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Autore: WibblyVale    25/04/2015    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Tre anni dopo

Tre giovani genin sedevano impazienti in un aula dell'Accademia. Il moro osservava con placida indifferenza, con il mento appoggiato sulle mani, il suo nuovo compagno di squadra. Questi bloccò il cancellino tra le due porte scorrevoli e si sfregò le mani con aria soddisfatta. I suoi occhi azzurri come il cielo brillarono birichini. La ragazza dai capelli rosa, nonostante approvasse l'idea del biondo, gli lanciò un'occhiataccia di rimprovero, per poi tornare ad ammirare l'affascinante ragazzo con gli occhi scuri.
Tutti i maestri erano venuti a prelevare le loro squadre, mentre il loro si stava facendo attendere da fin troppo tempo. Finalmente, sentirono dei passi provenire dal corridoio e videro una mano scostare la porta. Con sorpresa, soprattutto del moro e della rosa, il cancellino cadde sulla zazzera bianca del loro nuovo sensei.
Kakashi Hatake fulminò i suoi nuovi allievi con il suo unico occhio scoperto. Non sapeva nemmeno lui perché aveva lasciato che il cancellino gli cadesse sulla testa. Forse perché da una parte se lo meritava a causa del suo ritardo, forse perché voleva che lo ritenessero un imbranato, o forse perché non aveva così tanta voglia di scostarsi.
Smise di rimuginare quando sentì i lamenti della ragazzina che stava cercando di scusarsi con lui, mentre il biondo se la rideva della grossa per averlo colpito. Assomigliava così tanto al padre, che il jonin per un momento fu incapace di parlare. Si passò una mano a sfregarsi il mento.
"Mmmmm.... A primo impatto... Voi tre non mi piacete affatto!" Esclamò tranquillo, lasciandoli completamente di stucco.
Li portò poi all'esterno e lì, su insistenza del figlio del suo sensei, si presentò per primo. Se quella poteva definirsi una presentazione. Disse loro solo il suo nome, evitando con giri di parole di dir loro quali fossero i suoi sogni, cosa gli piacesse e cosa meno, e quali fossero i suoi interessi. Non stava cercando di darsi un'aria di mistero, semplicemente non lo credeva rilevante. Aveva smesso di aprirsi con le persone.
Dopo di lui, il primo a presentarsi fu il biondo, Naruto Uzumaki. Dopo aver parlato di quanto amasse il ramen, gridò il suo desiderio di diventare Hokage. La sua forza di spirito era esattamente quella della madre. Nonostante non fosse stato mai trattato con amore dal Villaggio, l'unica cosa che sembrava desiderare era diventare più forte per poterlo proteggere.
Seguì la presentazione del moro, Sasuke Uchiha. Il jonin rivedeva molto sè stesso in quel ragazzo in cerca di vedetta. Voleva diventare più forte per raggiungere il livello di Itachi ed eliminarlo. La vendetta consumava, distruggeva, fino a che non rimaneva nient'altro che un guscio vuoto. Sperava di riuscire a farglielo capire.
Infine, fu il turno dell'unica ragazza del gruppo, Sakura Haruno. Sembrava molto più interessata a farsi notare da Sasuke e ad allontanare Naruto, che a diventare una forte kunoichi.
Finite le presentazioni ripetè la solita vecchia scenetta, spaventadoli a morte riguardo la prova del giorno successivo. Poi, li salutò aspettando con ansia il momento di vederli in azione.

Più tardi Gai l'aveva raggiunto tutto eccitato ed erano andati insieme a bere qualcosa.
"I tuoi allievi come se la cavano?" chiese Kakashi.
"Tenten sta ancora cercando la sua strada, ma è una forza con qualsiasi tipo di arma. Neji è eccezionale. Presto mi supererà e non sarò più in grado di insegnargli nulla. Voglio dire fa parte della casata cadetta degli Hyuga, ma meriterebbe maggiore riconoscimento." A quel punto i suoi occhi si illuminarono. Succedeva sempre così quando arrivava a parlare del suo pupillo. "Rock Lee sta diventando sempre più forte. E' pieno di entusiasmo e voglia di imparare. E' davvero soddisfacente vederlo migliorare!"
