Inatteso Ritorno
Maniero di Robin, Locksley.
«Com'è
possibile che non riusciamo a scoprire dove abita?»,
domandò Little John, durante una delle riunioni settimanali
che
gli uomini di Robin organizzavano per riordinare i pezzi e fare il
punto della situazione.
L'intera banda stava letteralmente pedinando Rudyard da giorni ormai, a
Nottingham e
ovunque l'uomo decidesse di spostarsi – fosse anche sul
confine
di Sherwood, appena fuori dalla città. Con molta
discrezione,
certo, ma non si poteva negare che, se Rudyard non fosse stato
ciò che era e gli ex fuorilegge
non fossero stati ciò che erano, si sarebbe potuto dire che
gli
uomini
di Robin Hood stavano molestando, infastidendo, perseguitando una
persona senza un apparente motivo e il fatto che non dispiacesse a
nessuno di loro, avrebbe aggravato
notevolmente la posizione di tutti. Ciò che
impediva agli
ex fuorilegge di sentirsi in colpa erano le dubbie qualità
morali dell'uomo cui stavano dando la caccia e ciò che
impediva
agli abitanti di Locksley e Nottingham di insospettirsi in qualche modo
era la reputazione che Robin e i suoi si erano guadagnati.
«Sa che gli stiamo alle costole»,
intervenne Much, con una certa agitazione.
«Per questo non ci ha più attaccati»,
aggiunse Allan.
«Quindi secondo voi basta continuare a spiarlo e tallonarlo
per scongiurare il
pericolo di una nuova aggressione? Che sciocchezze!»,
intervenne di nuovo John.
«Ehi ehi, calmi. Ci manca solo che ci mettiamo a litigare tra
noi», fece Archer.
«È un dato di fatto che non ci ha più
infastiditi», ribatté Allan, ignorando
l'intervento del
fratello minore di Robin.
«Chi ti dice che non si sta organizzando per bene,
sapientone?», brontolò Little John, facendoglisi
vicino e
sovrastandolo con la sua mole imponente.
«Ragazzi...», richiamò Fra Tuck.
«Non per fare lo spiritoso, ma con due uomini cosa vuoi che
stia
organizzando?», rispose Allan, mettendo le mani avanti in
segno di
pace, ma investendo il suo interlocutore con quel sorrisetto un po'
impertinente che gli apparteneva.
«Vuoi farmi credere che si è trasferito a
Nottingham, si
è fatto due amici ed è finita
così?»,
domandò l'altro, in tono minaccioso.
Mentre
ognuno diceva la propria, Robin se ne stava seduto con lo sguardo perso
nei suoi pensieri. Riteneva che la domanda di John fosse del tutto
lecita, così come anche la considerazione di Much, ma
pensava
pure che Rudyard avesse deciso di essere più prudente che
mai
dopo la fallita aggressione ai danni di Gisborne e che ipotizzasse di
essere
tenuto d'occhio dai suoi uomini senza averne la certezza
perché loro, se lo desideravano,
sapevano essere invisibili, rendersi irriconoscibili nell'aspetto
esteriore, perciò era plausibile che Rudyard vivesse nel
dubbio
di avere costantemente addosso gli occhi di almeno uno dei componenti
della banda.
In tal proposito gli tornarono in mente tutte le volte che uno dei suoi
uomini
non
l'aveva riconosciuto nei panni di guardia dello Sceriffo o di
mendicante, di uomo di Chiesa, di vecchina in pericolo
o di chissà chi altri; perfino Much, il quale lo
conosceva come le proprie tasche avendo vissuto a stretto
contatto
con lui
per svariati anni, c'era cascato
più di
una volta e, di certo, Rudyard non aveva presente né lui
né i
suoi nemmeno la metà di quanto li conoscesse Much. Forse
l'unica
persona che correva davvero il rischio di essere riconosciuta era
Kaelee, ragion per cui ai suoi camuffamenti si prestava sempre
molta più attenzione.
Dunque cosa stava tramando Rudyard a Nottingham? E che ruolo avevano i
due uomini che erano stati visti con lui? E chi erano e cosa sapevano
di Kaelee?
«Magari l'abbiamo spaventato e si è
arreso», fece ancora
Allan. «Non l'abbiamo più visto a
Locksley», ribadì con un'alzata di spalle e il suo
consueto
ottimismo spensierato.
«Come no! Per questo se ne va in giro
costantemente con quei due a fare chissà che»,
rispose prontamente
Archer, appoggiandosi alla parete.
«Per quel che ne sappiamo, Rudyard ha pure
un'occupazione», commentò ancora Allan.
«Appunto, per quel che ne sappiamo. Dobbiamo trovare il modo
di
ascoltare le sue conversazioni con quei due!»,
esclamò
John, di nuovo proteso verso Allan.
Kaelee presenziava a tutte le riunioni, ma preferiva non intervenire
– se
non espressamente richiesto o nel caso in cui fosse in possesso di
dettagli utili a stanare Rudyard – in
parte perché ancora ce l'aveva un po' con tutti, ma
soprattutto
in quanto si sentiva terribilmente colpevole per l'intera vicenda: non
aveva certo desiderato condurre suo fratello nei pressi di Locklsey per
infastidire
Robin e la sua banda, ma di fatto la sua partenza aveva portato quel
bruto a pochi passi dalla sua nuova abitazione, creando scompiglio
nella vita di chi si era appena guadagnato una fetta di meritata
tranquillità e l'aveva accolta senza pregiudizi, trattandola
come se fosse cresciuta tra le strade di Locksley e Nottingham.
Quindi, per lo più, ascoltava le considerazioni dei suoi
amici e
faceva il possibile per portare a termine nel miglior modo i compiti
che Robin le assegnava, anche se questo le costava parecchio
considerato che starsene in silenzio non era propriamente una sua
abitudine; però aveva deciso che, pur essendosi lasciata
alle
spalle quanto era successo il giorno in cui Gisborne le aveva
dimostrato il nuovo andazzo che gli allenamenti avrebbero preso,
chiunque avesse partecipato attivamente a quella farsa, meritava una
sorta di punizione e quindi aveva smesso di confidarsi con Kate, tanto
per cominciare, sapendo che ne avrebbe sofferto – poteva
sembrare
un atto di cattivera bella e buona, ma non lo era affatto in quanto
anche lei ci stava
male, naturalmente; il fulcro dei suoi ragionamenti e del suo
conseguente atteggiamento, era il suo detestare anche la
sola idea
di essere vista e considerata come
una sciocca ragazzina e, in linea di massima, Kaelee riteneva comunque
giusto che
ognuno si prendesse le responsabilità delle proprie azioni.
Per
quel che riguardava Guy, dopo i giorni in cui aveva parlato con lui
soltanto degli allenamenti, da quando era andato a trovarla le veniva
difficile escluderlo, tanto più perché ogni notte
condivideva con lui il letto. In quanto a Robin, invece, non aveva
ancora deciso il
da farsi, ma il silenzio che si autoimponeva rendeva già di
per
sé evidente che quei modi l'avevano ferita e, dato che
l'arciere
era tutt'altro che stupido, Kaelee sapeva che avrebbe collegato il
tutto nella maniera più corretta.
Era consapevole che quella
situazione non sarebbe durata per tutta la vita, a maggior ragione
perché Much aveva deciso di chiedere la mano a Kate e lei
non
poteva non giorne, ed era anche convinta che il suo comportamento non
potesse
essere attribuito al mero orgoglio; era più una questione di
fiducia: dopo quell'episodio Kate, Guy e Robin avevano perso
una
porzione della sua.
Con un lieve sospiro tornò alla discussione che stava
animando il
Maniero, e ad Archer, che aveva appena rinunciato a mettersi tra i due
che si punzecchiavano. Quel giovane
uomo, pur somigliando esteticamente più a Robin
che a Guy, aveva certi modi di fare, certe movenze, che a Kaelee
ricordavano moltissimo l'uomo che amava, perciò era una
strana
sensazione
averlo intorno, specie da quando dormiva al Maniero, a qualche stanza
dalla sua. Riusciva ad essere perfino imbarazzante in certi frangenti.
