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Autore: Heart    28/04/2015    4 recensioni
Naraku si è ritirato dopo che la sfera si è spezzata in due. Una parte ce l'ha lui e l'altra Kagome.
Nel silenzio, una nuova presenza appare. Una giovane arrivata da molto lontano per distruggere una volta per sempre la Shikon no Tama.
Ma qual è la sua vera missione? Misteri e segreti si susseguiranno con l'andare del tempo, sentimenti sconosciuti usciranno allo scoperto e attrazioni fatali provocheranno quasi la morte.
Il mondo del sovrannaturale apre le sue porte.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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VI
“Phoenix”


 

 
Sesshomaru camminava da diverso tempo. La pioggia era cessata nella mattina, ma di lei nessuna traccia. Il suo profumo dolce, era svanito nel nulla. Chiuse con forza la mano a pugno e ringhiò. Quella feccia di suo fratello l’aveva fatta scappare, idiota!
Non comprendeva con quale forza avesse a che fare! Era speciale e persone di quel calibro erano rare.

Ritornò indietro, nella speranza che lei si fosse resa conto che non poteva farcela da sola; ma evidentemente non era così. Era apparsa all’improvviso, sicuramente in quel momento era già lontana da quel gruppo di amici che l’avevano sbattuta fuori.
 
 
 

 

/:°°°°:/
 

Nel frattempo Kagome si era risvegliata.
Il suo ridestarsi non era stato del tutto roseo.

La ragazza sperava di ritrovare l’amica al suo fianco, ma di lei nessuna traccia.

Saputa la notizia di ciò che era accaduto, aveva ripetutamente mandato “a cuccia” Inuyasha per la sua stupidità.
-Dannazione Kagome, smettila!-Urlava Inuyasha, non capendo il perché di tutta quella furia.
-Sei un cretino! Come hai potuto solo pensare che Dafne mi avesse fatto del male? Lei mi ha protetto per tutto il tempo!- gridava lei a gran voce, la sua ira era invidiabile a quella di Medusa. Inuyasha, per una frazione di secondo la temette, le donne arrabbiate erano terribili.

 

-Divina Kagome perché non ci spiegate che cosa è successo lassù?- Domandò Miroku, cercando di calmare le acque.
 

Kagome, dopo essersi sfogata, si sedette e cercò di raccontare in linea generale l’accaduto,
dei guardiani e della famosa pietra sacra.

Disse anche che si trattava di una reliquia che poteva scomparire, infatti aveva il potere dell’invisibilità.

I suoi amici rimasero sorpresi, non credevano che esistesse una cosa del genere.
Raccontò del buco nero e dei mostri che erano apparsi all’improvviso, del dono dell’amica e di tutto quello che ricordava.
-E dove si trova quest’arco?-Chiese curiosa Sango.
Kagome si alzò e si grattò nervosamente la testa. Durante il suo sonno era successo qualcosa. Si sentiva diversa, sia nello spirito sia nel corpo. Quell’arco era magico.
Si concentrò e apri il palmo della mano. Una strana energia iniziò a vorticarle intorno. Tutti rimasero di sasso. Una luce violetta apparve di fronte ai loro occhi e da lì, si materializzò un arco.
-Ma... Com’è possibile?- Balbettò Inuyasha. Cercando di capire come fosse possibile.
-Straordinario! Non c’è dubbio, in quell’arma si sente la vostra energia Divina Kagome, è come se l’arco sia uscito dal vostro corpo.- Spiegò Miroku, elettrizzato.

Da piccolo aveva letto delle pergamene su alcuni argomenti strani. Trattavano di magia spirituale.
-La sento dentro di me. Dafne mi ha detto che sarà sempre affianco a me. Mi seguirà in ogni epoca, le nostre anime si sono unite con quel rituale - spiegò Kagome pensierosa.

 

-Miroku, tu hai mai sentito una cosa del genere?- Domandò Sango.