"L'ho visto in giro per il Villaggio. Per un attimo ho creduto di rivedere te da giovane. Perché gli stai facendo questo?"
Gai mise su il broncio, mentre lui scoppiò a ridere.
Furono presto raggiunti da Asuma e Kurenai, anche loro due avevano un nuovo gruppo di allievi. I due jonin si erano allontanati per un certo periodo, a causa dell'impegno di Sarutobi con i dodici guardiani, ma negli ultimi tempi sembravano essersi riavvicinati. Il ninja dai capelli argentati era felice per loro.
"Allora come va con i vostri nuovi allievi?" Chiese il sopracciglione con la sua solita foga.
"Io sono entusiasta. E' un gruppo piuttosto omogeneo, adatto alla ricerca; anche se quei tre ragazzi non potrebbero essere più diversi tra loro." spiegò la donna dagli occhi rossi.
"Io credo di essere il più fortunato qui. I miei tre sono fatti per fare squadra. Devo solo indirizzarli nella direzione giusta, poi credo che il resto verrà da sè." Disse Asuma prendendo una boccata dalla sua sigaretta. "Tu Kakashi?" Aggiunse, studiando con attenzione l'amico.
"Io... Sono piuttosto disuniti, ma farò in modo di renderli una squadra come si deve. Sempre che passino il mio esame." Rispose con finta indifferenza.
Voleva a tutti i costi che quei tre passassero la sua prova. Era tanto che non provava un conflitto del genere. Lo faceva sentire scoperto, debole. Non gli piaceva sentirsi così. Il ninja Verde sbattè le mani sul tavolo.
"Vuoi dire che non farai passare nemmeno loro?"
"Hanno tutte le carte in regola per farcela, Gai. Ma di certo non faciliterò il loro esame solo perché li vorrei nella mia squadra."
Il moro sbuffò, scuotendo la testa.
"Shikamaru come se la cava?" Chiese il copia-ninja, cambiando argomento.
"E' pigro, ma molto sveglio. Sarà stimolante lavorare con lui, ma no serve che te lo dica." Le parole erano uscite senza che lui potesse fermarle. Capì di aver sbagliato dal calcio sotto il tavolo che ricevette da Kurenai e dallo stato di calma apparente in cui era caduto il sopracciglione.
Dal canto suo, il ninja dello Sharingan si limitò a sorridere, fingendo di non aver notato quel momento di imbarazzo.
"Si, lavorare con un Nara ti insegna sempre qualcosa." Rimase in silenzio per qualche momento, poi passò ad un tono fin troppo gioviale. " Questo giro lo offro io."
Si alzò velocemente, dirigendosi al bancone, cercando cacciare indietro i ricordi risvegliati da quelle poche parole.

La mattina successiva arrivò all'appuntamento in ritardo, mandando su tutte le furie i suoi nuovi allievi. Spiegò loro la prova e provocò leggermente l'Uzumaki, che reagì d'impulso tentando di attaccarlo prima che lui desse il via. Il copia-ninja non gli permise nemmeno di muoversi. Fu dietro di lui in un attimo puntandogli un kunai alla base del collo.
Aveva finalmente l'attenzione dei suoi allievi, che avevano deciso di prenderlo sul serio. Durante la prova era evidente quanto i novelli genin fossero scordinati. Agivano più in solitaria che come squadra.
Naruto era impulsivo e non sapeva controllare bene il chakra. Inoltre, cadde in una banale trappola che chiunque sarebbe stato in grado di notare. Sasuke era molto più preparato del compagno. Il problema era che si sentiva superiore agli altri e li vedeva solo come un peso. Non avrebbe mai fatto la prima mossa per unire il gruppo. Infine, Sakura era più preoccupata a fare squadra con l'Uchiha, che a rubare i campanelli al suo maestro. La ragazza però era la migliore nel controllo del chakra, anche se si lasciò ingannare da una sua illusione, cadendo svenuta. Il Copia-ninja dovette ammettere con sè stesso di essere stato abbastanza crudele nei confronti della rosa.
