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Autore: Hikari_F    10/05/2015    4 recensioni
Non era amore il sentimento che mi spinse a desiderare di proteggere quel nobile eroe con tutta me stessa. Non era amore il sentimento che mi indusse ad entrare nell’accademia militare. Non era amore quello che mi persuase ad imbracciare un’arma da fuoco. Non era amore quel che mi portò sul campo di battaglia.
No.
Era qualcosa di ancora più forte.
Per pietà, siate buoni con me! Si tratta della mia primissima fiction, non poteva non essere una royai :D Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ci eravamo illusi di potergli sfuggire.
Avevamo stoltamente creduto che bastasse fingere che non esistesse per farlo scomparire nel nulla, come uno sbuffo di fumo.
I nostri commilitoni ci consideravano intelligenti, strateghi, freddi e calcolatori…l’abile alchimista di fuoco e la sua imperturbabile assistente. Non sapevano quanto fossimo stupidi, masochisti, capaci soltanto di farci reciprocamente del male.
Avevo mantenuto la promessa: il suo uomo più fidato, il suo braccio destro, ecco cos’ero. Il tenente Hawkeye, nulla di più e nulla di meno.
Eppure…
…eppure, dopo l’incontro con i due fratelli Elric, tutto era misteriosamente cambiato.
Ero stata capace di soffocare il mio amore per anni: erano ben lontani i tempi in cui fagocitavamo la nostra umanità dinanzi ai corpi carbonizzati degli abitanti di Ishval. Non eravamo più quelli di una volta. La guerra, le sparatorie, la scalata ai gradi militari, ogni cosa ci aveva costretti irrimediabilmente a crescere, a mettere da parte i romantici sogni adolescenziali in nome di una realtà molto meno piacevole, ma apparentemente più concreta.
Tuttavia, dopo le rocambolesche avventure in cui eravamo stati invischiati per proteggere i due ragazzi, avevo guardato la morte in faccia così tante volte che mi era risultato impossibile chetare quel folle ed ardente amore, quello che mi infiammava il petto ogni volta che il mio sguardo incrociava quello del colonnello, nonostante il mio viso avesse ormai imparato a mentire.
Tante, troppe volte, innanzi alla prospettiva che saremmo potuti morire senza baciarci un’ultima volta, senza fare l’amore un’ultima volta, avevo finito per smascherarmi, lasciando che il resto del mondo capisse che il mio affetto per il colonnello Mustang era ben lontana dall’essere una semplice affezione fra compagni d’arma…il resto del mondo, fatta eccezione per Roy.
“Mi manca. Mi manca da morire.” Mi ripetevo ogni notte, spesso tra i singhiozzi, soffocando in un abbraccio il caldo corpo di Hayate, il mio fidato Shiba. Era proprio così. Lavoravamo fianco a fianco, passavamo insieme quasi l’intera giornata…senza considerare gli straordinari. Eppure, nonostante la vicinanza fisica, eravamo a due poli opposti.
Recitavo bene, di solito. Ero la sua balia, sempre lì a fargli tirate d’orecchi quando non aveva voglia di lavorare, a salvargli la pelle quando dimenticava che la sua alchimia di fuoco era inefficace nei giorni di pioggia. Quando impugnavo le armi, sporcandomi nuovamente le mani di sangue, quando prendevo la mira, quando sparavo, senza mai mancare il bersaglio…ogni cosa, ogni gesto, ogni lotta, era tutto dedicato a lui.
Il mio corpo ardeva di una passione così bruciante che non sarei stata capace di nasconderla oltre. Era una bomba ad orologeria. Dovevo dirglielo, dovevo assolutamente dirglielo: dirgli che lo amavo, lo desideravo, che ogni secondo passato fingendo che non fosse così era come un passo su un pavimento di vetri rotti.
La bomba esplose, senza che alcun artificiere potesse disinnescarla. Accadde d’improvviso, il giorno in cui successe ciò che più temevo al mondo.
Morto.
Roy Mustang era morto.
 
