Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Inathia Len    24/04/2015    4 recensioni
Me lo chiedo ancora, se ho fatto bene ad abbandonare la sua città galleggiante. E non lo dico solo per il lavoro… Il fatto è che un amico come quello, un amico vero, non lo incontri più. Se solo hai deciso di scendere a terra, se solo vuoi sentire qualcosa di solido sotto i piedi, e se poi intorno a te non senti più la musica degli dei… ma, come diceva lui, “non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”. Il guaio è che nessuno crederebbe a una sola parola, della mia storia…
SherlockBBC incontra Novecento di Baricco... ai posteri l'ardua sentenza...
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Irene Adler, Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

La Donna

 

 

 

 

 

Portarono tutti gli apparecchi sul Virginian, per fargli registrare quella musica. O una musica qualsiasi. Il tizio che gli fece firmare il contratto non era proprio un esperto, a lui bastava vendere. E Sherlock gli avrebbe fatto vendere tanti di quei dischi… solo che con lui non potevi mai sapere. Avrebbe suonato? E cosa, avrebbe suonato?

Prima di prendere il suo violino, Sherlock se ne stette quasi venti minuti buoni ad osservare il coso che avrebbe registrato il tutto –sì, coso, nonno. Non me li ricordo i termini tecnici, va bene?-. Però c’ero anche io. Ormai stavo su quella bagnarola da quasi cinque anni, non c’era una singola cosa che non facessimo insieme… quindi c’ero anche io, il giorno della registrazione. Non che Sherlock me lo avesse chiesto, non era da lui venire lì da te, diretto, e dirti “Questa cosa del contratto mi fa una paura boia. Che, sei per caso libero domani pomeriggio?”, ma glielo potevi leggere negli occhi. E quante cose ci ho letto, in quegli occhi, per tutti gli anni che sono stato sul Virginian…

Sherlock, dopo aver scrutato critico tutti i vari apparecchi, tubi, fili e cavi, sembrò rassegnarsi alla cosa –devo ammettere di aver anche un po’ spinto io perché lo facesse. Forse, dentro di me, speravo che, se si fosse reso conto che la sua musica piaceva anche a terra, se si fosse reso conto che c’era davvero un qualcosa per lui là, da qualche parte che non fosse il Virginian, forse un giorno sarebbe sceso con me. Ero giovane e illuso, vecchio… e forse mi ero anche… no, non importa.-

Non gli diedero un via, lo lasciarono libero di fare. Almeno questo di lui lo avevano capito… e lui imbracciò il violino e prese a suonare. È quella musica lì, vecchio, quella che hai tu… no, non importa che la metti su. La conosco… oh se la conosco! Però fai come ti pare, eh… fammela sentire un’altra volta, se proprio ci tieni… okay… oh sì… l’ha suonata tutta guardando fuori dall’oblò, sai? Eravamo nello stanzone dove gli immigrati si stipavano prima di scendere se fuori c’era brutto tempo. Era abbastanza grande per tutte le apparecchiature e Sherlock –anche se non lo aveva mai detto esplicitamente- si trovava più a suo agio a suonare lì. Te l’ho detto, vero nonno? Te l’ho detto che era in terza classe che dava il meglio di sé, vero? Beh, comunque si mise a suonare e io me ne stavo lì, a qualche passo da lui. Le mani in tasca, lo sguardo fisso e commosso, la testa che ondeggiava piano e il cuore pieno di… ma lui non guardava me. Di solito lo faceva, soprattutto quando improvvisava, come stava facendo in quel momento. Sherlock piantava quei suoi occhi assurdi nei miei e mi guardava intensamente per tutta la durata del pezzo. Sembrava quasi cercasse la mia approvazione tutte le volte. Quasi “se piace a John allora è buona musica”. E devo ammettere che la cosa mi piaceva, mi faceva sentire importante.

Ma questa volta no.

Questa volta ero un semplice spettatore, la sua attenzione era altrove.

Ci misi un po’ a vederla, perché il vetro era appannato e sporco. Prima la sentii attraverso la musica, attraverso le note di Sherlock. Era una ragazza, poteva avere al massimo vent’anni. Migrante, forse italiana, come ce n’erano tante, ma questa l’aveva colpito. Lunghi capelli neri acconciati alla meno peggio ma che le donavano un’aria aristocratica che nessun poveraccio aveva, occhi grandi e azzurri, bocca che sembrava essere nata per baciare… era una regina col cappotto con le toppe. E Sherlock la guardava e lei guardava lui. E lui suonava e lei se ne stava ferma immobile. Poi si stropicciò un occhio e io credetti che la magia si fosse interrotta, ma Sherlock sembrava incantato e la musica continuava… ed era così bella, vecchio… quella registrazione non rende, fidati. Era bella.

