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Autore: Vale11    07/05/2015    1 recensioni
Una raccolta di drabble e one shots che girano intorno a Riario e Da Vinci. Possono essere ambientate nel rinascimento come ai giorni nostri, possono andare dal comico al romantico, fino al decisamente deprimente.
"C’è chi gli ha detto che è quando sorride che fa più paura. Lui sa che il suo sorriso continuo è una reazione anche alla sua, di paura. Di quando ne aveva, di quando ne ha avuta. Di quando ne ha. Sorridi in faccia a chi ti sta frustando la schiena, e vedrai che gli confonderai le idee. Almeno quello. Ha imparato a sorridere così bene. Un sorriso freddo, falso e senza grazia alcuna."
Occhio, spoiler di brutto!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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di nuovo, da un prompt di kikigurr!
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Leonardo è una persona tattile. E’ una di quelle persone che hanno bisogno di contatto fisico costante, che devono sentire le altre persone sotto le dita per stare bene: un’infanzia passata con un padre che ti ignora o, se va bene, ti tratta come un peso più che come un figlio, ha questo effetto. Gli viene naturale, non ci può fare niente: tocca chi ha intorno con una naturalezza disarmante. Se poi si tratta di toccare la persona che ama, diventa un cucciolo di golden retriever iperattivo. Non sa bene come gestire questa cosa, non ci ha mai fatto caso. Non ci ha mai dovuto fare caso, fino a questo momento. 
Girolamo è l’opposto: se è lui a iniziare il contatto, a mantenere un minimo di controllo sulla cosa, fila tutto liscio; se è Leonardo a iniziare si tende come una corda di violino e cerca di ritrarsi in tutti i modi prima di rilassarsi e lasciarlo fare. Il problema, con Leo, è che non si tratta di una mano su una spalla, sulla schiena o su un braccio: con Leo il contatto è totale, ti si fionda addosso, cerca la pelle sulla pelle. Ne ha bisogno, ne ha fame, ne è stato privato per tutta la vita. Non sa come sopravvivere altrimenti. 


Girolamo sa che, visti da fuori, sembrano una coppia improbabile formata da un cucciolo affettuoso iperattivo e un grosso gatto bisbetico: se non fosse che il gatto è lui gli verrebbe da ridere ma, vista da dentro, la situazione è diversa. Ogni volta che Leo gli si getta addosso, ogni volta che cerca un contatto fisico più approfondito, gli scattano brutti ricordi in testa e i nervi gli vanno in overdrive. Prima che se ne accorga si è già scrollato di dosso il suo ragazzo. 
Lo fa stare male, lo sa. Ma non sa come gestirsi.