«Fa di tutto per non farci capire dove
abita. Si prende gioco di noi!», esclamò Kate,
d'accordo con il fratello minore di
Robin e Guy.
Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti attendevano l'intervento di
Robin il quale, invece, rimase ancora in silenzio, immerso
probabilmente in una serie di
ragionamenti.
«Ok, non si è arreso», ammise
Allan. «Ma, ehi! Noi siamo Robin Hood! E lui è
da solo... Più o meno. Abbiamo la maggioranza numerica
comunque», concluse.
Se Kaelee non l'avesse conosciuto abbastanza, avrebbe pensato di aver
di fronte un tipo superficiale e volutamente irritante, ma sapeva che
Allan aveva
semplicemente un'indole ottimista e tendeva sempre a credere, quindi,
che
qualunque
cosa potesse accadere se la sarebbe cavata. A quanto pareva,
però, gli altri della banda non erano della stessa opinione,
specialmente John che si
tormentava senza sosta con i punti interrogativi della questione.
Gisborne, forse percependo la sua tensione, la avvolse con un braccio,
in
quell'atteggiamento protettivo che non le dispiaceva mai; quindi si
strinse volentieri a lui continuando a osservare i presenti e le loro
reazioni.
Tuck ascoltava e rifletteva, forse in attesa del parere di Robin,
mentre Allan e John non riuscivano a smettere di battibeccare
nonostante Archer
tentasse, di nuovo, di placarne i torni.
Infine, diversi minuti più tardi, Robin si alzò
in piedi richiamando
così l'attenzione di tutti.
«È
necessario espandere la rete delle nostre conoscenze. Abbiamo ottenuto
informazioni dirette in merito ai movimenti di Rudyard a Nottingham e
sappiamo per certo che risiede in città. Ci siamo convinti
che
non ci abbia mai mostrato la sua abitazione e che si fa beffe di noi,
ma è veramente così?», disse Robin.
«Ognuno
di voi ha offerto un valido contributo e una giusta considerazione,
tanto che sono arrivato ad una conclusione verosimile. Ritengo,
infatti,
possibile che, anziché celare il suo nascondiglio, ce
l'abbia
sempre mostrato lasciandoci credere che non è
sciocco al punto da invitarci nella sua tana. Pensateci. John prima si
è
chiesto com'è possibile che osservandolo per settimane non
siamo
riusciti a individuare la sua abitazione. Nottingham non è
Londra, perciò la risposta è che non
è possibile. Sa di avere i nostri occhi attorno, addosso, e
ha optato
per
una tattica piuttosto banale, ma molto efficace: ha messo in bella
mostra
quanto di più prezioso possiede, spostando l'attenzione di
chi
osserva. Allan, tu che imbrogli continuamente gli avventori con il
gioco dei tre bicchieri, avresti dovuto arrivarci prima di noi tutti.
Non fai niente di molto diverso tutte le volte che posizioni
tre piccoli
bicchieri e mostri una moneta ai tuoi spettatori e
scommettitori, facendo credere loro di averla nascosta sotto ad uno dei
tre contenitori, che
mescoli velocemente per chiedere, infine, dove pensano che si celi
la moneta che tu, molto abilmente, hai recuperato e riposto nella
manica. Il tutto sotto i loro occhi, concentrati esclusivamente sul
movimento dei tre bicchieri. Ti è andata bene
perché
nessuno ha mai pensato di
chiederti di alzarli tutti e tre e, allo stesso modo, a
Rudyard fino ad ora è andata bene perché nessuno
di noi
ha pensato di intrufolarsi di notte in quell'abitazione per fare una
verifica».
La sua esposizione dei fatti lasciò di stucco alcuni
compagni
d'armi e mise sull'attenti altri: in ogni caso, se quanto Robin aveva
appena
detto era vero, Rudyard era tutt'altro che inesperto in fatto di
strategie; ipotesi, questa, che non entusiasmava affatto Kaelee.
«All'ultimo momento metto sempre la moneta sotto un bicchiere
che, ovviamente, non è quasi mai
quello scelto», bofonchiò Allan, evidentemente
offeso
dalle parole dell'arciere.
«In quanto ai due uomini con i quali si
accompagna», continuò Robin. «Chi sono?
Da dove provengono? Non da
Locksley, questo è certo, e neanche da Nottingham,
perché altrimenti li conosceremmo».
«Sono uomini di Nettlestone», rispose
prontamente Tuck, spiegando che aveva avuto modo di confessarli proprio
quel
giorno, essendosi recato in città nei panni di se stesso.
Robin annuì e disse che occorrevano più dati sul
loro passato e su come Rudyard li aveva reclutati.
«In
questo momento non immagina che abbiamo intuito il suo gioco,
perciò dovremo prestare molta attenzione affinché
non
capisca che il suo piano sta per saltare. Abbiamo l'occasione di
metterlo nel sacco e non dobbiamo, per niente al mondo, lasciarcela
scappare», concluse con convinzione. «Ora,
amici, rilassiamoci insieme, beviamo qualcosa, perché il
sole
splende e Locksley è un villaggio felice!»,
aggiunse,
prendendo a braccetto Allan. «Spiegami un po'
com'è che
fai con quel gioco», gli disse.
Un «Lo sapevo» di Much, appena
mormorato, fece ridere tutti quanti.
Foresta di Sherwood.
In cammino da molti giorni, in compagnia del proprio figlio, una donna
rimandava ostinatamente l'appuntamento con il dolore che la rincorreva
e si dirigeva
nell'unico posto in cui sapeva di poter trovare un conforto –
se non
lei, almeno suo figlio. Finché era impegnata a mettere un
piede
davanti all'altro, contando tutte le volte che lo stomaco le si
contraeva per la fame, poteva permettersi di non pensare e quindi di
non soffrire; inoltre era necessario trovare un nuovo giaciglio per la
notte nel caso in cui non
fosse riuscita a raggiungere il villaggio prima del tramonto, questione
che, aggiunta alle altre, riempiva la sua mente più del
dolore e
del senso di sconfitta.
Era trascorso diverso tempo dall'ultima volta che i suoi piedi avevano
lasciato orme su quella terra scura, che i suoi occhi si erano
soffermati
sull'incanto di quei
luoghi, che le sue narici erano state sfiorate dall'odore, pungente e
bagnato, del muschio; le sembrava un'eternità e invece non
erano che un paio d'anni; benché molte cose fossero
cambiate nel frattempo, mutando inevitabilmente anche lei, pareva
infine che il cerchio si
stesse chiudendo su se stesso, riportando lei e suo figlio al punto di
origine, dove la sua vita, quella del bambino e altri eventi avevano
avuto inizio. Non
aveva idea se tutta quella faccenda fosse una
maledizione o una benedizione, considerato che era andata via da
Locksley per sfuggire ad una condanna a morte e vi stava tornando
in condizioni forse addirittura peggiori; ma dal momento che la vita
l'aveva
nuovamente messa dinanzi ad una serie di impedimenti e
difficoltà, tra tutti i potenziali mali,
era stata costretta a optare per quello ritenuto il minore. Gli eventi
le avrebbero
risposto prima o
poi e tutto le sarebbe stato chiaro e limpido come un ruscello,
perciò la cosa fondamentale era fare qualcosa, intraprendere
un
percorso, scegliere e prendersi le responsabilità di una
decisione, anche se non c'era niente di semplice in quella presa di
posizione: se fosse dipeso esclusivamente da lei, se fosse stata
l'unica protagonista di quegli sfortunati eventi, forse avrebbe ceduto
sotto il peso del dolore, ma aveva un figlio da mettere in condizioni
di crearsi un futuro roseo e per lui era necessario
essere forte e lucida.