-Colonnello, stiamo giocando col fuoco.- Mormorai, stringendo saldamente la pistola -Si ricordi cos’è successo al nostro Huges…-
-Lo ricordo benissimo.- Biascicò in risposta, scuro in volto. Ricordare la morte ingiusta del suo migliore amico aveva sempre effetti devastanti sul suo umore -Eppure, tenente…dobbiamo rischiare. Lui lo avrebbe fatto.-
-Sì.- Sospirai -Purtroppo è così.-
-Fammi il migliore dei tuoi sorrisi, Hawkeye.- Replicò, sorridendo per primo -Hai ragione, stiamo giocando con il fuoco…ma dopotutto, il fuoco è la mia specialità.-
Non replicai, abbozzando un falso sorriso mentre lo osservavo scomparire, assieme ad Havoc, dall’altra parte della porta.
 
Gli eventi successivi mi travolsero come uno tsunami, facendomi sentire inerme ed indifesa per la prima volta da quando avevo imparato ad impugnare un’arma.
Le parole dell’homunculus che avanzava verso di me rimbombavano nella mia testa, assediandola come un parassita.
“Morto. Roy Mustang è morto”
“Roy…morto.”
Quella donna…
No.
Quel mostro.
Quel maledetto mostro, mascherato da essere umano, aveva ucciso il mio colonnello, freddando assieme a lui anche la mia anima.
Per cosa avrei vissuto? Dove sarei andata, cosa avrei mai potuto fare? Avevo perso mio padre.
Avevo perso la mia umanità.
Tutto ciò che mi aveva tenuta ancorata alla vita, fino a quel momento, era stato Roy ed il suo sogno di trasformare Amestris in una democrazia. Da sola non avevo più alcun motivo di andare avanti.
Le mie corde vocali vibrarono, emettendo un grido ad altissima frequenza…i suoni mi giungevano ovattati, come se mi trovassi altrove, in una bolla, come se tentassi di estraniarmi.
Premevo sul grilletto.
Uno, due, un numero indefinito di proiettili colpirono il corpo perfetto di Lust a ripetizione, senza mai fallire, eppure senza mai scalfirlo.
“Roy…cosa ne sarà di me?”
Sentii le lacrime scendermi a fiotti lungo le guance: da quando tempo non piangevo? Da quanto tempo non soffrivo a tal punto da desiderare di non essere mia nata? L’intero peso del mio corpo gravava sulle mie gambe, nel momento in cui crollavo in ginocchio, arrendendomi davanti all’immortalità del nemico che avevo davanti.
Probabilmente sarei stata uccisa -sarebbe stato meglio se fosse successo in fretta, pensavo- se Alphonse Elric non si fosse scagliato in mia difesa, facendomi da barriera contro gli attacchi letali dell’homunculus.
“Lascia che mi uccida.” Avrei voluto urlargli, troppo debole per proferire parola “Ti prego…stai solo prolungando la mia sofferenza…”
E in quel momento, come in una visione, sentii la voce di Mustang.
Lust non era stato capace di ucciderlo.
Con la coda dell’occhio osservai la sua figura in piedi, alle spalle del mostro, con una gigantesca ferita cauterizzata ed i cerchi alchemici incisi sulla mano. Stretto tra le dita teneva l’accendino di Havoc, con il quale carbonizzò il corpo dell’homunculus non una, ma decine e decine di volte, fino a porre fine alla sua macabra esistenza.
Avrei potuto considerarmi sollevata: Roy non era morto, avevo ancora mille motivi per continuare a vivere…ma mi ero arresa. Ero pronta a farmi ammazzare, pur di vivere in un mondo senza di lui. Cosa poteva farsene il futuro comandante supremo di un uomo così fragile?
Non proferii parola quella sera, mentre tornavo a casa dall’ospedale. Non avevo avuto il coraggio di andare a trovarlo nella sua stanza…cosa avrei dovuto dirgli? Che bastava così poco a farmi gettare le armi?
Mi rannicchiai tra le coperte, lasciando che Hayate mi leccasse dolcemente le lacrime, rinunciando definitivamente a dormire.
 
