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Autore: Nihal    02/05/2015    6 recensioni
«Identificatevi.»
Ebbene sì, i miei peggiori incubi si erano realizzati. E no, non sto parlando di quello in cui il professore di giapponese ci obbliga a passeggiare nel freddo perché qualcuno ha dato fuoco al suo cane. Mi riferisco ad un compuntissimo e sconosciuto ninja di Konoha che ci guardava con aria truce e aspettava che dicessimo qualcosa. E io quasi mi dimenticavo di quello che avevo concordato con Madara. Una cosa, però, l’avevo capita: il piano del capostipite degli Uchiha. Lui voleva farci rinchiudere nelle segrete! Sicuramente così Sasuke lo incontravamo, eh.
Di sfuggita mentre lo portavano nella sala di tortura dove attendeva un cazzosissimo Ibiki Morino, però lo incontravamo.

[Sequel di 'Ninjas are coming']
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sai, Sasuke Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Capitolo 13



«No, tu non vai da nessuna parte.»
Il ninja accompagnatore spalancò gli occhi stupito e si accasciò a terra.

Va bene. Non ci stavo ufficialmente capendo più niente.
«Dimmi che non l’hai accoppato. Per favore.»
Sì, ninja accompagnatore mi stava sulle scatole. Sì, mi era venuto voglia di farlo fuori con le mie stesse mani. No, non lo volevo morto. Non volevo nessuno morto. Neanche gli anbu di prima che erano palesemente morti. Perché tutte le cose che vedevo a Konoha finivano per essere morte?
Madara mi riservò lo stesso sguardo che probabilmente avrebbe usato con uno scarafaggio. Prima era così cordiale, perché adesso andava in giro a uccidere gente e a guardarmi male?
«No, è in un’illusione» mi rispose.
Mi chiesi se fosse stato meglio se fosse morto. Poi mi ricordai che al momento eravamo degli infiltrati nelle prigioni di Konoha e che la persona di cui avrei dovuto preoccuparmi al momento ero io, non ninja accompagnatore.
«Adesso vuoi perdere altro tempo o andiamo a cercare Sasuke?» mi chiese infine Madara vagamente spazientito. Forse, ma soltanto forse, mi ero persa nei miei pensieri fissando il ninja accompagnatore, ma chi avrebbe potuto darmi torto? Madara – era davvero Madara poi? Mi fidavo troppo in fretta della gente – da quando l’avevo incontrato continuava ad ammazzarmi gente davanti alla faccia, ci eravamo infiltrati in una prigione supersegreta e Ibiki Morino stava venendo a torturarmi – cazzo Ibiki Morino! Persino il suo nome metteva angoscia –, Sasuke era nascosto chissà dove, il Villaggio segreto della Foglia tutto credeva che io e Sasuke fossimo dei criminali e per quanto Sasuke potesse anche esserlo sotto diversi aspetti, io sicuramente non lo ero.
Ops, mi ero di nuovo persa.
«Ok, andiamo. Ma se arriva Ibiki Morino e vuole torturarmi voglio che tu ti prenda le tue responsabilità perché io non riesco a sopportare il dolore e probabilmente gli venderei anche mia nonna se-»
«Laura» Madara mi richiamò all’attenzione.
Non è colpa mia, quando sono nervosa inizio a sproloquiare e obiettivamente chi non sarebbe nervoso in una situazione del genere?
«Sì?»
Madara alzò gli occhi al cielo e, dopo aver indossato nuovamente la maschera da anbu – quando l’aveva tolta? – aprì la porta. Quando mi resi conto che se ne stava andando senza di me, mi affrettai a seguirlo. Non avevano neanche un po’ di pazienza quegli Uchiha!
Uscimmo nel corridoio. La sentinella fuori dalla porta si voltò verso di noi. Probabilmente era stupita: eravamo usciti due secondi dopo essere entrati e anche con un ninja di meno.
Mi chiesi che scusa avrebbe tirato fuori Madara. Qualcosa del tipo Scusa, ci siamo accorti che Hideko Seitou era innocente e la sto portando a pranzo per scusarmi dell’errore?
Chissà perché, ma dubitavo che ci sarebbero cascati. Anche se un pranzo al momento non mi avrebbe fatto tanto schifo. Non mi ricordavo neanche l’ultima volta che avevo mangiato qualcosa di decente. Anzi, non mi ricordavo proprio l’ultima volta che avevo mangiato.