Leo guarda il suo ragazzo, addormentato sul divano dell’appartamento che divide con Zo e Nico, e pensa a una statua di un museo: non solo per l’oggettiva bellezza che possiede, ma perché sembra che abbia dipinto in fronte “fragile: guardare ma non toccare”. Sa perché si comporta così, sa perché non vuole essere toccato: gliel’ha confidato la sera prima che si mettessero insieme, dopo un tracollo psicologico che ha coinvolto una quattro formaggi, troppo alcool e la vista di suo padre al telegiornale della sera. Ha una mappa mentale delle cicatrici che si porta addosso, e sa chi è stato a infliggergliele tutte, o quasi. Lo sa. 
Il fatto è che il tocco è il modo più diretto che ha per dimostrare il suo affetto per lui. Non sa come farne a meno, non sa come compensare con altre cose: Girolamo non è l’unico danneggiato, nella coppia. Certo, è quello con più crepe fra i due, quello con i segni più profondi addosso, ma anche Leo non è messo tanto bene. E questo non aiuta. Nessuno dei suoi amici, prima, ha mai avuto problemi col suo lato esuberante, nessuno gli ha mai detto niente. 
Neanche Girolamo, in realtà, ma non c’è bisogno che lo dica: lo sente irrigidirsi subito appena lo tocca, e dopo poco viene scrollato via come un fastidio da eliminare. Certo, poi Girolamo si scusa in tutte le lingue e lo lascia avvicinare di nuovo, con due occhi enormi che lo risucchiano in una spirale maledetta di paura e senso di colpa.
Si siede sul cuscino del divano, nel poco spazio libero rimasto, e appoggia una mano su un ginocchio del suo ragazzo: dorme sdraiato su un lato col viso verso lo schienale, un braccio piegato sotto la testa e i capelli lunghi legati in una coda. Ora che ci fa caso, gli ha di nuovo fregato una maglietta. Sorride, appoggiandosi al divano con un gomito e tracciandogli la linea di una gamba con un dito della mano destra. Girolamo è bellissimo, ma non sa come fare a farglielo capire: ogni volta che lo dice gli sorride e gli chiede se sia ubriaco. 
E’ una cosa che lo rende un po’ triste.
Leonardo non ha mai dubitato delle sue capacità: i tentativi di controllarlo di suo padre si sono tradotti in una ribellione completa e in una radicata sicurezza in sé stesso: si conosce, sa di cosa è capace e cosa potrà fare.
Girolamo no, affatto.
Certo, sa di cosa sia capace: è padrone di se stesso in un modo totale, completo, dotato di una freddezza logica e di una rabbia gelida che fanno passare a chiunque la voglia di metterselo di traverso. Ma non crede mai a Leonardo quando gli dice che è bello, davvero. Non crede a nessun complimento, mai. Non pensa di valere molto, in sintesi. 
E, di nuovo, un’infanzia passata prima in un istituto e poi come punch ball per suo padre fa questo effetto. 
Leo gli fa scendere il dito sul polpaccio fino alla caviglia, si ferma su quel mezzo centimetro di pelle libera presa fra jeans neri e calzini dello stesso colore e torna su lungo l’altra gamba fino a toccargli lo stomaco. Allarga la mano sulla maglietta dei Pixies che gli ha fregato dall’armadio e gli scappa una smorfia quando lo vede trasalire e svegliarsi di colpo.
Lascia la mano li, guardando gli occhi nocciola del suo ragazzo scattare per tutta la stanza fino a trovarlo seduto davanti a lui.
“Va tutto bene, sono io”
Girolamo si morde l’interno di una guancia, annuisce e appoggia la fronte contro lo schienale del divano.
“Scusami - gli dice appoggiando una mano sulla sua, ancora ferma sullo stomaco - scusami, Leo. Non è di te che ho paura”.


Girolamo non vuole mai parlarne. Leonardo ci sta uscendo scemo.
E, quando impazzisce per qualcosa, quando ha un problema irrisolvibile fra le mani, ci si getta a capofitto.
Spesso, però, le conseguenze sono pessime. 
Ci ha pensato, sul serio, e non ha trovato altra soluzione per far parlare Girolamo, per fargli affrontare il problema, che metterlo davanti al problema lui stesso.
E’ scorretto, è orribile ed è potenzialmente pericoloso. Lo sa.
Ma non sa cosa altro fare. 


Girolamo gli sorride, gettandogli addosso una maglietta pulita e un paio di boxer: Leo si è scordato il pigiama nel suo appartamento per l’ennesima volta, dovrà accontentarsi dei vestiti del suo ragazzo. Con tutte le volta che Girolamo si mette i suoi, però, gli pare il minimo. Si sfila jeans e maglietta e li lascia cadere sul pavimento, si cambia e si appropria del lato del letto accanto al muro: da quando Girolamo l’ha ospitato quando è uscito dall’ospedale, ormai un bel pezzo fa, ha deciso che il suo posto è quello. Gli piace avere il muro da una parte e Girolamo dall’altra, lo fa sentire al sicuro. Restituisce la maglietta pulita a Girolamo, facendogli notare che a Firenze, d’estate, ci sono almeno quaranta gradi.


Girolamo dorme con la maglietta.
Sempre.
Non gli piace far vedere le cicatrici. 
Si infila a letto accanto a Leonardo, sdraiandosi su un fianco e voltandosi verso di lui, una mano infilata sotto il cuscino e l’altra appoggiata al materasso. Non si aspetta che Leo gli butti un braccio dietro la schiena e se lo tiri addosso. Per niente. Nè che gli infili una mano sotto la maglia, o che faccia resistenza quando prova ad allontanarsi. Sente Leo appoggiare le labbra sulle sue, e la sua testa si divide in due: da una parte il lato razionale, che gli fa presente che stanno insieme da mesi e ancora non hanno fatto niente di particolarmente intimo, per usare un eufemismo, soprattutto per colpa sua. Dall’altra, il lato totalmente irrazionale, spaventato e illogico che gli fornisce un ripasso dei primi vent’anni della sua vita. Non c’erano tocchi gentili, allora. C’era parecchia violenza, e un bel po’ di ricoveri. 
Prima di rendersene conto ha spintonato Leonardo talmente forte da fargli sbattere la testa nel muro, ed è praticamente rotolato giù dal letto finendo col sedere in terra e il fiato mozzo a fissare il suo ragazzo che lo guarda di rimando, tenendosi le mani sulla nuca. 
Poi, Leo fa una cosa strana.
Allunga una mano verso di lui, senza toccarlo, e gli chiede qualcosa che nessuno gli ha mai chiesto prima.
“Girolamo, ti prego, dimmi cosa devo fare”


