero.
Invece
ora, guardando quelle facce, quei
canini così appuntiti, che spuntavano improvvisamente dalla
bocca, capii che
erano tremendamente reali.
"Non vi
avvicinate", ordinai
loro, stupendomi della mia stessa voce, così ferma e decisa.
Scoprii la croce
che portavo al collo, sperando almeno di allontanarli, ma nessuno si
mosse,
qualcuno addirittura sorrise perfidamente.
"Perspicace,
ma non abbastanza... -,
esclamò quello con gli occhiali – noi vampiri
siamo immortali e di certo non
esistono armi umane che possano ferirci."
Sbiancai.
L'avevo
già capito che erano vampiri, ma
spiattellarmi in faccia quella cruda realtà mi aveva
spiazzato.
"Questa è la tua stanza. Frequenterai la nostra scuola
serale e dovrai
abituarti a dormire di giorno e svegliarti la notte. A tal proposito,
è bene
che conosca chi si nutrirà del tuo sangue."
Pronunciò
quelle parole raccapriccianti
con naturalezza.
"Io sono Reiji, il secondo figlio. Lui è Ayato –
annunciò, indicando il
rosso che avevo incontrato per primo. – E lui è
Raito."
Indicò
l'altro rosso, il quale calcò il
cappello sulla testa con la mano.
Certo, un
gesto da vero gentlemen,
peccato che mi aveva chiamata spuntino.
"Lui è Kanato." Annunciò, rivolgendosi a quello
dai capelli viola col
peluche in mano.
"Poi c'è Subaru, l'ultimogenito." e indicò il
tipo con i capelli
bianchi.
"Infine c'è Shu, lui è il primogenito." concluse
Reiji, facendo un
cenno a quello biondo con gli auricolari.
Mi
lanciò un'ultima occhiata gelida e
andò via, seguito a ruota dagli altri.
Dunque
erano fratelli.
Mi tirai
su dal pavimento, sorpresa di
trovare la mia valigia sul letto.
Ero
così sconvolta, che non mi ero
neppure accorta della sua presenza.
Strinsi
di nuovo il ciondolo che avevo
al collo, cercando conforto.
Ma questo
non venne.
Mi
sentivo confusa, stordita.
Non
riuscivo a credere che la mia
famiglia mi avesse abbandonato qui, nonostante ciò, non
potevo fare a meno di
pensare che mio padre sapesse a cosa stavo andando incontro.
Perciò mi aveva
chiesto di perdonarlo.
Con
questa consapevolezza mi lasciai
cadere sul letto, come un peso morto, le lacrime ripresero a rigarmi il
viso.
Avevo una
sola domanda: perché?
Aprii la valigia e ne estrassi una scatolina.
Alzai il
coperchio e il pianista in
miniatura al suo interno prese a girare, il carillon produsse la sua
melodia3.
Le lacrime divennero più abbondanti.
"Perché?" mormorai, rannicchiandomi su me stessa.
Non
potevo abbattermi in questo modo...
Asciugai
il viso umido e richiusi la
scatolina.
La
poggiai sul comodino e studiai la
stanza in cui mi trovavo.
Il letto
su cui ero stesa era a due
piazze, con il materasso bianco e le lenzuola rosa confetto.
Di fronte
al letto c'era un grande
armadio bianco con due ante.
A
sinistra del letto un comodino e una
lampadina rosa, proprio come il lenzuolo.
Ma
è tutto rosa?
A destra,
una finestra coperta da delle
tendine di lino, rigorosamente rosa.
Aprii la
finestra e mi sporsi.
Pioveva
ancora, ma non come prima.
Guardai
giù, ero al secondo piano, un
salto del genere mi avrebbe minimo rotto una gamba. Esclusi l'idea di
gettarmi
per scappare.
Attraverso
le nubi, notai che il sole
stava sorgendo.
Ricordai
le parole minacciose di Reiji:
ti dovrai abituare a dormire di giorno e svegliarti di notte.
Sistemai i vestiti nell'armadio.
Sorrisi
amaramente, ricordando di aver
portato un abbigliamento chic.
In fondo
ero convinta di frequentare un
college privato e, pensando di non essere all'altezza, avevo scelto i
capi più
nuovi e alla moda che avessi.
A
sinistra dell'armadio notai una porta
che mi era sfuggita.
Afferrai
la maniglia dorata e la girai,
carica di rinnovate speranze, sebbene queste si sciolsero quando vidi
una
vasca: era il bagno.
Davvero
pensavo sarebbe stato così
facile andare via?
Comunque
sia, avrei trovato il modo.
Afferrai
la camicia da notte blu a
maniche corte e andai al bagno per cambiarmi.
M'infilai
rapidamente l'abito e mi
sciacquai il viso.
Lo
specchio davanti a me rifletteva una
Mitsuko frastornata.
I capelli
castani erano più ricci e
scompigliati del solito, la carnagione più pallida...
Uscii dal
bagno e mi buttai sul letto.
Provai a
chiudere occhio, ma non ci
riuscii, pensai invece a qualche piano per la fuga: sarei riuscita a
scappare
da lì.
Tavoletta1:
Nell'anime, Ayato
chiama la protagonista Chichinashi, che
letteralmente significa
"senza tette".
Bitch-chan2:
Sempre
nell'anime, Raito si rivolge alla protagonista con questo soprannome
che sta
per "puttanella" (questi vampiri son tutti molto simpatici, si...)
Melodia3:
la melodia che
produce il carillon di Mitsuko è la
seguente:
https://youtu.be/VoE04a1RHwk
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente! Ebbene ho deciso di revisionare i capitoli.
Non
ho apportato modifiche sostanziali alla storia, ma era troppo caotica,
sia a
livello di grafica, sia per qualche piccolo dettaglio nella scrittura
che non
mi convinceva.
In
più, ho cambiato il volto di alcuni personaggi,
approfittando del fatto che
tinypic ci ha abbandonati, e quindi dovevo reinserire le immagini.
Ho
deciso di lasciare i vecchi “angoli autrice”
poiché sono parte di questa
storia, in qualche modo.
Quindi
ben trovati, voi che avete già letto e seguito questa fan
fiction e benvenuti
nuovi arrivati!