Il ragazzo sorrise e si precipitò verso Kagome, afferrò l’arco, ma esso si smaterializzò in una nuvola di fumo violetto.
-Che accidenti!?!-, esclamò Inuyasha.
-Si tratta di una magia particolare. È chiamata magia spirituale. Quando le due anime, quella dell’uomo e quella dell’arma si sincronizzano. Tuttavia ci deve essere un patto tra le due. E’ una tecnica molto difficile, pochi la sanno adoperare. In breve, l’arco si è fuso con Kagome, attraverso il suo sangue.- Spiegò, cercando conferma dall’amica.
-Ah- Blaterò Sango, sorpresa.
-Fhe!- Mormorò Inuyasha.
-Ne so quanto voi. Dafne non ha avuto il tempo di perdersi in chiacchiere, data quella situazione-, continuò Kagome, per poi rivolgersi a Inuyasha - e tu, razza di deficiente, l’hai fatta andare via! Mi dici come le pongo queste domande, ora?- Sbuffò nera di rabbia.

Raccolse poi le sue cose e si avviò verso est.
-Dove accidenti vai?- Chiese lui.
-Devo ritornare a casa!-, rispose lei piccata.
-Kagome!-
-A cuccia!-
 
 
 
 
 
Il sole stava tramontando.
Dafne si stava risvegliando dal sonno. Si sentiva tutta indolenzita. La luna stava per occupare il consueto posto.

Osservò l’orologio che aveva al polso e sbuffò.
Mancava poco ormai. Si cambiò per recarsi alla riunione che aveva ideato. Il tempo di infilarsi la tunica e apparve il suo guardiano.
-E’ tutto pronto, mia signora.- S’inchinò Eddy.
-Perfetto. Io sono pronta- , detto questo, i due svanirono nel nulla.

 

Quando riapparvero, si trovavano in luogo indistinto.

Quel dove era ricoperto di bianco, non c’erano mura né porte, tutto era circondato dal nulla. Dafne iniziò a camminare senza preoccuparsi dell’ambiente, sapeva dove andare.

 

Dalla fitta nebbia apparve un monumento con dei grandi pilastri laterali che sorreggevano un attico che finiva l’edificio.

Agli angoli dei pilastri erano poste delle semicolonne: quelle al centro erano ornati da fiori e foglie, invece quelle esterne erano lisce. La colonna posava su dei ripiani di marmo bianco, che contrastavano visivamente con la pietra nera che circondava il monumento. Sull’attico si leggevano delle scritte in una lingua antica, ed erano raffigurate alcune vicende del passato.
I sandali rintoccavano sul pavimento freddo, mentre il tutto iniziava a prendere vita. Infatti, si intravedeva già, dalla loro posizione, un grande edificio, che sembrava essere una sorta di portone d’ingresso.

Due soldati, con l’armatura dorata sul torace, la quale continuava sugli avambracci e sulle ginocchia, mentre invece, dalla vita in su era caratterizzata una sorte di gonnellina rossa, con i contorni d’oro.

I due brandivano due lance e uno scudo a testa, che raffigurava una stella circondata da sei simboli. Dafne annuì ai due soldati, che sorrisero alla sua entrata. Eddy la seguiva con gli occhi e la scortò fino all’entrata della cupola.
Giusto il tempo di pensarlo, che erano dinanzi ad essa.

La cupola si presentava come una chiesa romanica, con le torri alti che toccavano l’infinito dei cieli, diverse campanili che l’accerchiavano e una facciata dove lo sguardo si concentrava sul tiburio*.  L’esterno era costituito da tre portici: i due laterali erano più bassi di quello centrale in quanto esso era quello principale.

Le colonne portanti che dividevano le due porte minori erano di un nero intenso, mentre il portone principale di un bianco immacolato ma con dalle sfumature azzurrine qua e là.

La porta si aprì piano, con una cadenza surreale, dando così significato a quella strana atmosfera.

La ragazza entrò, sentendo un momento dopo la porta richiudersi dietro di sè.

All’interno, tutto stonava rispetto all’ esterno. Infatti la chiesa era costituita non da un cerchio, bensì da una gigantesca cupola, in cui, in alto si intravedeva un semicerchio a forma di luna.
La struttura costituita da otto colonne che la circondavano e mantenevano ben salda i vari mattoni che la formavano. Dando equilibro e bellezza al monumento, ogni punto era formato da un piccolo palcoscenico, in cui le alte sfere si riunivano.

Dafne entrò nel raggio del semicerchio che la illuminò.
-Puoi andare Eddy, ci sentiamo alla fine dell’assemblea.- Affermò lei, mentre, il borbottio iniziò a diminuire.
Dafne guardava la platea piena di vecchi e di alte autorità, benché non fosse ancora abituata a quella situazione, non poteva farci nulla, era il suo destino.
-Grazie per essere presenti. Omero, possiamo iniziare- disse.

