Oh, anime pie che seguite ancora
questa storia, prima di lasciarvi al capitolo volevo dirvi che non mi trovo
molto a mio agio a parlare di cose che non conosco – nella fattispecie arte e astronomia - però ho fatto
le mie ricerche, lo giuro. Ciò non toglie che potrebbero esserci delle
imprecisioni. Mi scuso in anticipo.
-LIAM-
Zayn non risponde al citofono. Liam
ha suonato e risuonato, senza però ricevere alcuna risposta. È fastidioso e…maleducato. L’altro ragazzo gli ha dato
appuntamento a casa sua per dargli buca? Rispondesse almeno al cellulare!
Liam si aggiusta lo zaino sulle
spalle e valuta il da farsi: dovrebbe tornare sui suoi passi e, alla prima
occasione, dirne quattro al suo amico, oppure sarebbe meglio aspettare e
ritentare? Ne vale la pena? Magari Zayn è sulla via del ritorno, oppure è
effettivamente dentro quella casa,
addormentato o incosciente per chissà quale ragione.
“Odio la mia vita”, borbotta ,
decidendo d’istinto di recarsi nell’unico posto dove - enfasi sul forse - troverà delle risposte.
Il cancelletto è aperto. Almeno Liam
non dovrà manomettere la serratura - è sempre meglio lasciare a Zayn le infrazioni - o, peggio, suonare. Una volta dentro, oltre le bianche tende della dépendance scorge una sagoma, indizio
che Louis si trovi al suo interno. Liam spera solo che non abbia compagnia. Gli
è bastato assistere alle “prodezze sessuali” dell’altro ragazzo una volta,
grazie tante.
Dopo aver battuto le nocche sul vetro
Liam fa un passo indietro e aspetta. La porta scorrevole si apre qualche
secondo di attesa dopo, segno che Louis si aspettasse l’imminente arrivo di
qualcuno e non vedesse l’ora di accoglierlo. Liam detesta notare i piccoli dettagli, eppure…
“Oh, sei tu”, dice Louis con un tono a metà tra il sorpreso e il seccato.
“Aspettavi qualcun altro?”, ribatte
Liam senza perdere un colpo, l’accenno di un ghigno sul volto.
Louis si gratta una gamba col piede
nudo. È in mutande ma non sembra affatto imbarazzato dal suo misero outfit. Piuttosto è infastidito per non
aver trovato chi attendeva oltre la porta e il suo disappunto è evidente sui
suoi lineamenti.
“Stai cercando Zayn?”, domanda
allusivo qualche istante dopo, imitando il suo ghigno.
Liam rimane impassibile.
“Mi ha dato appuntamento a casa sua
per la lezione di nuoto ma non risponde al citofono né al cellulare”, replica.
“Mi domandavo se sapessi cosa gli fosse successo o dove possa essere…”.
Louis si gratta il mento.
“Sarà sicuramente a casa, non esce
mai prima del tramonto”, afferma.
“Come i vampiri?”, scherza Liam.
Louis lo guarda con aria di
sufficienza.
“Sei sicuro che il vostro
appuntamento fosse oggi?”.
Liam annuisce.
“Mi ha detto che i suoi sono via per
il week end-”.
Louis non lo fa finire di parlare.
“Uhhh”, commenta in tono malizioso.
Liam rotea gli occhi.
“-e che potevamo usare la sua piscina
invece che la tua, per una volta”, conclude, senza cadere nella trappola
dell’altro ragazzo.
Louis si stringe nelle spalle.
“Hai provato a chiamarlo?”.
“Ti ho già detto che non risponde al
cellulare”, ribatte Liam, asciutto. Perché è così difficile sostenere una
conversazione con questo qui?
“Allora probabilmente sarà morto”,
dichiara Louis facendo per chiudere la porta scorrevole.
Liam spalanca la bocca.
“Scusa?”.
Louis scoppia a ridere.
“Fammi mettere addosso qualcosa e ti
accompagno a casa sua”.
Liam tira un sospiro di sollievo. Era
ora che l’altro ragazzo si rendesse utile.
“Ok”, mormora. “Grazie”.
Louis indossa una canottiera e un
paio di pantaloni di jeans che si interrompono alle ginocchia. Ai piedi porta
della infradito.
“Aspettavi Harry?”, domanda Liam per
stuzzicarlo.
Louis accelera il passo e lo guida
fuori dal cancelletto senza degnarlo di una risposta. Liam lo segue in silenzio
mentre inizia a chiedersi se sia opportuno presentarsi in casa di Zayn senza
essere annunciato. Forse l’altro ragazzo non aveva più voglia di vederlo e non
ha risposto di proposito. Oppure se n’è scordato e ha deciso di impiegare il
suo tempo in altro modo. Forse dovrebbe tornarsene a casa. La lezione di nuoto
può aspettare.
Louis non gli dà tempo di prendere
una decisione e sta digitando la combinazione per entrare in casa del suo amico
come se…fosse casa sua.
“Zayn lo sa che tu sai il
suo…codice?”.
Louis si stringe nelle spalle.
“Io almeno non scassino il cancello
di casa sua ogni volta che entro senza essere invitato”.
Liam non può dargli tutti i torti,
perciò lascia correre.
Casa di Zayn è speculare a quella di
Louis: il prospetto è uguale, sebbene gli infissi siano più sobri. Nell’insieme
sembra più austera e fredda. E la piscina è…vuota.
E tristemente abbandonata. Zayn non aveva detto che avrebbero potuto usarla?
Liam è confuso.
“Zayn sarà nelle sue stanze”, afferma
Louis aprendo il portone principale, completamente a suo agio come se non fosse
appena entrato in casa di qualcun altro.
“Uhm, ok”, balbetta Liam, incerto.
Non dovrebbero palesare la loro presenza in qualche modo prima di fare
irruzione nelle “sue stanze”?
Louis lo precede lungo le scale,
tamburellando sul corrimano mentre sale gli alti scalini di marmo. Liam
comincia a sentirsi sopraffatto. È tutto così bianco e solenne, immobile e
silenzioso.
Il silenzio però cede il posto alla
musica quando girano per un corridoio laterale. Chitarre elettriche e urla rauche
e disperate invadono l’aria. Chi l’avrebbe mai detto che Zayn fosse un
metallaro in incognito?
Louis gira la maniglia di una porta
alla fine del lungo corridoio. Non c’è da stupirsi che Zayn non abbia sentito
il citofono o il cellulare con il trambusto che emana dallo stereo.
Quando Liam e Louis fanno ingresso
nella stanza le loro orecchie vengono investite dal violento suono della musica
e le loro narici da un pungente odore di vernice misto a quello di fumo di
sigaretta.
In un primo momento tutto quello che
Liam riesce a vedere sono due pareti completamente tappezzate da disegni,
attaccati al muro con delle puntine o dello scotch, e nessuna traccia di Zayn.
A una seconda occhiata il ragazzo capisce che si tratta in realtà di due stanza
contigue che dovevano essere state separate una volta da una porta, della quale
però adesso rimane solo l’architrave.
Louis gli fa cenno di seguirlo nell’altro
ambiente con un cenno della mano. Qui Liam si trova dinanzi agli occhi una
scena…inusuale. Zayn è piegato su
quello che sembra un enorme lenzuolo, che copre buona parte della superficie
del pavimento, e sta facendo sgocciolare del colore da un sottile bastoncino di
legno. Ha una sigaretta in bilico all’angolo della bocca, è a petto nudo e a
piedi scalzi e osserva con sguardo concentrato – o forse assente, come se non
lo vedesse per davvero, è difficile dirlo – la vernice nera colare sul
lenzuolo, già “imbrattato” da schizzi di colore, ghirigori e strisce come
quelle lasciate da una pennellata eseguita con un grosso pennello.