Allo scadere del tempo nessuno era riuscito a rubargli i campanelli. Naruto, poi, aveva tentato di mangiare il pranzo prima della fine della prova. Fu questo ad essere legato all'albero e a rimanere senza cibo.
Il Copia-ninja spiegò, quindi, ai suoi allievi l'importanza di seguire le regole e di agire come una squadra. I tre genin lo ascoltarono con attenzione, non perdendosi nemmeno una virgola del suo discorso, assorbendo ogni singola parola. Alla fine informò loro che nel pomeriggio avrebbero riprovato ad affrontare la prova, cercando di agire come squadra.
Quindi li lasciò soli, ordinando con tono severo di non dare nulla da mangiare a Naruto. Se l'avessero fatto, sarebbero stati rispediti tutti all'Accademia. A quel punto si nascose dietro un albero, attendendo pazientemente che uno dei tre facesse la mossa giusta. Si ritrovò addirittura a sperarlo.

Sasuke rimuginava su ciò che il maestro aveva spiegato loro. C'erano troppe contraddizioni: dovevavano agire come una squadra, ma gli ordini erano di non aiutare un compagno, che durante la prova sarebbe stato sicuramente indebolito dalla mancanza di cibo.
Lo stomaco di Naruto brontolò rumorosamente, richiamandolo alla realtà. Il biondo fingeva di non avere fame, ma il suo stomaco gorgogliante e la bava alla bocca, rivelavano l'esatto contrario.
"Tieni..." Il moro allungò verso di lui il vassoio con il cibo, senza nemmeno guardarlo.
"Ma il sensei ha ordinato..." Cominciò ad opporsi Sakura.
Sasuke grugnì. "Se non mangia non sarà in forze e così rischieremo di perdere la prova anche noi. Non sento la presenza del sensei qui attorno, quindi sbrigati a mangiare!" Ordinò imperioso.
Persino la rosa allungò il suo vassoio verso di lui, convinta dalle parole dell'Uchiha.
"Sakura-chan..." Balbettò Naruto quasi con le lacrime agli occhi per la felicità.
Furono però subito interrotti da un forte schiocco, accompagnato da una coltre di fumo. Da questa saltò fuori Kakashi, il volto serio, probabilmente era pronto a cacciarli di nuovo in Accademia.
"Siete tutti..." I tre genin terrorizzati, trattennero il fiato. Chissà come li avrebbe puniti quel pazzo. "PROMOSSI!" Esclamò, infine, sfoggiando uno sguardo sorridente e lasciandoli totalmente a bocca aperta.
Non potevano credere di averla scampata, ma quando l'Hatake spiegò loro le sue motivazioni fu tutto più chiaro: chi non eseguiva gli ordini era feccia, ma chi abbandonava i propri compagni era addirittura peggio. Lasciare un compagno in pericolo era la cosa peggiore che un ninja potesse fare.
Naruto si ritrovò a sorridere a quelle parole. Kakashi-sensei gli piaceva!

Verso sera il copia-ninja si ritrovò a vagare per il Villaggio, senza nessuna meta precisa. Era davvero soddisfatto. Si poteva dire quasi... felice, del suo nuovo team. Doveva fare un duro lavoro con loro. Doveva trovare il modo di renderli una squadra ed insegnare loro a collaborare. L'aver superato la sua prova era un segnale del fatto che fossero già sulla buona strada.
"Mio eterno rivale!" Un grido dietro di sè lo fece gelare. Non aveva alcuna voglia di una sfida.
Si voltò, pronto ad affrontare il soppracciglione per smontare i suoi piani. Gai però non sembrava aver intenzione di sfidarlo. Se ne stava a gambe divaricate, con una mano sui fianchi e l'altra indirizzata verso di lui con il pollice alzato.