Un uomo basso, dai lunghi capelli bianchi, si avvicinò e, con uno schiocco di dita, apparve una poltrona, sulla quale lei si sedette.

Sopra la sua testa apparve uno stemma e la stella brillò. L’assemblea poteva iniziare.
 
Quando Dafne uscì, il tempo non era mutato. Il bianco che sovrastava quel luogo era sempre lo stesso. Percorse un lungo sentiero, fino a che entrò in una porta. Oltre il confine si ritrovò in un giardino di rose. Ne prese una tra le mani e l’annusò.

 

Da quando aveva intrapreso la missione, non trascorreva più del tempo in quell’oasi di tranquillità. Prese una tronchesina e iniziò a ripulire i rovi dai rami vecchi, dando così modo alle piante di rifarsi.
-Sapevo di trovarti qua.- Disse una voce femminile. Dafne si voltò e per poco non pianse.
-Ciao … mamma.- Accennò un sorriso. Abbassando le braccia, per poi far scivolare l’attrezzo dalle mani.

La donna si presentava con una veste simile alla sua. Il modello era quello usato nell’antica Grecia: un pezzo di stoffa rettangolare, con pochissime cuciture. Il più comune era una sorta di tunica che scendeva morbida e ampia. Era chiamato peplo* .
-Sei cresciuta. Ti vedo più donna e ne sono felice. Come vanno le cose? Ho sentito che hai catturato la prima reliquia.- Affermò, per poi sedersi su una panca.

 

Dafne osservò tutte le movenze della madre, per poi copiarla.
-Si. Credevo che fosse una passeggiata, invece si è rivelata ardua. Per fortuna non ho riportato danni.- Confessò, chinando la testa.
-Su, tesoro. Non demoralizzarti, ricordati che ci sarò sempre, puoi parlarmi di tutto ciò che vuoi.-, la sostenne la donna, catturando una ciocca di capelli della figlia.
-Sei tale a me. Nascondi i tuoi sentimenti dietro una maschera. Liberati, affronta le tue paure e fatti valere. Nessuno può metterti i piedi in testa, finché rimani te stessa. Sii orgogliosa di chi sei e del tuo carattere. Sei bellissima- Commentò, abbracciando la figlia con amore.


-Sembri una vecchia saggia, mamma. Forse per l’età che hai...- Scherzò Dafne.
-Mi dai della vecchia? Attenta, che posso punirti. Ma forse hai ragione, stando accanto a tuo padre si diventa così.- Spiegò, mentre i suoi occhi si spostavano al confine dell’orizzonte.
-I tuoi occhi brillano- le fece notare Dafne.
-Lo amo come se fosse la prima volta. Non c’entra nulla il legame, ho creduto fin dall’inizio che io e lui fossimo fatti della stessa pasta. Con i nostri fantasmi del passato, la malinconia che ci travolgeva in quei momenti felici, le parole non dette, i rimpianti e il nostro carico di responsabilità. Io e lui siamo una cosa sola. Oh Dafne mi fai imbarazzare, è strano parlare con la propria figlia di certi pensieri.- Dichiarò la donna, arrossendo.
-E che male c’è? Credo che a papà farebbe piacere sentirlo. Ma forse ti stai riferendo al rapporto che avevi con tua madre?- proferì Dafne.

La donna annui triste.
-Noi non abbiamo mai avuto un rapporto di questo genere, e mai lo abbiamo costruito.- Spiegò- comunque non sono venuta qua per rammentare ricordi spiacevoli. Dovevo fare una consegna speciale- disse, alzandosi.
-Davvero? E a chi?-, chiese curiosa la figlia.
-C’è l’ho proprio di fronte. Tuo zio mi ha detto “dalla alla mia figlioccia, almeno lei ha preso qualcosa da me”-imitando la voce dell’uomo, intanto sorrideva- tieni, ho fatto alcune modifiche ma nulla di che-, e le consegnò un fagotto.