Liam rivolge lo sguardo a Louis, in
cerca di risposte. L’altro ragazzo ha gli occhi fissi su Zayn e un mezzo
sorriso dipinto sul volto e non sembra per niente stupito o turbato dalla
scena, indizio che ha già assistito a qualcosa del genere e che, perciò, Zayn è
solito dedicarsi a questo insolito passatempo. Nel tentativo di scrollarsi di
dosso una strana sensazione di disagio Liam fa una panoramica della stanza e
nota che le pareti sono decorate da
murales, che non riesce a decifrare perché troppo distratto dall’immagine
di Zayn ancora immobile sul lenzuolo.
Improvvisamente sulla stanza piomba
il silenzio: Louis sì è allontanato verso un angolo per spegnere lo stereo.
Come se un interruttore lo avesse riportato in vita Zayn raddrizza la schiena e
il movimento fa cadere la cenere della sigaretta sul lenzuolo. Liam lo osserva
sbattere le palpebre a rallentatore, fare un passo indietro e finalmente
accorgersi della loro presenza.
“Che robaccia stavi ascoltando? Death metal?”, domanda Louis.
Zayn scuote il capo e affloscia le
spalle.
“Non lo so”, mormora.
Sembra distante, a malapena
consapevole di quello che lo circonda. I suoi capelli sono arruffati e
nell’insieme ha un aspetto trasandato, quasi selvaggio. Liam ha la sensazione
di essersi intromesso in un suo “momento privato”.
“Liam sostiene che avevate un
appuntamento”, continua Louis.
Liam non può fare a meno di essere
infastidito dal suo tono. È come se Louis avesse insinuato che la sua fosse una
bugia o un pretesto.
“Sì?”, domanda Zayn piegandosi sui
talloni per poggiare il bastoncino di legno per terra.
Liam si schiarisce la voce.
“Dovevamo vederci per la lezione di
nuoto”, afferma.
Zayn si passa una mano tra i capelli
e spegne la sigaretta sulla mensola di quello che una volta era un camino, alle
sue spalle, e che adesso è murato.
“Scusami, l’ho scordato”, dice.
Liam si rifiuta di riconoscere la
sensazione che serpeggia nel suo stomaco come delusione.
“Non importa, possiamo rimandare”,
dichiara.
Zayn striscia i piedi nudi e
imbrattati di vernice sul pavimento, ben attento a non calpestare il lenzuolo,
e si piega a prendere una bottiglia trasparente contenente un liquido ambrato
per berne un lungo sorso.
“Allora, uhm, io vado”, balbetta
Liam, non del tutto sicuro di essere ascoltato. “Ci sentiamo”.
“Ma no, resta!”, esclama Louis,
cogliendolo di sorpresa. “Già che ci sei. Giusto, Zayn?”.
Liam non trova alcuna ragione per
restare: Zayn è sotto effetto di qualcosa
che lo rende distratto e inconsapevole, la piscina nella quale avrebbero dovuto
tenere la lezione è praticamente inutilizzabile e lui chiaramente non è il
benvenuto. Non che Zayn lo abbia reso palese,
ma si comporta come se non avesse idea di dove si trovi e con chi. Liam non lo
ha mai visto in questo stato e non è sicuro che saprebbe gestirlo.
Zayn annuisce.
“Sì, resta”, dice infine,
asciugandosi le labbra col dorso della mano.
“Ti ricordi almeno chi sono?”, sbotta
Liam.
Negli occhi di Zayn balena qualcosa ed è la prima volta che Liam lo
vede reagire veramente da quando è
entrato in questa stanza.
“Certo che mi ricordo chi sei, Liam”, ribatte il moro con enfasi.
“È giunto il momento di lasciarvi
alle vostre cose”, dichiara Louis,
sorridendo in maniera vagamente inquietante. “Buon divertimento!”.
Liam
lo osserva uscire dalla porta. Vorrebbe seguirlo, eppure è come se fosse
inchiodato sul posto. Non sa se sta rimanendo per cortesia o per…curiosità.
“Cosa stai facendo?”, domanda
avanzando verso l’altro ragazzo, curandosi di non calpestare nemmeno gli angoli
del lenzuolo.
“Arte”, risponde Zayn.
Liam aggrotta la fronte.
“Stai, uhm, dipingendo?”.
Zayn si sfrega le nocche di una mano,
forse nel tentativo di grattare via la vernice ormai asciutta sulla sua pelle.
Liam nota che ne ha un po’ anche sul viso, sul petto e sui capelli, piccoli
schizzi di colore solidificati sul suo corpo, e si domanda se anche lui stesso
faccia parte dell’opera d’arte.
“Qualcosa del genere”, replica dopo
qualche secondo.
Liam sospira.
“Forse è il caso che me ne vada e ti
lasci continuare”, afferma. “N-non era mia intenzione fare irruzione in casa
tua, solo che, uhm, ho suonato e non avendo ricevuto alcuna risposta ho chiesto
a Louis perché ero, come dire, preoccupato, e-”.
“Vuoi provare anche tu?”, lo
interrompe Zayn indicando il pavimento.
Liam strabuzza gli occhi.
“Cosa? No!”, esclama. “È la tua opera e io non ho davvero idea di
cosa fare…”.
“Non devi fare niente di particolare,
devi lasciarti guidare dal tuo inconscio”, ribatte Zayn abbozzando un sorriso.
Liam pensa che l’altro ragazzo non
smetterà mai di stupirlo.
“Ehm, hai già iniziato tu, c’è il tuo
subconscio su quel, ehm, lenzuolo, e
non mi va di rovinare il tuo…dipinto?”.
Zayn aggrotta la fronte.
“Lo hai già rovinato”, dichiara. “Inconscio, comunque”.
“Scusa?”, esclama Liam assottigliando
lo sguardo. “In che senso l’ho rovinato?”.
Zayn ridacchia. Sembra parzialmente
tornato sé stesso. Solo un po’ più stronzo.
“Ho perso il contatto con la tela quando siete arrivati tu e Louis”, spiega.
“Ah”, dice Liam, fingendo di aver
capito. “Beh, mi dispiace”.
Forse Zayn si trovava in una specie
di trance perché il dipinto lo aveva
totalmente assorbito? Liam non ha dimestichezza con queste cose, quindi non
riesce a capire del tutto.
“Vuoi provare, allora?”, insiste
Zayn. “Ti prometto che è liberatorio”.
Liam si gratta un sopracciglio.
“Che roba è, comunque? Arte
astratta?”.
Zayn lo osserva per qualche secondo
senza parlare.
“Si chiama action painting”, dice. “È da poco che sto sperimentando”.
Liam sente che non ne verrà a capo di
questa faccenda.
“E come funziona? Basta…far colare la
pittura sul lenzuolo?”.
“Puoi farla colare, lanciarla,
spruzzarla…oppure puoi lasciare le tue impronte o inventarti qualche altro modo
per imprimere il colore sulla tela o ancora mischiare alla vernice altri
materiali”, spiega Zayn. “Quello che conta è il processo creativo, non il
risultato”.
“E il risultato è una sorpresa?”,
domanda Liam.
Zayn valuta la sua domanda e si
prende tempo per rispondere.
“Non esattamente”, dice, infine. “Io
inizio con un’idea precisa e ci lavoro finché non ottengo un risultato che si
avvicini il più possibile a quello che avevo immaginato”.
“Ok”, mormora Liam, che non riesce
ancora ad afferrare come le linee caotiche che macchiano la tela possano avere
origine da un’idea ben precisa nella mente dell’artista. Forse è lui che è limitato.
“Non sono molto bravo, comunque”,
continua Zayn. “Ci sto lavorando, ci provo”.
Liam scuote il capo istintivamente.