Il ninja continuava a guardarci interrogativo.
Avevo un’irrefrenabile voglia di dirgli: culo. Solo per confonderlo, eh. Ma mi trattenni. Non era il momento. Sicuramente Madara aveva la situazione sotto controllo e aveva qualche altra carta della Godaime che spiegava perché avessimo – avesse, io non avevo fatto niente – tramortito un ninja e stessimo scappando.
Whishful thinking? Probabile.
«Cosa sta succedendo?» chiese infine la sentinella. Probabilmente erano passati solo alcuni secondi da quando eravamo usciti dalla porta. Dubito che fossimo rimasti a fissarci per dieci minuti prima che qualcuno parlasse, ma al momento ero talmente nervosa che lo scorrere del tempo non era così importante.
«Ho dovuto scortarla fuori» rispose Madara, indicandomi con un cenno per poi voltarsi verso la porta da cui eravamo appena usciti.
L’anbu sembrò confuso. Per quanto si potesse intuire la confusione sotto quelle orribili maschere. Fece per sporgersi anche lui verso la porta. Grande errore. Madara lo spinse dentro con nonchalance e lo colpì prima che quest’ultimo potesse accorgersi di cosa stava succedendo. Sinceramente non me ne accorsi neanche io.
Madara si richiuse la porta dietro come se niente fosse.
«Dimmi che non è morto.»
No, perché con un colpo del genere, io sarei morta. Sicuramente mi avrebbe spezzato l’osso del collo. O qualsiasi altro osso si trovasse in quel punto, non ero così brava di anatomia.
Iniziavo a trovare inquietante il fatto che le mie conversazioni con Madara ormai si limitassero a un quindi lo hai accoppato?.
«Non lo so.»
E se ne andò, lasciandomi lì come una fessa. Dal momento che non volevo trovarmi lì quando sarebbe arrivato Morino lo seguii, ma non ero più molto sicura di cosa stessimo facendo. Mi mancava Sasuke e il fatto che lo ammettessi a me stessa era un brutto segno, davvero molto brutto. Almeno lui non uccideva qualsiasi cosa che respirasse.
«Almeno sai dov’è Sasuke?» chiesi, mentre gli correvo dietro.
Stupida tecnica riuscita a metà. Se fossi stata un po’ più alta non avrei faticato a stargli dietro.
«No.»
«Vuoi dire che stiamo andando a caso?»
«Sì.»
«Cioè, magari adesso stiamo andando incontro a Ibiki Morino e non lo sappiamo nean-»
«Se non stai zitta Ibiki Morino diventerà l’ultimo dei tuoi problemi.»
Oh, beh, almeno la mia capacità di infastidire la gente era sempre presente.
«Ibiki Morino mi fa più paura di te» gli risposi, cercando di stargli al fianco. Si poteva quasi pensare che andasse di fretta.
«A ragione.»
Non era Madara che aveva parlato. Non era Madara. Ommioddio non era Madara. Perché Madara era di fianco a me. E Ibiki Morino era di fronte, appena spuntato. E aveva parlato lui. Cazzo Ibiki Morino. Cicatrici in faccia. Era angosciante.
Per fortuna non dovevo andare in bagno perché posso affermare senza vergogna che me la sarei fatta addosso dalla paura.
«Oddio Ibiki Morino!» e non so mai stare zitta. Una presunta traditrice di livello S che urlava come una scema. Beh, Madara avrebbe dovuto pensarci prima di chiedere la mia collaborazione.
Non era colpa mia se ero corsa a nascondermi dietro di lui e avevo iniziato ad urlare isterica: «Ommioddio aiutami non voglio essere torturata ommioddio, la colpa è di mia nonna, giuro! Ha fatto tutto lei quella stronza, ommioddiorisparmiami.»
«Lei sarebbe questa famigerata Hideko Seitou?» chiese Ibiki Morino, osservando perplesso il foglio che aveva in mano. Probabilmente quello con la lista dei miei misfatti.
«No, non io, lui è Hideko!» urlai in preda al panico indicando Madara.
