Per la
precisione, ha avvelenato solo Sivade ^^
Purtroppo,
Sivade è un piccolo/grande impedimento per i suoi nemici…
Basta
pensare a come ha ridotto Crycry XD
La
descrizione di Nashan è, in definitiva, una delle più
azzeccate che le lettrici abbiano fatto.
Meriteresti
un premio!
Ed ecco a
voi l’ultimo capitolo.
Con
questo, si chiude quello che all’inizio sembrava un racconto yaoi,
divenuto invece
un romantico stralcio di realtà sovrannaturale.
Grazie
per averci seguito,
ci vediamo
il prossimo anno!
Yami
& Dark
Capitolo
25
«
The Final Destination»
La bimba sedeva composta in un angolo del salottino, occupando
una sedia piuttosto bassa, vicino ad una finestra. Con sguardo perso, guardava
il paesaggio fuori: la pioggia, gli alberi sconquassati dal vento, il cielo
nero come la notte.
San non sapeva come potesse essere così violenta la natura.
Sapeva che Sivade, suo fratello o sua sorella, ormai più non
capiva, insomma, sapeva che non poteva essere lei a richiamare quel tempo, pur
questo essendo nelle sue capacità.
Mettendosi a posto una ciocca ribelle di
lunghi capelli neri, stornò lo sguardo a quelle figure sedute a tavola, notando
che v'era tra loro una tensione pressoché evidente.
Prima di tutti, Crystal stava a
capotavola, gli occhi azzurri fissi in quelli del gemello che ricambiava lo
sguardo a sua volta.
Ren non c'era: stava ancora rinchiuso in quell'angolo di mondo
in cui pareva essersi rifugiato. In compenso, al suo posto v'era Haleck.
Un ragazzo che osservava tutto e tutti con un
strano sorrisino incomprensibile stampato su quelle labbra rosee. Pareva che si
divertisse ad insinuare l'ombra del dubbio sulla mente poco influenzabile di
Crystal. Ma, non si sapeva come, ci riusciva sempre.
Anche se spesso accadeva che il
moro spesso chiedesse il parere del fratello:
Forse più per una questione di formalità,
che per un reale interesse dei pareri altrui.
Socchiuse gli occhi posando le braccia al tavolo:
« Ho preso la mia decisione » dichiarò allora, quasi
all'improvviso, spostando a sua volta lo sguardo alla finestra.
Sentendo quel tono, San si sentì in un qualche
modo interpellata e alzò gli occhi castani su di lui, in attesa che
proseguisse con il suo discorso:
« Riporterò Sivade a casa. Non può insistere a pernottare in un tempio
come questo, dove le scorte di cibo e farmaci sono appena sufficienti per chi
vi abita.
Lei è una Principessa. Come tale va trattata, e sicuramente al
suo palazzo sapranno come curarla al meglio » terminò,
alzandosi in piedi con uno scatto invisibile ad occhio umano.
Haleck, sempre stretto al suo
spolverino bianco, si limitò ad annuire con un grosso sorriso, rimettendosi in
piedi a sua volta.
Al contrario, Tom non sembrava altrettanto convinto:
« e dunque ti fidi a lasciarla a mani a te sconosciute dopo ciò che è successo con quella donnaccia? » domandò con
cipiglio evidentemente perplesso « l'episodio potrebbe ripetersi. » spiegò,
chinando appena il capo, dubbioso riguardante le facoltà momentanee del
fratello.
A quelle parole, Crystal chinò appena il capo, imitando il
gemello.
Sul viso un espressione quasi scettica.
Stanca e provata:
« Da quando in qua ti interessi della
sua salute? » scosse lentamente il capo, avvicinandosi a San. Negli occhi v'era
solo abbattimento:
« Dovrai farmi strada » le fece notare quindi, accarezzandole i
capelli per un brevissimo istante, tornando composto l’attimo seguente.
Tom respirò pesantemente, abbassando il capo. Arreso.
La bambina annuì prontamente, capendo di avere una grossa
responsabilità sulle spalle: « Però c'è il mare intorno all'isola...» cercò di spiegare, terrorizzata
alla sola idea di quell’abisso d'acqua « Nessuno sa usare un sistema magico? La
nave impiega dieci giorni ad arrivare fino a lì.»
