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Autore: riccardoIII    25/04/2015    3 recensioni
È la notte dopo la fuga di Sirius da Hogwarts, avvenuta grazie all'intervento di Harry e Hermione. Non tutti l'hanno presa bene, però, e per qualcuno implica un esame di coscienza.
"...-Mi racconterà mai la verità su quanto successo la scorsa notte?-
-Forse sì, Severus. Forse arriverà il giorno in cui tutte le carte saranno svelate e ognuno si dichiarerà per ciò che è. E forse non manca nemmeno tanto perché quel momento arrivi. Non biasimarmi perché mi fido di Sirius, proprio tu che sai quanto possa contare una seconda possibilità-
-Mi chiedo cosa abbia potuto raccontarle quel Black per convincerla della sua innocenza-"
I personaggi appartengono a J.K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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-E’ stato lei, lei lo ha fatto scappare!-
 
-Severus, sono stato in vostra presenza tutto il tempo, tranne quando ho parlato con Harry; come pensi che io possa esserci riuscito?-
 
-Ha mandato Potter! È sempre Potter, quando succedono queste cose! Non so come abbia fatto ma io so che se Black è libero in questo momento lo deve a voi!-
 
-Quando finirà tutto questo risentimento tra voi due? Sono passati anni, sarebbe ora che metteste da parte queste schermaglie adolescenziali, con tutto quello che avete passato entrambi-
 
-Schermaglie ad… Lui ha tentato di uccidermi quando avevamo quindici anni! Non posso passare sopra a questo!-
 
-Anche tu hai tentato di ucciderlo, Severus, in parecchie occasioni a quanto mi risulta, quando ancora ti nascondevi dietro a un cappuccio nero e rispondevi al richiamo di quel tuo affascinante tatuaggio…-
 
Piton non rispose a quella provocazione e tuttavia non distolse lo sguardo da Silente, dedicandogli occhiate infuocate.
 
-A questo proposito, mi perdonerai se ti farò una domanda: tu sapevi che non era Sirius, ma Minus, il traditore?-
 
-Crede che avrei lasciato Black ad Azkaban se avessi saputo che non era colpevole? Che le avrei mentito, non parlandone con lei?-
 
-Oh sì, sono convinto che avresti provato un enorme piacere sapendolo rinchiuso in quel posto orribile in compagnia dei suoi ricordi peggiori; e non mi avresti mentito, non tecnicamente: la tua sarebbe stata solo un omissione, dopotutto non ti ho mai chiesto chi fosse la spia-
 
-Dunque lei gli crede? Crede a quell’assurda storia raccontata da Black e da quei ragazzini sciocchi?-
 
-Ovvio che ci credo, in questo modo l’intera storia assume decisamente più senso. Ma, ti prego, rispondi alla mia domanda-
 
Per qualche istante immobilità e silenzio regnarono in quella stramba stanza circolare ricolma di oggetti strani mentre i due maghi continuavano a studiarsi dai due lati della scrivania che li separava.
 
-No, non lo sapevo, Lui non voleva che ci conoscessimo tutti, saggiamente direi; soprattutto le sue fonti rimanevano conosciute solo agli intermediari. E io non ero ancora così fidato da essere ammesso nella cerchia dei fedelissimi. Devo ringraziare mio padre, immagino, per questo-
 
-Ah, Severus, chi può dirlo? Magari non saresti qui ora se tu fossi stato più coinvolto nel progetto di quel grazioso circolo di persone. Sì, credo proprio che essere un Mezzosangue abbia potuto salvarti, alla fine-
 
Il silenzio calò di nuovo, ancora carico di tensione, e stavolta ci volle qualche minuto prima che Piton riprendesse la parola, mantenendo in ogni caso la diffidenza nello sguardo fosco rivolto a Silente
 
-Mi racconterà mai la verità su quanto successo la scorsa notte?-
 
-Forse sì, Severus. Forse arriverà il giorno in cui tutte le carte saranno svelate e ognuno si dichiarerà per ciò che è, e penso non manchi nemmeno tanto perché quel momento arrivi. Non biasimarmi perché mi fido di Sirius, proprio tu che sai quanto possa contare una seconda possibilità-
 
-Mi chiedo cosa abbia potuto raccontarle quel Black per convincerla della sua innocenza-
 
Lo sguardo del vecchio si spostò verso la finestra e lì si inchiodò, fissando l’oscurità; gli occhi azzurri di solito penetranti si offuscarono perdendo il consueto brillio, mentre il proprietario si lasciava invadere dai ricordi di quasi ventiquattr’ore prima.
 
 
 
-Quindi, Silente, ecco tutto. Questa è la mia storia, la storia di un fuggiasco che tenta di scappare soprattutto dalle sue colpe. Guarda il mio braccio, Silente, è sporco e scarno come tutto di me ma è bianco. Non sono mai stato Suo, ma tuo, come ho sempre professato. Non ho mai ucciso se potevo evitarlo, ho rischiato la vita per difendere i miei, i nostri ideali, e tu sai quante volte sono tornato al Quartier Generale ferito e stremato. Ho rinnegato la mia famiglia per seguire i miei amici e le mie convinzioni e non sono mai più tornato indietro sui miei passi. Ma soprattutto, Silente, non ho mai, mai, nemmeno solo pensato che avrei potuto tradire James. Nemmeno quando eravamo undicenni e la prima notte a Hogwarts lui mi tirò un pugno perché tenevo il broncio pensando a quello che avrebbe detto mia madre sapendo che ero stato Smistato a Grifondoro; nemmeno quando misi in piedi quello scherzo assurdo per Piton, lui fu costretto ad affrontare un Lupo Mannaro per salvarlo e poi mi prese a calci per aver tentato di far del male a Remus, anche se involontariamente. Non avrei mai potuto ferire James, avrei preferito tagliarmi un braccio! Avrei preferito morire, ero disposto a farlo!
 