Che se la vedessero tra di loro. Io ero solo una povera studentessa con un po’ troppa sfiga. Mi sentivo male persino a guardare i film dove la torturavano la gente, figurarsi essere protagonista in prima persona. Poi non volevo che mi mettessero il bambù sotto le unghie o mi torturassero con l’acido o ommioddio mi chiedessero di amputarmi un mignolo per dimostrare la mia lealtà. Ah, no, quella era la Yakuza.
«Sì, è lei» rispose solo Madara.
«Non dovrebbe essere nella stanza degli interrogatori?»
«Abbiamo dovuto trasferirla.»
Sì, come se io non ci fossi, eh.
«Ehm, se volete io continuo a trasferirmi da sola mentre voi parlate, ok?» sussurrai più a me stessa che ad altro, cercando di defilarmi senza che se ne accorgessero. Madara mi trattenne per un braccio.
Perché non tramortiva anche Ibiki Morino? Perché? Non sembrava essersi fatto problemi con tutti gli altri ninja e invece con questo conversava amabilmente. Sulla stanza in cui mi sarei dovuta amputare un mignolo. Sì, giusto, quella era la Yakuza. Ma i mignoli amputati mi fanno senso quindi in testa avevo solo immagini di dita mozzate al momento.
Quando Morino si voltò verso di me, mi premurai di nascondere dietro la schiena la mano libera. L’altro braccio era ancora sotto la stretta serrata di Madara, quindi tranne che sperare di non perdere completamente la circolazione e doverlo amputare – e basta con questi moncherini! – non potevo utilizzarlo.
«Sei abbastanza loquace. Magari non dovrò tirarti fuori le parole di bocca» mi disse lui, sorridendomi in modo inquietante.
Ero io o il lavoro che faceva era proprio adatto a lui? Sembrava, come dire, volenteroso di fare la sua parte per Konoha. Torturando la gente.
«Potrei aver voglia di vomitare» riferii a Madara.
Se fossimo rimasti lì ancora per un po’, sicuramente qualche altra guardia di ronda sarebbe passata. Perché non potevamo tramortirlo? Perché?
«Dove la stai portando?» domandò Ibiki Morino, ricominciando ad ignorarmi.
Avevo paura, sì, ma mi hanno sempre dato sul nervoso le persone che parlavano di me come se io non fossi presente.
«A pranzo, spero» risposi quindi, certa che Madara non avesse ancora colpito il torturatore soltanto per darmi fastidio.
«Non sta mai zitta?»
«Purtroppo no.»
«Fatemi andare via e non mi sentite più, giuro.»
Era più forte di me. Il nervosismo mi faceva sparare cazzate.
«In un’altra sala interrogatori, comunque. Puoi prenderla in custodia tu se vuoi.»
Eh? Eh?
Sperai stesse scherzando, ma il cenno di intesa di Ibiki Morino mi fece presumere che fosse serio. Madara mi mollo il braccio, ma non feci in tempo a muovermi che il torturatore mi afferrò per l’altro.
Sì, sì, fate pure, tanto le braccia non le ho attaccate al corpo. Non fa male se mi tirate come se fossi un cane.
Cercai di trattenere Madara per un braccio, ma lui liberò la presa stizzito.
«Te ne vai?» chiesi, in tono lagnoso.
Se quell’essere schifoso aveva davvero intenzione di lasciarmi nelle grinfie di Ibiki Morino giuro che lo ammazzavo. Non so come, ma lo facevo. E gli staccavo anche i mignoli, ecco.
«Vieni, Hideko, andiamo a parlare» disse il torturatore, con quella che doveva essere un’espressione di scherno. Sotto le cicatrici non si capiva molto.
«Mad-anbu! Non te ne andare, non vuoi venire anche tu a divertirti con noi? Sono sicura che il torturatore ti farà usare i suoi strument-»
«Prima l’Uchiha, poi questa. Siamo pieni di traditori oggi.»
Ibiki Morino mi trascinò via e Madara andò dal lato opposto.
Mentre cercavo di convincere il torturatore a lasciarmi andare – l’avrei lautamente ricompensato eh! – iniziai a pensare. Di nuovo.
L’Uchiha? Quanti ne avevano nelle prigioni di Konoha? Non si trattava di Sasuke vero? Oltre a lui, però, chi avrebbe potuto esserci? Perché aveva detto così?
Sasuke era già stato sotto le sue grinfie? Da quanto tempo me n’ero andata?