“Non credo ci sia bisogno di essere
bravi per queste cose”, dice. “Nel
senso, se stai cercando di emulare qualcuno
per somigliargli allora forse non sarai mai bravo abbastanza, se invece persegui
la tua arte senza imitare nessuno allora…non devi essere bravo, devi essere te stesso”.
Zayn scoppia a ridere.
“Se fosse così saremmo tutti degli
artisti, no?”.
Liam arrossisce.
“Parlavo di questo tipo di arte in particolare”, si giustifica. “Se è un’arte
che scaturisce dall’inconscio allora sì, possiamo farla tutti”.
Zayn inarca un sopracciglio.
“Se la pensi così perché non ti
cimenti anche tu?”, ripete. “Su, coraggio, prova”.
Liam osserva con titubanza la mano
tesa di Zayn.
“Mi sporcherò i vestiti”.
“E allora?”.
“La vernice non è tossica? Se mi
finisce addosso..?”.
Zayn ha la faccia tosta di roteare
gli occhi.
“Non questa qui”, ribatte. “Secondo
te sono così incosciente da rischiare di avvelenarmi?”.
Liam si morde la lingua per non
rispondergli affermativamente.
“Va bene, proverò”, acconsente e non
lo sa perché lo sta facendo ma…potrebbe essere divertente. O quantomeno liberatorio, come ha detto Zayn. Dopo
aver abbandonato lo zaino che portava in spalla in un angolo della stanza si
avvicina di nuovo all’altro ragazzo.
“Dovrei togliermi la canottiera?”,
domanda con esitazione, interrogandosi su come si lavino via le macchie di
vernice.
Zayn solleva un sopracciglio e gli
rivolge un sorrisetto malizioso.
“Forse è meglio di no”, dice Liam
precipitosamente.
Zayn butta gli occhi al cielo e
scuote il capo.
Liam sente l’imbarazzo pungergli la
pelle, perciò si libera della maglia con un gesto fluido e la poggia sulla
mensola del camino. Zayn lo ha già visto
a petto nudo, sono già ben oltre quella fase, quindi non ha ragione di
vergognarsi di essere visto senza maglia addosso. Se l’altro ragazzo vuole guardarlo che lo faccia, non è un suo
problema.
“Togli anche le scarpe”, ordina Zayn.
Liam valuta l’idea di protestare ma
alla fine decide di fare come gli è stato detto. Le impronte delle suole sulla
tela non gli sembrano esattamente una manifestazione artistica di particolare
valore.
“Cosa devo fare adesso?”.
Zayn per tutta risposta gli passa una
latta di metallo con la vernice e un pennello di medie dimensioni. Liam gira il
pennello all’interno del colore. Le setole sono dure e compatte.
“Fa’ quello che ti senti di fare”,
dice l’altro ragazzo.
Liam estrare il pennello dalla latta
e lo posiziona sulla tela, lasciando sgocciolare la vernice nera, così come
stava facendo Zayn.
“Puoi muovere il pennello”, sussurra
l’altro ragazzo.
Liam fa roteare il pennello, creando
dei ghirigori sul lenzuolo. Non sembra granché divertente e sicuramente non è
liberatorio.
Improvvisamente Zayn gli mette le
mani sui fianchi. Liam ha un sussulto.
“Senti qualcosa?”, mormora il ragazzo
alle sue spalle.
“Assolutamente no”, risponde Liam. “A
parte che comincia a farmi male il braccio”.
“Certo, sei tutto rigido”, afferma Zayn, cominciando a
massaggiargli le spalle. “Lasciati andare”. Liam se è possibile si irrigidisce
ancora di più.
“Non ho idea di cosa sto facendo”, si
lamenta.
“Fai così, chiudi un attimo gli occhi
e immagina cosa vuoi vedere su questa tela”.
Liam prende fiato e serra le
palpebre. È difficile concentrarsi col fiato di Zayn sul collo.
L’altro ragazzo sembra percepire il
suo disagio e si allontana. Liam stringe gli occhi con forza, fino a che non si
formano dei puntini dietro le sue palpebre. Sta pensando a delle linee
verticali, tante linee, una dietro l’altra, dai contorni frastagliati. E poi
altre linee, che tagliano orizzontalmente le altre, rosse e sottili. E poi qualcosa
di giallo, come dei fiori astratti o delle stelle abbozzate.
Quando riapre gli occhi si mette
subito al lavoro: le linee che ha immaginato iniziano a prendere forma sulla
tela, coprendo la vernice arancione versata da Zayn in precedenza e ormai
asciutta. I contorni frastagliati sono facili da ottenere, perché la sua mano
non è ferma, e il pennello sgocciola lasciando colore dove non dovrebbe.
“Stai andando benissimo”, dice Zayn,
da qualche parte alle sue spalle.
Ogni linea diventa sempre meno
precisa e presto Liam si rende conto che non è del tutto in controllo del suo
corpo. Si sente pervaso da uno strano formicolio che percorre le sue membra.
Arrivato a metà del lenzuolo si volta distrattamente verso l’altro ragazzo.
“Hai del rosso e un pennello più
piccolo?”, chiede. “No, aspetta, dammi il bastoncino”.
Zayn sospira o ride o forse tossisce.
“Ecco a te”, dice passando a Liam
un’altra latta e un bastoncino di legno.
Liam rimane fermo a osservare il suo
lavoro per qualche secondo e improvvisamente si sente pervadere da uno strano
furore, perciò scaglia il colore sulla tela con un rapido movimento del
braccio. Una striscia rossa taglia quelle nere, come una ferita. Liam ghigna,
soddisfatto.
Senza chiedere a Zayn afferra un altro pennello, lo immerge nel
colore e imbratta la tela, generando degli spruzzi di colore che somigliano
sempre meno a delle linee e sempre più a delle saette.
“Voglio del giallo”, mormora. “O
dell’ocra”.
“Non è che ho tutti colori del
mondo”, borbotta Zayn, ma il suo tono è tinto di ilarità, prima di passargli il
colore e un nuovo pennello.
Liam comincia a creare dei vortici,
non sopra le linee, ma ai lati. Da un momento all’altro però il suo entusiasmo
scema: è tutto sbagliato, i colori cozzano l’uno con l’altro e quello che sta
facendo non è quello che ha pensato
di fare.
Amareggiato e infastidito Liam lancia
il giallo direttamente dalla latta, coprendo quasi per intero quello che ha
realizzato. Fa tutto schifo. Zayn aveva ragione e lui torto: non possono farlo tutti.
“Ehi, ehi”, interviene Zayn,
poggiandogli le mani sulle spalle. “Va tutto bene”.
Liam si accorge che sta tremando e
stringe i pugni, mentre Zayn gli accarezza la schiena.
“Non sono capace”, mormora.
“Sei stato fantastico”, lo rassicura
Zayn.
Liam scuote il capo.
“Sono stato patetico”, insiste. “Non è questo
che avevo immaginato”.
Zayn preme una mano in mezzo alle sue
scapole.
“Sei stato perfetto”, afferma. “Io la
prima volta ero impacciatissimo, invece tu hai capito subito cosa dovevi fare.
Non importa se non hai ottenuto il risultato sperato, almeno ci hai provato”.
Liam si sente sgonfio come un
palloncino ma allo stesso tempo teso e irritato. Zayn si allontana e prende in
mano una serie di barattoli con la vernice e dei pennelli e li deposita ai suoi piedi.
“Non pensare a niente, stavolta, sfogati”.
Liam lo guarda abbattuto e incerto.
“Sfogati,
Liam”, insiste Zayn.
Liam apre e chiude le mani.
“Ok”.
