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Autore: Eibhlin Rei    02/05/2015    2 recensioni
La C.A.T.T.I.V.O. non si è limitata a seguire gli esprimenti dei gruppi A e B, ma ne ha anche condotto un altro, parallelo ai primi due. Stavolta però, le Variabili sono diverse e si tratta di un unico soggetto.
Lei deve solo osservare...
"Nonostante la sua giovane età credeva di aver smesso di avere paura, ma in quel momento la barriera che si era costruita intorno si incrinò e la realtà le arrivò addosso come una valanga: non provò più solo dolore per tutto ciò che stava abbandonando, ma anche un terrore cieco. Le avevano soltanto detto che avrebbe avuto un ruolo chiave nella cura dell’Eruzione e che avrebbe salvato la razza umana. Ma a quale prezzo? Cosa sarebbe successo a lei?"
Spoiler fino a "La rivelazione" e riferimenti a "La Mutazione".
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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16.
 
«Cantala ancora.»
Erin distolse lo sguardo dal cielo, così identico a quello visto quella notte di sette anni prima, e lo spostò sul viso di Liam. Il ragazzo, non appena l’aveva vista sedersi, si era sdraiato e aveva posato la testa sulle sue gambe senza fare troppi complimenti e in barba alla neve che ricopriva la terrazza. «Tanto questi cappotti sono pesanti», aveva detto, in risposta alle sue proteste. Poi aveva chiuso gli occhi e le aveva chiesto di cantargli qualcosa.
Si recavano in quel luogo almeno una volta alla settimana e Liam aveva preso quasi fin da subito l’abitudine di chiederle di cantare. Diceva che lo rilassava e che sentiva la mancanza della musica: lì alla C.A.T.T.I.V.O. nessuno cantava o suonava mai.
Erin ridacchiò, continuando a giocherellare con quei morbidi e arruffati capelli biondi. «Te l’ho già cantata due volte.»
«Ma non c’è due senza tre, giusto?», replicò lui.
«Me la chiedi quasi ogni volta che veniamo qui…»
«Perché è quella che mi piace di più sentirti cantare. È come se ci mettessi qualcosa in più… anche se non ti so spiegare cosa.»
Sorrise intenerita. «Ci sono i ricordi, Liam.» Ricordi che, finalmente, riusciva a rievocare senza che si ricollegassero automaticamente a quei momenti di dolore.
Dalla prima sera in cui aveva messo piede su quella terrazza, la sera in cui aveva rivelato all’amico non solo il suo vero nome, ma anche il suo passato, gli incubi avevano smesso di tormentarla. Forse era stato semplicemente perché Morfeo si era annoiato di mostrarle sempre cosa le era successo, ma a lei piaceva pensare che raccontare tutto a Liam e parlarne con lui le avesse fatto incredibilmente bene.
«Che ricordi?», le chiese il ragazzo, tenendo sempre gli occhi chiusi.
«Questa canzone è di un gruppo dello scorso secolo che mio padre amava. Erano inglesi, sai? Si chiamavano… aspetta…», si interruppe, cercando di ricordare. Gliel’aveva detto, ne era sicura, eppure le sembrava di avere un vuoto totale in testa. Ci pensò per qualche minuto, ma poi fu costretta a rassegnarsi. Niente. Tabula rasa, non le veniva proprio in mente.
«Ora non mi ricordo come si chiamavano…», ammise, imbarazzata. «Comunque, lui conosceva ogni loro canzone, e me le cantava tutte. Mi ha fatto sentire anche i brani originali. Era bravissimo, e questa era la canzone che gli riusciva meglio: la sua voce sembrava davvero uguale a quella del cantante. Ecco perché gliela chiedevo più delle altre.»
Liam sorrise, le palpebre ancora serrate. «Ed è anche quella che viene meglio a te… ricantamela, ti prego. Tra poco sarà il mio compleanno. Fallo per me.» Accompagnò le ultime due frasi con una vocina supplichevole da bambino che chiede un’ultima caramella dopo averne mangiate decine.
La sua mano lasciò andare i capelli del biondino e andò a pungolare sua la guancia. «Ci stai marciando un po’ troppo sul fatto che domani sarà il tuo compleanno, inglesino. Già stamattina sono stata zitta quando ti sei giustificato così per avermi rubato il muffin», fece, simulando un tono leggermente offeso.
Liam aprì gli occhi e la guardò con un misto di serietà e malinconia. «Allora fallo perché, a partire da domani, non so quanto tempo passerà prima che possa sentirti cantare di nuovo.»
Quella risposta le spezzò il cuore, facendole tornare in mente la cosa a cui entrambi avevano cercato in tutti i modi di non pensare. Il giorno dopo, il quattro gennaio, il giorno del suo compleanno, Liam sarebbe diventato definitivamente Newt e sarebbe stato spedito nel Labirinto, senza memoria ed assieme ad una manciata di altri ragazzi.
Il tutto sotto i suoi occhi.
Lo guardò in silenzio per qualche istante e, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime, ricominciò a cantare.
 