In quel momento, in via del tutto eccezionale, il ragazzino che
camminava al suo fianco era silenzioso, ma di tanto
in tanto sollevava verso di lei gli occhi speranzosi, perché
con
ogni probabilità aveva intuito la direzione del
loro camminare – anche se non osava esprimere ad alta voce
pensieri e
desideri – e sembrava esserne felice. Era un ragazzo sveglio
e di
carattere, per la fortuna di entrambi, ed era davvero l'unico motivo
per cui si
era di nuovo rimboccata le maniche e aveva trovato il coraggio per
affrontare quel viaggio a ritroso colmo di punti interrogativi forse
più di un ipotetico futuro in un villaggio del tutto nuovo
o,
magari, addirittura in un'altra Contea.
Nonostante la compagnia di suo figlio e il ritmo ipnotico dei passi di
entrambi, mettere totalmente a tacere i pensieri era un'ardua
impresa, tanto più perché ogni passo era un
ricordo e
ogni ricordo la
portava sul solito cerchio che si chiudeva: sembrava quasi che Locksley
non potesse fare a meno di lei, o lei di
Locksley; pareva che, per
quanto tentasse di andare avanti con la propria esistenza, un richiamo
più forte l'attirasse là dove tutto era
cominciato e dove
aveva lasciato qualcosa di irrisolto, in sospeso. Forse, dunque, stava
infine tornando per fare i
conti con il passato, forse stava tornando per provare a
rimettere a posto le cose, ora che l'Inghilterra era di nuovo nelle
mani
del suo Re e a Nottingham non c'era più uno Sceriffo che la
voleva morta. Oppure, forse, stava tornando
perché
era sull'orlo della disperazione e non aveva altra scelta che quella.
Forno del vecchio Tyrik,
Locksley.
Little John stava ancora rimuginando su quanto aveva detto Robin
durante la riunione al Maniero, quel mattino. Non sottovalutare mai
l'avversario era una regola che aveva imparato in fretta fin da
quando era soltanto un ragazzino, perciò non aveva permesso
alla
sua mente di prendere in considerazione che Rudyard fosse una pessima
copia di Vaisey di Nottingham, uno sciocco egocentrico senza arte
né parte, ma fino a quel mattino non aveva
creduto che l'uomo potesse essere uno stratega degno di nota,
considerato
l'errore che aveva commesso lasciando il coltello nella stanza da letto
di Gisborne dopo aver tentato di fargli del male, se non ucciderlo.
John considerava quella manovra un errore da pivelli, uno di quelli che
si commettono quando si è altamente stupidi o molto
inesperti,
eppure, se le intuizioni di Robin si fossero rivelate vere, a
Locksley sarebbe stato necessario tenere gli occhi molto più
che
ben aperti. Da quando quel malfattore aveva messo piede nel suo
villaggio – anche se non era un Lord, Little John considerava
sua
Locksley per il solo fatto che vi aveva lasciato il cuore molti anni
prima – gli sembrava di essere tornato indietro a quando lui
e
gli
altri della banda dovevano guardarsi le spalle perfino dall'aria e dai
raggi del Sole, nel timore che lo Sceriffo e i suoi potessero
arrestarli e farli giustiziare con una scusa qualsiasi, e questa
situazione lo innervosiva e torturava con
pensieri negativi; la sua preoccupazione era
rivolta in
special modo agli abitanti di Nottingham e Locksley – che di
tanto in tanto ancora temevano che un ingiusto esattore delle tasse o
uno Sceriffo dissennato potessero punirli, se il
raccolto non rendeva quanto si era sperato, oppure se la merce non era
perfetta a causa di un qualsivoglia contrattempo; abitanti che, di
tanto in tanto,
portavano ancora istintivamente la mano all'altezza della vita in cerca
di una piccola
ascia o di un coltello, nel caso in cui una guardia o un soldato
avessero provato a far loro del male – nonché,
naturalmente, alla giovane Kaelee.
Se
Rudyard li avesse colti alla sprovvista
e
fosse riuscito a uccidere Gisborne o Kaelee senza che nessuno potesse
opporre la dovuta
resistenza, se anche uno solo dei due avesse perso la vita a causa sua,
John non soltanto ne avrebbe sofferto e non se lo sarebbe mai
perdonato, ma sicuramente avrebbe cercato
vendetta, avrebbe dato la caccia a quell'uomo fino in capo al mondo pur
di ucciderlo con le proprie mani, anche se ciò non gli
avrebbe
restituito i suoi amici, né avrebbe alleviato il suo senso
di
colpa.
Sua paura era anche che Rudyard non si sarebbe limitato a circondarsi
di soli due
uomini, ma ne avrebbe corrotti – John era infatti certo che
appoggiarlo non poteva essere una libera scelta dei singoli –
sempre di più e che
questo, in
qualche modo, avrebbe a lungo andare fatto di lui il nuovo Sceriffo di
Nottingham o qualcuno che vi si avvicinava molto, se nessuno lo avesse
fermato quanto prima.
Non poteva
sopportare che l'ultimo venuto mandasse in frantumi l'armonia di
Locksley e Nottingham, non dopo tutto ciò che lui e gli
altri
fuorilegge avevano fatto per restituire la libertà agli
abitanti dei villaggi e della città: la sola idea che, di
nuovo, bambini innocenti avrebbero visto morire di stenti i loro
genitori e sarebbero stati costretti a vagare in solitudine o ad
alloggiare in qualche orfanotrofio in attesa di morire di fame anche
loro e
pregando ogni istante di non essere adottati da una famiglia bisognosa
esclusivamente di braccia da sfruttare in campagna, lo faceva
infuriare; se non avesse temuto l'ira di Sherwood, avrebbe abbattuto
decine di alberi quel giorno per sfogare la rabbia, invece di provare a
calmare i
nervi impastando.
La sua indole buona, comprensiva e volta all'altruismo, gli impediva di
non prendere a cuore i drammi dei più deboli, a costo di
rischiare la vita per qualcuno che nemmeno conosceva. Non a caso anche
in tempi di pace non mancava mai di far visita a qualche anziano che
viveva in solitudine, ai bambini dell'orfanotrofio, o ai figli di certi
suoi vecchi amici rimasti orfani a causa di Vaisey e che avevano
preferito cavarsela da soli e restare nella loro abitazione; aveva
sempre offerto a tutti il suo aiuto, soltanto per godere della vista di
un sorriso spontaneo e sincero su quei volti stanchi, provati, resi
scarni dalla costante privazione di cibo: non chiedeva nulla in cambio,
neanche prima di essere dichiarato fuorilegge, nemmeno prima di unirsi
alla banda di Robin Hood che, notoriamente, rubava ai ricchi per
sfamare i poveri. Innumerevoli volte, infatti, insieme a Robin, Will,
Allan e Much aveva fermato un facoltoso abate, lo aveva invitato a
pranzo nel bel mezzo di Sherwood e aveva infine chiesto un contributo
per il pasto e l'ospitalità e quando gli ospiti si
offendevano
per il trattamento ricevuto, John si godeva lo spettacolo di Robin che
sosteneva di essere l'oste di quell'accogliente locanda che era la
foresta e, pertanto, esigeva un pagamento in monete tintinnanti che,
puntualmente, saltavano fuori, seppur tra borbottii indignati e dopo un
paio di minacce.