Mandare a morte Lily e Harry, poi! Ma come avete potuto credere voi dell’Ordine, per Salazar, che avrei consegnato la mia vera famiglia a Voldemort? Tu, Silente! Tu hai accolto Piton qui sapendo chi era e non ti sei mai chiesto perché io avrei dovuto fare una cosa del genere! Hai accolto un Mangiamorte qui credendolo pentito e non ti sei mai degnato di chiedermi nulla! Mi hai lasciato a marcire in quel posto infernale, non ti sei opposto quando mi ci hanno spedito senza un processo, tu che sei a capo del Tribunale dei Maghi! Non mi hai nemmeno mai parlato da quando mi catturarono! Dimmi perché, Silente, tu puoi credere che chiunque abbia il diritto di spiegarsi, che una seconda occasione sia dovuta a chiunque, eppure non hai creduto di dover parlare con me! Non ho forse dimostrato a chi ero leale? Non sono forse io un essere umano come gli altri, non sono degno della tua pietà? Guarda come mi sono ridotto, Silente! Questi sono i segni della mia colpa, ma anche tu porterai con te i segni della colpa di avermi lasciato in balia dei Dissennatori per dodici anni! Forse non saranno tanto evidenti però il loro peso ti opprimerà il cuore per il resto della tua vita!-
 
 
 
Le parole del relitto di uomo che aveva guardato negli occhi vuoti la sera prima gli rimbombarono ancora una volta nelle orecchie. L’aveva ascoltato dall’inizio, attento a cogliere ogni parola di quello scheletro coperto di sottile pelle biancastra tesa su muscoli atrofizzati, e non aveva esitato un attimo a credere alla sua versione della storia. L’aveva vista, la verità, negli occhi grigi un tempo vividi, ora bui e aperti su un mondo di dolore che solo loro potevano vedere. L’aveva sentita nelle vibrazioni della sua voce quando raccontava, nelle dita simili a pallidi ramoscelli che si stringevano tra loro, scrocchiando come se quei ramoscelli venissero spezzati. L’aveva avvertita, netta e onnipresente, nel tono di voce che da pacato, quasi stesse raccontando la storia di un altro uomo, si faceva brusco, alto, accusatore. Non gli erano serviti Legilimanzia o Veritaserum: la consapevolezza di ciò a cui aveva portato la decisione che aveva preso dodici anni prima, quando non aveva voluto incontrare Sirius, gli si era rovesciata addosso insieme alle parole aspre e sprezzanti che lui gli aveva rivolto. Gli stava chiedendo perché l’aveva fatto.
 
Perché?
 
Aveva visitato un uomo distrutto, pazzo, accusato di pluriomicidio di Babbani, condannato a vita ad Azkaban, per ottenere informazioni sul suo avversario, ma non aveva voluto parlare con Sirius.
 
Si era dato pena di cercare una vecchia Elfa per estorcerle informazioni sulla sua padrona e sul bel giovane a cui aveva mostrato i suoi tesori, ma non aveva interrogato Sirius.
 
Era così, dunque? Gli Horcrux erano diventati una nuova ossessione, e nel cercare loro aveva messo da parte tutto il resto? Cosa avevano di più importante Gaunt e l’Elfa di Hepzibah Smith?
 
Aveva ragione, Sirius, lui aveva sempre professato la giustizia, eppure non aveva cercato una giustificazione, un senso; aveva preferito chiudere gli occhi e abbandonarlo al sua triste destino. E la colpa era sua, sì, perché era stato uno dei pochi che aveva avuto il potere fare qualcosa e invece aveva rinunciato senza nemmeno provare. Un’altra colpa che si aggiungeva a tutte quelle che già portava sulle spalle.
 
Oppure… Oppure aveva scelto questa via per realizzare meglio i suoi piani, in piena coscienza ma inconsciamente. Meglio lasciare Sirius ad Azkaban, lontano da Harry, per poterlo affidare a Petunia senza le sue proteste, per poterlo plagiare meglio, per poterlo crescere come voleva, come un agnello da macello? Quanto sarebbe stato difficile allontanare Sirius dal suo figlioccio lo sapeva bene, certo. Era per questo che l’aveva abbandonato alla mercé dei Dissennatori?
 
Sirius era solo un’altra vittima da sacrificare per il Bene Superiore?
 
Silente non riusciva a fare a meno di arrovellarsi su quella domanda dalla sera prima e non aveva ancora trovato una risposta soddisfacente, cosa piuttosto inusuale per una mente come la sua; sapeva solo che l’oppressione sul suo petto non accennava ad alleggerirsi. Non ricordava che Black avesse avuto un gran talento per la Divinazione ai tempi della scuola, eppure la sua predizione si stava rivelando esatta: il peso di quella colpa l’avrebbe probabilmente segnato fino alla sua morte.
 
-La verità, Severus. Sirius mi ha semplicemente raccontato la verità-



 
   
 
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