“I give her all my love
That's all I do
And if you saw my love
You'd love her too
I love her”
 
Quando l’Uomo Ratto, esattamente una settimana prima, aveva elencato i nomi dei primi soggetti che avrebbero dato inizio alle Prove, aveva persino avuto il coraggio di dare al ragazzo una piccola pacca sulla spalla, quasi a volersi congratulare con lui. «Non è contento, signor Newton?», gli aveva chiesto, tutto compiaciuto. «Il viaggio per la salvezza dell’umanità avrà inizio il giorno del suo quindicesimo compleanno e dell’anniversario della nascita del suo brillante omonimo. Non dovrei sbilanciarmi, ma credo che questo non possa portarle altro che fortuna.»
Liam non aveva risposto niente. Era rimasto immobile, in piedi accanto a lei, con le labbra serrate e non aveva permesso ad alcuna emozione di comparire sul suo viso finché quell’uomo odioso non si era allontanato.
Poi si era stretto nelle spalle, come se la cosa non lo riguardasse, e aveva abbracciato Alice, che singhiozzava senza sosta. «Dai, Lizzie», le aveva detto, ridacchiando e scompigliandole i capelli. «Cosa vuoi che siano pochi anni? Scommetto che quando ci rincontreremo rimpiangerai il tempo passato senza il tuo fratellone assillante che ti dice sempre cosa fare e ti ruba gli scones
Ma quelle parole non erano sembrate sortire alcun effetto e la ragazzina aveva continuato imperterrita a piangere.
«E stai tranquilla, non combinerò guai: ci sarà Alby a farmi da babysitter», aveva aggiunto, lanciando un’occhiata al ragazzo di colore che, assieme a Minho e a Thomas, era diventato praticamente il suo migliore amico.
Erin aveva osservato quella scena senza proferire parola, mentre un’orribile sensazione le contorceva lo stomaco e le faceva bruciare gli occhi.
Quella stessa sera, su quel terrazzo, Liam era scoppiato a piangere, stringendola quasi avesse voluto stritolarla. «Alby sarà con me, ma non ci ricorderemo l’uno dell’altro. Non importa se ora siamo amici, arriverò lì e non avrò nessuno», le aveva detto. «Ho paura, Erin… ho paura…»
 
“She gives me ev'rything
And tenderly
The kiss my lover brings
She brings to me
And I love her”
 
