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Autore: Yami_x_Dark    31/12/2008    1 recensioni
"Il vampiro sentì chiaramente una morsa stringergli lo stomaco, i muscoli delle braccia tesi sino all’inverosimile: obbligandosi a rimanere del tutto indifferente a ciò che, in verità, lo stava sconvolgendo dal profondo. La sua espressione mutò da spenta a completamente sconvolta, un lampo di terrore che gli balenò nello sguardo. Totalmente nel panico, non sapeva più cosa dover fare. Aveva del tutto dimenticato ciò che, finora, aveva considerato “giusto” e ciò che sapeva essere “sbagliato”. Travolto."
Crystal ha vissuto per secoli. Ha visto cose che Sivade non ha mai visto, cose che non ha mai conosciuto. Il loro incontro, dettato dal capriccio della Regina Hades, sembra solo un brutto scherzo.
Eppure tra loro si è ormai creato molto più di un legame di rivalità, molto più di un legame d'amicizia. Ma può essere solo un caso, questo fortuito incontro tra un vampiro nato agli albori della rivoluzione francese, ed un mago dai bizzarri poteri, entrambi a comando di due eserciti opposti l'uno all'altro?
Genere: Romantico, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Alternate Universe (AU), Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 25

Per la precisione, ha avvelenato solo Sivade ^^

Purtroppo, Sivade è un piccolo/grande impedimento per i suoi nemici…

Basta pensare a come ha ridotto Crycry XD

La descrizione di Nashan è, in definitiva, una delle più azzeccate che le lettrici abbiano fatto.

Meriteresti un premio!

 

Ed ecco a voi l’ultimo capitolo.

Con questo, si chiude quello che all’inizio sembrava un racconto yaoi,

divenuto invece un romantico stralcio di realtà sovrannaturale.

Grazie per averci seguito,

ci vediamo il prossimo anno!

Yami & Dark

 

 

 

Capitolo 25

« The Final Destination»

 

La bimba sedeva composta in un angolo del salottino, occupando una sedia piuttosto bassa, vicino ad una finestra. Con sguardo perso, guardava il paesaggio fuori: la pioggia, gli alberi sconquassati dal vento, il cielo nero come la notte.

San non sapeva come potesse essere così violenta la natura.

Sapeva che Sivade, suo fratello o sua sorella, ormai più non capiva, insomma, sapeva che non poteva essere lei a richiamare quel tempo, pur questo essendo nelle sue capacità.

Mettendosi a posto una ciocca ribelle di lunghi capelli neri, stornò lo sguardo a quelle figure sedute a tavola, notando che v'era tra loro una tensione pressoché evidente.

Prima di tutti, Crystal stava a capotavola, gli occhi azzurri fissi in quelli del gemello che ricambiava lo sguardo a sua volta.

Ren non c'era: stava ancora rinchiuso in quell'angolo di mondo in cui pareva essersi rifugiato. In compenso, al suo posto v'era Haleck.

Un ragazzo che osservava tutto e tutti con un strano sorrisino incomprensibile stampato su quelle labbra rosee. Pareva che si divertisse ad insinuare l'ombra del dubbio sulla mente poco influenzabile di Crystal. Ma, non si sapeva come, ci riusciva sempre.

Anche se spesso accadeva che il moro spesso chiedesse il parere del fratello:

Forse più per una questione di formalità, che per un reale interesse dei pareri altrui.

Socchiuse gli occhi posando le braccia al tavolo:

« Ho preso la mia decisione » dichiarò allora, quasi all'improvviso, spostando a sua volta lo sguardo alla finestra.

Sentendo quel tono, San si sentì in un qualche modo interpellata e alzò gli occhi castani su di lui, in attesa che proseguisse con il suo discorso:

« Riporterò Sivade a casa. Non può insistere a pernottare in un tempio come questo, dove le scorte di cibo e farmaci sono appena sufficienti per chi vi abita.

Lei è una Principessa. Come tale va trattata, e sicuramente al suo palazzo sapranno come curarla al meglio » terminò, alzandosi in piedi con uno scatto invisibile ad occhio umano.

Haleck, sempre stretto al suo spolverino bianco, si limitò ad annuire con un grosso sorriso, rimettendosi in piedi a sua volta.

Al contrario, Tom non sembrava altrettanto convinto:

« e dunque ti fidi a lasciarla a mani a te sconosciute dopo ciò che è successo con quella donnaccia? » domandò con cipiglio evidentemente perplesso « l'episodio potrebbe ripetersi. » spiegò, chinando appena il capo, dubbioso riguardante le facoltà momentanee del fratello.