"Hai finalmente una squadra!" Esclamò, esibendosi in uno dei suoi scintillanti sorrisi.
"E c'è bisogno di tutta questa scena?" Chiese lui, alzando gli occhi al cielo e riprendendo a camminare.
Gai tenne il passo e si affiancò a lui. "Dai non sei leggermente elettrizzato." Il copia-ninja sbuffò. "Agitato? Emozionato? Dai com'è Naruto? E l'Uchiha?" domandò a raffica.
"Hanno del potenziale." Si limitò a dire.
"Tutto qui?" Voleva chiedergli come era ritrovarsi davanti il figlio del proprio sensei, ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.
"Devono imparare a lavorare come squadra, poi potremmo anche migliorare le loro qualità." Si impuntò il ninja con i capelli argentati.
"Il modo migliore è metterli in una situazione in cui sono costretti a farlo, ma finché non vi daranno missioni di liv..."
Kakashi si era bloccato rimanendo un po' più indietro. Gai si voltò guardando l'amico con aria interrogativa.
"Lo sai che sei un genio?" Un lampo percorse lo sguardo dell'Hatake. Il verde tremò nel riconoscere una leggera vena sadica in quello sguardo.
"Cos'hai intenzione di fare a quei poveri ragazzi?"
"Oh lo vedrai..." Si limitò a rispondere, fregandosi le mani per la sua idea geniale.

A Shikamaru il suo nuovo sensei piaceva e anche tanto. I suoi compagni la pensavano esattamente allo stesso modo. Aveva i capelli neri, le sue guance erano ricoperte da una folta barba dello stesso colore e la sua espressione era sempre gentile. Se proprio doveva trovargli un difetto era quella dannata sigaretta. Odiava l'odore del fumo, faceva lacrimare gli occhi.
Per il resto però era grandioso. Aveva capito esattamente come rapportarsi con ciascuno di loro. Sapeva che Choji era timido e gentile e che amava il cibo. Era riuscito a farsi apprezzare anche da Ino, ancora tutta intenta a lamentarsi del fatto che Sakura fosse finita in squadra con Sasuke. Aveva passato anche l'attento esame del Nara, che dopo averlo studiato per qualche minuto, aveva annuito dando la sua approvazione. Avrebbero fatto un ottimo lavoro con lui.
"Domani cerca di non fare tardi. Shikamaru mi ascolti?" La voce di Ino lo riscosse dai suoi pensieri. "Si può sapere che ti prende?"
"Niente, sono solo un po' stanco." Rispose, accompagnado le sue parole con un sonoro sbadiglio.
"Come se fosse una novità." Sbuffò lei.
"Eddai Ino è stata una giornata dura. Dagli tregua." Intervenne Choji per difendere l'amico.
Lei si limitò ad alzare le spalle con fare noncurante.
"Allora il sensei vi piace?" Domandò il Nara.
I due annuirono.
"Anche a me. Credo che potremo lavorare bene con lui. Inoltre, possiamo fidarci nel mostrargli le nostre tecniche più segrete."
L'Akimichi e la Yamanaka si guardarono sorridendo.
"Che c'è?" Chiese lui un po' risentito, pensando che lo stessero prendendo in giro.
"Sappiamo che ti piace, tutto qui." Cominciò la bionda.
"Ti abbiamo visto annuire, durante la spiegazione di Asuma-sensei." Continuò il ragazzo grassottello.
"A noi era piaciuto subito, ma tu lo guardavi con diffidenza."
"Così, quando finalmente hai dato la tua approvazione, ci siamo fidati anche noi." Concluse Choji con un sorriso, accompagnato dalla conferma dell'amica.
Il ragazzo con il ciuffo ad ananas rimase per un attimo sconvolto da quanto profondamente lo capissero i suoi amici. Era vero che passavano molto tempo insieme, ma Ino sembrava sempre più concentrata su sè stessa che sugli altri e Choji, per quanto lo conoscesse meglio di chiunque altro, non si era mai affidato così tanto al suo giudizio.