Più di tutti gli altri, John si era fatto in quattro
pur
di distribuire cibo e denaro ai poveri dei villaggi attorno a Locksley,
mettendosi perfino contro Robin in diverse occasioni in
nome
della
propria vocazione, anche se le possibilità di rientrare
indenne
erano minime. Una volta, disobbedendo alle raccomandazioni di Robin, si
era perfino lasciato imbrogliare da Vaisey a causa del
desiderio di fare del bene: era accaduto, infatti, che lo Sceriffo si
fosse ritrovato nel bel mezzo della foresta di Sherwood, in seguito ad
un episodio di sonnambulismo, e che avesse deciso di approfittarne per
riprendersi un documento che gli apparteneva e che era finito nelle
mani dei fuorilegge; si era quindi vestito di stracci, regalando la sua
lucida vestaglia pregiata ad un poveraccio, e finto cieco con
la collaborazione di una povera donna e dei suoi tre figli, i quali
attendevano Robin Hood, o uno dei suoi, per poter mettere qualcosa
sotto
ai denti; ritenendo che quello dovesse proprio essere il suo giorno
fortunato, aveva atteso pazientemente e, al momento opportuno, si era
lasciato soccorrere da un caritatevole Little John, il quale aveva
condotto
la famigliola dritto nel nascondiglio della banda. Essendo quest'ultimo
un luogo segreto per tutti coloro i quali non
appartenevano alla cerchia ristretta di Robin Hood, John aveva avuto
l'accortezza di bendare
la donna e i tre figli, ma aveva ritenuto inutile bendare anche il
vecchio
nonno, dal momento che aveva astutamente dichiarato di essere cieco.
John si era sentito tremendamente in colpa, appena aveva visto con i
suoi occhi che il vecchio cieco altri non era che lo Sceriffo Vaisey,
– al quale, da quel momento in poi, sarebbe bastato riuscire
a
raggiungere il Crocevia di scambio per raggiungere senza
difficoltà il campo dei fuorilegge – per il
rischio che
aveva fatto correre ai
suoi amici; fortunatamente tutto era poi andato per il meglio dal
momento che il tanto agognato Patto di cui Vaisey avrebbe voluto
riappropriarsi gli era stato, infine, nuovamente sottratto prima che i
fuorilegge lo riconducessero, bendato e privo di sensi, a Nottingham.
Tuttavia, lo spavento preso a causa di quell'episodio, non aveva
scoraggiato John, il quale non aveva
smesso di girare di villaggio in villaggio, di Crocevia in Crocevia
a distribuire ortaggi, pane e qualsiasi altro bene a sua disposizione.
Anche quando Locksley e i suoi abitanti
erano tornati ad essere liberi, John aveva continuato ad aiutare gli
anziani e le famiglie con molti bambini, gli infermi e i più
colpiti dagli anni di tirannia, prestandosi a svolgere
piccoli lavoretti per le donne rimaste sole a crescere i figli di
uomini morti a causa dello Sceriffo, rimettendo in piedi
vecchie
abitazioni, aiutando nella gestione di piccoli orti, portando acqua
ogni giorno a
coppie di anziani; tutte le volte che si imbatteva in qualcuno che
aveva
bisogno di aiuto, fosse anche qualcuno proveniente da villaggi vicini,
John non ci pensava due volte ad offrir loro le proprie
braccia senza mai chiedere nulla in cambio.
Ecco perché si era infine affezionato a Gisborne ed ecco
perché era pronto a rischiare la vita per Kaelee.
Tutti, compreso lui, avevano assistito alla sofferenza di Guy e ai suoi
tormenti, dopo
che aveva ancora una volta ucciso un essere umano, sua sorella. Per
quanto ognuno degli uomini di Robin Hood conservasse almeno un ricordo
sgradevole di Gisborne, era palese quanto la morte di Lady Marian e il
tradimento da parte di Isabella lo avessero lentamente mutato nel
profondo, lasciando emergere una parte di lui rimasta ancorata sul
fondo della sua essenza fino a quel momento.
John non gli era davvero stato vicino, lasciando che fossero invece i
fratelli a farlo, ma aveva mitigato gradualmente il ribrezzo che
provava nei confronti di lui fino ad eliminarlo completamente; a quel
punto si fidava ciecamente di Gisborne.
In quanto a Kaelee, la piccola disavventura nella foresta gli aveva
testimoniato quanto la ragazza fosse fedele al gruppo, nell'attimo
stesso in
cui non si era tirata indietro quando era stato necessario venire alle
armi,
e da quel momento in poi l'uomo l'aveva davvero presa a cuore,
rivalutandola sotto ogni aspetto possibile. Fin dall'inizio aveva
provato per lei un immediato senso di protezione a causa della
situazione familiare da cui era sfuggita e i nuovi dettagli che aveva
appreso in seguito alla prima pergamena, recapitata a Robin Hood da
parte di Aric per mezzo di un fidato messaggero, avevano ingigantito
quel sentimento fino indurre John ad assicurarsi più volte
nel
corso
di una giornata che la ragazza stesse bene.
Non
c'era istante, infatti, in cui non si informasse riguardo il benessere
di Kaelee, mai chiedendo direttamente a lei essendo un uomo
sostanzialmente timido nel suo modo di fare chiuso e riservato; il suo
informatore più efficace era Fra Tuck, che conosceva i
più
intimi pensieri di lei, e anche se non era facilmente corrutibile, John
non era intenzionato a smettere di interrogarlo, tanto più
perché non erano i segreti della ragazza al centro
della sua attenzione, perciò il frate non avrebbe infranto
alcuna
regola rivelandogli che un tale giorno lei era turbata per un motivo di
facile intuizione.
Accompagnato da questi pensieri, Little John – uomo di
cinquantaquattro
anni, ormai – depose l'ultimo impasto da lasciar riposare
alla maniera del vecchio Tyrik e si fece carico di
un paio di sacchi, colmi di pane, da distribuire a chi non poteva, per
un
motivo o per un altro, raggiungere con le proprie gambe il forno.
Come di consueto, l'anziano uomo, che per tutta una vita aveva avuto a
che fare con farine, impasti e forme di pane, fu ben contento della
sua collaborazione e lo ringraziò sentitamente.
«Sempre felice
è il mio animo nel vederti arrivare. Sei il benvenuto nei
luoghi
a me più cari, Little John il Benefattore», gli
disse.
Immediatamente, lui avvertì un piacevolissimo calore al
centro
del petto e, come tutte le volte in cui portava a compimento una buona
azione, si sentì appagato, soddisfatto e felice di poter
godere
di quel senso di pace, che troppo spesso credeva perduto insieme alla
donna
che aveva amato e che ancora amava e al figlio che non aveva potuto
crescere e che avrebbe tanto voluto crescere.
Foresta di Sherwood.
Mentre gli uomini della banda adempievano ai rispettivi doveri e
impegni, Robin e Much erano occupati
in un veloce giro di ricognizione appena oltre il limite più
esterno della foresta. Come sempre accadeva quando Robin si avvicinava
a Sherwood, una moltitudine di emozioni e ricordi gli stringeva il
cuore mozzandogli, di tanto in tanto, perfino il respiro se la mente
rievocava il sorriso di Marian avvolta da quella luce dorata, in mezzo
al verde predominante, che soltanto quella foresta sapeva ricreare.
Quindi, un po' per distrarsi e un po' perché sentiva di
doverlo
fare, decise di parlare di Kate
a Much; ormai, infatti, era di pubblico dominio
l'ufficialità
della
loro
relazione – Much aveva chiesto la mano della donna che amava,
la
quale aveva accettato senza indugio e non senza nascondere all'intero
villaggio la sua immensa gioia – sebbene non avessero
ancora avuto modo di dare una bella festa a causa di Rudyard, che di
certo avrebbe colto la palla al balzo, se avesse saputo;
perciò, senza l'occasione di un banchetto e in concomitanza
con
tutti i problemi cui la banda cercava di far fronte in quel periodo,
non c'era
stata circostanza favorevole per i due di scambiarsi qualche parola in
merito, oppure, come Robin aveva iniziato a credere, Much aveva
volutamente evitato l'argomento in sua presenza non trovando il
coraggio di confidare i propri pensieri all'amico di tante avventure.
Lo conosceva molto bene – anche se troppe volte lo
aveva sottovalutato o trattato più come un servo che come un
amico, in passato – e sapeva che, se non aveva fatto parola
con
lui della volontà di sposare Kate, doveva per forza esserci
qualcosa che l'aveva frenato: Much, infatti, non era uno in grado di
contenere le proprie emozioni, essendo molto spontaneo in tutto
ciò che diceva e faceva, quindi a Robin era parso subito
parecchio strano che l'amico non l'avesse coinvolto per domandare
consiglio o anche soltanto per informarlo anticipatamente.
