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Autore: La Mutaforma    04/05/2015    2 recensioni
C'è un mondo oltre la barricata. Dove suonano musica, dove versano il vino, dove regna l'entusiasmo. Il sole irradia i suoi abitanti, il vento trasporta le loro canzoni.
C'è, ma lui non riesce a vederlo. Oltre la barricata vede solo la morte sulle baionette dei soldati.
La fine di ogni cosa.
[In sintesi, au su cosa sarebbe successo se Grantaire e Enjolras fossero sopravvissuti alla barricata. Ovviamente E/R]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo è un bonus, un finale alternativo su cosa sarebbe successo se Enjolras non fosse riuscito a salvare Grantaire. L'essere crudele che mi ha ispirato questa cosa è WandererS, prendetevela con lei.

L'autrice consiglia di ascoltare questo per aumentare i feels a livello tragico.

 

 

 

 

Un istante di beatitudine

 

 

 

 

“Viva la repubblica” La voce di Grantaire è un suono strozzato. È troppo tardi per salvarlo, ma è ancora in tempo a morire con lui. È molto più di quanto avrebbe mai sperato. Si posiziona accanto ad Enjolras, il petto si gonfia in profondi respiri. “Dividiamoci questo piombo. Quando tutto questo finirà, comandante, potrà dire di averne presi due con un solo colpo, che grande storia! Scommetto che le daranno una medaglia al valore per questo! Che spettacolo!”

Non può smettere di parlare, ha paura. Non ha mai avuto così paura ed è troppo sobrio per affrontare la morte. Lo sproloquio nervoso di Grantaire ottiene in reazione lo sguardo confuso e spaesato di Enjolras, poi la risata sguaiata del gendarme.

“Riconosco questa parlata da folle pensatore. Tu sei quel matto di Grantaire! Mi ricordo di te!” Grantaire invece no, non si ricorda di lui “Una sera mi battesti a scacchi. Sei stato un bravo giocatore, uno onesto. Mi offristi da bere e dicesti che un giorno avrei ricambiato il favore. Un folle previdente! Chi lo avrebbe mai detto!” la carabina si abbassa “Su, puoi andare, non posso sparare ad un uomo così”

Grantaire sente i nervi tesi, il sangue pulsare nelle tempie. “Quindi è questo il nuovo gioco? Dei due condannati uno lo grazi e lo lasci andare? Prima eravate uno scarso giocatore di scacchi, ma adesso siete più potente di quel Dio che muove ogni cosa! Ebbene, mi piace, davvero una bella trovata, ma questa, comandante, è la mia ultima partita.” Gli batte il cuore più veloce, recupera i battiti perché sa che saranno gli ultimi. “Adesso onora il tuo debito, capitano; lascia andare questo ragazzo non meno folle di quest'uomo che hai davanti agli occhi. Giochiamoci quest'ultima partita.”

Gli occhi di Enjolras si accendono di rabbia, o di angoscia. “Grantaire, non te lo lascerò fare! Che follia è mai questa?”

Sono troppo sobrio per fare l'eroe. Non sono mai stato coraggioso.

“Sono inutile, cittadino Enjolars, lo hai detto tu stesso, e più di una volta anche. Sono uno scarto delle osterie alla chiusura, e solo un tavernaio potrebbe mai piangere la mia fine. La tanto amata patria ha ancora bisogno della tua fiducia e del tuo coraggio. Vai adesso! Non perdere tempo, questa è una partita tra me e il capitano”

Non è nemmeno sicuro che il gendarme davanti ai suoi occhi sia davvero un capitano, ma i titoli hanno poca importanza. Lui è l'uomo armato, Grantaire invece non è un eroe né un soldato. Non è nessuno, è un ubriacone senza identità. Ce n'è uno in ogni osteria; lui occupava l'angolo buio del Musain e non era migliore dei suoi compagni caduti.

Beato il primo a cadere, che non vede tutti gli altri morire e non ha il tempo di chiedersi come sarà quando verrà il suo turno. Che mi venga almeno concesso di essere l'ultimo e tra tutti gli amici che non ho potuto salvare, che io possa scorgere la sua figura che si allontana, i suoi passi portarlo in salvo.

È un bel modo di morire, il migliore a cui potesse mai aspirare.

Enjolras cambia espressione quando si parla della patria ma non accenna ad andare via. È Grantaire a spingerlo via con violenta disperazione, prima che questo gioco venga a noia al soldato. Tira un sospiro di sollievo mentre osserva Enjolras spostarsi lentamente di lato, arrendevole, offeso. Vivo. Potrebbe scappare via dalla porta, ma non lo fa. Resta immobile, a lato, a metà tra Grantaire e il soldato.

Vuoi restare? Vuoi vedermi morire?

Gli occhi del suo condottiero sembrano bruciare di un sentimento che va oltre la rabbia e l'odio. Sono arrendevoli ma ancora fieri, sconfitti non dalle armi ma da quel sacrificio. Gli uomini potenti come Enjolras vengono piegati, ironicamente, solo dalla loro stessa impotenza. Non c'è nulla che possa fare ora e lui brucia. Non si direbbe che è Grantaire a morire, così sereno mentre lo guarda e gli rivolge un timido sorriso, il suo ultimo saluto.

Un momento dopo scoppia una confusione di immagini e suoni. Il rumore dello sparo echeggia secco, il grido di Enjolras invece è viscerale, fa spavento. Non saprebbe dire con precisione quale dei due ci sia stato prima.

Il colpo di fucile lo inchioda alla parete, le mani corrono sullo stomaco, dove il dolore è nero, caldo, viscido. Cade seduto, il capo reclinato su una spalla. La consapevolezza è serena; la morte è una porta, e se qualche volta Grantaire aveva provato a guardare attraverso buco della serratura, adesso è aperta e non ha paura di quello che nasconde.