«Adesso non parli più» mi disse lui, mentre svoltavamo un corridoio. No, non parlavo perché mi stavo chiedendo in che condizioni fosse Sasuke. E in che condizioni sarei stata io una volta uscita.
Non avrei dovuto fidarmi di Madara, avrei dovuto saperlo che mi avrebbe abbandonata non appena non gli sarei stata più utile. Io e la mia mania di credere alle persone. Era più forte di me, se qualcuno si offriva di aiutarmi, io gli credevo. Eh, brava scema, e poi cosa succede? Ti ritrovi in una stanza delle torture con Ibiki Morino. E anche a parlare da sola, ma quello non era il problema principale al momento.
Chissà se i mignoli di Sasuke sono a posto. D’accordo, dovevo darci un taglio.
«Sicuro che non vuoi che ti racconti dei misfatti di mia nonna? Non vuoi torturare lei? Fidati che è molto più tosta di me» tentai nuovamente, quando il torturatore fece per dirigersi verso un’inquietante porta totalmente identica a tutte quelle a cui eravamo passati davanti.
Perfetto, non solo sarei stata torturata entro poco, ma anche se fossi riuscita a fuggire non avrei mai trovato l’uscita da quel maledetto posto.
Mi chiesi se raccontare tutta la verità a Morino avrebbe potuto aiutarmi. Ricordandomi che effetto avesse avuto con Tsunade, lasciai perdere. E prima non ero neanche “alleata” con Madara.
«Ecco perché hai tradito il tuo villaggio. Venderesti anche la tua famiglia.»
Ops. Forse non lo avevo messo esattamente di buon umore.
Ma giuro, mia nonna non la conosco neanche bene, non è che gli venderei mia sorella, per dire. Neanche il mio gatto, io voglio bene al mio gatto. Io voglio bene a tutti, anche a me stessa, ecco perché stavo cercando di salvarmi.
«No, giuro non la venderei! Neanche il villaggio. Ora posso tornare a casa per favore?»
Ibiki Morino aprì la porta e mi spinse dentro, prima di entrare lui stesso e richiudersela alle spalle.
Finalmente mi lasciò andare.
«Siediti» mi intimò.
Per qualche secondo mi chiesi se stare in piedi con atteggiamento di sfida mi avrebbe aiutato, decisi che era una cazzata e mi sedetti.
«Non dovresti chiamare l’anbu di prima?» gli chiesi, disperata.
«Non ho bisogno di aiuto, fidati» e così dicendo appoggiò sul tavolo la sacca che si era portato dietro fino a quel momento.
Non so come riuscii a non svenire. O a mettermi a piangere. O a svenire mentre piangevo come una disperata. Qualcosa mi diceva che lì dentro non c’erano delle videocassette dei Teletubbies. E il fatto che al momento ero propensa anche a guardare un’intera giornata di quei mostriciattoli voleva dire che il mio stato mentale non era nella sua forma migliore.
«Sasuke!» dissi la prima cosa che mi venne in mente per fermarlo. Non volevo che aprisse la sacca, a me i miei mignoli piacevano.
Sortii l’effetto desiderato perché lui alzò lo sguardo. Anche se sembrava piuttosto infastidito, ma ormai abbiamo appurato che la mia abilità di fare innervosire la gente non va mai in vacanza.
«Come stanno i Sasuke? Cioè i mignoli? Intendo, ha ancora tutta la mano attaccata ai mig- tutti i mignoli attaccati alle mani, sì insomma hai capito.»
Stavo sproloquiando, me ne rendo perfettamente conto. Ma chi non sproloquierebbe in una situazione simile? Avevo iniziato a sudare copiosamente e ormai non mi preoccupavo neanche più di non darlo a vedere.
«Conosci Sasuke Uchiha? Forse ti rivelerai più utile di quanto non avessi pensato all’inizio» mi rispose, facendo di nuovo per aprire la sacca.
Mi ero scavata la fossa da sola.
Continuavo a dimenticarmi che al momento non ero Laura. Non che l’essere Laura mi avrebbe aiutato in quel frangente, ma forse ci sarebbero andati leggeri con me perché ero delicata, di un altro mondo… no, d’accordo, era solo una mia vana speranza.