"Siamo una squadra ora, Shika." Affermò proprio il castano.
"Dobbiamo affidarci completamente gli uni agli altri." Sostenne Ino con fare più gentile del solito.
"Io mi fido già di voi." Disse lui alla fine, allungando il passo e distanziandoli.
Alzò la mano in segno di saluto e, dopo aver girato l'angolo, corse verso casa. I suoi amici gli avevano dato qualcosa su cui pensare, qualcosa che lo faceva sentire sicuro ma, allo stesso tempo, spaventato a morte. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno.

La cena era stata la più lunga della sua vita. Suo padre continuava a parlare delle sue prime esperienze da genin, mentre sua madre sembrava più gentile del solito. Era orgogliosa del suo bambino, anche se Shikamaru sapeva che ora era anche più preoccupata per lui.
Quando riuscì a stare solo era già notte fonda, ma ciò non gli impedì di infilare alcune cose in uno zainetto e di uscire di casa. L'aria della notte era fresca e la risalita della collinetta all'esterno del Villaggio fu piuttosto faticosa. Era stanco a causa degli allenamenti, ma non poteva aspettare oltre.
Presto sarebbe dovuto andare in missione voleva avere ben chiaro cosa lo aspettava. Quando raggiunse la sommità della collina si sedette a gambe incrociate. Tirò fuori dallo zainetto una pergamena e la srotolò. Si morse una una mano per far uscire il sangue e, dopo aver eseguito alcuni segni, la appoggiò sul foglio bianco.
Sentì il chakra fuoriscire da lui per riversarsi sulla pagina, nella quale erano apparse delle scritte e una forte luce viola si sprigionò da essa. A quel punto tolse la mano e si lasciò cadere, facendosi avvolgere dagli steli verdi del prato. Il suo petto si alzava e si abbassava per lo sforzo, quella tecnica era davvero sfiancante, però ne valeva la pena. Era dal giorno dopo il funerale di sua zia che non la vedeva.

Shiori stava scribacchiando alcune carte nel suo studio, all'interno della residenza del capo, quando un brivido la percorse lungo tutta la schiena. Strinse forte la penna che teneva in mano e si alzò di scatto. Si avviò verso la libreria e scaravoltò un paio di volumi, trovando quello che cercava. Preparò una sacca e si apprestò ad uscire.
"Ehi dove vai?" La voce di Tanoshiji la fece rabbrividire.
"Voglio dare un occhiata al Tricoda, se non ti dispiace." Rispose con una certa vena sarcastica.
"Sei ancora arrabbiata con me." Constatò lui pacato, avvicinandosi a lei e stringendola tra le braccia.
"Avrei preferito che mi consultassi prima di prendere una decisione così importante."
"Non avresti ragionato razionalmente."
"Sei tu che hai troppa fretta e sei impulsivo."
"Sono anche il tuo capo, quindi ciò che decido è legge." La sua presa su di lei si fece più stretta.
La ragazza deglutì, tentando di mostrarsi tranquilla.
"Lo so." Lo accarezzò dolcemente sulla guancia. "E' per questo che sto andando dal Tricoda. Voglio che il tuo piano abbia successo." Lo baciò dolcemente. "Prometto che tornerò presto da te."
Lui allentò la presa e le sorrise. "Vuol dire che mi hai perdonato?"
"Ma certo. Come non potrei."
Dopo un altro bacio, la lasciò andare.
Quando fu abbastanza lontana dal campo, cominciò a correre all'impazzata ed in poco tempo raggiunse la sua destinazione.
Il Biju sonnecchiava, ma si svegliò al sentirla arrivare. La guardò incuriosito dai suoi gesti, ma non le rivolse la parola. Era arrabbiato con lei come se la situazione in cui si erano andati a cacciare fosse colpa sua. Avrebbe voluto dirgli che stava facendo il possibile, ma non aveva tempo. Si trasformò ed eseguì i vari passaggi necessari per mettere in atto la tecnica.