-Tenente?-
La voce di Mustang dall’altro capo del filo mi fece sobbalzare.
-Sì…?- Chiesi, con la voce stanca per la nottata insonne.
-Sono fortemente deluso dal tuo comportamento.-
-Lo immaginavo.- Sospirai.
-Sai che il tuo colonnello è ricoverato e non passi nemmeno a trovarmi! Che razza di subordinato!- Rise bonariamente, interrompendosi di colpo per una fitta di dolore -Nel caso in cui non si fosse capito, è una disperata richiesta di attenzioni. Sono finito in camera con Havoc…ho bisogno di una bella crocerossina che mi distragga.-
-Credo che in ospedale ce ne siano in abbondanza, colonnello.-
-Certo, ma nessuna è tenuta ad obbedire ciecamente ad ogni mio ordine.-
-Arrivo.- Replicai, lievemente infastidita.
“Ma tu guarda.” Pensai “Mi preferisce alle infermiere solo perché devo ubbidirgli come un cagnolino.”
Un quarto d’ora dopo ero davanti al suo letto.
Il suo cagnolino, il suo braccio destro, il suo uomo più fidato. Solita storia.
-Accompagnami fuori di qui.- Sussurrò, non appena mi vide, in modo che Havoc non sentisse -Per lui è un momento molto particolare.-
Il nostro commilitone era quello che aveva avuto la peggio nello scontro. Lust gli aveva reciso le terminazioni nervose: non avrebbe mai più potuto camminare.
-Ad ogni modo, tutto a posto?-
Lo squadrai da capo a piedi, incapace di frenare una piccola risata -Lei è in ospedale, bendato come una mummia…e chiede a me se è tutto a posto?-
-Riza, non fare altre stronzate.-
Avvampai. Per la prima volta dopo anni, a sentirmi chiamare per nome, non ero stata abbastanza veloce a frenare il rossore.
-Che intende dire?- Balbettai.
-Lo sai benissimo. Stavi per farti uccidere. Avevi gettato le armi. Sono…veramente deluso.-
-Questo vuol dire che non vuole più un tenente del genere, vero?- Chiesi, imperturbabile come sempre -Non ho alcun problema a dare le dimissio...-
Non potei terminare la frase; la mano di Roy afferrò energicamente la mia giacca e mi spinse violentemente il viso a pochi centimetri dal suo. Con un’altra donna non avrebbe mai compiuto un gesto del genere, ma ai suoi occhi non ero altro che un soldato, da trattare come tale.
-Non fingere di non capire a cosa mi riferisco. Anche se dovesse succedermi qualcosa, tu devi vivere. E devi farlo anche per me, è chiaro?-
-Mi sta chiedendo l’impossibile, colonnello.-
-Non dire idiozie. Eri viva prima di incontrarmi, lo saresti anche se io morissi. Giusto?-
Sorrisi debolmente. Era un sorriso amaro.
-Ti amo, Roy.-
Non so quale parte del mio cervello elaborò una frase del genere, ma in tre parole avevo ben sintetizzato tutte le altre possibili risposte alla sua domanda.
La mia affermazione non sembrò turbarlo.
-Questo lo so.-
-Ah.- Mi mordicchiai il labbro, scostando nervosamente lo sguardo -Bene.-
-Non è un bene.-
-D’accordo.-
-Non serve prenderla sul personale, tenente…-
-Si figuri, colonnello.- Dissi -Con permesso.- Feci per allontanarmi, nella speranza che mi fermasse…speranza che continuò a restare tale.
 