 

Dafne lo prese con cura e tolse i lembi della stoffa. Quando fu tolta, rimase a fissare quell’oggetto. Tra le sue mani aveva una pistola, simile alla BloodyRose*, solo che essa aveva delle sfumature rosse e blu.
-Ma è bellissima!-, esclamò entusiasta. La prese con la mano e la impugnò. Una fiamma azzurra l’avvolse e si dilatò anche verso la donna che sorrideva.
-Ringrazia lo zio – asserì Dafne, ballando intorno alla madre.
-Mi fa piacere che ti piaccia. Credo che adesso dovrai assegnarle un nome.-Proferì, mentre scattava una foto. La luce del flash la fece ritornare con i piedi per terra.
-Hai ragione, ma prima…- si punse un dito e fece cadere una goccia del suo sangue sulla pistola. Essa vibrò per un attimo per poi stabilirsi.
-Phoenix, mi sembra il nome adatto non è vero, amica mia?- Disse e con quel tono amichevole, l’arma vibrò, acconsentendo a quella scelta.
-Perfetto. Adesso ti devo lasciare tesoro. Un’altra cosa. Non dimenticarti il tuo compleanno e lei è pronta, quando avrai bisogno, chiamala.- Annunciò.

Le diede una carezza sulla guancia per sparire.
-Grazie mamma.- Disse, per poi chiamare il suo guardiano.

Il ragazzo apparve subito, le porse la sua borsa a tracolla.
-Ci vediamo presto Eddy, fammi sapere se ci sono problemi.-Proferì, Eddy svanì e Dafne poté cambiarsi.

Solo allora le venne un idea.
-Phoenix ti va di uscire? Ti porto da un’amica.-, e svanì.
 
 



 

/:****:/
 

I corridoi della scuola media “Shin* …” erano affollati da studenti. Le lezioni erano appena terminate.

Una ragazza dai lunghi capelli neri, cercava di affrettarsi a uscire fuori dalla struttura. Le sue amiche la chiamava a gran voce, ma lei niente, non le sentiva. Alla fine con grande sforzo, le due riuscirono a prenderla.
-Accidenti Kagome!- Urlò una delle due.
La ragazza chiamata si voltò, trovandosi davanti le amiche infuriate.
-Ciao ragazze, ho fretta.- Disse, mentre con le gambe teneva il ritmo.
-Eh no, mia cara. Adesso tu vieni con noi- annunciarono le due, prendendola dalle spalle e uscendo dalla scuola. Si diressero verso il loro bar abituale, per poi farle il terzo grado.

La loro curiosità era normale, era un periodo focale per i ragazzi.

Le prime cotte, le dichiarazioni.

Kagome non sapeva che pesci prendere, le stavano sommergendo di domande sul fantomatico “Inuyasha”; per prima cosa non poteva certo raccontare che era un mezzo demone e che non viveva a Tokyo, secondo … se mai lo avrebbero incontrato. Non terminò i pensieri, che notò una faccia conosciuta girare intorno al bar. Uscì un momento e fu allora che notò Dafne.
-Tu che ci fai qui?- Chiese così, senza salutarla o fare qualcos’altro.

La ragazza la guardò, per poi abbracciarla forte.
-Oh per tutti i Kami, stai bene? Non sei ferita, giusto?- Domandò a raffica.
-Sto bene, grazie.- Mormorò la mora, mentre fissava l’amica. – Scusa se te lo dico, ma che vestiti sono?- Indicando con un dito il suo vestiario.

Infatti, Dafne non aveva trovato nulla da mettersi, gli ultimi vestiti le si erano bruciati alla grotta. Aveva bisogno urgente di fare acquisti.
-Beh, che dire. Sono rimasta senza vestiti. Ti andrebbe di darmi una mano? Non conosco tanto questa zona.- Dichiarò, con un sorriso stampato in faccia.
Kagome ci pensò su e decise di aiutarla.
-Va bene. Scusa un attimo, vado a informare le mie compagne.- Dafne la vide entrare nel bar, per poi uscire con altre due ragazze. Avevano entrambe i capelli corti e neri, sembravano due chiacchierone, infatti non le risparmiarono diverse domande.

Come per esempio: Non sei di Tokyo? Quanti anni hai? Come ti chiami? Bla… bla.
Kagome si vergognava di tale sollecitamento, ma l’amica la tranquillizzò.
-Credo che dovremo andare al centro commerciale, troverai più scelta.- Disse Eri, indicando la metropolitana.
-Ok, non ci sono problemi.- Così partirono verso est, dove si trovava il grande centro.
Entrati, si divisero per poi ritrovarsi al primo piano. Provarono diversi vestiti, tra cui: vestitini e gonne. Magliette e maglioni. Ogni volta che a Dafne piaceva qualcosa, tirava fuori la sua carta di credito e pagava, senza preoccuparsi di nulla, fino a che non giunse una domanda.
-Scusa la mia poca delicatezza, ma sei ricca?-Chiese Eri.