Dopo aver preso uno dei pennelli con
le setole più morbide si dirige verso il lato immacolato del lenzuolo, anche se
“immacolato” non è la parola giusta, visto che Zayn ci ha già passato una
spessa mano di vernice verde petrolio. Liam affonda il pennello nel rosso e
lancia il colore sulla tela e ripete il movimento più e più volte, fino a che non
diventa un gesto automatico. Poi cambia colore, senza curarsi di prendere un
pennello diverso, e lo affonda nel blu, fa il giro della tela e lo lancia sulla
sua superficie. Anche se comincia a fargli male il braccio il ragazzo continua,
alternando i colori, i pennelli e la foga con la quale si scaglia contro il
lenzuolo.
Dentro di lui si accumulano delle
sensazioni che sfoga sulla tela. Sono sensazioni che però non riesce a legare
ad alcuna immagine, o persona, o a un particolare evento della sua vita: rabbia,
frustrazione, insoddisfazione, solitudine. Liam le sente e le rilascia
immediatamente. Gli danno la forza di muovere il braccio e di muoversi attorno
alla tela. Accumula energia e la disperde sul lenzuolo ai suoi piedi, ancora,
ancora e ancora.
Dopo aver tracciato una linea a
zig-zag col bastoncino Liam si inginocchia, affonda una mano direttamente nella
vernice e la spalma sulla tela, mischiando i colori che non si sono ancora
asciugati.
Quando è soddisfatto dal vortice di
colori che si trova davanti agli occhi Liam prende fiato e si gratta un
sopracciglio. È stanco come se avesse corso per ore e deve regolarizzare il
battito del suo cuore.
Zayn scoppia a ridere. Liam è
sorpreso di sentirlo, e si rende conto di essersi momentaneamente dimenticato
della sua presenza.
“Che c’è?”, domanda, a corto di
fiato, guardandolo in tralice.
“Niente”, risponde Zayn facendo
spallucce.
“No, dimmelo”, ordina Liam poggiandosi
le mani sui fianchi, indispettito.
Zayn sorride con uno scintillio negli
occhi.
“Va bene che la vernice non è
tossica, ma vuoi davvero spalmartela addosso?”.
Liam spalanca le palpebre e solleva
la mano che ha intinto nel colore per osservarla, prima di guardarsi il fianco,
imbrattato di vernice a sua volta.
“Oh”, esala.
“Anche la fronte”, lo informa Zayn.
“Oh”, ripete Liam e…gli viene da
ridere, perciò lo fa. Ride fino a farsi venire le lacrime agli occhi, mentre
Zayn lo osserva scuotendo il capo, il
sorriso ancora sulle labbra.
“Sei impazzito?”, domanda.
“No, sto bene”, replica Liam con enfasi. “È stato…terapeutico”.
“Dovrei farmi pagare”, scherza Zayn.
“Cento sterline a seduta?”.
Liam butta gli occhi al cielo.
“Voi ricchi siete capaci di
inventarvi sempre nuovi modi per fare soldi”.
Zayn ride con la lingua in mezzo ai
denti.
“Vuoi continuare?”.
Liam getta uno sguardo al disastro sotto di lui e si accorge di
aver affondato le ginocchia lì dove aveva passato il colore. Ops.
“No, va bene così”, conclude. “Che ne
facciamo di questa opera d’arte?”.
“Aspettiamo che si asciughi e la
bruciamo”.
“La bruciamo?”.
“Sì, diamo fuoco alle negatività che hai riversato sulla
tela”.
Liam aggrotta la fronte.
“Cos’è, una nuova frontiera della
psicanalisi?”.
Zayn ride di nuovo, gettando indietro
la testa. Liam si alza in piedi e si sgranchisce le gambe. La vernice sulla sua
mano si è asciugata.
“Bruci sempre le tue opere?”, domanda
sedendosi accano a Zayn e poggiando la schiena contro il muro.
“Solo quando non vengono bene”.
“Allora lo ammetti che ho fatto una
schifezza?”.
Zayn gli dà una spallata.
“Oh, fanculo”, borbotta.
Liam ride, lo stomaco invaso da
bollicine di felicità. Non si sentiva così bene da mesi. L’action painting potrebbe essere la sua nuova valvola di sfogo,
ora che la palestra e il nuoto hanno fallito. Non sarà mai un artista ma almeno si sentirà meglio.
Zayn si accende una sigaretta e beve
di nuovo dalla bottiglia di prima. Liam allunga una mano per farsela passare.
“Oh mio dio, che diavolo è?”, esclama
dopo aver preso un sorso, l’esofago in fiamme.
Zayn ride e soffoca col fumo.
“Whiskey, cosa ti aspettavi?”, dice
tossicchiando.
Liam si asciuga le labbra e si batte
una mano sul petto. Brucia.
“Credevo fosse vino!”, protesta.
“Mi hai sottovalutato”, afferma Zayn
ghignando.
“Chi diavolo beve whiskey di pomeriggio?”, dice Liam, incredulo.
“Il vino è una bevanda più
accettabile per te a quest’ora?”, lo prende in giro Zayn. “Hai delle fasce
orarie per gli alcolici? Niente roba
forte prima del tramonto?”.
Liam fa un gesto vago con la mano.
“Qualcosa del genere”, mormora.
Zayn non replica e rimane in silenzio
a fissare il muro di fronte a sé.
“Posso farti una domanda?”, dice
Liam.
Zayn annuisce e getta il fumo verso
l’alto.
“Se la tua piscina è inutilizzabile
perché mi hai invitato a casa tua?”.
Zayn si irrigidisce
impercettibilmente ma Liam se ne accorge comunque perché le loro spalle si
sfiorano.
“Non ci ho pensato”, mormora l’altro
ragazzo dopo un po’.
“Non ti credo”, afferma Liam. La
piscina sembra abbandonata da tempo, Zayn stesso gli ha detto che nessuno la
usa mai. Eppure gli aveva anche detto
di averla fatta pulire di recente.
Qualcosa non torna.
“È un problema tuo”, dice incupendosi.
Liam sospira.
“Se volevi passare del tempo con me
potevi dirmelo, invece di…tendermi una trappola”.
Zayn si allontana bruscamente. Liam
si volta verso di lui e legge nel suo sguardo stupore, rabbia e…indignazione.
“No, io non-”, balbetta.
Liam si sente mortificato per quello
che ha detto e per l’espressione ferita di Zayn.
L’altro ragazzo si alza in piedi per
spegnere il mozzicone di sigaretta sulla mensola del camino.
“Forse è meglio che tu vada”,
dichiara. “Ti libero dalla trappola”.
Liam si alza in piedi a sua volta e
gli si avvicina. La sensazione di leggerezza provata fino a un attimo prima
ormai evaporata.
“Non me ne voglio andare”, ammette.
“Sono io che voglio che tu te ne vada”, dice Zayn con ferocia.
Liam incassa la sua frase come un
pugno sullo stomaco.
“Quello che volevo dire è che…sarei
venuto lo stesso se fossi stato onesto”, afferma, non del tutto sicuro che
quello che sta dicendo corrisponda a verità e troppo codardo per indagare.
“Siamo già usciti insieme senza aver bisogno di una scusa per farlo”.
Zayn si rifiuta di guardarlo in faccia. Liam
gli mette una mano sulla spalla.
“Mi piace passare del tempo con te,
nonostante i tuoi passatempi siano quantomeno bizzarri”, ammette. “Ho rischiato di essere picchiato e forse pure
ucciso tutte le volte che sono stato con te, eppure…sono ancora qua. Se non mi
piacessi non avrei sopportato di stare con te, neppure per le lezioni di nuoto”.
Zayn volta leggermente la testa verso
di lui e ghigna.
“Ti piaccio, mh?”.
Liam lo spinge.
“Non in quel senso, idiota!”,
esclama. “Non in quel senso, ok?”.
Zayn ride.
“Vuoi ripeterlo un’altra volta,
giusto per autoconvincerti che-ouch!”.
Liam gli molla un pugno sulla spalla.
“Piantala subito”, ordina, anche se
gli sfugge un sorriso.