A quelle parole, Crystal chinò appena il capo, imitando il gemello.

Sul viso un espressione quasi scettica.

Stanca e provata:

« Da quando in qua ti interessi della sua salute? » scosse lentamente il capo, avvicinandosi a San. Negli occhi v'era solo abbattimento:

« Dovrai farmi strada » le fece notare quindi, accarezzandole i capelli per un brevissimo istante, tornando composto l’attimo seguente.

Tom respirò pesantemente, abbassando il capo. Arreso.

La bambina annuì prontamente, capendo di avere una grossa responsabilità sulle spalle: « Però c'è il mare intorno all'isola...» cercò di spiegare, terrorizzata alla sola idea di quell’abisso d'acqua « Nessuno sa usare un sistema magico? La nave impiega dieci giorni ad arrivare fino a lì.»

Crystal sorrise debolmente: « a quello ci penserà Tomi » disse del tutto tranquillo, mentre percepiva distintamente da tutti gli altri soliti rumori del tempio, lo frusciare di quel spolverino che ben conosceva:

« dato che qui non servo più, posso andarmene. » dichiarò Haleck a quel punto, con la solita aria ambigua, allontanandosi a passo rapido da quel tavolo a cui era stato seduto fino a quella tarda ora di notte « Hope è a casa da sola con Zero. Capirai la gravità della situazione » scoppiò a ridere, sparendo nel nulla pochi istanti dopo, avvolto dalla nebbia.

San guardò sparire quello strano tizio comparso poche ore prima, dimenticando per un attimo il discorso enunciato da Crystal. Poi si scosse, alzandosi in piedi da dov'era: « Vado a dirlo a Sivade? » chiese impaziente.

Tom fissò il gemello scuotere il capo con lentezza esasperante, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni: « lasciamola riposare » lo sentì dire soltanto, mentre si passava una mano ai folti capelli corvini « non ho voglia di sentire storie...».

Detto questo, sparì a sua volta, ritornando con indosso il suo giubbotto di pelle, in mano quello grigio di Tomi e quello rosso di San:

« Vestitevi... io vado a prenderla...».

San annuì, correndo fuori dalla stanza, diretta a recuperare le sue cose e quelle di Sivade. Nessuno, in quei due-tre giorni, era venuto a far visita a Sivade, che nonostante fosse stata curata a dovere, sembrava incapace di recuperare le forze. Non era una questione fisica, sembrava piuttosto che, oltre l'assenzio, fosse stata risucchiata di ogni energia in lei racchiusa, magica o altro che fosse.

Aveva sporadici momenti di lucidità, in cui parlava per massimo mezz'ora, per poi riaddormentarsi e svegliarsi solo dopo ore e ore di sonno.

Non mangiava, beveva solamente acqua. Lo stomaco le si bloccava ogni qualvolta l’obbligavano o supplicavano di mangiare.

In realtà, nessuno capiva che accidenti avesse.

In quell'esatto momento, San vide Crystal far ritorno con in braccio Sivade ancora pesantemente addormentata.

Camminava leggero, quasi non sfiorava il pavimento tant'era leggiadro.

Sembrava che la terra ai suoi piedi si spostasse per fargli spazio, ma in realtà così non era.

Strinse la ragazza al petto, mentre Tom prendeva San fra le sue braccia, tranquillo in apparenza.

Con il pensiero che così avrebbero portato a termine il prima possibile ogni sorta di sofferenza contemplabile.

Sospirò, facendo cenno a San di iniziare a farle da navigatore.

La bimba gli descrisse il luogo in cui si apriva l'unico varco al teletrasporto dal continente all'isola: si trattava della Piazza Circolare, al centro della capitale, nel cuore di Amestris.

Vi giunsero pochi minuti dopo, il clima anche lì piovoso. San lo trovò strano: Amestris, solitamente, era chiamata la Città del Sole, oltre agli altri nomi che tutti le affibbiavano nel corso degli anni.

Intorno a loro, v'erano persone di ogni genere: vecchi che accompagnavano bambini a scuola, donne che andavano a fare la spesa, uomini che correvano a prendere l'autobus che li avrebbe portati al lavoro.

Dopo un attimo, San vide avvicinarsi due guardie vestite di una divisa a doppiopetto bianca, con bottoni d'oro, i pantaloni neri che sparivano dentro agli stivali di pelle:

« Nome e motivazione. Perchè siete qui? » chiesero con un sorriso, per nulla minacciosi.

San sorrise a vederli, applaudendo felice: « Dyom e Frewin! Siete tornati! » disse contenta, riconoscendo i due generali dell'armata di Sivade.

