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Autore: artemisia la fee    05/05/2015    1 recensioni
[Cross-over tra Doctor Who e Supernatural, con una versione umanizzata del TARDIS e dell'Impala]
TARDIS è solitaria, permalosa, strana. Impala è espansivo, solare, divertente. Lei una secchiona studiosa di fisica e astronomia. Lui un meccanico che vive solo per i motori e la musica rock.
Sono diversi, ad un primo sguardo e se le circostanze non fossero state quelle non si sarebbero mai incontrati, eppure è successo.
Perchè infondo tanto diversi non sono, devono solo scoprire cosa li rende uguali, più uguali di quanto non pensino.
*Doctor Who e Supernatural, sono due delle mie serie TV preferite e questa FF (la prima che scrivo, siate clementi) è dedicata non ai loro protagonisti ma al Tardis e all'Impala, perchè lo sappiamo non sono semplici mezzi di trasporto, sono molto di più.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Doctor - 10, Donna Noble, TARDIS
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"TARDIS" urlava la voce di Donna dal telefono abbandonato sul sedile "TARDIS!"
Improvvisamente si riscosse e lo afferrò, con le mani che tremavano e lo portò all'orecchio.
"Co ... Cosa?" balbettò.
"Ho detto che Impala ha avuto un incidente. Vieni subito all'ospedale" urlò l'amica al telefono.
"Si, si arrivo" disse chiudendo la chiamata e lanciandosi al volante.
Per tutto il tragitto fino all'ospedale, non riuscì a pensare con lucidità, sbagliando anche un paio di volte la strada.
Nella sua mente i pensieri si affollarono e contorsero, come serpeti in una buca. Non sapeva se Impala stesse bene o male, quanto fosse grave e che tipo di incidente avesse avuto. 
Donna non le aveva detto nulla. Per quel che ne sapeva poteva anche essere in fin di vita e il solo pensiero la fece inorridire.
Si sentì in colpa, per quello che era successo. Se solo non avessero litigato, Impala starebbe ancora bene. Probabilmente sarebbero stati già in viaggio verso mete sconosciute.
Se solo lei non fosse stata così cinica e materialista. Impala aveva ragione, era una persona orribile e questo era il prezzo che stava pagando.
Parcheggiò di fretta davanti all'ospedale, con le ruote sul marciapiede, senza preoccuparsi dell'eventualità di una multa. Corse all'ingresso e prese l'ascensore, quando le porte si aprirono sull'atrio del reparto in cui era ricoverato Impala, la prima cosa che vide furono Dean e Castiel davanti ai distributori automatici.
"Dean, Cas" urlò precipitandosi verso di loro.
"TARDIS" disse Dean voltandosi di scatto.
"Do ... Dov'è?" chiese con voce tremante.
"Lo hanno appena fatto uscire dalla sala operatoria" rispose.
"Come sta?" chiese portadosi una mano alla bocca e sentendosi gli occhi lucidi.
"Non lo sappiamo, stiamo aspettando i medici"
"TARDIS" intervenne Castiel "Forse è meglio che ti siedi. Vieni, di qua ci sono gli altri"
Camminarono lungo il corridoio bianco, fino ad una piccola sala d'attesa, dove seduti su sedie e divanetti c'erano Donna, Sam, Bobby, Helen e Jo. Non appena arrivò, tutti alzarono la testa per fissarla.
"Ciao" balbettò a disagio.
"Ciao?" urlò Donna avvicinadosi "Ciao? Ti sembra questo il modo di fare? Il tuo ragazzo rischia la vita e tu sparisci, per ricomparire dicendo "Ciao"!?"
"Scu...Scusa" balbettò abbassando gli occhi con le lacrime che iniziarono a scorrerle sulle guance.
"Oh, TARDIS" sussurrò Donna, accogliendola poi in un caldo abbraccio.
"E' colpa mia" iniziò a singhiozzare sulla sua spalla "E' solo colpa mia"
"No, no, tesoro tu non c'entri nulla"
"Invece si" urlò allontanandosi.
"TARDIS" intervenne Dean "Io e Donna dobbiamo parlarti"
Tornarono davanti ai distributori automatici e con un te caldo in mano, parlarono.
"Cos'è successo?" le chiese Dean in tono brusco.