Dafne le sorrise.
-Può darsi.- Blaterò, mentre prendeva i pacchi che le porgeva la commessa.
-Io credo di sì. Se dovessi fare una cosa del genere, i miei mi ucciderebbero.- Commentò ancora. Kagome intanto rideva, immaginando le facce dei genitori dell’amica, in verità non sapeva cosa pensare. Non li aveva mai visti.
-Comunque grazie per il pomeriggio ragazze, questo è per voi.-Porse Dafne, un sacchetto per ognuna.

Le due lo aprirono e trovarono quella maglietta o gonna desiderata, che purtroppo non potevano comprare perché troppo costosa per loro.

– Non accetto rifiuti- sorrise loro Dafne. Le due piansero di gioia, per poi salutarla e ritornare a casa.
-E’ stato bel gesto.- Terminò Kagome, mentre si dirigevano sulla strada del ritorno.
-Già. Mi andava .- Parlò Dafne, intanto metteva le diverse buste nella sua borsa.- Kagome potrei rimanere da te sta notte? Se non ci sono problemi, ovviamente- ,chiese speranzosa.

 

La giovane annuì.

Dopo poco giunsero al tempio, il giorno dopo sarebbe stato sabato e poi sarebbe ritornata nel Sengoku, ma prima si sarebbe rilassata nel suo mondo.
Giunti a casa, Kagome presentò l’amica alla sua famiglia che, ben presto, l’accolse come una figlia.

Mentre Kagome si cambiava, Dafne aiutava la sua madre ad apparecchiare, la donna aveva rifiutato, ma lei cocciuta, non l’aveva lasciata stare.
-Buona cena!- Esclamarono tutti, radunati intorno al tavolo.
L’atmosfera era rilassante e tranquilla e Dafne ripensò alle cene della sua famiglia.

Erano soliti mangiare nella sala da pranzo, dove era posizionato un tavolo lungo dove tutti potevano sedersi. Da un lato c’erano i suoi nonni e dell’altro i suoi genitori.
Le sere erano sempre movimentate da chiacchiere e scoperte, come quella volta che sua sorella doveva annunciare la sua decisione, sul fatto di chi scegliere come compagno di vita.

Era rossa come un peperone e non solo lei, Aki era nervoso, e si notava dal suo potere che fluiva nell’aria. Alla fine tutto si concluse nei migliori dei modi.
-Dafne sei straniera?-Domandò all’improvviso il nonno. La giovane ritornò al presente e sorrise all’uomo.
-No, signore. Sono giapponese.- Rispose, per continuare a parlare-mia madre è italiana, invece mio padre è di queste terre.- Disse, l’uomo la guardò a lungo.
-Non sembro, vero?-, lesse negli occhi del nonno di Kagome.
-Sai comprendere i gesti delle persone, mia cara. Hai un comportamento nobile e fiero, i tuoi genitori ti hanno educata bene- si complimentò.
-E’ una caratteristica di famiglia, siamo abili in questo.-  Apostrofò lei, posando le bacchette sul tavolo, per poi alzare la schiena.
-Dafne che scuola frequenti?-Chiese la signora Higurashi.
-In verità non la frequento più- sussurrò.
-L’hai abbandonata?- Si aggiunse Sota.
-Oh no. Mi sono laureata un anno fa in biotecnologia. – Disse, stupendo l’intera famiglia.
-Che cos’è?- Aggiunse Sota, perplesso sulla faccenda.
-Beh in parole semplici è una scienza che controlla e modifica la biologia degli esseri viventi, attraverso attrezzature industriali. Per esempio i vaccini, sono sperimentati da questa scienza-, spiega Dafne.
-Capisco.-Mormora il piccoletto.
-Sei così giovane e già ricca di sapere.- Borbottò il nonno, per poi ritornare alla carica- devi prendere esempio da lei, Kagome-, ironizzò il nonno, da quella frase tutti scoppiarono a ridere.
-Papà. Kagome ancora va alle medie, non falle bruciare le tappe della vita- disse la signora, per poi alzarsi.
Fu una serata di risate e chiacchiere. Dafne si trovò a suo agio in quella famiglia, era molto socievole ai loro occhi, ma in realtà, lei era molto chiusa.
A fine cena, quando tutta la cucina era stata sistemata, le due ragazze si concessero un bagno ristoratore.
L’acqua calda faceva il suo effetto sui muscoli, rendendoli più morbidi e meno tesi. Le due rimasero per attimi in silenzio, beandosi del rumore innaturale della stanza.