La ragazza si spostò, scomparve dall’oblò dov’era stata fino a poco prima e Sherlock sembrò riprendersi. Poi, però, ricomparve nell’oblò successivo e in quello dopo ancora… stava passeggiando tranquillamente, era una bella giornata e non c’era nulla di male in questo. Era quello che stava succedendo in Sherlock che mi sconvolgeva. Di donne ne aveva conosciute, aveva avuto anche lui il suo numero di ammiratrici. Dalle più benestanti ed ingioiellate che gli avevano promesso ogni cosa per una notte insieme, alle più spiantate e non per questo meno belle o meno pronte a dargli qualsiasi cosa… ma, che io sapessi, non era mai stato con nessuna. Da quel punto di vista, sembrava non essere umano. Passava il suo tempo con me, suonava, stava con me, pizzicava il violino, scambiava due parole con me… sembrava che alla sua vita non servissimo altro che il violino ed io. Quindi capirai vecchio se ci rimasi di sasso nel capire che quella musica era per quella ragazza sconosciuta, che l’aveva conquistato in meno di cinque minuti. Sono cose a cui nemmeno cinque anni con Sherlock ti preparano…

-Sei stato magnifico. Come sempre- dissi, avvicinandomi, quando la musica finì. La ragazza era scomparsa, ma Sherlock aveva ancora lo sguardo perso fuori dall’oblò, quasi sperava ricomparisse.

Quando sentì che gli avevo rivolto la parola, si voltò verso di me, quasi a cercare conferma che ci credessi davvero, a quel complimento? Ero come avrei potuto mentirgli? Ormai ero completamente…

-Che meraviglia, signor Sherl!- intervenne il tizio della casa discografica, chiamandolo con quel nomignolo che avrebbe fatto rabbrividire uno squalo. –Sono sicuro che questa musica farà scorrere fiumi e fiumi di lacrime, bisogna solo trovarle il nome adatto. Qualcosa come…-

E andò avanti a borbottare nomi, uno più stupido e meno poetico dell’altro. Così mi feci più vicino e mi sedetti accanto a Sherlock, che ancora mi guardava. Era una cosa alla quale non avrei mai fatto l’abitudine. Nemmeno dopo cinque anni. Nemmeno dopo un miliardo. Sherlock era capace di tenere lo sguardo su di te per degli interi minuti senza dire niente, occhi negli occhi… e spesso lo faceva quando eravamo a pochi centimetri di distanza come in quel momento. E devo dire che la cosa mi faceva sudare freddo… ma non era paura, vecchio…

-Hai sentito? La gente l’adorerà. La gente ti adorerà- dissi, battendogli una pacca sulla spalla. –Se solo ti decidessi a fare il grande passo, a inseguirla…-

Sherlock mi guardò confuso. Per un attimo, credo abbia pensato che mi riferissi alla ragazza. Forse quello che aveva detto quello della casa discografica e la prima parte del mio discorso non l’aveva sentita. Capitava spesso con lui: o gli parlavi e non sentiva perché era perso in chissà quale meandro della sua mente, oppure ti parlava senza rendersi conto –o fregandosene- del fatto che tu non fossi più nella stanza con lui. Una volta era successo e mi aveva tenuto il broncio per qualche ora. Mi aveva chiesto di passargli una matita –che, bisogna specificare, era a due centimetri dal tavolo dove stava componendo- solo che io ero uscito e lui se n’era dimenticato o qualcosa di simile. E così aveva dovuto fare lo sforzo enorme di alzarsi e prende lui stesso la matita… insomma, mi aveva inflitto il trattamento del silenzio per qualche ora, come “punizione”…

Quindi era assolutamente possibile che avesse sentito solo una piccola parte di quanto gli avessi detto e avesse capito l’otto per il diciotto.