Il ragazzo di destra che rispondeva al nome di Dyom sorrise, spostando il ciuffo ribelle che gli copriva metà volto. Era molto bello, con occhi a mandorla del color del mare in un giorno d'estate, la pelle di una tenera colorazione pesca.

Frewin, a sinistra, era invece molto più pallido e composto, i capelli lunghi e color platino raccolti in una treccia che gli arrivava fino al ginocchio. I suoi occhi erano fissi a guardare Sivade, poi Crystal, poi di nuovo Sivade.

« Dyom, credo proprio che San non abbia tempo per far aspettare i suoi compagni. Venite, vi scortiamo a palazzo. Presumo sia la vostra destinazione, nevvero? » chiese tranquillo il biondo, rivolgendo un'occhiata disinteressata a San.

Lei annuì, senza contestare una sola parola del giovane dagli occhi scuri. Frewin, quando parlava, diceva tutto quello che era necessario, quindi non v'era bisogno di specificare altro.

Crystal non si presentò, tanto meno il fratello.

Entrambi badarono bene a tenere la bocca chiusa, anche se il biondo quasi non fremeva ad urlare Ehi! Gli Hades vi invaderanno! AHAHAH!” immaginandosi saltare su di un tetto, le mani ai fianchi e lo sguardo serio.

Ma, dando una breve occhiata a Crystal, capì che non era veramente il caso di scenate simili. Anche se l'avrebbe tanto voluto...

Il suo viso si trasformò in un'espressione bambinesca, mettendo il muso, quasi imbronciato, giurando a sé stesso che un giorno o l'altro l'avrebbe fatto.

Promesso.

Da triste che era, tornò nuovamente ad essere sorridente e spensierato, con gli occhi già proiettati al futuro.

Antitetica, la mente di Crystal era rivolta completamente a pensieri molto più seri e coscienziosi. In quel momento la cosa più importante da fare era riportare Sivade a quella che altro non era che casa sua.

Poi...

Respirò a fondo, alzando lo sguardo al cielo, i capelli corvini lisci e completamente bagnati.

Poi, se ne sarebbe andato.

La presa sulla ragazza si fece più rigida e tesa, composta e chiaramente nervosa.

Una parte di sé ben sapeva che stava sbagliando, ma non intravedeva altre vie d'uscita.

Si convinse di farlo unicamente per il suo bene.

Per il bene di Sivade.

Notò che San li aveva preceduti, dietro di loro i due generali presentatesi loro.

La bimba fu la prima, di fatto, a giungere davanti al castello di Amestris: un castello fiabesco, dalle alte torri bianche e la scalinata centrale in marmo, alla cui fine torreggiava l'enorme portone in ebano sorvegliato dalle guardie.

Le finestre erano archi arabeggianti, i vetri trasparenti in chiaro segno di costante pulizia.

Non appena la comitiva salì il primo scalino, il portone iniziò ad aprirsi, come a dare l'invito.

Crystal osservò il tutto con aria disinteressata, limitandosi solamente a seguire le due guardie di cui era, in sostanza, costretto a fidarsi.

Guardò San per l’ennesima volta, ora alle costole dei due, e sospirò ancora una volta, tentando di convincersi di star realizzando la cosa più giusta.

Ma ne era sempre meno sicuro.

Spostò il suo sguardo su Tom che altro non faceva che seguirlo, gli occhi fissi al soffitto. Si ritrovò a sorridere, forse per inerzia.

Non sarebbe stato solo.

Poi guardò San.

E nemmeno Lei.

Solo a quel punto, notò che nel salone d'entrata stava una figura completamente vestita di bianco: era un uomo dagli occhi celesti, i capelli lunghi fin poco sopra le spalle. Alto, muscoloso, con una pelle quasi dorata dal sole. Incrociò lo sguardo con quello dell'uomo, ma ciò sembrò rivelarsi uno sbaglio: il fratello di Sivade, perchè era evidente che fosse tale, si passò disperatamente una mano ai capelli, lo sguardo di colpo terrorizzato.

« DONNE! » urlò, scappando a gambe levate su per la scalinata principale, sparendo in un istante alla loro vista.

Crystal alzò un sopracciglio alquanto stupito, le labbra ora piegate in una smorfia fra il divertito ed il scioccato.

Abbassò lo sguardo su San, poi su Sivade e, involontariamente, anche su sé stesso: «... uomo...» disse, quasi a bocca aperta.

Sentì una delle guardie scoppiare a ridere, quella che portava il nome di Dyom: « Perdonate sua maestà, ha problemi col gentil sesso...!» disse a voce abbastanza alta da farsi sentire anche da sopra le scale.