Liam aveva di nuovo chiuso gli occhi, ma il suo volto non era tornato a rilassarsi.
Fissò le sue sopracciglia aggrottate, sfiorate da alcuni ciuffi biondi che gli ricadevano disordinati sulla fronte e a cui la luce della luna conferiva una sfumatura quasi argentata, i lineamenti leggermente spigolosi ma comunque armonici, il naso dritto e le labbra sottili che ogni tanto si schiudevano per sussurrare qualche parola a tempo con la canzone.
Era cresciuto, si poteva notare benissimo, ma i suoi tratti conservavano ancora quella freschezza infantile che lo faceva sembrare un po’ più piccolo della sua età. Cosa di cui – neanche a dirlo – non era troppo contento, ma che lei invece trovava adorabile. E di cui era segretamente un po’ soddisfatta. D’altronde non poteva essere sempre e solo lei quella a cui davano sempre qualche anno in meno!
Ma almeno il biondino aveva dalla sua parte un’altezza già abbastanza considerevole, che in qualche modo “livellava” la situazione e che gli aveva fatto guadagnare il soprannome di “aspirante torre”. Ovviamente, l’idea l’aveva avuta Minho.
«Almeno ora non sono più basso di Runa», l’aveva sentito scherzare – anche se nella sua voce aveva colto una nota di malinconia – con Alice una volta, quando anche lei lo aveva chiamato in quel modo. Runa era – anzi, era stata – il loro cane, una border collie che aveva l’abitudine di alzarsi su due zampe e di buttarsi a peso morto sempre e solo addosso a Liam mentre giocavano.
Quando gli uomini della C.A.T.T.I.V.O. erano venuti a prendere lui e sua sorella, avevano dovuto separarsi anche da lei. L’ultimo ricordo della sua vita di prima, le aveva raccontato, era sua madre che piangeva disperata di fronte alla porta di casa, nascondendo il viso nel collo del cane con la scusa di tenerla ferma. Runa invece aveva continuato a fissare lui ed Alice mentre se ne andavano ed era rimasta in silenzio finché le portiere del furgone non si erano chiuse. Da quel momento, aveva iniziato ad ululare e alle orecchie di Liam erano sembrate vere e proprie grida di dolore.
«Non voglio ritrovarmi ad andarmene di nuovo», le aveva detto, la fronte posata sulla sua spalla, mentre ancora continuava a stringerla. «Non voglio lasciarmi ancora qualcuno alle spalle. Se solo fossi uno degli ultimi ragazzi…»
 
“A love like ours
Could never die
As long as I
Have you near me”
 
«Dio mio… non saprò neanche che quel giorno sarà il mio compleanno… non mi ricorderò che il ventisette novembre Alice compirà dodici anni», aveva proseguito, quando si era un po’ calmato.
Da come ne parlava, Erin aveva avuto l’impressione che di tutte le cose che avrebbe dimenticato, era proprio quella a suscitare in lui la maggiore preoccupazione.
«E dimenticherò anche che tu ne farai quattordici il diciotto giugno…»
Lei aveva simulato una risatina, tentando di nascondere quel groppo che le si stava formando in gola e che le stava facendo bruciare gli occhi. Non era riuscita a fare nulla per la sua espressione, ma, per fortuna, Liam non sembrava voler smettere di stringerla, quindi non avrebbe visto niente. Non era esattamente il massimo dire qualcosa per tentare di risollevare un po’ il morale di un amico con una faccia da funerale…
«E con questo cosa vuoi dire? Ti pare una scusa valida per non farmi gli auguri o per non comprarmi un regalo, inglesino? Guarda che non la accetto!», aveva detto, mettendo su un tono indignato.
Era stata una cosa piuttosto sciocca da rispondere, ma in quel momento aveva avuto bisogno di dirla. In qualche modo, le era servita per esorcizzare – almeno per qualche attimo – la tristezza che gravava sulle teste di entrambi come un macigno e che sembrava infiltrarsi fin dentro le loro ossa, arrivando più a fondo di quanto facesse il freddo dell’Alaska.
«Appena ti avranno tolto il Filtro, pretendo che tu recuperi il tempo perso e che mi sommerga di scuse, auguri e che mi porti un numero di regali che sia come il minimo il doppio di quello dei miei compleanni passati a cui non sei stato presente.»
Ma, purtroppo, questo non sembrava essere servito a distrarre Liam dai suoi pensieri funesti. «E se invece decidessero di non togliermi il Filtro? Se finissi per non ricordare mai più nulla?»
«Oh, questo non conviene affatto a nessuno di loro. Non hai idea di cosa sarei capace di fare pur di avere i miei regali…» Pur di riavere indietro te, Alice, Minho e tutti gli altri…
«Ricorderai», gli aveva detto, cercando di convincere anche se stessa. «Ti toglieranno il Filtro e ricorderai tutto.»
 