-Dico che potresti scendere da queste quattro assi di legno e finalmente vivere!- spiegai, prendendo un bel respiro. –La gente ti amerebbe… Cristo, già ti amano senza conoscerti! Potresti fare concerti… vivere di musica esattamente come fai ora, ma sulla terra ferma…

-Signor Sherl, non c’è assolutamente bisogno che lei faccia nulla di tutto questo- mi interruppe il discografico, cacciando le mie parole con un gesto della mano, quasi fossero mosche fastidiose. Ma Sherlock non staccò lo sguardo da me. Gli è sempre importata la mia opinione. Forse è per questo che io mi sono… -Con questa bellezza- riprese l’uomo, indicando teatralmente la macchina, lei potrà continuare con la sua vita di sempre sul Virginian e intanto raggiungere tutti con la sua musica.-

E fece partire la registrazione.

Credo sia stato quello il suo errore.

Perché Sherlock, distogliendo lo sguardo da me, guardò prima il proprio violino, poi le proprie mani, quasi a voler essere sicuro che non fosse lui quello che stava suonando, poi i suoi occhi si fecero di ghiaccio, quando finalmente comprese.

-Ne diffonderemo milioni di copie. Milioni! E tutto il mondo conoscerà la sua musica, signor Sherl…-

-La mia musica non andrà dove non ci sono io- lo gelò, guardando il macchinario come se fosse la cosa più orrenda che avesse mai visto in vita sua. Poi si alzò di scatto e, sotto lo sguardo stupito dell’operatore e furibondo del discografico, si prese la registrazione e, dopo una rapida occhiata a me, si allontanò furibondo, il rumore dei suoi passi sul legno che copriva le proteste e le grida dell’uomo.

 

 

 

-Ma quindi… quindi questa registrazione l’ha presa lui- rifletté Andom, che ora la guardava come un credente guarderebbe una reliquia. John seguì il suo sguardo e quasi sorrise con affetto al vecchio disco. Era, con molte probabilità, l’ultima cosa che gli rimaneva di Sherlock… -E perché è rotta? E cosa centra la ragazza?-

John represse una smorfia. Questa parte non gli piaceva, non gli piaceva per niente. Perché il vecchio non l’aveva visto, come Sherlock aveva guardato quella sconosciuta. Come aveva suonato, rapito e incantato, quando lei era stata con lui. Non poteva capire il pentolone di emozioni che si era agitato in lui: invidia, perché quella ragazza avrebbe potuto averlo, avrebbe potuto avere ciò che John nascondeva persino a se stesso; gelosia, perché Sherlock aveva sì composto per lui, ma non l’aveva mai fatto in quel modo; gioia, perché forse sarebbe riuscito finalmente a farlo scendere da quella nave; e tristezza, perché era consapevole del fatto che, se anche fosse sceso dal Virginian, non l’avrebbe fatto per lui. O con lui. Si sarebbero visti, avrebbero continuato a frequentarsi e, chissà, anche a suonare insieme, ma non sarebbe stata la stessa cosa, John lo aveva capito.

-Oh, nonno, la ragazza centra tutto- ammise John, la testa incassata tra le spalle. –Perché tu non lo hai visto, tu non c’eri… ma quella giovane gli piaceva. Era riuscita, non saprei dirti come, a far breccia nella corazza che Sherlock aveva costruito attorno a sé. E lo aveva fatto senza una parola, ma solo con lo sguardo… Sherlock voleva darle la registrazione, sai? Quindi un po’ speciale doveva essere… tu non sai quante volte ha fatto pratica davanti allo specchio del nostro armadio! Si metteva lì, il pacchetto con il disco in mano, prendeva un respiro profondo, apriva la bocca… e si bloccava. Oppure gli riusciva di dire almeno un paio di parola, prima di ricadere in un balbettio senza senso.-

-E tu?-

John annuì mesto, sollevando lo sguardo.

-E io cosa, nonno?-

Avevano smesso di darsi del “lei” ore prima. Adesso Andom aveva messo su del tè e aveva anche offerto a John dei biscotti, perché davvero aveva l’aria di uno che non mangiava bene da tempo.

-E tu cosa facevi, no? Insomma, si vede che a questo Sherlock ci tenevi. Era tuo amico. O era quel cavolo che ti pareva, a me sinceramente non interessa. Sono troppo vecchio per mettermi problemi per certe cose… però… beh, non deve essere stato bello per te…-

-Con Sherlock era così. O assecondavi le sue pazzie, le sue ossessioni… oppure eri fuori. Non so le l’avrebbe fatto anche con me, non avrei mai voluto provarci. Che facesse quel che gli pareva… se voleva dare la registrazione alla ragazza, oh, ma che facesse pure…- si strinse nelle spalle. –Tanto, di pazzie ne faceva tante, con o senza il mio permesso…-

 

 

 

 

-John, ho fatto una pazzia.-

Entrò così nella nostra cabina una notte. Era fradicio di pioggia, i capelli neri gli stavano tutti incollati sulla fronte, sotto il capello, e gli occhi sembravano ancora più improbabili e cangianti.

