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Autore: Genevieve De Cendres    03/05/2015    0 recensioni
Seguito di ClockMaker.
Dal testo:
"-Se solo esistesse un dio saprebbe quanto male mi hai fatto e quanto io ne abbia fatto a te, amandoti.-
la voce del ragazzo colpì Evan come uno schiaffo.
Rimasero inginocchiati sul pavimento, mentre il crepuscolo si tramutava in tenebra, avvolgendoli, insieme al silenzio."
“In questi anni ti ho aspettato tanto.
Ho cercato le acque tumultuose dei tuoi occhi in migliaia di altri occhi, ho provato a leggere il tuo nome su altrettante labbra e tra le carezze di Ysolt ho ricordato le tue.
Ho sperato nella luce tremula di una candela alla finestra e ho ascoltato la melodia della tua voce tra le onde del mare, mi sono beato della carezza gelida dell’acqua sulla pelle, delicata come i tuoi baci.
Ti ho aspettato tanto.
Lo farò sempre.”
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Prologo



 
Appollaiato sull'alto sgabello in legno, Ael osservava le  nuvole bianche e gonfie come batuffoli lasciarsi trasportare placidamente dal vento. Invidiava la loro pace, quel senso di calma nel lasciarsi trasportare, talmente bello e inevitabile, loro non sembravano averne paura. E per quasi cinque anni, anche lui si era lasciato trasportare da Evan, ma lui, al contrario delle nuvole, non aveva mai del tutto abbandonato il timore di poter essere lasciato indietro, abbandonato.
Lasciò scivolare lo sguardo dalla finestra al tavolo da lavoro, davanti a sé un orologio da taschino; si era ripromesso di finirlo anche se il destinatario non lo avrebbe mai ricevuto o anche solo visto. Il quadrante color avorio riportava una dedica scritta a caratteri sottili ed eleganti, di una tonalità più chiara della base e su di esso i dorati numeri romani erano stati dipinti a mano, con un disegno sottile e complicato di linee morbide e intrecciate, un lavoro di alta precisione, tra i suoi più riusciti.
 Non ricordava quanto tempo fosse passato da quando Evan gli aveva dato la notizia delle sue imminenti nozze.

"Devo." gli aveva detto.
"L'opinione pubblica influisce sul mio lavoro, lo sai ..." ripeteva altre ancora.
"Sei grande abbastanza per capire che delle volte bisogna scendere a compromessi." concludeva sempre.
E Ael credeva che mai avrebbe odiato una parola quanto  "compromessi". E anche adesso, quando discutevano, il ragazzo non gli lasciava terminare la frase, se ne andava sbattendo la porta e lasciando l'uomo confuso ed irritato a fissare la liscia superficie di legno che divideva il negozio dal laboratorio.
 

"Credi che non faccia male anche a me?" gli aveva urlato contro una volta mentre discutevano, raggiungendo il suo limite e riversando la sua frustrazione sull'orologiaio che sussultò sgranando gli occhi, indietreggiando di qualche passo, spaventato da quella reazione improvvisa; gli occhi neri di Evan che brillavano per la rabbia erano rimasti impressi nella sua mente. Ael non era riuscito a dimenticarli, ma nonostante il dolore, nonostante la paura, quella mattina prese l'unica decisione che reputò la più sensata: gli aveva intimato di andarsene e non farsi più vedere e l'uomo lo aveva ascoltato.

Non era mai riuscito a perdonarselo.

 
 