Zayn sfiora il suo fianco, passando
le dita sulla macchia di vernice.
“Vuoi lavarti?”, domanda.
Liam spera che anche se ha lasciato
cadere il discorso di prima Zayn gli abbia creduto e che si siano chiariti.
“Mh?”, replica distrattamente.
“Vuoi farti una doccia?”, insiste
Zayn, un sorriso che aleggia sul suo volto, mentre con la mano continua a
carezzargli il fianco.
Liam arrossisce e fa un passo
indietro.
“Ci sono cinque bagni in questa
casa”, dice Zayn. “Non dobbiamo farla
insieme la doccia”.
Liam ridacchia, imbarazzato.
“Ok, sì, d’accordo, grazie”,
biascica.
“Però, d’altra parte, se volessi
farla insieme risparmieremo sull’acqua”, scherza Zayn, facendogli l’occhiolino.
Liam fa una smorfia oltraggiata.
“Come se tu avessi bisogno di risparmiare su qualcosa!”, esclama.
Zayn ride.
“Ti piace proprio ricordarmi
continuamente quanto io sia schifosamente ricco, mh?”.
Liam lo rimprovera con lo sguardo.
“Cosa, ehm, fanno esattamente i tuoi
genitori?”.
Zayn si volta per recuperare le
scarpe sotto il camino, perciò Liam non riesce a guardarlo in faccia.
“Mio padre è un diplomatico”,
dichiara il moro.
Liam aspetta che aggiunga qualcosa ma
l’altro ragazzo non accenna a continuare.
“E tua madre?”.
“Lavorano insieme”, risponde
seccamente Zayn.
Liam decide di non insistere oltre e
si avvicina anche lui al camino per prendere la canottiera e rimettersi le
scarpe.
“Sei mai stato nel paese di origine
dei tuoi?”, non riesce a fare a meno di chiedere, troppo curioso di saperne di
più sull’altro ragazzo.
“Una volta”, replica Zayn.
“Ok”, mormora Liam. “Parli il
pakistano?”.
Zayn si piega per raccogliere il
pacchetto di sigarette. Forse non è solo un’impressione di Liam che stia
cercando di evitare il suo sguardo.
“Si chiama urdu”, precisa Zayn. “E no, non lo parlo più”.
Liam non demorde, nonostante la poca
voglia dimostrata da Zayn di collaborare.
“Come concili il tuo orientamento
sessuale con la tua religione?”.
Zayn questa volta si volta verso di
lui.
“Mi stai facendo un interrogatorio?”,
sbotta. “Non ho una religione, comunque. Non-, mi sono dissociato, ecco”.
“Immagino che i tuoi disapprovino”,
mormora Liam, incapace di mordersi la lingua.
“Disapprovazione
è un eufemismo”, taglia corto Zayn. “Ti va di vedere un film insieme e rimanere
per cena?”.
Liam rimane interdetto per il brusco
cambio di argomento. Proprio quando stava per scoprire qualcosa in più…
“Uhm, va bene”, dice.
“Ho un cinema”, dichiara Zayn con
orgoglio.
Liam scoppia a ridere.
“Non avevo dubbi”, lo prende in giro.
“Ti piacerà”, afferma Zayn, annuendo.
“Stai cercando di corrompermi col
lusso?”, scherza Liam.
“Pensavo di piacerti indipendentemente dal mio conto in
banca”.
Il conto in banca dei tuoi, si trattiene dal ribattere Liam.
“Dipende”, dice, invece.
“Da cosa?”, replica Zayn, sollevando
un sopracciglio.
Liam sorride.
“Li hai fatti tu quelli?”, domanda,
ignorandolo, indicando invece i disegni attaccati alle pareti dell’altra
stanza.
“Certo”, dice Zayn.
Liam si sposta nel locale adiacente e
comincia a ispezionare i disegni. Alcuni sono dei ritratti, altri hanno come
soggetti dei monumenti o dei paesaggi, altri ancora, i più belli, rappresentano
accozzaglie di figure enigmatiche, umane, animali, mitologiche. Sono tutti in
bianco e nero, alcuni a matita, altri a china, alcuni a carboncino. Sulla
parete laterale sono attaccate, invece, strisce di fumetti.
“Perché li tieni così?”, domanda Liam, incredulo e oltraggiato.
“Come dovrei tenerli?”, dice Zayn
alle sue spalle.
“Incorniciati o, non lo so, dentro
delle cartelle”.
Zayn tossicchia.
“Perché dovrei fare una cosa del
genere?”, ribatte.
Liam strabuzza gli occhi.
“Per conservarli, per preservarli”,
afferma con trasporto.
Zayn non risponde.
“Non vuoi farci proprio niente con
questi disegni?”, insiste Liam. “Potresti partecipare a una mostra o, che ne
so, a un concorso? Perché non frequenti una scuola? Cosa ti piace di più,
disegnare ritratti o-, oppure preferisci i fumetti?”.
Liam si volta a guardare Zayn, che ha
la fronte aggrottata.
“Perché ti stai accalorando?”,
domanda questi con voce atona.
“Non vale la pena sprecare il tuo
immenso talento!”, protesta Liam. “Cosa vuoi fare nella vita? Vivere di
rendita? Di sicuro l’erba che vendi e le esibizioni al One Direction non ti
assicureranno una pensione”.
Zayn fa un passo indietro, offeso.
“Non parlare come i miei genitori”,
borbotta.
“I tuoi genitori hanno ragione!”,
esclama Liam, esasperato.
“Non parlare di cose che non
conosci”, minaccia Zayn. “Se potessero tirerebbero giù questa parete con tutto
quello che c’è attaccato”.
Liam rabbrividisce.
“Disapprovano anche questo?”, domanda
con voce fioca.
Zayn ride senza allegria.
“Mi prometti che…ci penserai?”, dice
Liam, esitante, facendo un passo verso di lui.
“A cosa?”.
“Al tuo futuro, a cosa fare col tuo
talento”, ribatte Liam. “Chiaramente hai disatteso tutte le aspettative dei
tuoi genitori, forse a ragione, quindi cosa ti costa combattere una battaglia
in più?”.
Zayn sembra turbato e…impressionato.
“Perché ti importa?”, mormora.
Liam sospira, spazientito.
“Perché sei mio amico e perché odio
vedere la gente che spreca le proprie risorse e non insegue i propri sogni”.
Zayn assottiglia lo sguardo.
“Tu hai inseguito i tuoi?”, ribatte.
“Non ne ho mai avuti”, mente Liam,
cercando di tenere a bada il tremolio della sua voce.
“Non è vero”, insiste Zayn.
“Stavamo parlando di te”, protesta
Liam.
“Voglio sapere dei tuoi sogni
infranti”, preme Zayn.
“Se mi prometti che penserai a cosa
fare della tua vita ti racconterò di me”, dichiara Liam. In che guaio si sta
andando a cacciare?
Zayn lo osserva con esitazione.
“Affare fatto”, dice dopo un po’,
allungando una mano verso di lui.
“Significa che devi cercare dei corsi
di disegno o di fumetto o che ne so, oppure informarti sulle mostre-”.
“Ok, ok”, taglia corto Zayn. “Ho
recepito il messaggio”.
Liam annuisce e stringe la sua mano.
“I tuoi disegni sono straordinari”,
afferma. “Li ha mai visti nessuno?”.
“Solo Louis e i miei, ma loro non ci
hanno mai badato molto”.
Liam si morde il labbro inferiore.
“Non lasciare che ti buttino giù,
ok?”.
Zayn rotea gli occhi.
“Andiamo a farci questa benedetta
doccia!”, esclama. “Devo farti vedere un film che sarà illuminante!”.
Liam ride.
“Uhm, devo fidarmi?”.
Zayn lo spinge fuori dalla stanza.