Io mi tirai su di scatto dalla mia branda e accesi la luce, stropicciandomi gli occhi. Dovevano essere le tre di notte o giù di lì. Non era strano che Sherlock rientrasse a orari improbabili. Molte sere, soprattutto da quando c’era quella ragazza a bordo, se ne stava fino a tardi giù nello stanzone dove avevamo registrato e suonava. Era l’unico punto della nave dove non avrebbe dato fastidio a nessuno –non che la sua musica fosse un fastidio ma, insomma, certe volte uno vorrebbe anche dormire, ecco- e se ne stava là per ore e ore. In piedi, sdraiato sulle panche, la fronte schiacciata contro l’oblò… e suonava. O componeva. O pizzicava le corde e basta, giusto per pensare e tenere le mani impegnate nel frattempo.

Ma non quella sera. Quella sera doveva aver fatto qualcosa di grosso, se mi veniva a svegliare. Sapeva che odiavo quando lo faceva, quindi doveva esserci sotto qualcosa di grosso.

-Che c’è?- chiesi, mettendomi su un fianco e guardandolo, la testa sostenuta da una mano. E lo guardai mentre andava su e giù per la nostra cuccetta, il cappotto bagnato che gli penzolava addosso e il cappello che perdeva acqua.

-Ho fatto una pazzia.-

-Questo lo avevo sentito. Vai avanti.-

Si passò una mano tra i capelli e poi calcò di nuovo il capello, quasi dovesse uscire da un momento all’altro.

-Hai presente quella ragazza, vero?-

Ricordo che alzai gli occhi al cielo. E chi se la sarebbe scordata?

-Sei riuscito a darle la registrazione?

-No… sono stato dove dorme. Nel dormitorio delle donne di terza classe- specificò, sempre andando avanti e indietro, facendomi venire il mal di mare. E non solo per come camminava…

-Oh. Ehm… bene… uh- fu tutto quello che riuscii ad articolare, non ben sicuro del perché mi fosse improvvisamente venuto un gran mal di pancia e avessi l’istinto di fare qualcosa di violento. A chi te lo lascio immaginare, vecchio… -Che accidenti hai fatto?- chiesi alla fine, battendo gli occhi incredulo.

-Sono andato nel dormitorio di terza classe, John- ripeté lui, spazientito.

Oh, ma certo. Ora faceva anche il difficile… lui poi….

-E… sì, okay. Questa è una cosa decisamente “non buona”, Sherlock- dissi, prendendo un bel respiro mentre lui finalmente si fermava.

-Ma davvero, John? Giuro che non ci ero arrivato- ribatté lui, togliendosi finalmente il cappotto e il cappello e appendendoli per farli asciugare.

-E perché ci sei andato?-

-Io… non lo so.-

Che Sherlock non avesse una risposta questa sì che era una novità. Sherlock era una di quelle persone che sarebbe sopravvissuto alla Morte, cercando di avere l’ultima parola. Ed era una di quelle persone che avrebbe fatto incacchiare Dio, per avere sempre ragione. Quindi, che non sapesse qualcosa… oh, vecchio! Questa davvero non me la sarei mai aspettata.

-Okay, allora andiamo oltre. Che hai fatto quando sei entrato?- chiesi, passandomi una mano sul viso e stropicciandomi gli occhi. Cristo se avevo sonno!

-L’ho cercata- rispose, ricominciando a camminare e facendomi tornare il mal di mare. –E l’ho anche trovata, John… dormiva…-

Io devo aver borbottato qualcosa come “ma non mi dire!”, ma Sherlock non dovette prenderla bene, perché mi lanciò un’occhiataccia…

-Mi sono avvicinato alla sua cuccetta e… John, era bella mentre dormiva. Tu lo sai che non mi sono mai curato di queste cose, che ritengo che siano altre le cose importanti nella vita… ma mentre ero lì, la mia musica che mi riempiva la testa, è stato come un’epifania: quella ragazza è bella.-

-Bene, felici che ci siamo arrivati- sibilai io. –Ora possiamo tornare a letto? O hai qualche altra “epifania”- virgolettai in aria, -da condividere alle tre di notte?-