Mandai giù un altro pezzo di torta di ciliegie.
-No, Hayate.- dissi, con tono fermo -Niente torta, ti fa male.-
Lo shiba si accucciò ai miei piedi, uggiolando. Probabilmente era più risentito dal fatto che la sua padrona si stesse ingozzando di torta senza ritegno, che dall’essere rimasto senza.
Mustang era tornato al lavoro nonostante non fosse ancora completamente guarito. Lo faceva per Havoc, diceva. A parer mio, lo faceva per farmi impazzire.
Erano due settimane che non gli rivolgevo la parola, se non per motivi lavorativi. Da altrettanto tempo i nostri sguardi non si incrociavano mai, neppure per errore; cercavo di mostrarmi impassibile e professionale nonostante tra noi ci fossero ancora imbarazzo ed un’importante questione irrisolta, mentre lui non si faceva scrupoli a tentare ogni volta di spostare la conversazione sulla mia rivelazione improvvisa di quindici giorni prima. Ci rideva sopra, ci scherzava. Non sembrava aver afferrato che lo amavo al punto che sarei potuta morire per lui. Ogni cosa ai suoi occhi appariva come uno scherzo! Per darmi forza, in sua presenza, ricordavo quanto poco mi piacesse anni prima, quando studiava da mio padre e la sua irriverenza mi infastidiva da morire…ma, puntualmente, ripensavo anche a come avevo finito per innamorarmi di quel fastidioso ed irriverente ragazzino con cui ero praticamente cresciuta.
Ogni giornata di lavoro era due volte più stressante del solito; tornavo a casa, accarezzavo Hayate, mi accasciavo sul divano e mi ingozzavo. Sembrava un copione scritto da uno sceneggiatore senza troppa fantasia.
Quella sera, tuttavia, il suono del telefono che squillava riuscì a distogliermi dal mio indecoroso pasto. Mandai rapidamente giù il boccone che stavo masticando e afferrai malvolentieri la cornetta.
-Pronto?-
-Tenente Riza Hawkeye?- La voce gracchiante che mi rispose non assomigliava a nessuna di quelle che conoscevo -Mi scusi, ma…non so come spiegarle. Lei è l’assistente del colonnello Mustang?-
-Per l’esattezza. Ma scusi, lei chi è?-
-Sono un barista. Il colonnello si è appena sentito male…volevamo chiamare un medico, ma lui ha insistito affinché chiamassimo lei.-
-Ah. Be’ gli risponda che non sono un’infermiera e che non gli sarei d’aiuto.- Replicai, con voluto cinismo. Ormai ero decisa a continuare la strada dell’orgoglio, non avrei certo ceduto a simili mezzucci!
Sentii un trambusto assordante dall’altro capo del filo. Da una serie di fastidiosi rumori emerse la voce di Roy. Era un bravo attore, ma quella sembrava la voce di un uomo che stava davvero soffrendo…ed era uscito da uno scontro mortale appena due settimane prima.
-Tenente!- Disse affannosamente -Tenente…Riza. Per favore.-
Continuai a non parlare, finché non mi passò il barista.
-Mi dia l’indirizzo.- Sospirai.
 