“Bright are the stars that shine
Dark is the sky
I know this love of mine
Will never die
And I love her”
 
«E se non dovessi reggere? E se finissi per impazzire?»
Lei si era staccata quel poco che bastava per potergli prendere il viso tra le mani. «Reggerai. Reggerai e farai rodere il fegato a quei bastardi.» Gli aveva sorriso con fare incoraggiante e gli aveva passato i pollici sulle guance per asciugargli le lacrime. «Sarai il più forte di tutti. Già ti ci vedo, assieme ad Alby, a fare i leader della situazione…»
«Guardami, Erin», l’aveva interrotta lui. «Guardami. Guarda in che condizioni sono. Sono tutto tranne che forte. Fin da quando quello schifoso Uomo Ratto ha letto il mio nome, è diventata tutta una lotta continua con me stesso per non scoppiare a piangere ogni singolo dannatissimo secondo…»
Erin l’aveva guardato. E dire che l’aveva visto distrutto sarebbe stato un eufemismo.
«Sei forte proprio per questo», gli aveva detto poi, guadagnandosi come risposta un’occhiata tra l’esterrefatto ed il sorpreso. Le sue mani si erano spostate sulle spalle del ragazzo, quasi a volerlo sorreggere.
«Ma che…?»
«Diciamo che oggi ho iniziato a svolgere la mia… mansione con diversi giorni di anticipo e ti ho osservato attentamente. Sembrava quasi che non te ne importasse nulla e sei stato tutto il tempo a consolare Alice e a scherzare con gli altri. Non ti sei lasciato andare. Sei stato forte abbastanza da reggere, non ti sei mostrato vulnerabile di fronte a loro… solo quando siamo arrivati qui, solo quando quella porta si è chiusa ti sei concesso di piangere.»
Sullo sguardo di Liam si era dipinta un’espressione scettica. «E per te questo è essere forti?»
«Certo! È perfettamente normale piangere. Sei umano, la cosa strana sarebbe se non lo facessi! Ma tu sei riuscito a non scoppiare di fronte a tutti. Ce l’hai fatta a controllarti quando ce n’era bisogno.»
«Io… io ho paura di non farcela. Non solo a non piangere, ma anche a reggere là dentro.»
«Anche avere paura è normale. Non sei né il primo né l’unico che si è sentito, si sente o si sentirà così, quindi non devi vergognarti di nulla.» La sua stretta sulle spalle di Liam si era fatta più salda. «Ce la farai.»
Lo so.
 
“Bright are the stars that shine
Dark is the sky
I know this love of mine
Will never die
And I love her”
 