Un tonfo sordo lo risvegliò dal suo sonno, doveva essersi addormentato seduto, con la testa sul tavolo. Si sollevò appena, stordito e dolorante, la testa pulsava e faceva male tanto da appannargli la vista ma cercava di guardarsi intorno per scorgere qualcosa, capire cosa stesse succedendo. il profilo dei mobili era illuminato dalla lieve luce crepuscolare, tutto sembrava essere al suo posto.
-Chi c'è?- la sua voce uscì rauca e quasi non si riconobbe, il silenzio fu spezzato ancora dallo stesso suono e il ragazzo capì che si trattava di passi, lenti oltre la porta alle sue spalle, qualcuno doveva essere entrato nel negozio.  Prese la lima che aveva davanti a sé per poi, a passo felpato, nascondersi dietro la porta del laboratorio, schiacciandosi contro la parete di legno; non poteva trattarsi di clienti, quel giorno aveva deciso di tener chiuso il negozio e non aveva acceso alcuna luce che potesse segnalare la sua presenza all'interno. Temeva che ciò potesse aver messo strane idee in testa a qualche malintenzionato e che un ladro potesse essersi intrufolato approfittandosi della sua assenza. I passi si avvicinavano sempre di più in  direzione del laboratorio, trattenne il respiro fissando nella semioscurità il pomello della porta, e quando questo cominciò  a girare sussultò stringendo la lima.
La porta si aprì lentamente facendo entrare la luce calda delle lampade ad olio del negozio nel laboratorio, Ael scattò verso l'intruso atterrandolo senza riuscire però a guardarlo in volto, l'uomo nonostante fosse stato colto alla sprovvista e alle spalle riuscì a ribaltare la situazione, sovrastando il ragazzo e disarmandolo, Ael cercò di liberarsi senza successo, il panico si era impossessato di lui, non riusciva ad emettere alcun suono, riusciva solo a scalciare e a dimenarsi, cercando di recuperare la lima e senza dar bado alla voce che cercava di tranquillizzarlo e alle mani grandi e calde sul suo viso.
-Calmati! Sono io, calmati Ael!- solo quando il ragazzo si sentì chiamare per nome, capì cosa stesse succedendo. Fissò i grandi occhi limpidi e spaventati in quelli di Evan, sopra di lui, con un'espressione preoccupata dipinta in volto. Il ragazzo aprì la bocca per parlare ma rimase in silenzio, spostando i suoi occhi da quelli dell'uomo alle sue labbra, per poi tornare ai suoi occhi, cercando di calmarsi, prendendo respiri profondi.
-Evan?- squittì piano, circondando i polsi dell'uomo senza però stringerli, quasi per assicurarsi che fosse reale. Lo vide annuire e spostarsi, permettendogli di mettersi a sedere.
-Credevo fossi un ladro ...- mormorò, guardandosi intorno e continuando a prendere respiri profondi, l'uomo gli carezzò il viso fino a quando il respiro del ragazzo non divenne regolare, guardando in quei grandi occhi cerulei identici a quelli che aveva visto la prima volta. -Stai bene?-
Ael annuì docile, fissando il suo sguardo in quello di Evan, poi, improvvisamente realizzò. Sgranò gli occhi allontanandolo con uno spintone, indignato e furioso  -Cosa diavolo vuoi? Come sei entrato?!-  Evan sospirò alzando gli occhi al soffitto  -Ahh quanto mi mancavano i tuoi repentini cambi di umore!- 
-A me mancava tentare di pugnalarti con una lima, siamo pari.-  rispose lapidario Ael mentre si alzava da terra, ignorando la mano di Evan già in piedi, tesa ad aiutarlo.
-Ael...-  il ragazzo lo interruppe con un gesto scocciato della mano e raccogliendo la lima da terra, si diresse lentamente verso il tavolo da lavoro riponendola al suo posto e nascondendo l'orologio a cui stava lavorando  dietro una pila di progetti futuri.
-Non hai risposto alla mia domanda, come hai fatto ad entrare?-  chiese nuovamente, l'uomo esitò, poi guardò quello che una volta era il suo compagno e sorrise colpevole  -avevo ancora le chiavi che mi avevi dato. -
-Quelle che avevi perso?- chiese Ael accigliato, l'ombra del sospetto nei suoi occhi
-Le ho ritrovate pochi giorni fa!- si affrettò a rispondere Evan avvicinandosi per porgergliele, il ragazzo glie le strappò di mano.
-direi che adesso puoi anche andartene.-  abbassò lo sguardo ignorando l'avvocato e cominciando a sistemare il banco da lavoro  -Ael, ascoltami.-   -non ho nulla da ascoltare.-  ribatté il più piccolo visibilmente nervoso. Evan sospirò irritato -non capisco perché tutto questo astio, sei stato tu a decidere di ...-
il frastuono che seguì interruppe e fece sussultare l'avvocato che guardò sorpreso il ragazzo, Ael aveva rovesciato per terra tutto quello che prima era stato ordinatamente sistemato sulla scrivania e lo guardava furente  -cosa avrei dovuto fare?-  sibilò inchiodandolo con lo sguardo.
-Stai per sposarti, Evan! Credevi davvero sarebbe andata avanti tanto a lungo?-  urlò sbattendo le mani sul tavolo, l'uomo rimase apparentemente calmo avvicinandosi ad Ael e tentando di abbracciarlo
-Lasciami...- piagnucolò il più piccolo tentando di liberarsi, cercando di non guardarlo in volto.
-Avevi detto che non importava.- Continuò sull'orlo del pianto - Avevi detto che potevano anche scoprirci e non sarebbe cambiato nulla, poi un giorno sei venuto qui, hai detto che ti saresti sposato e io sarei dovuto restare con te? Non mi importa se è un matrimonio d'interesse o altro, io non amerò un bugiardo. Come posso fidarmi di te se prima mi prometti che non mi ferirai, che non mi abbandonerai e poi decidi di sposarti, costringendomi a restare nell'ombra? Verrà sempre lei, prima di me. Lo sappiamo entrambi. -
Evan strinse l'abbraccio, quasi per soffocare quelle parole, serrando le labbra nel tentativo di non perdere il controllo.
-Ael, bisogna trovare solo dei compromessi.- mormorò, avvertendolo irrigidirsi tra le sue braccia
-Non ho intenzione di accontentarmi delle briciole...- mormorò l'altro cercando inutilmente di divincolarsi.
-Sei grande abbastanza per capire che i compromessi delle volte sono necessari...-
Ael lo spintonò, riuscendo ad allontanarlo. -Dopo aver tradito la mia fiducia pretendi che ti ascolti? - sibilò guardandolo disgustato  -vattene.-  concluse, chinandosi per raccogliere le cose che aveva rovesciato sul pavimento, Evan dopo un attimo di esitazione si avvicinò per aiutarlo, la luce del negozio illuminava lievemente la stanza , carezzando il profilo del ragazzo e donando ai corti capelli biondi, una brillante sfumatura ramata. Evan si soffermò a lungo sul suo volto, in quei cinque anni era cambiato poco, i tratti affilati ed eleganti erano leggermente più marcati ma sembrava comunque un ragazzino, sempre imbronciato e con lo sguardo severo, ma sapeva che un suo sorriso era capace di scaldare anche il cuore della più cinica delle persone e avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire nuovamente la sua risata morbida e musicale.
 Abbassò lo sguardo quando qualcosa luccicò attirando la sua attenzione, tra i fogli sparsi a terra raccolse un piccolo orologio da tasca, se lo rigirò tra le mani ammirandolo  -è davvero bello ...-  mormorò estasiato; quando Ael alzò lo sguardo verso di lui impallidì e glielo prese dalle mani -nessuno ti ha mai insegnato che non si toccano le cose degli altri?-
Evan rimase in silenzio, respirando profondamente nel tentativo di non aggredirlo anche solo verbalmente.
-Non voglio che finisca così ... - mormorò infine, guardandolo. Ael si arrestò mantenendo lo sguardo basso
-Ael, non possiamo finirla in questo modo. Non voglio, tu ...-
-Smettila.- supplicò Ael, gli occhi sul pavimento sempre più lucidi, sul punto di piangere.
-Mi hai mai amato, Ael? Lo hai mai fatto? Comincio a dubitarlo.-  il ragazzo sussultò guardandolo ferito, incapace di credere a quello che aveva appena sentito, si era abbandonato a lui, fidandosi e facendo di lui il centro del suo mondo ed Evan, non si era mai accorto di nulla. Non era riuscito a dimostrare i suoi sentimenti per lui, ed Ael si ritrovò a pensare che forse era per quel motivo che l'uomo aveva tradito la sua fiducia.  -Se solo esistesse un dio saprebbe quanto male mi hai fatto e quanto io ne abbia fatto a te, amandoti.-  la voce del ragazzo colpì Evan come uno schiaffo.
Rimasero inginocchiati sul pavimento, mentre il crepuscolo si tramutava in tenebra, avvolgendoli, insieme al silenzio.
 