-Dovrebbe vergognarsi, colonnello.- Lo rimproverai, issando il peso morto del suo corpo con una forza troppo insolita per una donna -Bere fino a quest’ora della notte, con una ferita del genere. Le ustioni così profonde impiegano molto tempo a guarire, lo sa benissimo.-
-Sì, sono stato un idiota.- Biascicò, continuando a tenere la mano sul fianco bruciato -Portami a casa, tenente.-
-La porterò dritta in ospedale, signore, che lei lo voglia o no.-
-Ti ordino di portarmi a casa.-
“Diamine.” Mi morsi il labbro -Non intendo ubbidire.-
-Devi farlo!- Urlò, gemendo subito dopo per il dolore.
-Non mi sembra nella posizione adatta a darmi alcun tipo di ordine.-
-Devo solo prendere un antidolorifico. Mi passerà, è già successo.-
-…quando è successo?- Indagai, furiosa -Mi sta dicendo che non è la prima volta che fa le ore piccole in un pub, nonostante in teoria non dovrebbe neppure lavorare?-
-Ho bisogno di distrarmi, dannazione! Vivo nella merda. Havoc ha dato le dimissioni, gli homunculus potrebbero ucciderci da un momento all’altro. E come se non bastasse il mio uomo più fidato si rifiuta di parlarmi!-
Gli tirai un ceffone. Il più forte ceffone che una subordinata può sferrare al proprio superiore. Senza che potessi accorgermene, avevo nuovamente gli occhi pieni di lacrime.
-Sono stanca di questa storia!- Singhiozzai -Sono anni che non faccio altro che essere il tuo uomo più fidato. Anni che ti proteggo, che rischio la vita per te. Sonno anni che in me non vedi nient’altro che un soldato! Ma io sono una donna, Roy. Sono una donna, proprio come quelle con cui ti sei divertito in questi anni, proprio come quella con cui hai fatto l’amore per la prima volta quando eri un ragazzino!- Non potevo più fermarmi, neppure se avessi voluto. Il dolore che mi tenevo dentro era troppo forte, ed era stato alimentato per troppo tempo -Per quale motivo hai calpestato e disprezzato il mio essere donna? Cosa ti ho fatto di tanto grave da meritare che il mio amore venga ridicolizzato in questo modo?-
-Riza.- Sussurrò, poggiandomi una mano sul volto -Io…ho soltanto cercato di proteggerti dal tuo amore.-
-Negandomelo? Che razza di tortura sarebbe?-
-Portami a casa, per favore. Ho bisogno di parlarne dopo aver preso il mio antidolorifico.-
-Come vuoi.- Dissi, continuando a sorreggerlo a fatica. Era quello che facevo da tutta la vita, ormai ci avevo fatto l’abitudine.
 