Leonardo si allunga verso il suo ragazzo, spaventato a morte dall’idea di essersi spinto troppo oltre. Quando non lo vede reagire, quando non gli risponde, si sente lo stomaco cadere ai piedi. Ritira la mano, si tira su a sedere e gattona verso il bordo del letto, fino a trovarsi faccia a faccia con Girolamo. 
E’ pallido, gli occhi enormi che si ritrova resi ancora più grandi dall’agitazione.
“Splendore - Leonardo scende dal letto, gli si siede davanti, le mani che vorrebbero toccarlo ma non osano farlo - splendore, scusami. Per favore, scusami - si prende la testa fra le mani e la appoggia alle ginocchia - scusami”
Continua a chiedere scusa, a un passo dal crollo totale.
Girolamo continua a fissarlo, muto, senza capire bene cosa stia succedendo.


Ci mette un po’, a ricollegarsi. Ha avuto paura, una paura folle, senza senso: per un attimo Leo è diventato Sisto, e il dolore delle botte gli è tornato tutto addosso.
Tutto insieme, in una volta sola.
E’ arrabbiato con Leo, ma è suo padre che si merita tutto l’odio che si sente montare dentro: Leo non si merita di essere trattato così, non si merita di stare con qualcuno che non riesce a distinguere un tocco gentile da uno schiaffo. Lui non si merita Leonardo, affatto.
Ma non ci rinuncerebbe mai. Sarebbe un suicidio. 
Allunga un braccio fino a toccargli i capelli e non sa se è lui a tremare o Leonardo, o magari tutti e due.
“Potresti - deglutisce rumorosamente, gli sembra di inghiottire sabbia - potresti avvertirmi prima di toccarmi. Così io so cosa sta per succedere e non reagisco in questo modo”
Conclude indicandogli la nuca con un cenno della testa. Si trascina più vicino al suo compagno, controllando che non si sia fatto male sul serio, poi si allontana di nuovo e resta a guardarlo rimuginare.
Leo ha gli occhi lucidi.
Non si è mai sentito più in colpa di così nei suoi confronti.
Nessuno dei due si è mai sentito più in colpa di così.
“Avvertirti? - Leonardo si passa una mano sugli occhi - avvertirti in che senso?”
“Dimmi cosa stai per fare, non lo so. Avvertimi quando stai per saltarmi addosso, tipo”
Girolamo lo vede annuire, strofinarsi le mani sulla faccia e fissare il pavimento.
“Scusami, Girolamo - esala dopo un po’, tornando a guardarlo dopo un tempo indefinito che non riusciva a farlo - non volevo farti stare male”
“Sto bene - abbozza un sorriso quando Leo lo guarda, scettico - sul serio. Sto bene. Avvertimi, proviamo a fare così.”


Ci vuole un po’ perché il meccanismo ingrani: Leo non sa se avvertirlo di continuo o no, ha paura di diventare troppo pressante. Poi, trova la soluzione giusta.
“Posso?”
Gli chiede ogni volta che sente il bisogno di stringerselo addosso.
E’ la prima volta che chiede il permesso di toccare qualcuno.
Funziona.