"Ehi" lo fermò Donna "Vacci piano raggio di sole, non vedi quanto è scossa?"
"Voglio  solo sapere cosa è successo al mio amico. Conosco Impala da anni, è un poco fuori di testa a volte, ma è un guidatore eccezionale e non si metterebbe mai alla guida ubriaco"
"Ubriaco?" chiese TARDIS sollevando la testa dal suo bicchiere caldo.
"Nella macchina hanno trovato un sacco di bottiglie vuote, birra, vodka, whiskey e altra merda. Si è schiantato sull'asfalto ubriaco fradicio e io voglio sapere perchè"
"E' colpa mia" disse cercando di asciugarsi le lacrime.
"Tesoro, perchè dici questo?" le chiese Donna.
"Imp....Impala, oggi è venuto a trovarmi e abbiamo litigato" iniziò a raccontare "Mi ha proposto di partire con lui, aveva già fatto le valigie e voleva adarsene con me"
"Andare dove?" chiese Donna.
"Ovunque, senza una meta"
"E tu cosa gli hai risposto?" chiese Dean.
"Gli ho detto che è impazzito, che non posso fare una cosa del genere. Lasciare l'Università e tutto, così su due piedi. Abbiamo litigato e ci siamo detti tante cose brutte. L'ho cacciato di casa e poi me ne sono andata anche io, spegnendo il telefono. Per questo, Donna, non sei riuscita a trovarmi. E' tutta colpa mia"
"Figlio di puttana" imprecò Dean sottovoce.
"Non immaginavo che avrebbe fatto qualcosa di così stupido. Se solo ... Se solo...." ma non riuscì a continuare, perchè riprese a piangere sulla spalla di Donna.
Qualche minuto dopo, in fondo al corridoio apparve John Smith, con il camice bianco da dottore e gli occhiali sul naso. Si abbracciarono e comunicò che ora potevano vedere Impala. Tutti concordarono che doveva essere TARDIS la prima a vederlo.
"E' ancora un poco intontito dagli antidolorifici" le disse davanti alla porta della stanza "Ma è in grado di parlare"
"Cosa gli è successo?" chiese temendo la risposta.
"E' uscito fuori strada con la macchina ad una curva" rispose a disagio arruffandosi i capelli "E si è schiantato contro un muretto. L'urto lo ha scagliato fuori dal parabrezza ed è finito metri più avanti. Per fortuna è atterrato su un prato o credo le conseguenze sarebbero state più gravi. Ha picchiato forte la testa, ma per fortuna le lastre non mostrano fratture, anche se dovrà portare il collare per il colpo subito al collo. Ha parecchie abrasioni e tagli, sul viso e sul torso, dovuti sopratutto all'impatto col suolo e ai vetri. Infine ha il braccio sinistro e la gamba destra fratturati"
TARDIS rimase a fissare l'amico, senza trovare nulla da dire. Le sembrava di trovarsi all'interno di un incubo da cui non riusciva a svegliarsi.
"Mi dispiace TARDIS" disse abbracciandola.
"John" sussurrò "Non posso. Non posso vederlo"
"Perchè?"
"Abbiamo litigato, prima dell'incidente. E' colpa mia se è su quel letto. Non vorrà vedermi"
"TARDIS" le disse prendendole il mento "Non lasciarlo solo. Non in un momento come questo. Io e te sappiamo bene cosa vuol dire essere soli e sappiamo quanto fa male. Vai da lui, stagli vicino"
"Grazie, John" singhiozzò abbracciandolo, poi si voltò e aprì la porta.
La stanza era bianca, con quadri dipinti a fiori alle pareti e tende azzurre. Al centro c'era il letto, bianco anch'esso e sotto le lenzuola, Impala. Tutto era immerso nella penombra e nel silenzio, interrotto solo dal lento respirare e dal ticchettio di un macchinario. TARDIS prese coraggio e lentamente si avvicinò.
La fronte era fasciata, la pelle del viso era livida e cosparsa di tagli. Attorno al collo, portava un collare. Il braccio ingessato era appeso con una fascia, mentre la gamba ingessata anch'essa era sospesa con un gancio.
Sentì il cuore stringersi in una morsa.
Lentamente si avvicinò al letto, senza sapere cosa fare. Una parte di lei voleva voltarsi e scappare, un'altra voleva prendergli la mano cosparsa di cerotti e stringerla.