Sherlock mi scrutò in viso, avvicinandosi. Aggrottò le sopracciglia e mi venne talmente vicino che fui costretto a spostarmi all’indietro per evitare di… per quanto uno strano brivido mi scese lungo la schiena al pensiero…

-L’ho baciata- sussurrò alla fine, a un centimetro dalla mia bocca e gli occhi fissi sulle mie labbra. –L’ho baciata, John-ripeté, questa volta guardandomi negli occhi e facendomi venire una strana voglia matta di… di annullare la distanza. Sì, vecchio, volevo baciare quel figlio di puttana, okay? Volevo prenderlo e sbatterlo contro il muro, baciarlo fino a quando entrambi non avremmo avuto fiato e poi… e poi fare cose che non si dovrebbero nemmeno pensare. Okay, nonno. Okay. Dimentica quello che ti ho detto. Dimentica.

-L’hai baciata?- ripetei. –E lei…-

Sherlock si ritrasse stizzito e io ripresi a respirare normalmente.

-E lei dormiva, no? Sono… sono scappato subito dopo- ammise. Avrei detto che si vergognasse, ma la vergogna non era cosa da Sherlock.

-Pensi di esserti innamorato?- chiesi, cercando di suonare il più naturale possibile. Sherlock era il mio migliore amico, fine della storia. Ed è normale essere un po’ gelosi quando il proprio migliore amico perde la testa per qualcuno, no? Insomma, non ero io quello che andava in giro a baciare sconosciute mentre dormivano… ehi, nonno, via quello sguardo, eh! Ti avevo detto di dimenticare quello che mi è sfuggito prima!

-Non lo so- ammise Sherlock, poggiandosi a uno dei due pali che sorreggeva il letto a castello e lasciando la testa ciondolare all’indietro, pericolosamente vicina alla mia… -Non lo so. Non mi è mai successo prima…-

-Mai?- pigolai, strozzandomi con la mia stessa saliva.

-Mai- confermò lui.

 

 

-Non dirmi che è finita così!- protestò Frank, poggiando la tazza sul piattino e guardando John come oltraggiato. –Era davvero innamorato? È sceso per quella ragazza e non vi siete più visti?-

John scosse la testa, nascondendo un mezzo sorriso. Giocherellò con i pistoni della tromba e poi, finalmente, alzò lo sguardo.

-Sherlock non è mai sceso, nonno. Mai. Come te lo devo dire? Non è sceso per lei, non è sceso con me… starà ancora là sul Virginian che se ne va avanti e indietro… che c’è?- si interruppe bruscamente, notando il lampo che aveva attraversato gli occhi dell’altro.

-E la registrazione? È rotta…- disse, indicandola con la mano con cui reggeva la tazzina.

-Perché Sherlock provò a darla alla ragazza. Poveretto…- commentò. –Si decise all’ultimo. E non dico in senso metaforico, ma proprio all’ultimo! Eravamo al porto, stavano sbarcando tutti… e lui che la inseguiva attraverso la folla, brandendo la registrazione e tenendola alta. Provò a parlare, riuscirono a scambiare due parole –credo che lei l’abbia invitato ad andarla a trovare- ma poi… ma poi la folla li allontanò di nuovo. Sherlock tentò di urlarle qualcosa, ma non era nelle sue corde… e così, alla fine, si limitò a sollevare il capello per salutarla e le augurò buona fortuna. Quando lo ritrovai io, se ne stava su uno dei ponti e la registrazione era spezzata tra le sue mani. Non mi parlò più di quella ragazza, né io gli chiesi di farlo. Non lo facemmo più per le dodici traversate successive. E poi, che motivo c’era? Lui sembrava il solito di sempre, la sua popolarità era al culmine… fino a che un giorno, a metà strada tra Genova a New York… cadde il quadro!-

Il vecchio sembrò tornare al presente e aggrottò le sopracciglia. John lo aveva notato assente negli ultimi minuti ma, avendo condiviso parte della sua vita con Sherlock che aveva la soglia d’attenzione di un bambino piccolo, non ci aveva fatto caso più di tanto. Sembrava che stesse seguendo il filo di chissà quale pensiero… ma questa cosa del quadro lo riportò lì con lui, il pensiero che spariva e si rimpiccioliva nei suoi occhi.

-Quale quadro?- chiese infatti.

-È una metafora, nonno. Per dire che fu in quella primavera, che Sherlock mi parlò per la prima volta, seriamente, di scendere dal Virginian.-

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Inathia Len