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Autore: alessiacroce    09/05/2015    6 recensioni
"Riemersi con la testa e presi di nuovo fiato, ma Harry era pesante, non ci riuscivo. Mi chiesi se sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto. Tutto questo sicuramente non sarebbe mai successo. Adesso non starei per morire. Adesso lui non starebbe per morire."
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Trailer ufficiale: http://www.youtube.com/watch?v=w8YIoKs97YQ

Capitolo 25
 
 

*La sera del giorno dopo*
 
“Sei sicura di volerci andare, tesoro?” mi domandò mia madre per l’ennesima volta mentre, in intimo, mettevo sottosopra l’armadio. 
 
“Si, mamma” ripetei, sbuffando “Non posso restare il resto dei miei giorni chiusa tra quattro mura, me l’hai detto tu. Non preoccuparti”
 
Afferrai da una gruccia una gonna color pastello e un top nero mentre la porta della stanza si chiuse alle mie spalle.
Presi il cellulare e feci partire Ghost di Hasley.
Quella canzone aveva un profondo significato per me. È come se, racchiuse in quelle parole, ci fosse un misto di pensieri e descrizioni riguardanti principalmente Harry e Liam.
Percepivo quasi un messaggio segreto che la cantante aveva tenuto in serbo per me.
Guardai l’ora nel quadrante della sveglia e capii che dovevo sbrigarmi. Nel giro di poco tempo Harry si sarebbe presentato sotto casa mia.
Indossai i vestiti scelti, mi stesi sul viso un filo di trucco.
Decisi di lasciare i lunghi capelli scuri ricadere lisci sulle spalle.
Mi distesi sul letto, incurante del fatto che avrei stropicciato la gonna, e fissai il soffitto.
Mi ritrovai a pensare sotto le note di Nuvole Bianche di Ludovico Einaudi.
La mente ripercorse i ricordi alla memoria di Liam e arrivò fino alle scoperte sul conto del finto Ted, nuovo marito della signora Styles.
Chissà se quest’ultima si fosse mai chiesta quale mistero si nascondesse dietro la morte del suo amato ex marito.
Chissà se aveva passato notti insonni a riflettere, tra una lacrima e l’altra, tra un battito di cuore e un altro, più prolungato.
Avvertii il suono stridulo del campanello di casa. Harry era arrivato. Mi alzai, presi il cellulare, lo misi in una borsa e mi diressi verso l’ingresso.
Feci per aprire la porta quando mi accorsi di non indossare le scarpe. Imprecai tra me e me, lasciai cadere la borsa sul pavimento e ritornai al piano di sopra. Dopo pochi minuti mi presentai davanti a Harry con un paio di stivaletti allacciati alla rinfusa.
 
“Ce ne hai messo di tempo, piccola” sussurrò, stampandomi un bacio in fronte.
 
Sorrisi imbarazzata, salutai mia madre e mi diressi verso l’auto del riccio, direzione casa di Jessica Hutcher.
 
***
 
“Ehi Harry, Less” ci accolse Jessica, spalancando la porta di casa per farci accomodare.
 
Era presente già molta gente, la maggior parte della nostra scuola ma anche molti sconosciuti, sembranti avere qualche anno più di me, coetanei forse di Harry.
Numerose persone vennero a farmi le condoglianze per la perdita di Liam; io reagii mostrando un sorriso che voleva dimostrarsi sicuro, anche se dispiaciuto, e annuendo, ringraziando.
La serata pian piano passò, tra un drink e l’altro, tra una canzone e la successiva.
Forse avevo esagerato con l’alcool ma mi reggevo ancora in piedi e, sicuramente, ero cosciente a differenza di buona metà dei presenti.
Mi fermai a parlare con un gruppo di ragazze del mio stesso corso di lingue, tenendo tra le mani un altro drink.
Era il caso che smettessi di bere, ma mi faceva stare bene.
Mi sentivo leggera e libera, come se le preoccupazioni se ne fossero andate, lasciando il vuoto, colmato da un senso di spensieratezza e voglia di divertimento.
Dopo una decina di minuti mi guardai attorno, socchiudendo gli occhi a causa della pesantezza delle palpebre dovuta alle luci forti diffuse a scatti nel luogo o, forse, per la stanchezza.
Cercai tra le numerose teste quella riccia e scompigliata di Harry, non vedendola.
Cominciai a dirigermi verso la folla di gente ammassata sulla pista da ballo, barcollando ad ogni passo. Sentii una mano afferrarmi da dietro e mi girai di scatto, aspettandomi di trovare il volto sorridente del riccio.
A fissarmi invece era il suo amico biondo, Niall Horan se ricordo bene.
 
“Ehi, bellezza” sussurrò il ragazzo, schiudendo appena le labbra.
 
“Niall” risposi, scrutandolo con sguardo diffidente
 
“Cerchi qualcuno?” mi chiese, guardandosi attorno, “forse Harry?”
 
“Si, cerco proprio lui”
 
Il biondo mi fissò per qualche attimo, prima di indicarmi la porta dalla quale ero entrata qualche ora prima.
 
“Penso sia uscito, dolcezza. Vuoi che ti accompagni a cercarlo?”
 