Nel giro di pochi secondi si ritrovò catapultata a chilometri di distanza. Suo nipote, che fino a qualche secondo prima stava sdraiato sull'erba, si era alzato a sedere sentendo lo schiocco caratteristico che accompagnava il suo arrivo.
Shiori rimase per un attimo senza fiato. Il bambino che aveva lasciato a Konoha qualche anno prima non c'era più. Era cresciuto, era diventato un ragazzo.  Assomigliava tanto a suo fratello. Si impose di non piangere.
"Ce ne hai messo di tempo." La rimproverò lui. Anche la sua voce era cambiata, nonostante fosse ancora quella di un bambino, stava diventando sempre più profonda.
"Te l'ho detto che non sempre sarei arrivata immediatamente." Prese posto di fronte a lui, tuffandosi in quegli occhi così familiari. "Allora cosa posso fare per te, Shikamaru?"
"Sono diventato genin." Rispose lui pacato.
La ninja solitaria ebbe di nuovo un tuffo al cuore. Genin? Quante cose si stava perdendo?
"Congratulazioni!" Esclamò. "Chi è il tuo maestro?"
"Asuma Sarutobi, sembra forte!" Commentò entusiasta.
"Sono sicura che sarà un'ottimo insegnante."
Le era sempre piaciuto Asuma, era calmo e riflessivo. Sicuramente suo nipote si sarebbe trovato bene in squadra con lui.
"Anche i tuoi amici sono usciti dall'Accademia?" Chiese, curiosa di sapere come stavano procedendo le cose al Villaggio.
"Ino e Choji ovviamente sono in squadra con me. Poi Kiba Inuzuka, Hinata Hyuga e Shino Aburame sono nello stesso team. Anche Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno sono usciti dall'Accademia. Il loro sensei è Kakashi Hatake."
Un brivido percorse la schiena della kunoichi. Finalmente l'Hatake aveva trovato un team da allenare. Non poteva andargli meglio di così.
"Capisco. Naruto è l'attuale Jinchuriky, giusto?" Chiese con indifferenza.
Il ragazzo annuì.
"Ti serve qualche consiglio?" Domandò poi cambiando argomento.
"Papà mi ha detto quasi tutto. Più che altro c'è una cosa che mi preoccupa."
Shiori poteva sentire il nipote provare emozioni contrastanti: orgoglio e paura, ansia e calma, felicità e rimpianto. Come poteva provare tutte quelle sensazioni nello stesso momento era difficile da spiegare. Probabilmente per lui era un momento complicato.
"E' normale essere spaventati. Fin troppo presto dovrai affrontare delle missioni, sarebbe strano se non lo fossi. Ma avrai sempre i tuoi compagni con te."
"E'... E' questo che mi spaventa." Ammise lui, abbassando gli occhi.
Shiori attese a lungo in silenzio che il ragazzo fosse pronto a parlare.
"Noi ci affidiamo completamente l'uno all'altro, ma se uno di noi sbagliasse? Loro hanno detto che si fidano ciecamente del mio giudizio, ma se non fossi all'altezza? Papà mi ha detto che quando è in missione teme certo per sè stesso, ma ciò che lo spaventa di più è perdere loro. Shikachi, io ho paura di un legame del genere. Se li perdessi..."
Lei lo guardò sbalordita. Non aveva ancora affrontato una missione e già si era messo a fare considerazioni di quella portata. Gli posò una mano sotto il mento e gli alzò il volto.
"Sono i rischi del mestiere, ma proprio per questo devi porre maggiore attenzione in quello che fai. Le decisioni che prenderai d'ora in avanti avranno delle conseguenze. Devi avere fiducia in te stesso e nelle tue capacità, ma non devi adagiarti sugli allori. Devi sempre migliorarti. E non dimenticarti che la squadra è composta da tre persone, affidati ad i tuoi compagni e tutto andrà per il meglio. Poi, sono sicura  che Asuma vi insegnerà il modo migliore di comportarvi."