I suoi occhi stanchi si fermano su Enjolras che grida e lotta con il soldato. Vorrebbe gridargli di andare via, di mettersi in salvo, ma la voce esce dalle sue labbra in un gemito, sovrastato dal rumore della lotta.

Infine, un colpo più forte riporta il silenzio nella stanza.

“Enjolras...”

Chiama il suo nome, la sua voce striscia dalla gola e raggiunge l'amante della libertà con le mani coperte di sangue. Perché è così, la libertà si ottiene con la guerra, col sangue, tutto quello che abbiamo lo abbiamo perché lo abbiamo preso da qualcun altro, che a sua volta ce l'ha rubato.

Enjolras sgrana gli occhi e corre a buttarsi in ginocchio accanto a lui. Con una mano gli regge la testa, con l'altra solleva quelle di Grantaire. La macchia di sangue sul suo stomaco riempie i suoi occhi di orrore.

“Grantaire...”

“Devi andare via...”

Le sue labbra tremano, i suoi occhi si riempiono di lacrime. Scuote la testa come scosso da un improvviso tremore.

“...è tutta colpa mia.”

Grantaire ha la vista annebbiata ma lo vede chiaramente piangere.

“È solo colpa mia! Pazzo, pazzo Grantaire... avresti dovuto fuggire quando eri ancora in tempo per farlo! Perché?! Perché non mi hai dato ascolto?”

Grantaire è pallido in volto, ma sorride. “Tu sei vivo...”

“A chi importa?! Abbiamo perso, tutto è perduto!”

“Sei vivo...” il suo sorriso gli spezza il cuore “Non c'è cosa al mondo più preziosa...”

Enjolras si morde il labbro, poggia la fronte sui riccioli scuri del compagno ferito. “Ti salverò! Tu non morirai! Non ho potuto salvare tutti gli altri ma tu vivrai! Sono vivo io, vivrai anche tu! Insieme, Grantaire! Devi restare sveglio! Devi fidarti di me!”

“Io mi fido di te... io credo in te. Ho sempre creduto in te...”

Enjolras lo stringe a sé, il viso sporco di sangue lavato dal pianto. “Andrà tutto bene, vedrai... fidati di me.”

Si guarda alle spalle, verso la porta, chiedendosi se può davvero trasportare Grantaire lontano da quel posto, senza aggravare la ferita. Quanto lontano possono andare prima che muoia dissanguato?

La paura gli agita il petto, gli deforma i lineamenti.

L'altro invece è tanto più sereno, debole, in pace. Si lascia cullare dalle braccia ansiose di Enjolras, dalle sue mani tremanti di collera e di paura.

Poi, dei passi risalgono velocemente le scale.

Enjolras è pronto, il suo sorriso si fa nevrotico. Se devono morire, allora moriranno insieme. Non ha paura. Questa è la fine che gli spetta, non chiede niente di meglio.

Ma alla porta non compare un soldato.

Un uomo in divisa, sì, ma non un soldato. È quel volontario, Fauchelevent. È vivo anche lui. Deve aver sentito le urla.

Sotto il manto celeste del miracolo si cela un'orrenda visione e Enjolras spalanca gli occhi. È pronto a morire, non a vivere, non a scappare.

Monsieur Enjolras! Siete vivo! Dobbiamo andare!”

Enjolras scuote la testa, disperato, istintivamente stringe l'amico più forte, come se qualcuno avesse potuto portarglielo via. L'uomo si avvicina e si china su Grantaire, osserva brevemente la sua ferita. Non ci vuole molto per constatare che non può essere salvato. “Non c'è niente che possiamo fare per lui... dobbiamo andarcene.”

“No! Non posso!”

“Enjolras non sprecate la vostra vita in questo modo! Non posso più restare! Marius è vivo ma è ferito, devo portarlo via da qui! Venite anche voi! Venite ad aiutarmi!”

“Non lo farò mai! Non posso abbandonarlo!”

“Venite via! Conosco la strada! Non c'è più tempo!”

Grantaire gli accarezza delicatamente il braccio, gli sfiora la mano. Sono le sue ultime energie, ma è così felice di starle usando per quelle deboli carezze. “Enjolras... devi andare. Quest'uomo è degno della tua fiducia, puoi andare con lui. Non farlo aspettare...”

Enjolras china la fronte sul suo capo, scosso dai singhiozzi. “Ti prego... non puoi chiedermi una cosa del genere... non posso lasciarti qui da solo...”

“Non ho paura, ci sei tu con me e vivrai, questo mi rende felice. Possa pure aspettarmi l'inferno dopo, il mio paradiso è quaggiù...”

Tutta la beatitudine eterna per lui dura pochi minuti.

Queste ultime parole lo hanno stremato, i suoi occhi non riescono quasi più a distinguere le linee sul suo viso, quei lineamenti tanto amati ora sono più lievi dei sospiri che gli indirizzava. “Enjolras... io... io... devi sapere...”

La voce stanca si interrompe e in un baleno il volontario afferra Enjolras per le spalle con una forza inimmaginabile, trascinandolo via. Enjolras scalcia, piange, grida e chiama il nome di Grantaire. Sulla soglia della porta allunga un'ultima volta la mano verso di lui, disperatamente, opponendo resistenza per raggiungerlo.

Grantaire risponde con un sorriso, sollevando a stento il braccio.

“...Ti ho amato.”

Il rumore dei passi e le urla di Enjolras si fanno più distanti alle sue orecchie. Muore, ma lui è in salvo.

Il silenzio gli porta la pace.

 

   
 
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