"TA....TARDIS?" disse la flebile voce di Impala, voltandosi leggermente verso di lei.
Per un attimo i loro occhi si incontrarono, quelli blu di lei in quelli cangianti e dorati di lui.
"TARDIS" esclamò Impala, cercando di alzare il tono della voce.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime e si voltò di scatto per tornare verso la porta. "Scusami" sussurrò "Non ce la faccio"
"No" cercò di urlare "Resta".
TARDIS si bloccò, con gli occhi fissi alla maniglia della porta, pieni di lacrime.
"Resta" disse ancora.
Cercò di cacciare via le lacrime e si voltò, tornando verso il letto.
"Siediti" continuò lui.
TARDIS prese una sedia e la avvicinò. Non sapeva cosa dire, se alzava gli occhi vedeva tutte quelle bende e cerotti e faceva male. Ma se alzava ancora di più lo sguardo, incontrava i suoi occhi e quelli erano peggio.
Perchè non l'accusavano, non la odiavano. Erano solo tristi.
"Fuori" disse fissando il lenzuolo "Ci sono tutti. Se vuoi vado a chiamarli, sono ansiosi di vederti"
"Dopo" rispose "Ora voglio te"
"Come stai?" chiese, anche se le sembrò la domanda più stupida da fare.
"Sono vivo" 
"Impala....io...." balbettò ma non riuscì a dire altro.
Riprese a piangere e si odiò talmente tanto per quelle lacrime, che cercò di scacciarle come se le guancie le stessero andando a fuoco.
"Mi dispiace" singhiozzò "Mi dispiace tanto. E' colpa mia, solo colpa mia"
"No" sussurrò Impala cercando di alzare la mano verso di lei "Non è colpa tua. Sono io che ho deciso di ubriacarmi e correre in macchina"
"Ma, ti ho detto tante cose brutte"
"Te ne ho dette anche io. Non dovevo prendere decisioni per te"
"Ti ho riso in faccia, Impala" disse disperata.
Lui non seppe cosa rispondere, perchè quella era una cosa che gli aveva fatto veramete male, forse più di tutte le parole. Voltò la testa e fissò le tende azzurre, che smorzavano la luce del sole.
"Mi dispiace" sussurrò TARDIS.
"Non piangere. Asciugati le lacrime e resta" disse continuando a fissare le tende.
TARDIS abbozzò un sorriso e gli prese la mano. Impala la strinse quel tanto che i cerotti consentirono.
Poi lentamente si alzò e si chinò sopra di lui, con i lunghi capelli che gli sfiorarono il viso. Impala si voltò, proprio nel momento in cui lei gli posò un leggero bacio sulle labbra. Impala ricambiò, per quello che gli permisero le ferite.
"Ci perdoniamo a vicenda, Donna dello Spazio?" le sussurrò.
"Certo, Baby" rispose.
Qualche minuto più tardi arrivarono anche gli altri e quella stanza di ospedale, fino a qualche minuto prima tetra e silenziosa, si animò di voci e di risate.


Impala rimase in ospedale per due settimane. Durante le quali le cose tornarono lentamente alla normalità.
TARDIS restò al suo fianco ogni minuto possibile. Se non lavorava o non era all'Università, stava seduta su una scomoda sedia d'ospedale, fino a quando John non veniva a portarla via.
Impala, si trovò a disagio circondato da tutte quelle cure e attenzioni ma, anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli fece piacere vedere TARDIS così premurosa.
Lei, da parte sua, continuò a sentirsi in colpa per quello che era successo, e l'unico modo che trovò per rimediare fu quello di stargli vicino.
Quando alla fine Impala tornò a casa, TARDIS decise che si sarebbe trasferita da lui fino a che non fosse guarito. Impala cercò di protestare, ma lei non accettò un no come risposta.



TARDIS entrò nella camera di Impala con la valigetta del pronto soccorso in mano. Lui era seduto sul letto, con il braccio appeso al collo e la gamba ingessata su una pila di cuscini. Non appena la vide entrare le rivolse uno sguardo pieno di rimorso e scuse, poi tornò a fissare la mano con le nocche sbucciate.
"Mi dispiace" le disse mentre TARDIS si sedeva sul letto accanto a lui. "Ancora" aggiunse.