-Ti amo da quando ero un ragazzino.- Mormorò Mustang, sorseggiando il the caldo che avevo preparato -Ma credo che questo lo avessi capito.-
-Non è così scontato come può sembrare.-
-Riza, ti ho baciato e ho fatto l’amore con te. Se non è scontato in questo modo, non capisco come…-
-Eravamo poco più che bambini. Quello che è successo allora non ha la minima importanza.-
Il suo sopracciglio si inarcò -Come, scusa?-
-Non sapevamo a cosa andavamo incontro. Non nego che per me è stato ed è ancora molto speciale…ma con il tempo le cose sono cambiate, e…-
-Saranno cambiate per te, forse. Ti ricordo che sei stata tu a respingermi. Se fosse dipeso da me, a quest’ora non staresti facendo discorsi del tipo “mi vedi solo come un soldato!” e altre stronzate del genere. Io ti volevo al mio fianco, non ho smesso un solo istante di desiderarti, come amante, come amica, come compagna di vita. In tutti questi anni il mio più grande rimpianto è stato l’essermi arreso subito, al primo tentativo.-
-E allora perché lo hai fatto? Perché ti sei arreso? E poi…dopo la guerra di Ishval…credevo che i miei sentimenti fossero chiari. Eppure tu hai tirato fuori quella storia dell’uomo fidato e…-
-Era l’unico strumento che avevo per tenerti al mio fianco. L’amore adolescenziale che provavo per te si è evoluto, è diventato qualcosa di molto più maturo, non potevo…permettermi di perderti. Mi innamoro ogni giorno di te, perché ogni giorno ti ammiro di più. Non credevo di essere ricambiato, non lo avrei mai sperato. Negli ultimi tempi però…sei diventata, ecco, molto più trasparente.- Sorrise beffardo -In questo modo sono riuscito a leggerti dentro.-
-Non capisco.- Mi portai la testa fra le mani -Se i tuoi sentimenti sono questi, per quale ragione hai detto che il mio amore per te non è un bene?-
-Perché stava per farti ammazzare.- Sospirò, tenendomi una mano -Ma ovviamente hai voluto fare l’orgogliosa e non mi hai permesso di spiegare. Be’, sono felicissimo di essermi sfondato d’alcol stasera. Mi ha dato una scusa per vederti, e la sincerità da ubriaco per parlarti senza preoccuparmi delle conseguenze.-
Mi sorpresi ad osservarlo…in effetti aveva le guance lievemente arrossate e lo sguardo lasciava ad intendere che non fosse pienamente lucido. Di solito reggeva bene l’alcol; evidentemente quella sera doveva aver proprio esagerato.
-Devo attribuire all’alcol tutto il…trasporto di questa sera?-
-Assolutamente no.- Sorrise, avvicinadosi sempre di più a me -Attribuiscilo al fatto che ho davanti agli occhi la donna più bella, coraggiosa e seducente che abbia mai incontrato in tutta la mia vita.- Le sue dita mi sfiorarono le spalle, giocando con la stoffa della giacca -E ovviamente al fatto che siamo a casa mia, di notte…e al fatto che sono più di quindici anni che muoio dalla voglia di vedere com’è il corpo del mio tenente sotto la divisa.-
Arrossii violentemente. Quanto mi piaceva arrossire, era come dare voce alle proprie emozioni senza bisogno di inutili parole.
-In questo caso sarò più che felice di mostrare al mio colonnello il corpo della sua subordinata.-
-No, Riza.- Le sue labbra toccarono leggermente il mio collo, facendomi rabbrividire di piacere -Mostrami il corpo della mia donna.-
Il suo baciò disegnò il mio profilo fino a raggiungere le mie labbra, incontrandole in un bacio che entrambi aspettavamo da una vita intera.
Continuando a baciarci con foga sempre maggiore arrivammo alla camera da letto…stavolta non dovevamo avere paura di fare rumore. Nessuno poteva sentirci, nessuno ci avrebbe disturbato.
-Cerca di essere delicata.- Sussurrò, mentre ci spogliavamo reciprocamente, con voluta lentezza -Ho un’ustione grande quanto tutto il fianco, e…-
-E io ne ho una ancora più grande.- Replicai, strappando via l’ultimo bottone della sua camicia -E brucia da molto più tempo della tua.-
-Allora permettimi di spegnere l’incendio.- Sussurrò, carezzando le mie candide forme.
-Non ti ho chiesto di spegnerlo.- Lo baciai con foga, stringendomi sempre più forte a lui -Bruciami. Bruciami come solo tu sai fare.-
Le sue mani accarezzarono le cicatrici dietro la mia schiena…quei segni che le sue fiamme avevano lasciato, i segni che ci avevano uniti indelebilmente.
Quella notte non ci limitammo a fare l’amore.
Quella notte bruciavamo di un incendio di passione che aspettava soltanto una scintilla per divampare.
-Ti amo.- Cantilenò la voce seducente di Roy, dopo il terzo giro su quel vortice di fiamme danzanti -Stavolta…non scappare via da me.-
-Non riuscirei mai ad essere così stupida.- Replicai, affondando la testa nel suo petto ampio -Ti amo.-
Era così liberatorio poter finalmente parlare di quel che sentivamo senza più misteri, senza più enigmi, un amore che era più complesso di qualunque alchimia solo perché eravamo stati noi stessi a renderlo tale, rifuggendolo e nascondendolo ad ogni costo.
-Resterai per sempre al mio fianco?-
-Per sempre, Roy. Fino all’inferno, ricordi?-
-Ricordo benissimo. Ed è per questo che voglio portarti come me in paradiso. Non ho ancora rinunciato ai miei sogni, ma ricorda che hanno senso soltanto se resterai a condividerli con me.-
-Agli ordini, colonnello.- Risi piano, scomparendo nel suo abbraccio.
Non sapevo cosa sarebbe accaduto il mattino dopo.
Non sapevo che ne sarebbe stato dei fratelli Elric, degli homunculus, di Amestris…
Ma sapevo che Roy Mustang sarebbe stato al mio fianco, ed io al suo…non più come subordinata, non più come soldato.
Mi sarei risvegliata sentendomi chiamare per nome, cullata da baci ardenti com’era ardente la sua alchimia.
Sarei stata la sua donna, la donna che l’avrebbe protetto, rimproverato, pronta a vivere e morire per lui.
E sì, era bello poterlo finalmente dire.
Roy Mustang era la mia unica certezza…
…e non c’era null’altro che avrei mai potuto desiderare.
 

 
 
 
 
 
 
 
   
 
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