Quando finì la canzone, Liam aprì gli occhi.
Si guardarono per qualche istante, quasi spaventati dall’idea di dire qualcosa e rompere così il silenzio che era appena calato. La mezzanotte doveva essere sicuramente già passata.
Il ragazzo si sollevò e le si sedette accanto, lasciando dondolare le gambe nel vuoto. Erin gli posò la testa sulla spalla. Lei e Liam si erano avvicinati molto ed era una cosa che già da parecchio tempo aveva preso l’abitudine di fare, ma stavolta avvertì un lungo brivido scorrerle lungo tutta la schiena. Quella era l’ultima volta che poteva farlo, poi chissà quanto tempo sarebbe dovuto passare prima che lei potesse di nuovo appoggiarsi a quella spalla. Per quanto avrebbe dovuto aspettare il ritorno di quella che ormai era diventata una persona incredibilmente importante per lei?
Il giorno del suo arrivo la signorina McVoy aveva affermato – se lo ricordava come se ci avesse parlato poche ore prima – che le Variabili si sarebbero protratte per circa due anni. Ma sarebbe stato davvero così? Sarebbe davvero andato tutto come programmato? Non seppe darsi una risposta e preferì non insistere per evitare di finire ad ipotizzare cose che non le sarebbero piaciute per niente.
Sospirò, osservando il suo respiro prendere forma in una piccola nuvoletta di condensa. «Buon compleanno, Liam», mormorò.
«Grazie…» Le dita del ragazzo si intrecciarono con le sue. «Per favore, stai vicina ad Alice… finché la terranno qui, almeno.»
«Contaci. Se qualcuno le torce un capello si ritroverà le impronte delle mie scarpe in faccia.»
Lo sentì sorridere. «Sai, sono più che sicuro che, se domani non mi cancellassero la memoria, mi mancheresti da morire.»
«E vorrei ben vedere, Earnshaw!», ribatté lei, dandogli una piccola gomitata. «Anche tu mi mancherai», aggiunse poi con un sussurro.
Liam si spostò leggermente in modo da poterla guardare in faccia.
«Ehi, stavo comoda!», protestò, ma la voce le si affievolì non appena vide che il viso del ragazzo si stava avvicinando sempre di più al suo. Arrossì, mentre il suo stomaco faceva le capriole e il battito impazzito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie.
Quando Liam parlò di nuovo, il suo respiro caldo sulle sue labbra la fece tremare leggermente. «Sai una cosa, O’Riley? Hai esattamente centosette lentiggini.» Un attimo dopo, la bocca del ragazzo si posò sulla sua.
Fu un bacio dominato dall’inesperienza di entrambi, timido, impacciato, goffo… eppure incredibilmente tenero e dolce. Le loro labbra si sfioravano lentamente, con delicatezza, come se i due temessero di farsi del male a vicenda se avessero premuto un po’ di più.
Era una cosa giusta legarsi così, con un gesto che non era affatto da amici? Avrebbe complicato le cose? Erin non lo sapeva, ma in quel momento, con lo stomaco che le sembrava essersi riempito di tanti esserini svolazzanti, decise che non le importava. Era una cosa bella, la faceva stare bene. E non poteva negare di averla aspettata e sognata a lungo.
Con il tempo, quell’istintiva simpatia che fin dall’inizio aveva provato per quell’inglesino si era andata trasformando in qualcosa di più. Qualcosa di molto di più. Qualcosa che magari sarebbe cresciuto ancora, assieme a loro, nonostante l’imminente separazione.
Qualcosa che avrebbe dato un motivo in più per resistere a lei e, seppur in maniera indiretta, anche a lui.
Piano piano, le loro labbra iniziarono a prendere più confidenza le une con le altre, a muoversi con più sicurezza, intensificando il bacio, rendendolo sempre più simile ad una promessa silenziosa, in cui si giurarono tutto.
Si giurarono che non si sarebbe trattato di un “addio”, ma di un “arrivederci”.
Si giurarono che avrebbero superato tutto quello a cui la C.A.T.T.I.V.O. aveva intenzione di sottoporli.
Si giurarono che ne sarebbero usciti integri, alla faccia di quel branco di bastardi.
Ma, soprattutto, si giurarono che si sarebbero rivisti e che, da quel momento in poi, avrebbero affrontato il futuro – qualunque fosse stato – assieme. Loro due e Alice.
Ce la farai, Liam. Come ce la farà Alice. E come ce la farò anch’io.









 
Comunicazione d’ufficio – C.A.T.T.I.V.O. – Data: 4.1.230, Ora: 00.30
Destinatario: I miei colleghi
Mittente: Ava Paige, Cancelliera
Re: Risvolti interessanti, Gruppo A – Progetto d’Osservazione
 