In risposta giunse un urlo soffocato, testimone che re Markus, il tanto celebrato re Markus a capo dei Regni Alleati, era ancora lì presente:

« GENTILE UN CORNO! » sentirono urlare con voce disperata.

Nell'udire quell'esclamazione dalle tonalità tanto disperate, Crystal posò lo sguardo su Sivade con fare ora decisamente più perplesso di pochi istanti prima:

« Davvero hai intenzione di lasciarla a questo qua? » chiese Tom a posto suo, affiancandosi al gemello con le mani affondate nei propri tasconi.

Non sembrava per nulla un tipo affidabile, in special modo se si parlava di “donne” e, a quanto pareva, Sivade lo era in tutti i sensi.

Tom alzò lo sguardo al soffitto, sospirando con evidente delusione:

« …Le uniche gioie della vita… » commentò ad alta voce, sognante.

Crystal, a quel punto si limitò ad una semplice smorfia, mostrandosi ancora più deciso e severo: « Ditemi un luogo ove portarla. Avrei urgente fretta. » si giustificò fissando dritto davanti a sé, scansando tutti gli sguardi puntati su di lui « per favore.».

In realtà voleva solo andarsene al più presto.

Prima che ella si svegliasse.

Frewin fece chiamare delle ancelle, portando la treccia dietro la schiena. Al contrario, Dyom si guardò da prendere decisioni affrettate: « C’è un unico problema, signori.» disse perentorio, concentrato a studiare la figura tra le braccia di quella persona che sentiva di conoscere: « Chi è questa dama? ».

« La sorella di vostra maestà. Sbrigatevi. » disse allora con tono perentorio, non riuscendo ad accantonare quella parte di personalità tanto abituata al comando.

Fissò le guardie, mentre un’idea andava formandosi nella sua testa: sarebbe stato disposto addirittura ad ipnotizzarle se non si fossero velocizzate.

Non si accorse che ora il giovane re era sceso dalle scale, guardando Sivade quasi sgomento. Le toccò un braccio, cercando di frenare le lacrime che aveva agli occhi: « Seguimi…» sussurrò piano a Crystal, iniziando a salire le scale con calma regale, dimenticando le sue paure. Le due guardie erano semplicemente rimaste immobili.

Dyom, una smorfia sul viso poco convinta, guardò Frewin: «…Sua maestà ha UNA SORELLA?» chiese confuso. L’altro scosse il capo e fece spallucce, voltandosi e tornando da dov’era venuto, seguito dall’altro che continuava a parlare senza sosta.

 

Stava posato al muro a fissare la sagoma stesa su quell’enorme letto a due piazze.

Le lenzuola scarlatte che tanto stonavano con il colore della sua pelle dorata, che l’avvolgevano sin sotto il seno.

Socchiuse gli occhi concentrandosi esclusivamente sul rumore prodotto da Tom, che camminava a passo svelto per tutta la lunghezza del corridoio, agitato.

Probabilmente preoccupato per le conseguenze di quell’amara decisione.

Notò Markus guardare sua sorella con una malinconia struggente. Si poteva quasi scorgere i pensieri che gli attraversavano la mente.

Anche se Crystal, come al solito, non sapeva molto di quella storia.

Per una fortuita coincidenza, sia lui che il re si ritrovarono a sospirare amaramente.

Ciò fece sorridere appena Markus, che alzò lo sguardo su di lui:

« Grazie. Non per averla riportata qui, dato che sarà un bel guaio spiegare questa cosa…Ma, davvero, grazie.» disse il biondo con voce ora molto profonda, da tenore.

« Di nulla. Ora devo andare. » rispose soltanto il moro.

D’altronde non era certamente il caso che la regina Hades venisse a sapere che era stato in contatto, seppur breve, con il tanto odiato Re di Amestris.

Abbassò le palpebre, mordendosi debolmente il labbro inferiore:

« E’ ora che vada. » terminò poi, lanciando un’ultima occhiata alla ragazza sdraiata su quel letto a baldacchino « per favore… evitate che venga a cercarmi… lo dico per il suo bene. ».

Così Crystal si volse all’enorme porta proprio nell’istante in cui Tom fece irruzione nella stanza facendogli cenno di muoversi, riaprendo quegli occhi ora di uno strano color acquamarina. Non suo.

Non propriamente suo.

« Arrivederci.»

 

Lui stesso non era pronto per un addio.

Perché sapeva di essere soltanto un’infima creatura egoista.

Interessata soltanto alla propria Salvaguardia Personale.

 

 

 

 

Fine Primo Libro

 

 

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A presto!

  
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