Il ragazzo incrociò le braccia al petto pensieroso. Aveva bisogno di qualcosa di più per essere convinto.
"Shikamaru, a volte il peggio può capitare, ma non è questo che ci deve fermare. Noi dobbiamo fare di tutto per impedire che questo accada."
Lui alzò lo sguardo e le sorrise. "Grazie Shikachi."
Lei non riuscì a trattenersi dall'accarezzargli il volto. "Non c'è di che. Ora è meglio che vada." Annunciò controvoglia.
Se fosse rimasta di più non sapeva se sarebbe stata più in grado di ripartire. Mentre cercava di mettersi in piedi, il moro la bloccò.
"Gua... Guarderesti le stelle con me per qualche minuto?" La pregò.
"C... Certo." Rispose lei incerta.
Si sdraiarono l'uno accanto all'altro in silenzio con gli occhi rivolti verso il cielo. Lo facevano spesso quando lei eran ancora "viva". Al ragazzo mancavano quei momenti come a lei.
"Devi proprio andartene, Shikachi?"
"Non posso stare qui per sempre. Sono solo un ricordo." Si morse un labbro per evitare di piangere. Ormai era davvero solo un ricordo per le persone che amava.
"A me sembri reale." Le prese la mano come per dimostrarle la sua consistenza.
"E' il jutsu che mi rende così." Spiegò indifferente. "Ma sappi che nessuno sparisce mai veramente se lo teniamo nel nostro cuore." Aggiunse poi con più dolcezza, stringendo lei stessa la mano del nipote.
"Io non ti dimenticherò mai!" Esclamò lui con convinzione e determinazione, puntellandosi sui gomiti e guardandola dritta negli occhi.
"Questo mi basta." Affermò lei con un filo di voce. Poi, si puntellò lei stessa sui gomiti e gli posò un bacio sulla fronte. "Ora devo proprio andare. A presto!" Esclamò leggermente a disagio, per la stupidità del gesto appena fatto.
"A presto!" Sussurrò lui in risposta, vedendola sparire in una nuvola di fumo.

Quando tornò indietro Shiori si sentì completamente svuotata. Aveva bisogno di stare sola, ma non poteva. Aveva detto che sarebbe tornata indietro immediatamente.
Il Biju fingeva di dormire, così lei decise di ignorarlo e percorse a ritroso il crinale illuminato esclusivamente dai raggi della luna. Quando rientrò percepì che Tanoshiji stava già dormendo, così procedette tranquilla per il suo studio. Almeno se ne poteva stare in santa pace per un po'.
Una leggero scalpiccio però la fece voltare.
"Kasumi!" Esclamò la bambina saltandole in braccio.
"Amaya, perché non stai ancora dormendo?" Sentiva che c'era qualcosa che disturbava il suo sonno.
"Zenko mi ha visitato. Non mi piacciono le visite!" Si lamentò.
Scostò dolcemente i ricci capelli viola della bambina e la guardò dritta nei suoi occhi dorati.
"Io non lo sapevo. Sennò sarei stata accanto a te."
"Lo so." Le portò le braccia al collo e l'abbracciò forte.
Lei cominciò a dirigersi verso la camera della bambina, le rimboccò le coperte e si sedette sul letto accanto a lei.
"Kasumi, perché hai gli occhi rossi?" Chiese innocente.
Perché aveva pianto per tutto il tragitto verso casa, perché le mancava la sua vecchia vita, la sua vecchia sè, la sua famiglia, suo nipote, i suoi amici e anche Lui. Ma non poteva dire questo ad una bambina di tre anni.
"Ho solo un po' sonno." La bambina sbadigliò.
"Mi canti una canzone, per favore."
"Certo, Fiorellino!"
Così cominciò ad intonare la ninna nanna. Dopo che la bambina si fu addormentata, prese posto sulla poltrona che occupava un angolo della stanza, dove poi si assopì. Il volto cresciuto di suo nipote le sorrideva nei suoi sogni.
  
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