«Sì, lo conosco, cioè l’ho sentito nominare, va beh, ne stavate parlando prima, non so, come stanno i suoi mignoli comunque?»
«Perché sei così interessata?»
«A Sasuke o ai mignoli? Per sapere cosa mi aspetta, perché ha dei bei mign- senza motivo!»
Ibiki sospirò. Sospirai anche io, anche se probabilmente lo facemmo per due motivi diversi. Io non ero esasperata, stavo solo cercando di non vomitargli addosso. Cosa abbastanza facile visto che non avevo mangiato una mazza, ma non si sapeva mai.
«Direi che è ora di iniziare.»
Aprì la sacca: cercai di guardare da qualche altra parte, ma non so perché più non voglio vedere qualcosa più il mio sguardo si concentra lì. Quella volta non fece eccezione. Fortunatamente tirò fuori solo delle corde.
«No ma non c’è bisogno di quelle, io non scappo» gli assicurai, cercando di indietreggiare con la sedia. Non ci riuscii, evidentemente era attaccata al pavimento. E probabilmente era stata anche una fortuna, perché con l’impeto con cui cercai di allontanarmi probabilmente mi sarei accappottata per terra. Sicuramente gli avrei risparmiato un po’ di fatica con le torture.
«Non muoverti.»
«E chi si muove, giuro che sto ferma qui, ma se mi leghi non posso scappar- cioè, metti che mi devo grattare il naso mentre mi tagli un mignolo ommiodd-»
Morino mi prese un braccio e me lo tenne fermo con forza sul bracciolo della sedia.
E io cosa feci? Sì, lo so, fu una cosa stupida, ma me la stavo facendo addosso. D’istinto gli diedi una testata e poi gli morsi un braccio, facendogli cacciare un urlo.
La mia ribellione, però, durò poco. In realtà non feci neanche in tempo ad alzarmi dalla sedia che mi bloccò.
«Io cercherei di essere un po’ più collaborativa» mi suggerì freddamente.
Sputacchiai un po’. Avevo fatto una cosa davvero antigienica. Chissà tutto il sangue della gente torturata che aveva sul braccio: probabilmente se arrivavano quelli di CSI con il luminol diventava fosforescente come il giubbotto catarifrangente che ho in macchina e che non indosserò mai neanche se mi pagano perché è antiestetico.
Mi stavo di nuovo perdendo nei miei pensieri e ciò non era buono. Perché quando ero nervosa o blateravo come una scema o cadevo in uno stato catatonico a pensare?
«Scusa, avevo fame» risposi un po’ in ritardo, mentre lui cercava di fissarmi alla sedia. Tentai di tirargli un calcio, ma senza molti risultati.
«Hai ancora voglia di scherzare?»
«No, assolutamente no.»
«Bene.»
«Però posso avere un ultimo desiderio prima di essere torturata? Eh?»
«No.»
«Ma non date un ultimo desiderio voi?»
«Solo a chi sta per morire. E, fidati, tra poco vorresti farlo.»
Tra poco avrei potuto riempire una piscina con tutto il mio sudore. Lo sapevo, davvero lo sapevo, che quella era una tattica intimidatoria – sì, ogni tanto mi interesso di questi argomenti, d’accordo? – ma ciò non toglieva che stesse funzionando molto bene. Io non volevo morire. E non volevo neanche arrivare in una situazione in cui avrei sperato di essere morta.
«Non possiamo risolverla pacificamente?»
«Sì, basta che mi dici tutto quello che sai.»
Io glielo avrei detto, davvero. Anche tutto quello che sapeva mia nonna e tutto quello che sapevano tutti quelli che conoscevo. Solo che non sapevo cosa volesse sapere.
«Il mio gatto ogni tanto sputa palle di pelo. È un segreto che avrei voluto portare nella tomba con me, ma visto che sei così gentile ho deciso di mettertene a conoscenza. Mia nonna ha l’artrosi. Il mio cane ha dei problemi di incontinenza e fa la pipì dappertutto. Per quanto riguarda me sono solo una ragazza che si spaventa facilmente. Giuro! Mi piacciono i telefilm, ho una certa predilezione per la pizza rossa e te l’ho mai raccontato di quella volta che ho sbattuto la tes-»
Ibiki Morino sbatté la mano con forza sul tavolo e io trasalii.
«Mi stai prendendo in giro?»