Crystal sorrise debolmente: « a quello ci penserà Tomi » disse del
tutto tranquillo, mentre percepiva distintamente da tutti gli altri soliti
rumori del tempio, lo frusciare di quel spolverino che
ben conosceva:
« dato che qui non servo più, posso andarmene. » dichiarò Haleck a quel punto, con la solita aria ambigua, allontanandosi
a passo rapido da quel tavolo a cui era stato seduto fino a quella tarda ora di
notte « Hope è a casa da sola con Zero. Capirai la gravità della situazione »
scoppiò a ridere, sparendo nel nulla pochi istanti dopo, avvolto dalla nebbia.
San guardò sparire quello strano tizio comparso poche ore prima,
dimenticando per un attimo il discorso enunciato da Crystal. Poi si scosse,
alzandosi in piedi da dov'era: « Vado a dirlo a Sivade? » chiese impaziente.
Tom fissò il gemello scuotere il capo con lentezza esasperante,
le mani affondate nelle tasche dei pantaloni: « lasciamola riposare » lo sentì
dire soltanto, mentre si passava una mano ai folti capelli corvini « non ho
voglia di sentire storie...».
Detto questo, sparì a sua volta, ritornando con indosso il suo
giubbotto di pelle, in mano quello grigio di Tomi e quello rosso di San:
« Vestitevi... io vado a prenderla...».
San annuì, correndo fuori dalla stanza,
diretta a recuperare le sue cose e quelle di Sivade. Nessuno, in quei due-tre giorni, era venuto a far visita a Sivade, che
nonostante fosse stata curata a dovere, sembrava incapace di recuperare le
forze. Non era una questione fisica, sembrava piuttosto che, oltre l'assenzio,
fosse stata risucchiata di ogni energia in lei
racchiusa, magica o altro che fosse.
Aveva sporadici momenti di lucidità, in cui parlava per massimo
mezz'ora, per poi riaddormentarsi e svegliarsi solo dopo ore e ore di sonno.
Non mangiava, beveva solamente acqua. Lo stomaco le si bloccava ogni qualvolta l’obbligavano o supplicavano
di mangiare.
In realtà, nessuno capiva che accidenti avesse.
In quell'esatto momento, San vide Crystal far ritorno con in braccio Sivade ancora pesantemente addormentata.
Camminava leggero, quasi non sfiorava il pavimento tant'era
leggiadro.
Sembrava che la terra ai suoi piedi si spostasse per fargli
spazio, ma in realtà così non era.
Strinse la ragazza al petto, mentre Tom prendeva San fra le sue
braccia, tranquillo in apparenza.
Con il pensiero che così avrebbero
portato a termine il prima possibile ogni sorta di sofferenza contemplabile.
Sospirò, facendo cenno a San di iniziare a farle da navigatore.
La bimba gli descrisse il luogo in cui si apriva l'unico varco
al teletrasporto dal continente all'isola: si trattava della Piazza Circolare, al
centro della capitale, nel cuore di Amestris.
Vi giunsero pochi minuti dopo, il clima anche lì piovoso. San lo
trovò strano: Amestris, solitamente, era chiamata la Città del Sole, oltre agli
altri nomi che tutti le affibbiavano nel corso degli anni.
Intorno a loro, v'erano persone di ogni
genere: vecchi che accompagnavano bambini a scuola, donne che andavano a fare
la spesa, uomini che correvano a prendere l'autobus che li avrebbe portati al
lavoro.
Dopo un attimo, San vide avvicinarsi due guardie vestite di una
divisa a doppiopetto bianca, con bottoni d'oro, i pantaloni neri che sparivano
dentro agli stivali di pelle:
« Nome e motivazione. Perchè siete
qui? » chiesero con un sorriso, per nulla minacciosi.
San sorrise a vederli, applaudendo felice: « Dyom
e Frewin! Siete tornati! » disse contenta,
riconoscendo i due generali dell'armata di Sivade.
Il ragazzo di destra che rispondeva al nome di Dyom sorrise, spostando il ciuffo ribelle che gli copriva metà volto. Era molto bello, con occhi a mandorla del color
del mare in un giorno d'estate, la pelle di una tenera colorazione pesca.
Frewin, a sinistra, era invece
molto più pallido e composto, i capelli lunghi e color platino raccolti in una
treccia che gli arrivava fino al ginocchio. I suoi occhi erano fissi a guardare
Sivade, poi Crystal, poi di nuovo Sivade.