Riflettendoci su, era arrivato alla conclusione che Much si fosse
lasciato intimorire dall'eventualità che potesse
infastidirlo o
ferirlo nel dirgli che intendeva unirsi in matrimonio con Kate, con la
quale lui aveva avuto una breve relazione; Much, infatti, non era
affatto superficiale o sciocco al punto da dire qualcosa nella
consapevolezza di poter fare del male a qualcuno a lui caro.
Dunque toccava a lui mettere a proprio agio l'amico e, volendolo
guardare negli occhi mentre gli parlava, decise di smontare dal proprio
cavallo, invitando Much a fare lo stesso, con la scusa di volersi per
un
attimo godere la quiete della foresta. Non a caso Robin aveva deciso di
trattare l'argomento in quel preciso
frangente: erano soli e in un luogo colmo di ricordi.
Much iniziò a torturarsi coi denti la parte interna della
guancia ancor prima che Robin gli chiedesse di scendere da cavallo.
Qualcosa, nello sguardo dell'arciere, lo aveva indotto a credere che a
breve avrebbe affrontato con lui una questione molto seria. Che volesse
parlargli di Kaelee, visto che Kate era molto amica della ragazza? In
fin dei conti gli aveva rivelato in anteprima quanto era accaduto a
casa di Gisborne, la notte in cui Rudyard lo aveva aggredito,
chiedendogli di non farne parola con Kate per non allarmarla,
perciò si fidava di lui, no? Era stato muto come un pesce
fino
al pomeriggio successivo, quindi non poteva trattarsi di un rimprovero.
E poi perché sorridergli e parlargli della
tranquillità
di Sherwood se voleva fargli una strigliata?
"Much, non pensar troppo e lega bene il cavallo, altrimenti se fugge
dovrai tornare al villaggio a piedi e comprarne uno nuovo, anche se
Gisborne ti offrirebbe uno dei suoi", si ammonì nell'attesa.
«Sono
molto felice per te e Kate. Lei merita un uomo come te»,
gli disse infine l'arciere, prima di esibire quel sorrisetto furbo di
chi stava per dire qualcosa
di vagamente canzonatorio. «E tu una donna come
lei», concluse
senza smettere di sorridergli.
Allora si ritrovò a ridacchiare, sentendosi subito in
imbarazzo per quella
situazione e anche vagamente in colpa per non aver reso Robin il primo
del gruppo ad essere al corrente delle sue intenzioni con Kate, ma la
scelta di escluderlo inizialmente dai suoi programmi era stata
ponderata a lungo, perciò si disse che poteva rilassarsi e
parlargli con calma; così gli
raccontò di come, durante una messa celebrata da Fra Tuck,
gli
fosse balenata quell'idea e di come avesse dapprima preso in
considerazione l'ipotesi di parlarne con lui.
«Voi siete l'unica persona con cui avrei voluto parlarne
prima di
ogni altra, ma non volevo essere irrispettoso nei vostri confronti.
Insomma, voi e Kate siete stati una coppia fino a non molto
tempo fa, anche se io l'amo fin dal primo momento in cui l'ho vista e,
scusatemi se ve lo dico, l'ho notata prima di voi», disse,
scatenando la risata gioiosa dell'amico. «Cos'avete da ridere
così tanto?», chiese allora, sorridendo a sua
volta.
«Nulla amico mio, nulla. Va' avanti e raccontami di come hai
conquistato il sì della bella Kate», rispose
Robin,
appoggiandosi al tronco di un albero, con le braccia incrociate al
petto.
Much parlò, quindi, del turbine di
timori e ansie che lo aveva attanagliato per giorni, che gli erano
sembrati anni, e di tutte le gaffe di cui si era reso protagonista nel
tentativo di dichiararsi alla sua amata, per poi aggiungere che un
ruolo importante in tutta quella faccenda l'aveva avuto Kaelee, alla
quale aveva dato appuntamento alla Collina delle Croci per chiederle
consiglio.
Robin scoppiò di nuovo a ridere dicendogli poi, molto
seriamente, che aveva rischiato grosso
con
Gisborne.
In effetti non aveva pensato a Guy quando si era incontrato con
Kaelee e, ora che Robin lo aveva indotto a riflettere,
avvertì
la paura invaderlo di colpo e sentì che le gambe iniziavano
a
tremargli mentre il battito del suo cuore prendeva un ritmo
velocissimo, quasi come quando correva, al pensiero di quel colosso di
Gisborne che andava a bussare alla sua porta per dargli una bella
lezione sul concetto di proprietà. "Proprietà o
qualcosa
del genere", si disse, incapace di trovare il termine più
adeguato.
«Much, scherzavo. Guy non ti farebbe mai del male, a maggior
ragione perché Kaelee ti vuole bene»,
mormorò Robin
con tono vagamente divertito.
«Lo sapevo», soffiò,
lasciandosi scappare un leggero sorriso, mentre ancora smaltiva la dose
di paura.
Robin rise più forte, portando affettuosamente una mano
sulla sua
spalla per tirarlo a sé e scompigliargli i
capelli, esattamente come un tempo, e suscitando in lui la medesima
contentezza di un tempo.
Tale era la situazione quando i due si imbatterono in una donna e in
un bambino
visibilmente provati, al punto che entrambi gli uomini ebbero
l'istantanea
sensazione di dover
prestare immediato soccorso ai visitatori. Sul volto della donna,
infatti, erano evidenti i segni della stanchezza, così come
gli
zigomi sporgenti erano un chiaro segno di denutrizione, ma non
era tutto perché Much sentì che dallo sguardo
estremamente triste, quasi spento, un profondo dolore era pronto ad
emergere da un momento all'altro. Ciò che lo sconvolse
più di ogni altra cosa, per la netta contrapposizione con le
condizioni della donna, fu, però, il sorriso luminoso di
quel
bambino che sembrava
felice di vedere lui e Robin; non come quando un viaggiatore solitario
che abbia perso la via, incontri per sua fortuna un'anima buona che gli
indichi la strada, ma come qualcuno che si ritrovi dinanzi a dei vecchi
amici. Più Much si soffermava sulle labbra distese di quel
ragazzino, meno gli riusciva di capire cosa stesse accadendo, tanto
più perché la donna non era ancora intervenuta se
non per
trattenere quello che poteva essere suo figlio, oppure un nipote o
molto meno probabilmente un fratello minore, dal gettarsi tra le
braccia dell'arciere. Much non ne aveva la certezza, eppure, osservando
il
modo in cui il ragazzino si protendeva verso Robin, gli
riuscì
semplice credere che il primo volesse un abbraccio dal secondo.
"Che Robin abbia un figlio e non me l'abbia mai rivelato? Ahi, quale
guaio sarebbe! Ma chi mai potrebbe essere la madre, se il mio padrone
ha
sempre amato solo Lady Marian fin quando lei era in vita?", si chiese,
concentrandosi ancora sul piccolo uomo che aveva dinanzi. "I capelli
sono di un colore diverso e gli occhi non hanno nemmeno la
metà
dell'espressività di Robin. No, non è suo
figlio",
decise, perché in verità gli faceva
più comodo
pensare che fosse così. "Un nipote? Ma com'è
possibile se
non ha fratelli?", rifletté. "Oh Santa Vergine, aiutaci! Di
fratelli ne ha due adesso! Non
può essere, non può essere! Gisborne ha un
figlio, questa
è cosa certa! Kaelee
ne morirà, ne morirà! Santa Vergine, abbi
pietà di
tutti noi!", esclamò mentalmente, torcendosi le mani e
aggrottando le sopracciglia in preda all'agitazione. "Aspetta, Much,
ragiona. Non può essere il figlio di Guy, perché
questo
giovanotto è troppo grande, mentre l'altro avrà
si e no
tre anni. Ah, che sollievo! Ma allora chi è? E chi
è la
donna che lo accompagna? Archer mi pare troppo giovane per avere un
figlio di questa età, ma è una testa calda
più di
Robin, perciò... Much, concentrati", continuò
finché decise di cercare
lo sguardo di Robin, per sapere se almeno lui era riuscito a capirci
qualcosa. "Che sia un ammiratore dell'arciere più celebre
d'Inghilterra?", proseguì, ma subito smise di porsi domande
perché Robin teneva lo sguardo fisso sul volto della donna,
ignorando completamente il bambino, – o così gli
parve
– perciò anche lui spostò l'attenzione
verso di lei.