*
“Come hai detto che si chiama questo
film?”, domanda Liam poggiando i gomiti sui braccioli della poltrona.
Zayn gli dà una gomitata per farsi
cedere un bracciolo.
“È la storia di Jackson Pollock, come
vuoi che si chiami?”, ribatte. “Pollock,
comunque. Sei lento”.
“Ehi!”, protesta Liam. “Non è che
tutti i film prendono il titolo dal nome del protagonista!”.
“Sì, invece”, insiste Zayn. “Batman,
Spiderman, Iron Man, e così via”.
“È un film su un supereroe?”, chiede
Liam. “Non l’ho mai sentito nominare”.
Zayn gli molla uno scappellotto sulla
nuca.
“Jackson Pollock è stato il maggiore
esponente dell’action painting, razza
di imbecille!”, esclama,infervorato.
Liam si massaggia la parte lesa.
“Non lo sapevo, scusa”, mugugna. “Non c’era bisogno di picchiarmi, comunque”.
Zayn ride e gli pizzica un braccio.
“Certe manifestazioni di ignoranza
sono imperdonabili”, dichiara, rivolgendo subito dopo lo sguardo allo schermo.
“Ora sta’ zitto e guarda il film”.
Liam incrocia le braccia sul petto,
imbronciandosi. Non aveva previsto di passare il pomeriggio a guardare un film
su un pittore. Non aveva neanche
immaginato che oggi avrebbe dipinto il suo primo “quadro”, dopotutto, quindi,
tutto sommato, è una giornata colma di nuove esperienze. Spera solo di non
addormentarsi durante la proiezione.
A un certo punto della visione,
quando Liam è intento a osservare i movimenti di Pollock attorno alla tela e a
paragonarli coi sui maldestri e inconsapevoli tentativi di emularlo, Zayn gli
sfiora la nuca con le dita. Liam si volta immediatamente verso di lui, pronto
ad ascoltare un suo commento, ma l’altro ragazzo ha gli occhi puntati sullo
schermo, concentrato e assorto.
Liam fa un colpo di tosse e si
stringe nella spalle. Zayn non accenna a rimuovere la mano e, anzi, continua a
carezzargli la nuca, delicatamente e distrattamente. Liam non ha il cuore di
dirgli di smettere, perciò lo lascia fare. Non è una sensazione spiacevole però
è un gesto così casuale e intimo che lo mette leggermente a disagio. Non il
gesto in sé ma le sue implicazioni. Forse, però, farlo notare a Zayn renderebbe
la situazione imbarazzante quando, in tutta onestà, imbarazzante non lo è
affatto. Il tocco di Zayn è rilassante e rassicurante.
“Non sopporto l’idea di morire senza
aver lasciato il segno”, dice Zayn a un certo punto. “Anche un piccolo, quasi
impercettibile, segno. Voglio essere ricordato anche quando tutti quelli che mi
hanno conosciuto saranno morti e sepolti come me”.
Liam deglutisce rumorosamente.
“Allora fallo”, dice.
Zayn si volta verso di lui.
“Fa’ qualcosa che non ti faccia
dimenticare”, afferma Liam.
Zayn si gira di nuovo.
“Pensavo a una rivoluzione”, mormora
con un mezzo sorriso.
Liam osserva la luce dello schermo danzare sul
suo profilo spigoloso e perfetto.
“Voli basso, tu”, scherza.
Zayn ride e gli dà un colpetto sulla
nuca prima di ritirare il braccio e intrecciare le mani sul proprio grembo.
“Dici che è troppo?”.
Liam scuote il capo.
“Dico che tanto per cominciare
potresti tirare fuori i tuoi disegni da quella stanza se vuoi lasciare il segno”.
Zayn gli molla uno schiaffo sulla
coscia.
“Torna a guardare il film”, ordina.
“Non distrarti più”.
Liam butta gli occhi al cielo e
ingoia una rispostaccia.
Sui titoli di coda lo stomaco di Zayn
brontola.
“Ti va se ordiniamo una pizza?”.
Liam fa per controllare l’orologio ma
è troppo buio per vedere l’orario. Ha perso la cognizione del tempo e non ha
idea se sia già ora di cena.
“Allora?”, insiste Zayn
punzecchiandolo sulla spalla. “Ho mandato via i domestici quindi non ci resta
che prendere qualcosa da asporto. A meno che non vuoi cucinare tu”.
Liam sbatte le palpebre.
“Hai mandato via i domestici”, gli fa
eco.
Zayn annuisce e si alza.
“Visto che i miei sono via ho pensato
di dare loro qualche giorno di ferie”, spiega. “Non aveva senso farli rimanere solo
per me. Sono perfettamente in grado di non morire di fame”.
Liam aggrotta la fronte. Non riesce
ancora a realizzare che per Zayn avere dei domestici in casa sia una cosa normale. Sua madre gli avrà mai
preparato da mangiare?
“Dove sono le tue sorelle?” domanda,
invece.
Zayn accende la luce della sala e si
scherma gli occhi con una mano.
“A fare un corso estivo di non so
cosa in Francia o giù di lì”.
Liam si alza in piedi e si
sgranchisce le gambe. I jeans di Zayn stringono sul sedere e la sua t-shirt è
talmente aderente che teme di strapparla a ogni minimo movimento delle braccia.
Zayn ha insistito per prestargli i propri vestiti e si è offerto di lavare i
suoi. Forse anche di questo si occuperanno i domestici.
“I miei genitori tengono
particolarmente alla loro istruzione”, continua il moro con asprezza e
malcelato disprezzo.
Liam prova, non per la prima volta,
un moto di rabbia nei loro confronti.
Non li conosce neanche eppure si è fatto un’opinione piuttosto solida su di loro.
“Pizza, quindi?”, ripete Zayn,
cambiando repentinamente discorso. Ogni volta che parla della sua famiglia si
limita a fornire informazioni brevi e concise, restio ad aprirsi più del
necessario.
“Non mi hai dato l’occasione di
esprimere il mio parere in merito”, lo prende in giro Liam.
Zayn fa una smorfia.
“Oh, perdonami, cosa gradirebbe
mangiare Sua Altezza?”.
Liam scoppia a ridere.
“Non mi porti a cena nel tuo
ristorante di lusso preferito?”.
Zayn si morde il labbro inferiore.
“Se volevi che ti chiedessi un
appuntamento lasciati dire che non sei stato molto esplicito”, ribatte.
Liam arrossisce.
“E pizza sia”, mormora, abbassando lo
sguardo.
Zayn gli mette un braccio attorno
alle spalle e lo guida fuori dalla stanza.
“Rilassati, tesoro”, lo stuzzica,
pizzicandogli la pancia.
Liam si libera dalla sua stretta. Tesoro?.
“Non so cucinare, comunque”, dichiara
per dissipare l’imbarazzo.
Zayn annuisce pensosamente.
“Non sei l’uomo perfetto, dopotutto”.
“Non ho mai detto di esserlo”, si
difende Liam.
Zayn si ferma nel bel mezzo del
corridoio per guardarlo. Liam non ha mai incontrato qualcuno con uno sguardo
così penetrante in vita sua.
“Scendo di sotto a prendere qualcosa
da bere, tu mettiti comodo”, dice dopo un po’ indicando a Liam la stanza di
prima. La sua casa sarà pure una specie di reggia ma Zayn non sembra granché
disposto a mostrarla a Liam.
“Niente whiskey, per favore”.
Zayn fa un inchino.
“Ai suoi ordini”, scherza.
*
Zayn si è già scolato una lattina di
birra prima dell’arrivo delle pizze. Liam sta ancora sorseggiando la sua prima,
poggiato con la schiena alla mensola del camino, mentre osserva l’altro ragazzo
arrotolare la tela ormai asciutta e appallottolarla in un angolo per fare
spazio ai cartoni di pizza e invitarlo a sedersi al centro della stanza. Di
certo frequentare gente ricca non significa automaticamente essere esposti al
lusso e alla classe. Mangiare sul pavimento sporco di una stanza messa peggio
del suo garage era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di fare dopo essere
entrato in questa casa.