Senza nemmeno aspettare che gli rispondessi, mi prese sotto braccio e mi trascinò verso l’atrio per uscire. Il venticello tiepido di metà giugno mi accolse, accarezzandomi le spalle scoperte. Fuori era scesa la notte, ormai, e il cielo era stellato più che mai. La luce fredda dei lampioni si rifletteva sui vetri delle macchine parcheggiate nella proprietà degli Hutcher, proiettando strane ombre attorno a noi. D’istinto strinsi più forte il braccio di Niall, scrutando ogni cosa immobile ma, allo stesso tempo, con sembianze dinamiche presenti nel giardino.
 
“Dove mi stai portando?” domandai, fissando gli occhi azzurrini del mio accompagnatore, qualche spanna più alto di me.
 
“Nel retro. Poco fa l’ho visto dirigersi là dietro” rispose, mantenendo uno sguardo attento a capo ritto.
 
Camminammo uno affianco all’altro finchè non ci trovammo nella parte posteriore dell’abitazione. Non c’era nessuno, neanche un’ombra che potesse ricordarmi il riccio, nemmeno un suono, un minimo rumore.
 
“Sei sicuro fosse lui?”
 
“Sicurissimo, tanto quanto so di chiamarmi Niall James Horan”
 
All’improvviso un mormorio interruppe il silenzio.
Ci immobilizzammo, rimanendo in ascolto.
Un altro mormorio.
Avvertii Niall rabbrividire affianco a me. Ora non sembrava più il ragazzo sicuro e spavaldo di pochi secondi prima.
 
“Cos’è stato?” ansimò, stringendo il mio braccio.
 
“Non lo so” risposi, ricambiando la stretta.
 
Un fruscio veloce risuonò, come se qualcuno si stesse avvicinando lentamente a noi. Sentii il biondo imprecare.
 
“È meglio se ce ne andiamo” mormorò, girandosi di scatto verso il vialetto che avevamo percorso poco fa.
 
Feci per seguirlo quando qualcosa catturò la mia attenzione.
 
“Aspetta un attimo” risposi, allontanandomi dal braccio del ragazzo.
 
Dietro una piantagione di garofani intravidi un piccolo movimento, una mossa fugace. Non era un gatto, né un topo o un qualsiasi animale. Era un umano.
Corsi verso quel punto, all’improvviso la paura era scomparsa. Qualcuno stava chiedendo aiuto, mormorando senza forze. Restai senza fiato quando vidi ciò che mi aspettava.
Harry era disteso tra i fiori, la maglietta strappata, una guancia lacerata, le labbra gonfie e sanguinolente. A schiacciarlo contro il terreno era una parete di legno appartenente allo sgabuzzino mal ridotto a qualche passo dal riccio.
Sussultai, un urlo silenzioso uscii dalla mia bocca semi spalancata.
 
“Che succ-” Niall mi raggiunse, bloccandosi ad osservare la scena, “Oh mio dio, dobbiamo portalo dentro subito”
 
Lo sollevammo insieme, stando attenti a non fargli del male o a toccare qualche ferita aperta.
Incrociai i suoi occhi verdi, spenti dietro le palpebre violacee. Non si era trattato di un incidente.
 
***
 
“Styles, ha delle visite” disse in tono freddo l‘infermiera, appena entrammo in camera dietro di lei.
 
Harry giaceva sul letto d’ospedale. Il suo volto rovinato era illuminato da una luce pallida che si rifletteva in tutta la stanza. Non era una camera molto grande ed era per lo più vuota. Su di un lato era sistemato il letto dove giaceva il riccio con accanto dei flebo, nella parete comunicante con l’esterno si ereggeva un piccolo armadio affiancato da una sedia di legno leggermente traballante.
 
“Ehi” mormorai con tono dolce, avvicinandomi alla sagoma che giaceva sotto un velo di coperte.
 
La testa coperta di ricci del ragazzo si girò lentamente. Finalmente incontrai i suoi occhi.
 
“Less” sussurrò, tossendo per schiarirsi la voce.
 
Mi feci più vicina e gli accarezzai la fronte tiepida, spostando i capelli perennemente in disordine.
 
“Stai meglio?”
 
Harry annuì, deglutendo rumorosamente.
 
“Cos’è successo?”
 
Si stropicciò gli occhi, tenendoli chiusi, nascosti dalle grandi dita.
 
“Mi hanno sorpreso” gemette.
 
“Chi?” esclamai, forse un po’ troppo forte.
 
“Signorina, i suoi 10 minuti sono passati. Ora è meglio che lasci il paziente riposare” si spalancò la porta e l’infermiera di poco fa entrò, accostandosi all’entrata e invitandomi ad uscire.
 
“Chi, Harry? Chi?”
 
“Signorina, la prego di andarsene” la donna mi prese per un braccio, accompagnandomi fuori dalla stanza.
 
Avvertii Harry mormorare qualcosa mentre la porta dietro di me si chiudeva ma non riuscii a capire.


Spazio Autrice.

Hello people, eccomi ancora qui a distanza di un mese, uff. Sono veramente troppo impegnata, non vedo l'ora che la scuola finisca così potrò dedicarmi alla fine della mia ff (non manca molto)
btw spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.
ringrazio tutti per le recensioni e i commenti, non che le letture, siete l'amore.
vi lascio, alla prossima
twitter: @aspettamiharry

Un bacio x

-Alessia

  
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