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Autore: _paleface_    26/04/2015    1 recensioni
Era come se tutti volessero sbarazzarsi di me. Avevo nove anni.
Avevamo poco, ma io e lui ci bastavamo. Avevo diciassette anni.
Ero arrabbiata, avevamo litigato e lui era morto. Avevo ventitre anni.
Se per tutti la tristezza e la disperazione non possono altro che essere seguite da felicità e gioia, io non facevo parte del "tutti".
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12.
 

“Tutto bene?” sussultai dallo spavento. Ed era appoggiato alla porta della cucina e mi osservava con le braccia incrociate sul petto. Il suo viso non lasciava trapelare nessuna emozione

“Ehm… S-sì, certo. Perché me lo chiedi?” mi voltai nuovamente verso il piano di cottura e chiusi gli occhi prendendo un profondo respiro. Volevo sembrare il più tranquilla possibile, ma lui sapeva che non lo ero.

“Mmh vediamo…” disse sarcastico facendo finta di pensare. Sentii i suoi passi avvicinarsi. “Perché forse è da una settimana che non mi rivolgi la parola?” domandò retorico. Sapevo che era arrabbiato ed era tutta colpa mia. Negli ultimi giorni avevo fatto di tutto per evitarlo ed era stato difficile dato il fatto che viviamo sotto lo stesso tetto. Non mangiavamo mai insieme e non passavamo il nostro tempo a guardare film stupidi alla TV. Mi stavo comportando da stupida , come se la colpa fosse di Ed, ma sapevo perfettamente che non era affatto così.

“Non-”

“Ania, ti avverto, o ne parliamo, mi dici cosa cavolo ti sta succedendo e risolviamo la cosa, o io così non posso più andare avanti.” Mi interruppe. Mi girai per guardarlo in viso e riuscii a percepire un velo di tristezza in quell’oceano di occhi. Era anche stanco e… rassegnato?

“Io… Non… Mi dispiace…” balbettai. Non trovavo le parole. Non riuscivo a mettere insieme una frase di senso compiuto per spiegargli cosa avevo nella  testa e questo solo perché non riuscivo a spiegarlo neanche a me stessa.
Ci guardammo per qualche secondo poi, lui girò i tacchi e uscì sbuffando rumorosamente dalla cucina. Rimasi lì ad insultarmi da sola per un po’ e poi decisi di seguirlo. Arrivata davanti l’entrata di camera sua, sbiancai alla scena che mi ritrovai davanti: Ed stava rovistando nel suo armadio prendendo  qualche vestito per poi buttarlo nel borsone che era posato sul letto. Alzò lo sguardo su di me per una frazione di secondo e i suoi occhi di ghiaccio mi procurarono un tale freddo da stringermi nella mia felpa e spostò di nuovo la sua attenzione sui vestiti.

“Che stai facendo?” chiesi con un sussurro. Non volevo sentire la risposta.

“Un mio amico si è offerto di ospitarmi a casa sua. Non sono affari tuoi comunque.” Disse freddo. Mi ferii, ma sapevo che era solo colpa mia.

“Perché?” mi lasciai prendere dal panico. Non volevo se ne andasse. E se poi non fosse più tornato? Cosa avrei fatto io senza di lui?

“Negli ultimi giorni mi è sembrato di vivere da solo. Tanto vale andare via e passare del tempo con chi mi considera.” Abbaiò.
È tutta colpa mia. È tutta colpa mia. È tutta colpa mia.

“Ti prego… Non…” mi bloccai per evitare di scoppiare in lacrime.

“Cazzo, Ania!” esclamò frustato buttando a terra gli abiti che aveva in mano. “Non puoi dirmi cose come ti amo per poi fare come se non esistessi!” urlò. Fissò i suoi occhi nei miei e capii che avrei dovuto aprirmi con lui, parlargli o lo avrei perso.

“Io mi vergognavo. Mi vergogno.” Dissi osservando i miei piedi.

“Come scusa?” chiese confuso.

“Ero ubriaca ed è disgustoso perché mio padre lo era tutti i giorni e mi faccio schifo per questo. Ti sto rovinando la vita, ti sto trascinando nel mio abisso e questa cosa mi distrugge! Mi vergogno per quello che ho fatto e che ho detto perché ho coinvolto anche te. Soprattutto te. Mi dispiace perché sto rendendo quella che dovrebbe essere una convivenza tra amici, un incubo per te. Un incubo dove tu devi prenderti cura della pazza che hai trovato in un bar!” sbottai. Ero furiosa con me stessa. Aspettavo che mi dicesse che avevo ragione, che gli stavo rovinando la vita. Credevo che mi avrebbe urlato contro e poi sarebbe uscito da questa casa senza più fare ritorno, ma l’unica cosa che fece, fu abbracciarmi. Nell’ultima settimana mi erano mancati i suoi abbracci e ne capivo il motivo, ma nel momento esatto in cui Ed ha avvolto le sue braccia attorno al mio corpo, ho capito. Emanava calore, sicurezza… i suoi abbracci sapevano di casa.

“Era così difficile?” chiese pizzicandomi dolcemente la guancia una volta sciolto l’abbraccio. In risposta gli tirai un pugno scherzoso sulla spalla e scoppiammo a ridere. Quanto mi era mancata quella risata.

“Harry Potter?” chiesi, raggiungendo il salotto.

“Che Harry Potter sia.” Mi sorride e il peso che avevo sul cuore, evaporò.

*Ed’s POV*

Non aveva menzionato il ti amo di quella sera, ma andava bene così. Aveva cominciato ad aprirsi con me e a parlarmi  di quello che aveva dentro e sapevo che per lei non era facile. Il suo viso era sulla mia spalla con gli occhi chiusi e la bocca leggermente socchiusa. La sua mano stringeva la mia maglietta in un pugno mentre le mie dita, passavano tra i suoi capelli. Si era addormentata mezzora dopo l’inizio del film e non avevo avuto la forza di svegliarla. Mi piaceva osservarla quando dormiva, sembrava così dolce, così innocente… Eppure, questa ragazza, è una forza della natura. Dopo tutto quello che ha passato, era ancora qui a combattere contro il mondo intero ed io capii si volerla aiutare. Volevo aiutarla ad andare avanti, a dimenticare quei momenti orribili, anche se sapevo che non sarebbe stato facile. Forse anche impossibile, ma provare non avrebbe fatto male né a me e né a lei.

Ci avrei provato e ci sarei riuscito.  

Lo so che è corto, ma volevo aggiornare quindi.. eccolo qua ahaha come sempre, vi ringrazio di cuore e spero che il capitolo vi piaccia! Al prossimo aggiornamento, un bacio**
   
 
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