Era
indubbiamente giovane, anche se non giovanissima come lo erano Kate o
Kaelee, aveva i capelli scuri e un paio di
occhi che divennero incredibilmente espressivi quando incontrarono i
suoi, tanto che Much fu costretto ad abbassare lo sguardo mentre Robin
finalmente rompeva il silenzio.
«Io vi conosco», sussurrò
l'arciere, come se avesse avuto una rivelazione improvvisa, con le
sopracciglia aggrottate e il capo lievemente inclinato
in segno di curioso interesse.
La donna rivolse a entrambi un sorriso stanco, distolse lo sguardo e
lasciò che fosse il ragazzino a rispondere per
lei.
«Voi siete Robin Hood! Conoscete mio
padre!», esclamò con entusiasmo.
Vi fu un breve momento di silenzio in cui Much continuò a
torcersi le mani, spostando gli occhi da Robin al bambino e dal bambino
alla donna, per poi ricominciare da capo. Si sentiva come se il ragazzo
avesse parlato in un'altra lingua, tanto quelle parole lo sconvolsero.
"Se Robin conosce suo padre, suo padre deve essere uno del villaggio e
forse uno della banda. Che sia davvero Gisborne? Che ne so io se ha
avuto altri figli oltre quella piccola anima innocente che abbiamo
trovato nella foresta? Ma se fosse imparentato con Gisborne,
perché mostrare tanto entusiasmo per i fuorilegge,
considerata
l'indole di Guy prima di unirsi a noi? Non è suo, no. Che
sia di
Allan? Will? Mio non è di certo", rifletté,
mentre il
dubbio, intanto, si insinuava in lui. "Much, smettila. Sii consapevole
delle tue azioni!", si rimproverò. "Tu non hai mai
ingravidato
una fanciulla e, con ogni probabilità, quando questa
creatura
è nata tu eri in Terra Santa con il tuo padrone. E poi,
Much,
è il caso che tu ammetta a te stesso di non essere mai stato
con
una donna in quel senso, quindi è impossibile che lui sia
tuo
figlio. Ma allora di chi?", si disse prima di essere interrotto
nuovamente
da Robin.
«Vergine Santissima», mormorò l'arciere.
«Siete
venuti fino a qui a piedi e senza sufficiente cibo e acqua?»,
chiese, dando a Much la sensazione che si trattasse di una di quelle
domande definite retoriche, considerate le condizioni dei due
viaggiatori. Poi, come era solito fare, Robin prese lucidamente e
velocemente una decisione che condivise con i presenti.
«Cavalcherete con me fino a Locksley. Vorrei cedervi il mio
cavallo e camminare al vostro fianco, per cortesia e per non mancarvi
di rispetto, ma temo per voi più di quanto mi importi delle
buone maniere, in questo momento», disse, aiutando la donna a
montare sul destriero che gli apparteneva. «Much, aiuta il
piccolo a salire e spingi il tuo cavallo alla massima
velocità
in direzione del Maniero!», esclamò allontanandosi
insieme
alla donna.
Much non era sicuro di ciò che stava accadendo, ma era
riuscito
a farsene
un'idea abbastanza precisa a furia di andare per esclusione; quindi si
issò sull'animale,
tirò su il ragazzino ed eseguì gli ordini di
Robin.
Maniero di Robin, Locksley.
Giunto al Maniero, Robin aveva chiamato a raccolta tutte le persone a
sua disposizione e le aveva incaricate di occuparsi della donna e del
suo bambino, raccomandando che i due ospiti venissero trattati al pari
di una Regina e di un giovane Principe – che venisse quindi
offerta loro acqua calda in cui immergersi e rilassarsi, abiti puliti e
cibo e bevande in abbondanza affinché rimediassero, almeno
in
parte, agli stenti del lungo vagare. Dopodiché
mandò
Archer a cercare Little John per dirgli che la sua presenza al Maniero
era necessaria, ma che poteva raggiungerlo senza dover per forza
abbandonare un'attività o mancare ad un impegno.
Quando aveva chiesto a Much se avesse riconosciuto la donna, lui aveva
annuito, precisando che aveva elaborato moltissime ipotesi mentre
ancora
si trovavano nella foresta ed era infine arrivato proprio alla sua
stessa conclusione; nient'affatto sicuro, però, che Much
facesse sul serio,
aveva preferito fare il nome di entrambi i pellegrini e, nel vedere il
suo amico sgranare gli occhi, comprese che tra tutte le
possibilità, lui aveva scartato quella giusta,
perciò
scoppiò a ridere gioioso prima di invitarlo a raggiungere la
sua
amata, raccomandandosi che non rivelasse a nessuno quanto sapeva,
perché John avrebbe dovuto apprendere da sé
quella
novità.
Trascorsa una buona mezz'ora da quando gli aveva chiesto di recapitare
il messaggio, Robin vide suo fratello tornare di corsa.
«L'ho trovato», annunciò con il fiatone.
«Gli
ho detto di venire qui appena gli è possibile, ma senza
fretta», aggiunse, accettando un bicchiere d'acqua.
«Bene», rispose Robin con un sorriso, felice di
ospitare due vecchie conoscenze.
«Grazie», disse ancora Archer, indicando il
bicchiere
già vuoto. «Mi è sembrato piuttosto
preoccupato, ma
non credo che si precipiterà qui immediatamente»,
concluse.
Robin annuì pensieroso e tornò a rivolgere lo
sguardo
oltre la finestra della stanza. Del tutto inaspettatamente, rivedere
quella donna aveva steso, dietro l'innegabile gioia, un
sottile velo di malinconia, perché indubbiamente era
felice che uno dei suoi migliori amici – nonché
uno tra i
più valorosi uomini che avessero lottato al suo fianco
–
si sarebbe ricongiunto, quel giorno, con una parte della sua vita che
gli era sempre mancata da quando l'aveva perduta, eppure non
poté fare a meno di pensare, egoisticamente, a Marian,
così
lontana da lui, così presente nel suo cuore, e raffrontare
la
situazione di Little John con la propria.
"Indimenticato
amore mio, adorata sposa, un giorno ci ricongiungeremo anche noi, in
quell'altrove
che ci spetta", pensò. "Ho tentato, ho provato ad amare di
nuovo, ad andare avanti, ma è stato un fallimento. Ho illuso
una
brava ragazza, prima di capire che l'unica cosa che dovevo fare era
lasciarla andare. L'ho ferita. Ho sbagliato con lei, come tante volte
ho
sbagliato con Much. Non è comico che proprio lui sia
riuscito a
porre rimedio al mio errore con Kate, salvandomi per l'ennesima
volta?", si disse, immaginando che dalla sua posizione privilegiata,
tra le nuvole e nella luce più intensa, lei potesse sentirlo
anche se non parlava a voce alta, altrimenti avrebbe dovuto riconoscere
di essere impazzito dal momento che molte volte aveva silenziosamente
dialogato con Marian e molte altre l'aveva incontrata in sogno, dopo
aver pensato a lei durante un'intera giornata.