Kagome osservava l’amica. Aveva i capelli che ricadevano sulla fonte, gli occhi chiusi e il viso rilassato. La pelle chiara era uguale al rosa porcellana della vasca, le due si potevano tranquillamente mimetizzare.

Con le ginocchia portate al petto, si teneva saldamente, come se avesse paura di cadere in quell’oblio fatto di doveri e responsabilità.
La vedeva sotto un’altra luce. Non sembrava la solita Dafne combattiva e ferma. Più una ragazza stanca della vita. I suoi vent’anni scivolavano e mostravano solo qualche anno più di lei.
-Dafne-, la chiamò.

La sua voce si propagò per la stanzetta e l’acqua vibrò a quel movimento.
-Dimmi. So che hai delle domande da farmi, non avere paura.- Le comunicò, senza muoversi.
-Volevo chiedere se, vedi, tu...- La voce era intrappolata nella gola, aveva paura di sbagliare, di fraintendere tutto.
-Non temere, Kagome. Le tue parole non possono ferirmi-, espose. In quel momento aprì i suoi occhi, si notava che c’era qualcosa di diverso. Le iride non erano del tutto marrone, ma nei contorni alleggiava uno strato di blu.
-Non ti fare ipnotizzare dai miei occhi.- Affermò.

Lì richiuse nuovamente e si concentrò per tenere a bada il suo potere, quando li riaprì, era scomparso.

Kagome, oramai era convinta sulle tesi che riguardavano l’amica, tuttavia non ritirava la mano, di lei si poteva fidare.
-Quella volta mi hai donato un’arma. Bensì io non ne fossi degna. Ti ho giudicato attraverso apparenze e ti ho mentito, ma adesso capisco tante cose. Hai un segreto e come tale deve rimanere, non voglio la tua pietà e credo che tu l’abbia capito. Voglio solo un’amica in cui posso fidarmi …- annunciò.
-Ti capisco eccome! ‘Sta sera mi hai accolta come una sorella, e questo non lo dimenticherò mai.- si fermò un attimo- giusto, ti ho donato un’arma. Ma non come segno di pietà come tu credi, bensì come segno di gratitudine e di amicizia. Vi aiuterò nella vostra ricerca, anche se, dovrei per prima cosa recuperare tutte le reliquie. Ci sarà tempo per tutto.- Sorrise, mentre le mani delle due si univano.

 

-Oh Dafne io non merito tutto questo…- mormorò la sacerdotessa, mentre una lacrima le scendeva sulla guancia.
-Non dire questo, Kagome. Tu meriti il meglio. Lo vedo da qui, il tuo cuore puro, e lui ti condurrà verso il tuo futuro. L’arco è una parte del tuo essere, del tuo spirito. Come ti avevo già detto non ti lascerà mai, e quando sarai sola, ti terrà compagnia. A volte le armi sono delle grandi ascoltatrici- disse, mentre le sorrideva.


-Adesso rialza la testa, non indietreggiare davanti al pericolo, affrontalo e supererai tutte le difficoltà per poi essere ricompensata con ciò che tieni realmente- rammentò dai ricordi, mentre lo esponeva all’amica- è una delle frasi che sempre mia madre mi dice.
-Parli spesso di lei, anche se, più delle volte non capisco il senso- espose.
-Un giorno ti racconterò la mia storia, ma adesso è meglio uscire, sennò scompariamo- ironizzò, vedendo le righe sul corpo.
-Hai ragione.- Prendendo un asciugamano e poi porgendolo a Dafne. Fu in quel momento che i suoi occhi notarono uno strano disegno scolorito sulla schiena dell’amica, dove prima i suoi capelli la coprivano. Purtroppo il tempo non fu dalla sua parte e fu coperto dall’asciugamano, fissò per alcuni istanti quel lato per poi andare in camera per vestirsi.
Quando Dafne giunse in camera della sacerdotessa la trovò sul letto a guardare il vuoto, le sedette a fianco e fissò anche lei un punto qualsiasi.
-Le hai assegnato un nome?- Domandò all’improvviso.
-Che?-rispose Kagome, non capendo a chi si riferiva.
-Intento l’arco. Ogni arma ha un suo nome, prendi esempio da Inuyasha, lui ha Tessaiga e di sicuro non la chiama “spada”, anch’io quando richiamo la mia arma- precisò Dafne, allungando il braccio e aprendo il palmo della mano destra. – Guarda me. Phoenix!- Dalla sua mano apparvero diverse scintille di fuoco dal colore azzurro e rosso è spuntò una pistola.
Kagome rimase con la bocca spalancata a quella strana magia.
-Prova anche tu. Richiama il tuo arco con il suo nome, almeno ti dovrai concentrerai meno, quando sarai in pericolo.-, detto questo, si alzò e guardò l’amica che le dava sostegno con un piccolo sorriso.
Doveva cercare dentro di sè quella sensazione. Chiuse gli occhi e immaginò l’arco tra le sue mani, un’onda di potere a lei sconosciuto l’avviluppò portando a perdere per un attimo l’equilibro, ma lo riprese subito.