È una cosa incredibilmente affascinante notare quanta speranza ci possa essere in una mente giovane.
Molto spesso si tratta di una speranza talmente forte da portare addirittura a credere ingenuamente che una gazzella sia capace di riuscire a trovare un nascondiglio sicuro in una tana di leoni. Ed è proprio ciò che è accaduto in questo caso.
Vi prego di perdonarmi il paragone che assegna praticamente a tutto il personale, me compresa, un ruolo senza dubbio molto poco innocente, ma ho semplicemente pensato che fosse il più adatto alla circostanza.
Ma per farvi capire il perché di questo mio pensiero, devo prima di tutto mettervi al corrente di alcune cose.
Ormai da diversi anni – sette per la precisione, ovvero da pochi giorni dopo il suo arrivo al Quartier Generale – il Soggetto A0, Johanna Reid, l’Osservatrice, e il Soggetto A5, Newton Wells, il Collante, si recano assieme almeno una volta alla settimana, nel cuore della notte, sul tetto della struttura e vi rimangono fino a poche ore prima dell’alba.
Si tratta di un’abitudine che il Soggetto A5 aveva già da tempo e che il Soggetto A0 ha acquisito in fretta. In pratica, hanno scelto quel luogo come “rifugio segreto” e non hanno mai sospettato, nemmeno una volta, di poter essere sorvegliati anche in un posto del genere.
Non appena ci siamo accertati che non avessero alcuna intenzione di scappare, abbiamo deciso di non intervenire e di tenerli semplicemente d’occhio.
Lì i due soggetti parlano, si raccontano molte cose delle loro vite precedenti o delle circostanze che li hanno portati in questo luogo, si sfogano e si consolano a vicenda e, molto frequentemente, il Soggetto A5 chiede al Soggetto A0 di cantare.
Anche stanotte vi si sono recati, probabilmente per avere la possibilità di salutarsi in privato: domani il Soggetto A5 verrà mandato nel Labirinto, assieme ad un altro gruppo di ragazzi, dando così inizio allo Stadio 1 delle Prove.
Dopo quanto vi ho descritto, mi sembra superfluo affermare che i due abbiano legato molto. Come a voler confermare ulteriormente ciò, giusto poco fa hanno fatto una cosa che due semplici amici di norma non farebbero. Tra i due, infatti, c’è stato un bacio.
Mi rendo conto di come, da una prospettiva esterna, spiare due ragazzini crescere assieme e separarli mentre ancora stanno imparando ad amarsi possa sembrare una cosa spregevole, ma in una situazione come la nostra ci si trova costretti a mettere da parte i sentimenti – nostri e degli altri – e gli scrupoli, sacrificandoli alla causa di un bene più grande.
È questo il nostro scopo, la nostra missione. La mia speranza è che in futuro tutti questi ragazzi riescano a comprendere che, nonostante il nome, la C.A.T.T.I.V.O. è veramente buona.
Ma non si diventa capaci soltanto di dominare e mettere da parte la sfera emotiva. Si impara a fare anche altre cose: come ad esempio cercare di sfruttare al meglio qualsiasi occasione ed è esattamente ciò che faremo in questo caso.
Il fatto che il Soggetto A0 provi questo sentimento potrebbe rivelarsi straordinariamente utile per ciò che abbiamo in mente per lei.
Domattina mi consulterò personalmente con la signorina McVoy e con i coordinatori del Progetto d’Osservazione ed esporrò le mie idee al riguardo.
Vi terrò aggiornati.

 

Questo capitolo.
Mamma. Mia. Questo. Capitolo.
Il bacio, Erin che canta (e che canzone canta! <3), il luogo “nascosto”, le centosette lentiggini (ci credete che per decidere questo numero mi sono messa allo specchio a disegnarmele? Volevo che fossero una spruzzata molto leggera, ma non sapevo quante avrebbero dovuto essere per poter essere definite tali… così mi sono messa all’opera xD), la stramaledettissima comunicazione della C.A.T.T.I.V.O.… fate conto che se quello di prima era una vita che volevo scriverlo, questo ce l’ho in testa praticamente dalla mia vita precedente!
No, ok, forse sto un pochino esagerando…
Comunque, è da questa scena che la mia mente ha iniziato a sviluppare questa storia. È il fulcro di tutto. È da qui che è partito tutto questo folle progetto (perché mi sento come se stessi facendo scaricabarile con un qualcosa di inanimato e che, inevitabilmente ricondurrà sempre e solo a me e alla mia pazzi… oh, giusto…).
E così si conclude definitivamente la prima parte della storia. Non vedo l’ora di iniziare con la seconda e farvi vedere la copertina nuova *^*
Grazie infinite a tutti voi Pive che state seguendo, che recensite o che semplicemente leggete questa pazzia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto o che almeno non l’abbiate trovato terribile :)
E niente, vi sto volendo un bene dell’anima <3 e verrò a farvi una serenata sotto casa (ovviamente vi canterò “And I love youuu”)!
Alla prossimaaa~
 
 
 
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