"Ti avevo detto di non alzarti" lo rimproverò. 
Perchè era quello che era successo. Con la sua testa dura aveva creduto di essere in grado di camminare, invece aveva perso l'equilibrio ed era caduto, riaprendo una ferita alla mano.
"Se ti serve qualcosa chiamami. Non fare l'eroe" gli disse disinfettando la ferita e applicando un cerotto.
"Stai facendo troppo per me" gli disse.
"Non fare lo stupido. Non puoi muoverti e qualcuno deve aiutarti. Qualcuno deve aiutarti a lavarti e andare i bagno, deve prepararti da magiare e pulire la casa"
"Esatto, qualcuno. Non per forza tu. Possono venire Dean o Sam"
"No" disse seria posandogli un dito sulle labbra "Voglio farlo io"
"Perchè? E non dirmi che è perchè ti senti in colpa"
"Perchè ti amo, stai male e voglio starti vicino". Poi gli si avvicinò lentamente, accarezzandogli la guancia e lo baciò dolcemente, premendo sulle sue labbra morbide e sfiorandogli il collo con le dita.
"Promettimi una cosa" gli disse Impala dopo che si furono allontanati "Non stancarti troppo. Non voglio che per colpa mia, tu rimanga indietro con lo studio o che ti faccia venire un esaurimento" concluse con una risata.
"Prometto" 
Si guardarono intensamete negli occhi e si baciarono ancora, questa volta con più passione che dolcezza.
TARDIS gli accarezzò il petto nudo e continuò a baciarlo. Impala le accarezzò la spalla, con la mano ricoperta di cerotti e libera dall'ingessatura.
Lentamente TARDIS, continuando a baciarlo e accarezzandogli i capelli, si spostò sopra di lui. Ma il movimento gli fece cadere la gamba dai cuscini e imprecare dal dolore, per un livido sulle costole.
"Scusami" sussurrò scostandosi e risistemandogli la gamba. "Forse non dovremmo..." disse allotanandosi, ma Impala la fermò predendole il braccio e attirandola di nuovo a se.
"Sei ancora debole" sussurrò.
"TARDIS" disse Impala "Sto bene"
"E se ti faccio male?"
"Sei leggera come una piuma cosa pensi di farmi?"
"Ma, non riesci neanche a muoverti"
"TARDIS" continuò Impala "Ho solo la gamba rotta, tutto il resto funziona" aggiunse ammiccando.
TARDIS scoppiò a ridere e gli si avvicinò di nuovo, con i lunghi capelli blu che accarezzarono le spalle di Impala.
"Sono tutto per te" aggiunse. Poi a TARDIS, venne in mente un'idea.
"Aspetta un attimo" disse baciandolo velocemete "Torno subito"
Uscì dalla stanza e andò in cucina. Sul tavolo c'era un sacchetto della lavanderia, dentro una divisa da poliziotto.
Si tolse la maglietta, rimanendo in intimo, e si mise il cappello blu, con una grande scritta bianca "Police" sul davanti, poi tornò in camera.
Quando Impala la vide, si illuminò e non appena notò il cappello e la scritta esclamò un "Oh" di meraviglia.
TARDIS si avvicinò al letto e cercando di non fargli male si sedette a cavalcioni sulle sue gambe.
"Dove l'hai preso quello?" le chiese indicando il cappello.
"E' di mio padre" rispose "Oggi sono passata in lavanderia a ritirare la divisa"
"E tu la usi per sedurmi. Non ne sarà contento"
"Non deve saperlo" concluse circondandogli il collo con le braccia.
"Sono in arresto?" chiese alzando un sopracciglio. TARDIS rise e annuì, chinandosi su di lui.
Iniziarono a baciarsi, prima lentamente poi con sempre più insistenza, fino a che le labbra sembrarono ardere. Impala le accarezzò la schiena, con i cerotti alle dita che le solleticarono la pelle.
TARDIS scese a baciargli il mento e il collo, infine il petto fin dove la fasciatura che gli sosteneva il braccio permise. Poi si allontanò e si slacciò il reggiseno.
Impala percorse con gli occhi ogni centimetro della sua pelle, desiderandola con occhi ardenti. TARDIS gli prese la mano e la portò sul proprio seno, inclinò la testa all'indietro e lasciò che le dita di Impala giocassero intorno al capezzolo.