«No, giuro! Chiedimi quello che vuoi sapere allora!» urlai isterica.
Io gli stavo raccontando tutti i miei segreti più reconditi, gli stavo letteralmente dicendo tutto quello che sapevo e a lui non andava ancora bene.
Il ninja alzò gli occhi al cielo, poi andò dall’altra parte del tavolo e si sedette sulla sedia di fronte alla mia.
«Questa è la tua ultima possibilità. Vedi di rispondere correttamente, altrimenti lo vedrai sulla tua pelle quello che ho fatto a Sasuke Uchiha.»
Quindi aveva torturato Sasuke? Non ci potevo credere. Cioè, non pensavo che Tsunade avrebbe davvero lasciato succedere qualcosa del genere. Sinceramente, per quanto avessi già visto fino a quel momento, non credevo neanche che mi sarebbe successo davvero qualcosa.
Io non ero abituata a quel mondo.
«Ommioddio. Dimmi che Sasuke sta bene. Sta bene, vero?»
L’isteria ormai aveva preso il sopravvento su di me. E per quanto voglia sembrare coraggiosa e altruista, mi stavo preoccupando sì per l’Uchiha, ma altrettanto per la sottoscritta.
«Faccio io le domande. Allora: Nome?»
Seriamente. Voleva sapere il mio nome?
«Laura.»
«Cosa?»
«Hideko, volevo dire Hideko, non guardarmi così, mi metti l’ansia.»
«Non farmi perdere la pazienza. Nome completo.»
Cavolo, stavo per farmi sfuggire la mia vera identità.
No, un attimo e se lo avessi fatto?
Il dubbio iniziò a rodermi. Cosa dovevo fare: seguire le indicazioni di Madara o rivelare tutto e chiedere l’aiuto della Godaime? Sotto sotto speravo ancora che Madara venisse a salvarmi, ma probabilmente mi stavo di nuovo affidando alla mia stupida fiducia cieca nel prossimo. Dall’altro lato, Tsunade aveva palesemente dato il via libera per torturare Sasuke, quindi con che coraggio sarei andata a chiederle aiuto? No, dovevo attenermi al piano.
«Hideko Seitou» risposi alla fine.
«Età?»
Ommioddio quanti anni avevo? Cioè, quanti anni aveva Hideko? Stavo andando nel panico. Lo sapevo quanti anni aveva. Cioè io avevo. Io-Hideko, non io-Laura.
«Vuoi rispondere?»
Cavolo, ero di nuovo andata in panico e mi ero rinchiusa nella mia testa. Stavo impazzendo, quel maledetto mondo ninja mi stava facendo diventare pazza.
«Ventidue. Cioè ventitré. No, scherzavo, ventidue. Ne ho ventidue.»
«Sto perdendo la pazienza.»
«Ventidue, ho detto ventidue, è la mia risposta definitiva, puoi accenderla, ommioddio scusa è che sono nerv-»
«Hideko Seitou, stai zitta.»
«Ok.»
Dopo un attimo di silenzio – sì, so stare in silenzio ogni tanto, va bene? – il torturatore ricominciò con il suo interrogatorio. «Adesso iniziamo con le domande.»
E quelle di prima cos’erano? Tipo il riscaldamento?
«Dove si trova Madara Uchiha?»
Uh, iniziamo bene. Se gli avessi risposto che ci aveva fatto quattro chiacchiere cinque minuti prima non mi avrebbe creduto vero?
«Non lo so, giuro!»
Forse ero sembrata un po’ colpevole. Ma solo un po’.
«Risposta sbagliata.»
«Giuro non lo so!» ritentai, presa dal panico.
Lo sapevo che non mi avrebbe creduto. Ma non potevo dirgli che era nell’edificio. Se stava andando davvero a liberare Sasuke – ci stava andando poi? – avrei mandato all’aria tutto il nostro piano per niente. E anche se glielo avessi detto non mi avrebbe creduto. Potevo inventare un luogo, ma non avevo la più pallida idea di come fosse la geografia di quel maledetto mondo. Sinceramente non ero neanche molto sicura di come fosse la geografia di casa mia, quindi non potevano pretendere troppo da me.
«Continua ad essere la risposta sbagliata.»
Mi sentivo nel Medioevo. Sotto l’inquisizione. Che razza di gente era? Cioè, o la risposta era quella che volevano sentire o era sbagliata? Non aveva senso!