Nonostante fosse trascorso più di un anno, non gli riusciva
di
lasciarla andare davvero; era cosciente del fatto che Marian aveva
abbandonato per sempre quella Terra e la breve vita che le era toccata
in sorte, perciò non nutriva alcuna speranza di riaverla
accanto, – speranza che invece aveva sempre confortato il
cuore
di Little John, ad esempio – ma separarsi da lei non era per
Robin un'opzione
plausibile, con ogni probabilità perché non era
ancora
davvero pronto ad accettare quanto era accaduto all'unico vero amore
della sua vita; quindi, pur
vivendo costantemente sul filo della tristezza – e non gli
piaceva affatto autocommiserarsi, piangersi addosso e cercare l'altrui
compassione, ragion per cui piangeva le sue lacrime in solitudine o in
presenza dei suoi fratelli – non riusciva ancora a guardare
avanti. Come si era appena ripetuto, dopo il rientro in
Inghilterra e la voglia di mollare tutto per lasciarsi andare
rinnegando amici, banda e perfino se stesso, aveva mosso qualche passo
in direzione di un nuovo inizio e in tal senso l'arrivo di Fra Tuck
nella banda si era rivelato molto più che una benedizione,
perché quell'uomo era stato capace di ricordargli con forza
tutti gli ottimi motivi per cui aveva dato vita a quella combriccola di
fuorilegge volta al bene, perciò era da lì che
Robin
aveva ricominciato; poi, tra un'opera di bene e l'altra, erano piombate
nella sua vita Isabella Thornton – sorella di Gisborne e sua
vecchia conoscenza – e Kate di Locksley, due donne molto
diverse
tra loro, ma entrambe attratte da lui. Se avesse potuto tornare
indietro, si sarebbe comportato in maniera del tutto diversa, ma,
accecato com'era dal dolore della perdita, aveva vissuto, con una
superficialità che non gli era mai appartenuta,
l'innamoramento
effimero che l'aveva avvicinato a loro, ferendole entrambe: quando gli
sembrava che il futuro sussurratogli da Isabella in un momento di
estremo pericolo potesse avverarsi, ecco che il volto di Kate e la sua
indole furiosa apparivano dinanzi ai suoi occhi invitandolo a cambiare
idea; e allo stesso modo, quando Kate gli chiedeva di scegliere tra lei
e la banda, ecco che lo sguardo impaurito di Isabella gli si palesava
nella mente, impedendogli di dare a Kate ciò che desiderava;
ma
era nel silenzio delle ore notturne che una figura sovrastava sempre
tutte le altre, ricordandogli chi era, sussurrandogli che Robin Hood
non avrebbe mai mancato di rispetto ad una donna a quel modo.
Robin si ritrovò a sospirare, con Sherwood a colmare il suo
campo visivo, mentre pensava al suo amore
perduto.
"Non sono ancora riuscito a perdonare me stesso, ma qualcuno l'ho
perdonato, sai? Ti ha amata, a suo modo, e adesso
è
felice perché la giovane e determinata Kaelee gli ha
cambiato la
vita
definitivamente. Mi credi se ti dico che sono contento per lui?
È quasi morto tra le mie braccia per salvare Archer,
immagino tu
sappia chi è dal momento che da lassù puoi vedere
il
mondo nella sua interezza. Puoi
perdonarmi se considero fratello il tuo assassino? Se non porto
rancore nei suoi confronti? Dovresti vederlo... O forse no. Poi finisce
che ti innamori di lui e mi dimentichi", pensò, riuscendo ad
essere ironico perfino in un momento
come quello. "Avrei così tante cose da raccontarti! Di
Gisborne,
me ed
Archer; della morte dello Sceriffo e della ricostruzione di Nottingham;
dello splendore di Locksley, ora che è libera dal suo
tiranno...
Crudele è stata con noi la vita, mia adorata Marian",
sospirò.
Si accorse della presenza di Archer soltanto quando quest'ultimo gli
posò una mano sulla spalla, riportandolo definitivamente
alla
realtà.
«Dovresti parlarne con qualcuno»,
sussurrò, intuendo che qualcosa lo tormentava.
"Non ti dimenticherò mai, Marian, ti
terrò con me per sempre", pensò infine.
«Un giorno, forse, se vorrai
ascoltarmi», rispose allungando le dita verso quelle di
suo fratello,
in un muto gesto di gratitudine.
Dopo aver completato il giro per la distribuzione del pane, Little John
era
andato all'orfanotrofio a ridosso del villaggio, per far visita
ai tanti bambini che vivevano lì. Lo spaventoso numero di
ospiti in quella struttura ricordava, a lui e a tutti gli abitanti di
Locksley
e Nottingham, la ferocia di Vaisey e dei suoi uomini, le quasi scontate
conseguenze di un abuso di potere e gli innumerevoli drammi e problemi
cui era necessario far fronte: che fine avrebbero fatto
tutti quei bambini? Chi avrebbe assicurato loro un futuro, una
famiglia, una vita serena? Chi avrebbe impedito che crescessero nella
stessa cattiveria che aveva tolto loro i genitori? Chi avrebbe
alleviato l'odio dei più grandi nei confronti della vita e
di
quelle persone che ancora camminavano liberamente per i villaggi e le
città, impuniti, dopo aver ucciso chissà quante
persone?
Le anime buone che si erano offerte di mandare avanti l'orfanotrofio
facevano del loro meglio per rieducare, istruire e confortare quelle
creature, ma da sole non avrebbero mai potuto sostenere tutte le spese
necessarie per il cibo, gli abiti e tutto l'occorrente, senza contare
che tra gli orfani c'era anche qualche testa calda difficile da tenere
a bada. Per questo e per la sua indole volta al prossimo, Little John
aveva subito abbracciato quella causa, finanziando la struttura come
poteva, aiutato anche dai suoi compagni d'armi, e cercando di prendere
con le buone i più irrequieti, che erano poi anche quelli
che
maggiormente coltivavano un desiderio di vendetta contro chi aveva
assassinato i loro parenti e amici.
A quest'ultimo gruppo apparteneva certamente Gisborne, il quale,
infatti, era in cima alla lista dei più detestati uomini di
Locksley e Nottingham, al punto che il volto di lui affollava gli
incubi di molti ospiti dell'orfanotrofio, tant'è che la
prima
volta che l'uomo
era andato a trovarli, – mosso dalle migliori intenzioni,
spronato da Tuck e accompagnato da Little John –
era stato un completo disastro:
i
bambini si erano messi a strillare e piangere, mentre i più
grandi avevano cercato di scagliarglisi contro, l'avevano ricoperto di
insulti esprimendo il loro odio nei suoi confronti e infine si erano
messi a lanciare piccoli sassi contro la sua figura inerme.
John riteneva che bambini e ragazzi non avessero tutti i torti, dal
momento che l'esecutore materiale di
molti omicidi era stato proprio il vecchio Sir Guy, e credeva che non
si potesse
pretendere che cuori e menti tanto giovani potessero capire dall'oggi
al domani che l'ex
braccio destro dello Sceriffo era cambiato completamente; sarebbe
occorso del
tempo, oltre alla buona volontà di Gisborne – il
quale si
era dichiarato disposto a fare ulteriori tentativi che avevano spinto
John a volergli dare una mano in quell'impresa, visto che i piccoli
ospiti si fidavano ciecamente di lui.
Li adorava quei bambini, senza distinzioni, senza preferenze, e anche
loro gli
volevano molto bene, mostrandosi sempre contenti ed entusiasti nel
vederlo arrivare. Uno
più di tutti gli altri: si trattava di un bambino dai
capelli
rossi, che John aveva salvato a
Nottingham e dal quale poi era stato a sua volta salvato. La donna che
aveva imbrogliato pure lui, sostenendo di togliere dalla strada i tanti
bambini che portava con sé, in verità li nutriva
e teneva
in salute soltanto per poi venderli e ricavarci un mucchio di denaro,
dopo averli usati per raccogliere scommesse su incontri che lei stessa
organizzava e pilotava; quando ne era venuto a conoscenza, John si era
così tanto arrabbiato
che
aveva portato tutti i bambini in quell'orfanotrofio vicino a Locksley,
anche perché la donna era stata poi condannata da Vaisey ad
impiccagione per ragioni che lui non era riuscito ad afferrare, pur
sospettando che quei due in passato avessero fatto comunella in qualche
losco affare; non che gli interessasse, comunque, visto che tutta la
sua attenzione era rivolta ai piccoli innocenti. Andava a trovarli
quasi tutti i giorni e trascorreva con loro almeno un
paio di ore chiacchierando, invitandoli a non litigare tra loro,
osservandoli in cerca delle potenzialità che sicuramente
ognuno di loro custodiva, così da poterli inserire, un
giorno,
nelle attività commerciali di Locksley oppure tra le fila
della
banda di Robin Hood; quando riusciva, portava anche piccoli doni ai
bambini e
del denaro alle donne che si prendevano cura di loro,
perciò, in
sostanza, era un po' come
se li avesse adottati tutti.