Intanto gli accarezzò il ventre e fece scorrere le mani sul tatuaggio della Colt, per poi abbassargli i pantaloni e infilando la mano sotto di essi. Trovò il suo membro e iniziò a massaggiarlo. Impala ansimò appoggiandosi sul cuscino dietro di lui e tolse gli slip a TARDIS, accarezzandole le cosce.
Lo accolse dentro di se, stringendolo al proprio petto e baciadogli le labbra, lasciando che la sua lingua la assaporasse.
Dopo il litigio e le settimane in ospedale, fu ancora più bello del solito.


Le promesse sono difficili da mantenere. Si cerca di portarle a termine, al meglio delle proprie capacità e forze. Ma a volte non si riesce. Gli eventi ci sfuggono di mano, il destino sceglie strade diverse da quelle che avremmo pensato.
TARDIS, per quanto ci avesse provato, non fu in grado di mantenere la propria.
Aveva promesso ad Impala che l'aiutarlo durante la convalescenza, non l'avrebbe ostacolata nello studio o nella vita, che non l'avrebbe stancata.
Non ci era riuscita.
Prima di Impala la sua vita era stata movimentata, ma lineare. Correre avati e indietro per l'Università, trasportare John e Donna da una parte all'altra della città, studiare e perdersi con il naso verso il cielo all'Osservatorio Astronomico.
Ora invece doveva fare i conti con lui, lo amava, ma doveva trovargli posto nella sua routine e ce l'aveva fatta, riusciva a vederlo e continuare lo stesso con i suoi libri, le sue stelle e i suoi pianeti. Ma ora.....
Ora doveva correre a casa sua, sistemargli la casa, aiutarlo in qualsiasi semplice movimento, fargli da mangiare e portarlo dal medico per i controlli. E in tutto questo doveva trovare tempo per quello che già c'era.
Si sentiva in trappola. Si sentiva diversa, come se avesse smarrito se stessa.


Impala si svegliò di colpo, sbattendo gli occhi alla luce che entrava dalla finestra. Si sentiva gli arti intorpiditi e formicolanti, sopratutto quelli imprigionati nel gesso.
Nonostante fossero ormai passate delle settimane dall'incidente, non era ancora riuscito ad abituarsi a quelle posizioni scomode per dormire, alle stampelle e al non potersi muovere.
Gli mancava guidare. Può sembrare strano detto da qualcuno che aveva appena avuto un incidete che gli sarebbe potuto costare la vita. Ma Impala amava la sua auto. Amava sedersi al volante, con la musica ad alto volume e l'aria fresca che entrava dai finestrini. Gli macava l'odore dei sedili di pelle ormai impregnati della pungente fragranza del tabacco. Gli macava sentire il volante stretto intorno alle sue dita e il rombo del motore nelle orecchie. Ma più di ogni altra cosa, gli macava la sensazione di libertà che guidare gli dava.
Appoggiò la testa sul cuscino e fissando il soffitto, ascoltò i rumori di casa.
Sapeva che TARDIS c'era, perchè poco prima di addormentarsi l'aveva vista passare con un cesto pieno di vestiti da lavare.
Ora non si sentiva nulla, se non un suono di sottofondo. Si fece più attento e lo ascoltò per capire cosa fosse e da dove provenisse. Sembrava un lamento, come se qualcuno stesse piangendo. Aggrottò le sopracciglia e si sollevò. Voleva scendere da quel letto, voleva scoprire se fosse TARDIS e se stesse bene.
Si protese per prendere la stampella appoggiata al comodino e si sollevò lentamente con la gamba sana. A fatica riuscì a raggiungere il corridoio e il soggiorno. Si appoggiò contro il muro e guardò la stanza di fronte a se.
TARDIS era seduta sul divano, davanti a se il tavolino era ingombro dei suoi libri e dei quaderni. Sul tavolo della cucina attendeva un cesto pieno di lenzuola da piegare e per terra un secchio peno d'acqua e una scopa.
TARDIS piangeva, con il viso nascosto dalle mani, piangeva.
"TARDIS" sussurrò Impala.
Lei alzò gli occhi di colpo, colta alla sprovvista e non appena lo vide, si alzò di fretta dal divano e cercò di asciugarsi le lacrime.
"Impala" urlò presa dal panico "Cosa ci fai in piedi?"