« Dyom, credo
proprio che San non abbia tempo per far aspettare i suoi compagni. Venite, vi scortiamo a palazzo. Presumo sia la vostra
destinazione, nevvero? » chiese tranquillo il biondo, rivolgendo un'occhiata
disinteressata a San.
Lei annuì, senza contestare una sola parola del giovane dagli
occhi scuri. Frewin, quando parlava, diceva tutto
quello che era necessario, quindi non v'era bisogno di specificare altro.
Crystal non si presentò, tanto meno il fratello.
Entrambi badarono bene a tenere la
bocca chiusa, anche se il biondo quasi non fremeva ad urlare “Ehi! Gli Hades vi invaderanno!
AHAHAH!” immaginandosi saltare su
di un tetto, le mani ai fianchi e lo sguardo serio.
Ma, dando una breve occhiata a
Crystal, capì che non era veramente il caso di scenate simili. Anche se l'avrebbe tanto voluto...
Il suo viso si trasformò in un'espressione bambinesca, mettendo
il muso, quasi imbronciato, giurando a sé stesso che un giorno o l'altro
l'avrebbe fatto.
Promesso.
Da triste che era, tornò nuovamente ad essere sorridente e
spensierato, con gli occhi già proiettati al futuro.
Antitetica, la mente di Crystal era rivolta completamente a
pensieri molto più seri e coscienziosi. In quel
momento la cosa più importante da fare era riportare Sivade a quella che altro non era che casa sua.
Poi...
Respirò a fondo, alzando lo sguardo al cielo, i capelli corvini
lisci e completamente bagnati.
Poi, se ne sarebbe andato.
La presa sulla ragazza si fece più rigida e tesa, composta e
chiaramente nervosa.
Una parte di sé ben sapeva che stava sbagliando, ma non
intravedeva altre vie d'uscita.
Si convinse di farlo unicamente per il suo bene.
Per il bene di Sivade.
Notò che San li aveva preceduti, dietro di loro i due generali
presentatesi loro.
La bimba fu la prima, di fatto, a giungere davanti al castello di Amestris: un castello fiabesco, dalle alte torri bianche
e la scalinata centrale in marmo, alla cui fine torreggiava l'enorme portone in
ebano sorvegliato dalle guardie.
Le finestre erano archi arabeggianti,
i vetri trasparenti in chiaro segno di costante pulizia.
Non appena la comitiva salì il primo scalino, il portone iniziò
ad aprirsi, come a dare l'invito.
Crystal osservò il tutto con aria disinteressata, limitandosi
solamente a seguire le due guardie di cui era, in sostanza, costretto a
fidarsi.
Guardò San per l’ennesima volta, ora alle costole dei due, e
sospirò ancora una volta, tentando di convincersi di star realizzando la cosa
più giusta.
Ma ne era sempre meno sicuro.
Spostò il suo sguardo su Tom che altro non faceva che seguirlo,
gli occhi fissi al soffitto. Si ritrovò a sorridere, forse per inerzia.
Non sarebbe stato solo.
Poi guardò San.
E nemmeno Lei.
Solo a quel punto, notò che nel salone d'entrata stava una
figura completamente vestita di bianco: era un uomo dagli occhi celesti, i
capelli lunghi fin poco sopra le spalle. Alto, muscoloso, con una pelle quasi
dorata dal sole. Incrociò lo sguardo con quello dell'uomo, ma ciò sembrò
rivelarsi uno sbaglio: il fratello di Sivade, perchè era evidente che fosse
tale, si passò disperatamente una mano ai capelli, lo sguardo di colpo
terrorizzato.
« DONNE! » urlò, scappando a gambe levate su per la scalinata
principale, sparendo in un istante alla loro vista.
Crystal alzò un sopracciglio alquanto stupito, le labbra ora
piegate in una smorfia fra il divertito ed il
scioccato.
Abbassò lo sguardo su San, poi su Sivade e, involontariamente,
anche su sé stesso: «... uomo...» disse,
quasi a bocca aperta.
Sentì una delle guardie scoppiare a ridere, quella che portava
il nome di Dyom: « Perdonate sua maestà, ha problemi
col gentil sesso...!» disse a voce abbastanza alta da farsi sentire anche da
sopra le scale.
In risposta giunse un urlo
soffocato, testimone che re Markus, il tanto celebrato re Markus a capo dei
Regni Alleati, era ancora lì presente:
« GENTILE UN CORNO! » sentirono urlare con voce disperata.