Sono di nuovo accampati sul letto a una piazza nel monolocale di Girolamo quando Leo decide di tentare un esperimento. Lo avvertirà di tutto, di ogni minima cosa che deciderà di fare. 
“Ehi - gli dice tirandosi su su un gomito - posso?”
Indica la maglietta con una mano, Girolamo resta un po’ perplesso prima di annuire e guarda le dita dell’artista farsi strada sotto la stoffa. Resta immobile mentre Leo gli esplora gli addominali, scendendo ogni tanto ad accarezzargli i fianchi.
“Tutto bene? - gli chiede preoccupato - mi fermo subito, se vuoi”
Scuote la testa. Ha di nuovo quegli occhi enormi.
Leo sostituisce le dita con le labbra e lo sente tendersi di nuovo, prima di sciogliersi del tutto. Gli viene un dubbio terrificante.
“Splendore, Sisto non ti ha mai - si pianta, va nel panico e non sa come continuare la domanda - toccato in un certo modo, vero?”
Girolamo lo fissa con gli occhi fuori dalle orbite.
“No, Leo. Oddio, no - scuote la testa come un forsennato - no, niente del genere. Mai. Sul serio. Mi picchiava e basta”
Mi picchiava e basta. Come fosse qualcosa di cui sentirsi sollevati.
“Va bene, splendore, va bene - Leo lo spinge di nuovo sul letto con una mano sul petto - avevo paura che ti avesse fatto qualcosa, scusami se l’ho chiesto. Calmati - continua a tenerlo giù - Posso?”
Quando lo vede annuire, Leonardo scala il corpo di Girolamo col suo, gli infila una mano sotto la maglietta, sulla schiena, e lo stringe talmente forte che ha paura di fargli male.
Poi, già che c’è, inizia a baciargli il collo.
Girolamo mugugna qualcosa di non esattamente comprensibile e sposta la testa per fargli spazio, Leo considera il fatto che lo lasci fare come una microscopica vittoria personale.
“Ehi, sto per toglierti la maglietta. Posso farlo?”
Girolamo tiene gli occhi fissi sul soffitto, ma gli restituisce un ghigno.
“Solo se ti togli la tua”
“Accordato”
Un paio di t-shirt nere si perdono sul pavimento.
Leo si perde a guardarlo, non sa cosa ha fatto per meritarsi un ragazzo così: dev’essere stato davvero un buon diavolo nella vita precedente, perché in questa ha vinto alla lotteria. Aspetta che Girolamo annuisca, un po’ meno sicuro di prima, e si china di nuovo su di lui, baciando ogni centimetro di pelle che si trova davanti. Lo sente tendersi e si ferma, iniziando ad accarezzargli una mano chiusa sul lenzuolo.
“Va tutto bene, splendore - gli dice - sono io. Hai il controllo su tutto quello che succede. Non voglio farti male - gli bacia la pelle del fianco sinistro, resa irregolare da una strana cicatrice circolare che sembra una bruciatura - non ti farò mai del male, Girolamo. Ti fidi di me?”
Girolamo chiude gli occhi, inghiotte aria e annuisce.
“Fermami quando vuoi - continua Leonardo, continuando a lasciare una scia di baci che gli si avvicina pericolosamente ai boxer - capito? Quando vuoi”


Non crede di volerlo fermare. Per lo meno, non al momento. Sente le labbra di Leo risalire fino all’ombelico, cinque secondi di niente, poi il la mano del suo ragazzo gli si infila nei boxer. Spalanca gli occhi, inarca la schiena e lo fissa, a metà fra la paura e l’aspettativa.


Leo si blocca subito guardandolo negli occhi, in attesa di una reazione qualsiasi; Girolamo si morde un labbro e si accomoda sul cuscino.
“Tutto bene?”
Lo vede annuire.
“Sicuro?”
“Sicuro”
E’ un rantolo, più che una risposta.
Sexy come poche cose al mondo. Sorride.
“Vado?”
“Mh, artista - Girolamo apre gli occhi e gli regala un mezzo sorriso - chiedimelo di nuovo e giuro che ti strozzo”
Leonardo scoppia a ridere e si china a baciarlo, l’attenzione rivolta a ogni sua minima reazione e la mano che continua a scendere nei boxer; quando inizia a fare quello che avrebbe voluto fare da mesi sente Girolamo smettere di respirare per un millesimo di secondo e sciogliersi subito dopo, fondendogli una visione del tutto diversa da quella che offre di solito.
Di solito Girolamo è composto, distaccato, persino freddo.
Ora no, affatto. Vuole imprimerselo nella memoria, disegnarlo, dipingerlo, fare in modo che questa versione del suo ragazzo sia sua e soltanto sua.
Lo vede chiudere gli occhi di nuovo, lo sente mugolare qualcosa e iniziare a respirare più veloce, più pesante.
Quando viene, lo vede mordere il cuscino.
E’ un’immagine che gli rimane tatuata dietro le palpebre.
Il sistema di Leonardo viene rodato, sperimentato e approvato senza problemi. 







 
  
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