«Cosa devo rispondere allora?»
Ibiki Morino mi sbatté davanti il documento che attestava tutti i miei “crimini”.
«Qui c’è scritto chiaramente che hai contatti con Madara Uchiha.»
Sì, peccato che fosse stato proprio Madara Uchiha a falsificare quel documento.
«Sì, ho avuto contatti con lui. No, non saprei dove trovarlo.»
Ad onor del vero non avevo mentito. Io in quella maledetta prigione ormai avevo perso il senso dell’orientamento. Chissà dov’era andato a finire Madara, sicuramente io non sarei riuscita a trovarlo.
«Va bene, è chiaro che in questo modo non si va avanti.»
Non sapevo cosa dirgli. Davvero, non avevo la più pallida idea di cosa dirgli per renderlo soddisfatto. Cercai di strattonare le corde che mi tenevano legata ai braccioli della sedia, ma non si mossero di un centimetro. Chissà di cos’erano fatte, poi. Probabilmente era un misto di chakra e kriptonite, casomai si fossero trovati sottomano Superman da interrogare.
«Davvero non so dove sia! Perché dovrei mentire, sicuramente non ho voglia di perdere i miei mignoli!»
Ma Ibiki Morino non mi ascoltava più.
«Con cosa iniziamo?» chiese, mentre frugava nella sacca.
Tirò fuori quello che avrei descritto come un ferro per fare la lana, ma le mie descrizioni lasciano a desiderare. Anche perché in quel momento ero troppo terrorizzata per analizzare per filo e per segno ciò che stava succedendo. Ed ero sicura che non stesse per tirare fuori un gomitolo di lana e torturarmi a morte facendomi una sciarpa davanti agli occhi.
«Sappi che questo è solo l’inizio. Se non funziona conosco tanti jutsu molto peggiori.»
Ricominciai a strattonare le corde. Mi stavo segando i polsi ma oltre a quello niente da fare. Se mi restavano delle cicatrici mi incazzavo, comunque. Ogni volta che ho a che fare con dei maledetti ninja mi restano delle cicatrici. E Ibiki Morino era pieno di cicatrici. Io non volevo avere delle cicatrici come le sue.
«Sai come funziona questo?» mi chiesi, agitandomi il ferro da maglia davanti agli occhi.
No, e non volevo saperlo.
«No, ma non c’è bisogno di usarlo, giuro che non so niente!» protestai di nuovo.
Entro poco mi sarei messa a piangere, me lo sentivo.
Mi chiesi se Sasuke avesse dovuto sopportare tutto il set di torture di Ibiki Morino, poi decisi che non ci volevo pensare, anche se in quel momento era difficile pensare a qualcosa che non fossero torture. Perlomeno il ferro non sembrava fatto per amputare i mignoli, ma non si poteva mai sapere.
«Scegli una parte, io di solito inizio con le braccia…»
«Zittozittozitto, non lo voglio sapere, davvero!» urlai, cercando di togliermi dalla mente cosa avrebbe potuto farci con quel coso.
Quella doveva essere un’altra delle sue torture psicologiche. Perché doveva spiegare tutto per bene prima di procedere? Mi metteva l’angoscia.
«Sai, si infila sottopelle, ma la parte migliore è quando lo tiri via.»
Avrei vomitato. Se avessi avuto qualcosa nello stomaco l’avrei fatto.
Ibiki Morino appoggiò il ferro da maglia sul tavolo e ricominciò a frugare nella sua sacca. Questa volta ne tirò fuori un semplice coltello. Quello sarebbe stato perfetto per tagliare via delle dita.
«Ti ho detto che ti rispondo, davvero, ma non torturarmi!»
Ormai stavo perdendo il controllo. Se non avessi saputo che il confessare tutta la verità non sarebbe servito a niente, lo avrei fatto seduta stante.
«Sono sicuro che questo sai a cosa serve» continuò, ignorandomi.
«Guarda, io sono delicata, davvero, quando mi taglio inizio a sanguinare malissimo e non vorrei mai sporcare questa bellissima sedia, probabilmente non avete neanche i fondi per comprarne una nuo-»
«Questo» urlò quasi per zittirmi, mentre tirava fuori un contenitore di plastica «è davvero utile. È un siero. Basta iniettarlo e proverai un dolore inimmaginabile.» Morino osservò i tre strumenti, come se non sapesse decidersi.