Nell'udire quell'esclamazione dalle tonalità tanto disperate,
Crystal posò lo sguardo su Sivade con fare ora decisamente
più perplesso di pochi istanti prima:
« Davvero hai intenzione di lasciarla a questo qua? » chiese Tom
a posto suo, affiancandosi al gemello con le mani affondate nei propri tasconi.
Non sembrava per nulla un tipo affidabile, in special modo se si
parlava di “donne” e, a quanto pareva, Sivade lo era in tutti i sensi.
Tom alzò lo sguardo al soffitto, sospirando con evidente
delusione:
« …Le uniche gioie della vita… » commentò ad alta voce,
sognante.
Crystal, a quel punto si limitò ad una
semplice smorfia, mostrandosi ancora più deciso e severo: « Ditemi un luogo ove
portarla. Avrei urgente fretta. » si giustificò fissando dritto davanti
a sé, scansando tutti gli sguardi puntati su di lui « per favore.».
In realtà voleva solo andarsene al più presto.
Prima che ella si svegliasse.
Frewin fece chiamare delle
ancelle, portando la treccia dietro la schiena. Al contrario, Dyom si guardò da prendere decisioni affrettate: « C’è un
unico problema, signori.» disse
perentorio, concentrato a studiare la figura tra le braccia di quella persona
che sentiva di conoscere: « Chi è questa dama? ».
« La sorella di vostra maestà. Sbrigatevi. » disse allora con
tono perentorio, non riuscendo ad accantonare quella parte di personalità tanto
abituata al comando.
Fissò le guardie, mentre un’idea andava formandosi nella sua
testa: sarebbe stato disposto addirittura ad ipnotizzarle se non si fossero
velocizzate.
Non si accorse che ora il giovane re era sceso dalle scale,
guardando Sivade quasi sgomento. Le toccò un braccio, cercando di frenare le
lacrime che aveva agli occhi: « Seguimi…» sussurrò
piano a Crystal, iniziando a salire le scale con calma regale, dimenticando le
sue paure. Le due guardie erano semplicemente rimaste immobili.
Dyom, una smorfia sul viso poco
convinta, guardò Frewin: «…Sua maestà ha UNA
SORELLA?» chiese confuso. L’altro scosse il capo e fece spallucce, voltandosi e
tornando da dov’era venuto, seguito dall’altro che continuava a parlare senza
sosta.
Stava posato al muro a fissare la sagoma stesa su quell’enorme
letto a due piazze.
Le lenzuola scarlatte che tanto stonavano con il colore della
sua pelle dorata, che l’avvolgevano sin sotto il seno.
Socchiuse gli occhi concentrandosi esclusivamente sul rumore prodotto
da Tom, che camminava a passo svelto per tutta la lunghezza del corridoio,
agitato.
Probabilmente preoccupato per le conseguenze di quell’amara
decisione.
Notò Markus guardare sua sorella con una malinconia struggente.
Si poteva quasi scorgere i pensieri che gli attraversavano la mente.
Anche se Crystal, come al solito, non
sapeva molto di quella storia.
Per una fortuita coincidenza, sia lui che il re si ritrovarono a sospirare amaramente.
Ciò fece sorridere appena Markus, che alzò lo sguardo su di lui:
« Grazie. Non per averla riportata qui, dato che sarà un bel
guaio spiegare questa cosa…Ma, davvero, grazie.» disse il biondo con voce ora molto profonda, da tenore.
« Di nulla. Ora devo andare. » rispose soltanto il moro.
D’altronde non era certamente il caso che la regina Hades venisse a sapere che era stato in contatto, seppur breve,
con il tanto odiato Re di Amestris.
Abbassò le palpebre, mordendosi debolmente il labbro inferiore:
« E’ ora che vada. » terminò poi, lanciando un’ultima occhiata
alla ragazza sdraiata su quel letto a baldacchino « per favore… evitate che
venga a cercarmi… lo dico per il suo bene. ».
Così Crystal si volse all’enorme porta proprio nell’istante in
cui Tom fece irruzione nella stanza facendogli cenno di muoversi, riaprendo
quegli occhi ora di uno strano color acquamarina. Non suo.
Non propriamente suo.
« Arrivederci.»
Lui stesso non era pronto per un addio.
Perché sapeva di essere soltanto
un’infima creatura egoista.
Interessata soltanto alla propria Salvaguardia
Personale.
Fine
Primo Libro
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A presto!