-Sento così freddo da quando non ci sei più ... fa male.-
fu la voce di Ael a spezzare quel silenzio irreale. Evan non rispose, si limitò ad avvicinarsi al ragazzo stringendolo a sé, cullandolo gentilmente mentre con una mano gli accarezzava i capelli morbidi, sentendolo tremare e piangere contro il suo petto, con le dita avvinghiate alla camicia, premute contro di lui come a volerlo graffiare, scarnificare, mettere in mostra quel cuore che adesso batteva per lui, ma forse, un giorno, avrebbe potuto battere per la donna che stava sposando, con la quale avrebbe avuto una famiglia, per la quale avrebbe abbandonato le vecchie abitudini, tra cui Ael. Perché era questo che il ragazzo si sentiva, soltanto un'abitudine, poi neanche necessaria.

-Non vado da nessuna parte.-
-Bugiardo.-  Lo apostrofò Ael, con la voce rotta dal pianto. Le labbra di Evan si incresparono in un sorriso amaro mentre stringeva l'abbraccio,riscoprendo il calore di quel corpo, il suo profumo. Sapendo che se se ne fosse andato,Ael sarebbe crollato sbriciolandosi in minuscoli pezzi e che nessun'altro avrebbe mai potuto insegnare a quel cuore ad amare di nuovo. Perché ce n'era voluta di pazienza con quel ragazzino, di tempo, di parole, di abbracci. Niente sembrava mai essere abbastanza per Ael, che si difendeva da solo con il suo cinismo, con i suoi dubbi, con i suoi silenzi. Che non aveva il coraggio di chiedere niente, perché convinto di meritarsi niente. Uno come lui. Incapace di amare, o almeno era quello che aveva sempre sostenuto. Ma Evan era riuscito a vedere oltre quella maschera,lo  sapevano entrambi.

E nonostante le parole crudeli che il ragazzo gli aveva riservato, gli sguardi gelidi, i silenzi, Evan sapeva che avevano bisogno l'uno dell'altro.
 
 



Note:
Eccomi qui con il seguito di ClockMaker, perché se il primo non era abbastanza deprimente, questo dovrebbe esserlo! xD
Seriamente, non potevo abbandonare quei due e devo dire che per me, narrare la loro storia è terapeutico. Sono stata molto combattuta sul pubblicarla o meno, anche se era in progetto da molto tempo, ma ho pensato che non sarebbe stata una cattiva idea.
Chiedo scusa per gli errori che avrete sicuramente trovato e spero di non deludere le vostre aspettative <3

 
  
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