Se qualcuno fosse arrivato in quel momento a salvarmi mi avrebbe fatto un grandissimo favore. Mi azzardai a dare un’occhiata verso la porta. Niente.
Ibiki Morino si alzò e venne verso di me. Cercai di nuovo di indietreggiare, con gli stessi risultati di prima.
«Braccio destro o sinistro?»
Stava di nuovo cercando di intimorirmi. E io dovevo calmarmi.
«Non c’è una terza scelta?»
Ibiki Morino ignorò la mia risposta e tirò su la manica del braccio destro.
«Ma quella è la mano con cui scrivo.»
Sì, in una situazione del genere, quelle erano le frasi migliori che mi venivano in mente. Stavano per torturami e io mi lamentavo che avevano scelto il braccio sbagliato. Tanto dopo sarebbe passato anche all’altro quindi non avrebbe fatto differenza.
«Posso almeno scegliere lo strumento?»
Di male in peggio.
Stavo palesemente delirando, ma al momento non me ne rendevo conto. E il peggio era che lui avrebbe potuto pensare che lo stessi prendendo in giro, quando in realtà ero mortalmente seria. Come si suol dire, tanto vale scegliere di che morte si deve morire.
Sì, speravo ancora che qualcuno facesse irruzione a salvarmi. Avevo visto ben sette serie di “24” e lì la torturavano la gente. Non volevo fare la stessa fine.
«Non sarai così in vena di scherzare tra poco.»
No, non lo ero neanche in quel momento veramente.
Senza neanche guardare, prese il coltello dal tavolo.
Bene, andiamo sul classico. Poi lo posò. Aprì la scatola di plastica e tirò fuori una siringa.
«La tua ultima possibilità» mi informò.
«Voglio un avvocato. Questa cosa deve essere illegale, io lo so. Voglio un legittimo processo, se sono innocente e mi torturi te ne pentira-»
Posò di nuovo la siringa e riprese il coltello. Per quanto possa sembrare folle, fui quasi contenta. Almeno ignorava il ferro da lana che era la cosa che mi inquietava di più.
«D’accordo, allora iniziamo.»
Con tutta la calma del mondo Ibiki posò il coltello sul mio braccio.



Aaaaallora. Sì, sono circa tre anni che non aggiorno questa storia. Sì, intanto ne ho scritte altre. Innanzitutto mi dispiace per averla fermata così all’improvviso, ma un po’ una cosa, un po’ un’altra, ad un certo punto ho smesso di scriverla. E poi non avevo più voglia di continuarla. E poi è passato il tempo, ho fatto altro e sono passati tre anni… Poi due giorni fa non riuscivo a dormire e l’ho riletta. I primi capitoli sono proprio un po’ brutti XDXD Però sono andata avanti e all’ultimo capitolo mi sono chiesta: e come continua? Eh, come continua? Mi sa che ve lo siete chiesti anche voi. Poi, lo ammetto, avevo voglia di fare qualcosa di leggero e questa fanfiction lo è – perché sì, a ventitré anni suonati ho deciso di riprendere in mano una storia che ho iniziato alle superiori °-° – e ho deciso di andare avanti. Probabilmente tutti quelli che la leggevano non saranno neanche più su EFP, ma non mi piace l’idea di scrivere capitoli e lasciarli ammuffire nel computer XD
Ultimamente accendo il computer solo per scrivere stupide e inutili relazioni – io odio le relazioni, chi le ha inventate? – e mi sono detta che se devo scrivere tanto vale farlo con qualcosa che mi piace.
Detto ciò, ovviamente non sarò regolare con gli aggiornamenti – sì, le stupide relazioni e la stupida università: solo noi abbiamo lezione anche al sabato! – ma spero di non aspettare di nuovo tre anni per aggiornare XD Anche perché altrimenti mi sa che divento vecchia prima di finirla questa fanfiction XD Cioè, è finito prima Naruto che la mia fanfiction su Naruto e questo è tutto dire.
Ok, ora ho davvero finito (ovviamente potevate risparmiarvi la lettura delle mie inutili note, mi dispiace se siete dovuti arrivare fin qui)!^^

Nihal

  
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