“Il condimento che una persona
sceglie per la propria pizza la dice lunga sulla sua personalità”, dichiara
Zayn aprendo l’ennesima lattina di birra.
Liam si accomoda accanto a lui e si
porta il cartone contenente la sua pizza in grembo.
“Sì?”, domanda distrattamente,
leccandosi istintivamente le labbra al pensiero di addentare la prima fetta.
“È una mia teoria, ma penso sia
giusta”, spiega Zayn. “Tu hai preso una pizza al salame piccante, giusto?”.
Liam annuisce mentre affonda i denti
nella pasta. Non si era reso conto di essere così affamato.
“È la pizza più comune che ci sia”,
dice Zayn. “Vuol dire che sei una persona prevedibile, che non ama il rischio e
preferisce scegliere sempre la strada più battuta”.
Liam quasi si strozza nell’ingoiare un
boccone.
“Scusa?”, squittisce. “Hai dedotto
tutto ciò da una pizza?”.
Zayn si limita a ghignare. Ha proprio
un bel coraggio a sputare sentenze basandosi su una maledetta pizza.
“E la tua pizza cosa dice su di te?”,
rilancia Liam. “Tonno, mais e cipolle…deduco che sei una persona alla quale
puzzerà ancora l’alito a fine serata”.
Zayn dapprima strizza gli occhi,
incredulo, poi scoppia a ridere, sputacchiando pezzi di cibo appena masticato.
Per un attimo Liam teme che morirà soffocato.
“Tutto ok?”, domanda, apprensivo,
sfiorando il ginocchio di Zayn con la punta della scarpa.
Zayn beve un sorso di birra e si
batte una mano sul petto.
“Sei un coglione”, afferma
ridacchiando, sottolineando le sue parole con un sonoro rutto.
Liam arriccia il naso.
“Ti informo che mi hai leggermente
insultato, prima”, borbotta. “Non sono
prevedibile”.
O forse sì? Di sicuro il resto
dell’analisi di Zayn ha colto in pieno il suo modo di essere. Deve, forse,
giustificarsi per questo?
“Ti stavo prendendo per il culo”, dice
Zayn.
Liam si morde l’interno della
guancia.
“Non è vero, dicevi sul serio”,
ribatte.
Zayn lo osserva di nuovo
silenziosamente. Il suo sguardo implacabile e indagatore sembra leggergli
l’anima. È fottutamente snervante sentirsi come un libro aperto per qualcuno
che conosci a malapena e che è, di contro, un libro chiuso, praticamente ancora
impacchettato.
“Sei pieno di freni e inibizioni,
Liam”, afferma con trasporto. “Potresti essere tutto quello che vuoi, eppure
hai così tanta paura di fare la cosa sbagliata e così poca fiducia in te stesso
che non ci provi neanche a fare qualcosa, qualunque cosa”.
Liam impallidisce. Essere visti per
quello che si è veramente e sentirselo sbattere in faccia è l’esperienza più
terrificante e dolorosa che si possa provare.
“Come fai a dire queste cose se non
mi conosci nemmeno?”, biascica.
Zayn sbuffa.
“Ti ho capito meglio di chiunque
altro”, dichiara. “Non puoi negarlo”.
Liam poggia la fetta di pizza
mangiucchiata sul cartone e si affretta a bere un sorso di birra. Gli gira la
testa e si sente estremamente vulnerabile.
“Sei così bravo a giudicare la gente
ma non guardi mai a te stesso”, mormora. “Ti ci vorrebbe un po’ di
autocritica”.
Zayn ride a mo’ di scherno.
“Fidati che nessuno è più bravo di me
a criticarmi”, dice. “Forse i miei genitori, ora che ci penso”.
Liam si gratta la nuca. Le
conversazioni con Zayn prendono sempre pieghe inaspettate e più serie di quello
che si fosse aspettato all’inizio. Era da un po’ che non aveva un amico che
sapesse tirare fuori il meglio e contemporaneamente il peggio di lui. Un amico onesto, che non abbia paura di dirgli le
cose come stanno.
“Scusami, non volevo rovinarti
l’appetito”, afferma Zayn.
Liam scuote il capo.
“N-non, ehm, tranquillo-”.
La sua disperata ricerca di una
risposta decente viene interrotta dallo squillo del suo cellulare. Liam lo
sfila dalla tasca – con una certa fatica, i jeans di Zayn sono diventati ormai
una seconda pelle per lui - e scopre che
è Danielle. Una morsa gli attanaglia lo stomaco. È quasi sicuro che avessero un
appuntamento stasera e avrebbero dovuto sentirsi per definire i dettagli. Non
ha voglia di discutere con lei in questo momento perché di sicuro sarà
incazzata perché lui non l’ha chiamata per primo, ma, soprattutto, non ha la
minima voglia di vederla.
“Puoi rispondere”, dice Zayn.
Liam fa una smorfia.
“No”, dichiara poggiando il telefono per
terra in attesa che smetta di squillare. Danielle vorrà la sua testa ma ha
deciso che penserà domani a lei.
“Non vuoi parlare con la tua ragazza?”,
domanda l’altro ragazzo.
Liam chiude il cartone con la pizza e
lo spinge di lato.
“È complicato”, dice.
In realtà è maledettamente semplice: Liam è stanco di non sapere
come gestire la sua ragazza. O forse è stanco della sua ragazza, punto. Di
questa relazione che si trascina per inerzia. La sua inettitudine e la sua
codardia si manifestano ancora una volta: non ha il coraggio di lasciare
Danielle e allo stesso tempo ha paura che lasciarla non sia la soluzione ai
suoi problemi. Non è mai stato uno famoso per fare la scelta giusta.
“Vuoi, uhm, parlarne?”, offre Zayn.
Liam scuote il capo.
“Andiamo a bruciare la tela?”,
propone.
Zayn lancia la crosta della sua
ultima fetta di pizza sul cartone.
“Mi sembra un’ottima idea”.
*
“Ti prego, dimmi che quel whisky non
è ti è costato un occhio della testa”, dice Liam osservando Zayn gettare il
liquido dentro il secchio di metallo dove ha infilato la tela appallottolata.
L’altro ragazzo beve l’alcool rimasto
sul fondo della bottiglia e si asciuga la bocca col dorso della mano.
“Probabile”, afferma. “L’ho fregato a
mio padre”.
Liam non è sorpreso quanto dovrebbe.
“Non avevi altri liquidi
infiammabili?”, domanda.
Zayn estrae dalla tasca posteriore
dei jeans i fiammiferi che ha recuperato in cucina.
“Probabile”, ripete. “Ma non sarebbe
stato altrettanto divertente”.
Liam ridacchia.
“Hai una strana concezione di divertimento”,
osserva.
“Dovresti provare a divertirti come me”, ribatte Zayn.
Liam lo guarda con scetticismo.
“È quello che sto facendo”, dichiara.
“Con risultati piuttosto deludenti, però”.
Zayn lo spinge con una spallata.
“Vuoi dire qualcosa prima di procedere?”.
“Tipo?”.
“Non lo so, qualcosa di
significativo, di simbolico…”.
Liam fa cenno di no con la testa. Non
sono mica a un funerale.
“A te l’onore”, dice Zayn passandogli
la scatola coi fiammiferi.
Liam sfrega l’estremità del
fiammifero sulla striscia ruvida e osserva con compiacimento la fiamma danzare
sulla punta. Non è mai riuscito ad accenderne uno al primo colpo.
“Vuoi ammirarlo un altro po’ o lo
lanci?”.