Aprì di scatto gli occhi e dalle sue labbra uscì il nome – Seshin!- Detto fatto, la solita nuvoletta violetta fece sbucare l’arma.
-Splendido! Complimenti Ka-chan!- esultò Dafne.
-C’è l’ho fatta!- Balbettò incerta Kagome, ma avendo tra le mani l’arma capì che non era un sogno, ma tutta realtà. Saltò tra le braccia dell’amica per la felicità.
-Grazie Dafne!-
 
 

 

/:°°°°°:/

 

Il cielo era limpido.

Il cinguettio degli uccelli echeggiava in tutta la raduna. A pochi passi, era situato il villaggio Mushini.

Sango e Miroku si erano alzati di buon’ora per aiutare la Vecchia Kaede nei suoi duri lavori. Gli abitanti erano a lavoro: chi coltivava i campi, chi tagliava la legna, i lavori erano molti.
Inuyasha con fare nervoso spaccava i tronchi, senza dare una linea precisa. Erano passati tre giorni e Kagome ancora non ritornava, quella femmina gli faceva perdere tutti i capelli dall’ansia. Alla fine lasciò il lavoro incompleto per dirigersi verso il pozzo. Sango e Miroku vedendo, il demone avvicinandosi a quella zona, lo seguirono.
-Inuyasha ti consiglio di non passare la barriera.- si affrettò a dire Miroku.
-Stai zitto!- Borbottò lui, saltando sui margini del pozzo.

Fissò il buio per diverso tempo, ma nessuna mano oltrepassò quel canale.
 

-Inuyasha. Kagome si arrabbierà- commentò Shippo, mentre giocava con Kirara.
-Non m’importa. Lei deve stare qui!- Urlò.
-Non è il suo mondo, un giorno lei non ritornerà più- terminò l’amico, facendo pesare quelle parole.

Lo sapeva benissimo, cosa sarebbe successo in futuro. Ma voleva solo vivere quegli attimi con lei, almeno gli sarebbe rimasto qualcosa.
Chiuse gli occhi, mentre scendeva dal pozzo. Bastò un attimo che captò qualcosa. Le sue orecchie drizzarono allarmate, stava per arrivare qualcosa.
Anche Miroku lo percepì e mandò subito la gattina e Shippo ad avvisare gli abitanti.
Intanto dal cielo giungevano i primi demoni, serpenti e altre forme di animali volanti.
-Eh ti pareva che ci lasciavano in pace …- borbottò Inuyasha, sguainando Tessaiga.
-Saranno a migliaia, non dobbiamo permettergli di passare oltre la barriera.- Comunicò Miroku, preparando i fuda.
-S’inizia! Hirakotsu! –Disse Sango lanciando la sua arma, che spezzò in più parti i corpi dei demoni. Loro cadevano sul suolo e si scioglievano, ma dal cielo emergevano altri demoni ed ogni volta che li colpivano, altri si formavano.
-Dannazione!-Ringhiò Inuyasha.
-Se ci fosse Kagome, li potremmo purificare. Io da solo non ci riesco!- confessò Miroku.

 

Nessuno si accorse che, in quel momento il pozzo si era illuminato, infatti le due ragazze stavano per ritornare nell’epoca Sengoku.

Appena arrivate, Dafne percepì l’aria satura di sangue.
-Kagome, lo senti anche tu?- chiese conferma all’amica che annuì.

Le due si scambiarono un occhiata e richiamarono le loro armi.