"TARDIS, perchè piangi?" le chiese.
"Non sto piangendo" si lamentò con un singhiozzo.
"TARDIS, cosa c'è?" disse avanzando verso di lei "Va tutto bene?"
"Benissimo" balbettò aiutandolo a sedersi sul divano.
"TARDIS" insistette lui.
"Ti ho detto che va tutto bene" urlò voltandosi, ma Impala la fermò. "Lasciami" urlò ancora divincolandosi, con le lacrime che rincominciarono a scorrere.
"TARDIS" urlò Impala, questa volta in tono autoritario. Lei lo guardò e cadde accanto a lui sul divano, tornando a nascondere il viso tra le mani.
"E' tutto.....E' tutto sbagliato" singhiozzò "Io non sono così"
"TARDIS" la rassicurò Impala, stringedola in un abbraccio "Va tutto bene. Cosa...Cosa c'è di sbagliato?"
"Io" disse piangendo sul suo petto.
"Tu non hai nulla di sbagliato"
"Invece si" urlò "Oggi avevo un esame, uno importante e ... e me ne sono dimenticata. Ero così presa da ... da te, che me ne sono dimenticata"
"TARDIS" disse con la voce improvvisamente triste, perchè sapeva quanto questo fosse importante per lei e sapere che la colpa era sua ....
"Può capitare a tutti" continuò, cercado di consolarla.
"No, non a me" urlò dura "Io sono quella che a sette anni è andata a scuola per un compito con quaranta di febbre e sai cosa?"
"Cosa?"
"Ho preso il voto più alto dell'intera classe"
"Puoi sempre chiedere al professore se te lo fa ripetere, gli spieghi la situazione e sono certo che capirà"
"L'ho già fatto. Il professor Rassilon ha detto che posso ripeterlo settimana prossima. Ma non è questo il punto"
"E qual'è il punto?"
"Il punto è che questa non sono io, non è da me. Non mi riconosco più"
"Te lo avevo detto che non dovevi lavorare troppo per me, tralasciando te stessa"
"Scusami" sussurrò cercado di arrestare le lacrime.
"Ora basta piangere" le disse "Asciugati le lacrime, che hai tutte le guance sporche di trucco"
"Ecco" sbuffo "Vedi? Io non sono così. Prima di conoscerti non mi truccavo e non indossavo neanche questi scomodissimi reggiseni di pizzo. Questa non sono io"
"TARDIS, non devi fare queste cose per me. Non mi importa. Tu mi piaci comunque, così come sei"
Lei lo guardò e singhiozzò ancora una volta, poi si asciugò una lacrima e si avvicinò per baciarlo. Impala le prese il viso e ricambiò il suo bacio, poi la stinse in un abbraccio. TARDIS si lasciò cullare, e con il suono del suo cuore che batteva e del suo lento respiro, si calmò.
"Vai a casa" le disse.
"E qui chi ti aiuterà?" gli chiese alzando gli occhi.
"Verranno Sam, Dean o Cas, dato che vuole sempre aiutare il prossimo"
"Ma...."
"Nessun ma" disse poggiandole un dito sulle labbra " Vai a casa" continuò facendolo scorrere sulla guancia, portando via le ultime lacrime "Fatti una lunga dormita e preparati per i tuoi esami. Ogni tanto verrai a trovarmi, ci faremo le coccole sul letto e poi tornerai a casa. Non voglio sentirmi in colpa"
TARDIS deglutì e prese un respiro profondo, poi guardò Impala e gli sorrise al meglio che potè.
"Ti amo" le sussurrò lui.
"Ti amo anch'io" rispose.
"Ora vai" la incalzò.
"Ok" disse nervosa alzandosi e raccogliendo le sue cose "Se hai bisogno di aiuto chiamami. Intanto la lavatrice ha quasi finito e in frigorifero c'è qualcosa di già pronto da mangiare se ti viene fame"
"Grazie" le disse dolcemente tenedole la mano.
"Ok allora vado" continuò torcendosi le mani dall'ansia.
"Ciao, scrivimi quando sei a casa"
Si baciarono un'ultima volta, poi TARDIS si voltò e uscì.
Quando arrivò a casa, finalmente si sdraiò sul letto e caddè addormentata nel giro di pochi minuti. 


 
  
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