Liam distoglie lo sguardo dal fuoco e
lancia il fiammifero nel secchio, dal quale emerge una vampata un attimo dopo.
“E adesso?”, domanda.
Zayn si accende una sigaretta col
fuoco del falò.
“Adesso lascia che le fiamme
esorcizzino tutte le cose negative che tieni dentro di te”.
Fosse così facile, pensa Liam, arricciando il naso per l’odore di bruciato. Il calore
emanato dal fuoco e l’afa estiva rendono l’aria pesante da respirare e gli
fanno pizzicare la pelle. Un rivolo di sudore gli cola sugli occhi. Liam sbatte
le palpebre e si asciuga il viso con una mano.
Rimangono in silenzio a osservare la
lenta agonia della tela fino alla fine, gli unici rumori quelli del crepitio
del fuoco e il verso dei grilli. È uno scenario ipnotico e rilassante e, anche
se è convinto che la storia di Zayn sulla catarsi e le negatività sia solo una
cazzata, Liam si sente leggero e sereno.
“Ti va di guardare le stelle?”,
domanda l’altro ragazzo.
Liam solleva la testa. Il cielo è
limpido e puntellato di stelle.
“Per davvero, questa volta”, dice
Zayn cripticamente, prima di dirigersi verso la piscina e camminare sul
trampolino fino ad arrivare all’estremità opposta di questo.
Liam lo segue.
“Se cadi da quel coso rischi di
spiaccicarti sul fondo della piscina vuota”.
Zayn
ride.
“Ma non mi dire”, lo prende in giro,
poi tende una mano verso di lui. “Vieni?”.
Liam non è mai stato più scettico in
vita sua ma nonostante questo fa due passi sul trampolino. Zayn fa un salto sul
posto e il trampolino traballa.
“Sei impazzito?”, esclama Liam
recuperando l’equilibrio e facendo un passo indietro per tornare sul bordo
della piscina.
“Dai, non fare il cagasotto, vieni”,
insiste Zayn.
“Perché devo venire lì?”, domanda
Liam. “Non volevi guardare le stelle?”.
Zayn per tutta risposta si stende sul
trampolino. Liam realizza con assoluta e innegabile certezza che non riuscirà
mai a dire di no a questo ragazzo, perciò avanza verso di lui, misurando ogni
passo, fino a stenderglisi accanto.
“Ho scaricato un’applicazione che è
la fine del mondo”, dichiara Zayn.
Liam si sente come sull’orlo di un
precipizio. Il trampolino è instabile e freddo e l’unica fonte di calore è la
spalla di Zayn, contro il quale è premuto per non cadere oltre il bordo.
L’altro ragazzo tira fuori il suo
iPhone nuovo di zecca e lo solleva sopra la propria testa. Puntualmente, il
telefono gli cade di mano e atterra sulla sua faccia.
Liam ride istericamente e ogni
sussulto gli fa temere di cadere di sotto.
“Smettila di ridere e guarda qui”,
dice Zayn, pizzicandolo sulla coscia. “Questa applicazione ti dice i nomi delle
costellazioni e delle stelle. Basta puntarla verso quelle che ti interessano e
il gioco è fatto”.
“Hai deciso di acculturarti, mh?”,
mormora Liam.
Zayn lo ignora.
“Questa è l’Orsa Maggiore”, dichiara,
confrontando l’immagine sul cellulare con i punti visibili sopra la sua testa.
“Dai, era facile, non c’era bisogno
dell’applicazio-”.
“E quest’altra è l’Orsa Minore”,
continua Zayn, spostando il cellulare. “Puoi riconoscere la Stella Polare, che
indica il Nord”.
Liam ride.
“Qualcuno ha studiato”, lo prende in
giro.
“Forse l’ho fatto per fare colpo su
una certa persona”, afferma. “Ma questa persona non si lascia impressionare
dalle meraviglie del mondo”.
Liam gli poggia una mano sul braccio
e sorride al suo profilo imbronciato.
“Dai, fammi vedere che altre stelle
ci sono”.
Zayn si illumina e il suo sorriso fa
invidia alle stelle nel cielo.
“Ho scoperto l’esistenza del
Triangolo Estivo”, annuncia. “È formato da tre stelle, Vega, Deneb e Altair,
guarda”.
Liam poggia il mento sulla sua spalla
e alterna lo sguardo tra il cellulare e il cielo.
“La stella più luminosa è Vega e fa
parte della costellazione della Lira”, lo informa Zayn.
Liam strizza gli occhi per mettere
meglio a fuoco il panorama astrale.
“Non sono sicuro di vederla”,
ammette.
“Dai, è abbastanza evidente”, insiste Zayn, puntando il
dito verso il cielo. “Là c’è Deneb, più piccolina, della costellazione del
Cigno e là Altair, della costellazione dell’Aquila. Vedi, formano un
triangolo”.
“Tu parli di Cigni e Aquile, ma io
non vedo nulla di tutto ciò”, borbotta Liam.
Zayn fa un verso spazientito e gli
punta il telefono in faccia.
“Almeno il triangolo lo vedi?”,
sbotta.
Liam individua le stelle nominate da
Zayn sulla mappa del cellulare e poi le confronta con quello che vede in cielo,
alla ricerca del famigerato triangolo. Gli ci vuole un po’ di concentrazione ma
alla fine riesce nel suo intento.
“Hai ragione!”, esclama. “Formano un
triangolo”.
Zayn ride.
“Però non vedo ancora nessun cigno”,
si lamenta Liam.
“Lascia perdere, già è tanto se è
indovini quale sia la Luna”.
Liam gli morde istintivamente la
spalla e Zayn emette un verso poco virile (e probabilmente anche poco umano).
“Ehiii”, protesta, piegando la testa
di lato e poggiandosi il telefono sul petto.
Liam lo guarda attraverso le ciglia.
Gli occhi di Zayn sono pacifici e sereni e fissi
sulle sue labbra.
Forse è una sua impressione che
l’altro ragazzo stia progressivamente avvicinando il viso al suo, ma il cuore
di Liam accelera i battiti, però lui si ritrova completamente pietrificato.
Come un condannato a morte che ha accettato il suo infausto destino Liam
aspetta…e aspetta e aspetta.
Zayn sbatte le palpebre e, di scatto,
rivolge di nuovo gli occhi al cielo.
“Siamo tutti nati nel fango, ma
alcuni di noi guardano alle stelle”, mormora.
Liam riesce a malapena a sentirlo
sopra il rumore del cuore che gli rimbomba nel petto.
“Oscar Wilde”, continua Zayn. “Era
uno forte quello lì. È finito in carcere per l’amore che non osa pronunciare il proprio nome. Era dura, a quei
tempi. Molto peggio di adesso”.
Liam annuisce distrattamente. Non
riesce a smettere di pensare al fatto che, senza ombra di dubbio, Zayn avrebbe
voluto baciarlo, e che, soprattutto, lui si sarebbe lasciato baciare senza
opporre alcuna resistenza.
***
NOTE:
l’applicazione usata da Zayn è Google Sky Maps. Personalmente non ce l’ho, ma me l’ha mostrata un mio amico. Ho scoperto
un nuovo mondo.
Il film che guardano i due è Pollock, un biopic sulla
vita dell’omonimo artista. Anni e anni fa ero fissata con Pollock e l’action painting, tanto che portai
l’argomento agli esami di terza media. Quando ho visto una sua opera dal vivo
per la prima volta, alla Tate Modern di Londra, sono rimasta venti minuti a contemplarla,
mentre il mio amico che era con me mi guardava a non capiva.
Se siete interessati a saperne di più su di lui o sulla action painting vi conviene guardare il
film o farvi delle ricerche, perché non vorrei avervi fuorviato con le mie
spiegazioni inaccurate e/o incomplete.
Alla prossima!