Dafne sollevò l’amica e poi uscirono. Il campo di battaglia era piccolo, ma perfetto. Infatti bastarono alcune frecce di Kagome per ripulirlo.
-Ben fatto! Adesso tocca a me.- disse Dafne.

Si avvicinò al centro della zona, gli altri la notarono, ma non riuscirono a parlarle.

Dafne chiuse solo un momento gli occhi, abbassò il busto per poi portare un ginocchio a terra e abbassò il braccio che ancora era in alto, e dalla mano esplose un energia spettrale.
-Bomba di Agata*!- Richiamò Dafne.

Il terreno tremò, facendo defluire il potere verso tutta la marmaglia di demoni… che si dissolsero.
Rialzandosi, la ragazza battè le mani per togliere la polvere rimasta sulle mani.
-Fare un poco di pulizie, fa sempre bene.- disse, mentre gli altri rimanevano di sasso.- Che avete da guardare? – Dichiarò.
-Lascia stare le loro facce Dafne, sono solo sorpresi della tua energia.- Commentò Kagome, posando una mano sulla spalla dell’amica, che ricambiò.
-Kagome!- Esclamò Shippo abbracciandola con slancio.
Il monaco e la sterminatrice avanzarono per raggiungere le amiche.

Sango si precipitò da Dafne per poi abbracciarla, le chiese perdono per il suo comportamento. Miroku tentò di stringere qualcos’altro oltre alla mano, ma ricevette la sua punizione.

Intanto Inuyasha era rimasto in disparte, si sentiva a disagio. La presenza di Dafne lo scombussolava. Tutti l’avevano accettata, ma lui…c’era qualcosa che non andava.

Si voltò e si allontanò. Nessuno sembrò accorgersi di quella sua fuga, ma due occhi lo seguirono fino a quando scomparve.

Nota dell’autrice:
Buongiorno a tutti.
Questa volta non è passato tanto dall’ultimo aggiornamento, ma avviso che il capitolo non è betato. Purtroppo i problemi di linea ancora non si sono risolti, ma appena saranno collaudati, il capitolo sarà revisionato.
Mi scuso per gli errori.
Comunque  passando a cose più serie, ecco il sex capitolo. Questo qua mi ha fatto impazzire, infatti la scorsa settimana avevo altro da aggiornare, ma le idee non mi lasciavo, così l’ho iniziato già giovedì. Tuttavia lasciando queste accenni, aggiungo le varie parole che ho accennato di sopra con questa * :
Tiburio: E’ un elemento dell’architettura romanica, al suo interno c’è posta una cupola. Può assumere una forma cilindrica o rettangolare, è usata per far filtrare la luce. Di solito è arricchita da vetro colorato. Scusate per l'immagine, ma non l'ho trovata sola con l'oggetto desiderato) Peplo: BloodyRose: E’ l’arma che usa Zero nel manga e anime Vampire Knigh, e così avete scoperto a quale fandom è collegata, poiché è una cross- over. Shin…: beh qui la mia inventiva si è spenta, non sapendo che nome dare alla scuola di Kagome ho dato un nome qualunque seguito da puntini, forse un giorno saprò dare un nome decente. Perdonate XD. Agata : E’ una pietra che appartiene al gruppo dei minerali silicati ed è una varietà di quarzo. Quella che narrò nel capitolo è l’agata di fuoco, che non ha nulla a che fare con le sue caratteristiche terapeutica…mi piaceva solo per il coloro rosso. Biotecnologia: Seshin: spirito. Phoenix Spero che il mio glossario vi piaccia. Alla fine di questo monologo inserirò anche il disegno di Phoenix per darvi un idea sull’arma.  Ritornando a lassù, spero che vi sia piaciuto e che le descrizioni, forse troppo su quel mondo parallelo non sia stato troppo eccessivo, ah prima che me lo dimentico, la cupola l’ho immaginata come il Pantheon, ma solo all’interno, su grandi linee. Volevo dare un effetto strutturale a quell’edificio, che mi servirà per altri capitoli in futuro.
Ho fatto apparire anche poco la madre di Dafne, una figura importante nella vita della figlia, dove vedremo in seguito il perché. Mi direte che c’è di strano’ lo scoprirete, seguendomi. Ho scoperchiato un poco di cose in questo brano e credo che qualcuno abbia già fatto qualche calcolo, di chi è.
Se ci sono dei dubbi, sarò lieta di risolvere. A presto.
Heart
  Capitolo Betato
  
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