John stava tirandosi fuori dal sacchetto che portava alla vita una
graziosa biglia colorata da donare al bambino che gli si era ancorato
alla gamba nell'esatto momento in cui era arrivato, quando il suo
sguardo venne attirato da una figura in movimento, un uomo che stava
correndo nella sua direzione. Prima di
riconoscerlo, pensò
che potesse trattarsi di uno dei ragazzi più grandi che
l'orfanotrofio ospitava, in fuga a causa di chissà quale
nuova
marachella combinata in uno dei villaggi vicini, ma appena si rese
conto che si trattava di Archer, immediatamente si mise sull'attenti.
Quale motivo poteva aver spinto il fratello minore di Robin Hood a
raggiungerlo a piedi e di corsa, anziché a cavallo? Che
avesse
così tanta fretta di comunicargli qualcosa da dimenticare
che un
cavallo avrebbe ridotto notevolmente i tempi? Oppure era stato
aggredito durante una perlustrazione e si era diretto al primo luogo
utile, per mettersi in contatto con gli uomini della banda? Che
c'entrasse Rudyard?
«Archer!», esclamò dunque, rivestendo il
nome di lui
con tutta la preoccupazione che lo pervadeva da capo a piedi.
Quello, accaldato e affannato dopo la corsa, sollevò le mani
mostrando i palmi, come a voler assicurare che non era successo niente
di grave prima ancora di poterlo esprimere a parole, non avendo il
fiato necessario.
«È tutto a posto», asserì
qualche istante più tardi.
Eppure, nonostante Archer aggiunse che era atteso al Maniero, ma non
era niente di urgente e che avrebbe potuto raggiungere Robin quando
più gli veniva comodo, John non si sentì per
nulla
rassicurato da quella visita inattesa e così strana.
Perché Robin aveva mandato Archer e non uno degli allievi di
tiro con l'arco? Oppure, perché non era lui stesso andato
all'orfanotrofio visto che i bambini erano sempre contentissimi di
rivedere il loro eroe con arco e frecce?
«Non c'è alcuna fretta, John, dico davvero. So
quanto
tieni al tempo che trascorri qui, quindi ora torno al Maniero,
riferisco a Robin che ti ho trovato e poi tu vieni quando sei
libero», mormorò Archer poggiandogli una mano
sulla spalla
e stringendola in una presa leggera, accompagnata da un sorriso
comprensivo.
Non era un mistero per nessuno, infatti, che se aveva preso a cuore
tutti quei bambini era anche perché gli mancava suo figlio.
Sebbene Archer non fosse ancora parte della banda di Robin Hood quando
Little John aveva finalmente potuto conoscere il figlio che Alice aveva
partorito in sua assenza, – in quanto era già
stato
dichiarato fuorilegge e si era dato per morto affinché sua
moglie non rischiasse la vita cercandolo nella foresta –
conosceva bene la quella storia, perché gliel'aveva
raccontata
lui stesso su consiglio di Tuck.
In effetti, ora che John ci pensava, c'era spesso lo zampino di Tuck
nelle questioni intime e personali di ogni componente della banda: con
il suo essere gentile e spontaneo, quel frate stava rimettendo in sesto
tutti quanti; infatti, dopo aver condiviso le angosce e i
tormenti, in merito a suo figlio e a sua moglie, con una persona che ne
era completamente all'oscuro, John si era subito sentito più
leggero e aveva trovato in Archer un ottimo e comprensivo
ascoltatore.
Così, non senza aver
dedicato attenzioni ad ognuno dei presenti, seppur più
velocemente di quanto avesse programmato per quel giorno, John
lasciò
l'orfanotrofio prima del tempo e piuttosto in fretta nonostante le
raccomandazioni di Archer. Più correva verso il Maniero,
più si convinceva che dovesse
obbligatoriamente essere
accaduto qualcosa, altrimenti perché richiedere la sua
presenza senza fornire ulteriori dettagli?
"Se si tratta di Rudyard, giuro che gliele darò di santa
ragione", si disse. "Se ha provato a torcere anche solo un capello a
Kaelee, mi assicurerò personalmente che ne paghi le
conseguenze", decise, intravedendo già la meta.
Gli ospiti di Robin e Archer, dopo aver riposato le membra grazie ad un
profumato bagno caldo, erano seduti al tavolo, nella Sala Grande del
Maniero, e mentre il bambino
mangiava con gusto e appetito della frutta fresca e secca, la donna
spiegava che la voce che lo Sceriffo era morto, che Re
Riccardo era tornato e che tutti i villaggi, anche quelli
più
vicini a Nottingham, – sede di Vaisey e delle sue
scelleratezze – erano
finalmente liberi da ogni angheria, si era
diffusa in fretta e questo le aveva dato infine il coraggio di mettersi
in cammino verso il suo villaggio d'origine.
«Ho
pensato che, stando così le cose, Locksley potrebbe essere
davvero il posto giusto per
noi adesso. Per lui, soprattutto», mormorò la
donna
guardando il
proprio figlio, senza nascondere il velo di tristezza e manifestando
anche la preoccupazione che l'attanagliava fin da quando si era messa
in viaggio. Chi le assicurava che sarebbe stata accolta, dopo quanto
era accaduto? Dopo ciò che aveva detto all'uomo che aveva
amato
e che era il padre di suo figlio?
Robin annuì, sorridendole comprensivo.
«Avresti fatto meglio a venire subito
qui», la rimproverò affettuosamente.
«È arrivato!», si intromise Archer,
– che teneva
d'occhio la strada da una delle finestre, in attesa –
interrompendo la conversazione.
Vi fu un momento di completo silenzio in cui la donna poté
sentire esclusivamente il proprio cuore rimbombarle forte nelle
orecchie e martellarle violento contro il petto; dovette stringere le
mani l'una nell'altra per bloccarne il tremore causato dall'ansia,
mentre fissava lo sguardo su Robin, il quale posò una mano
sulle
sue e le sorrise ancora una volta.
«Vado ad accoglierlo», mormorò per poi
sparire dalla sua vista.
La donna si rese subito conto che la stanza in cui si trovava con suo
figlio e Archer non era così lontana dall'ingresso,
perciò tese le orecchie, ansiosa di sentire di nuovo, dopo
tanto
tempo, la voce che le aveva parlato in sogno di tanto in tanto.
Quando Robin comparve sull'ingresso, vide Little John sostenersi alla
parete esterna del Maniero, per riprendere fiato.
«Cosa non ti era chiaro di "fai con
calma"?», gli chiese, in un rimprovero colmo d'affetto,
virgolettando l'espressione con un gesto delle dita.
In cambio ricevette un'occhiataccia da parte del suo burbero amico, il
quale, qualche istante più tardi, gli rivolse la domanda cui
più di ogni altra cercava risposta.
«Cos'è successo?», chiese, senza perdere
tempo,
mentre ancora lottava per lasciar entrare quanta più aria
possibile nei polmoni.
Robin alzò gli occhi al cielo e sorrise divertito
dall'atteggiamento, tra il preoccupato e l'irritato, tenuto con
fierezza da John. Una delle caratteristiche che lo avevano sempre
salvato da quel tipo di
profondissima tristezza che, in certi casi estremi, portava perfino al
suicidio, era
il suo saper essere felice per gli altri pur non essendolo lui stesso
nella sua piccola realtà personale. Che Robin soffrisse per
la morte di Lady Marian era chiaro a tutti, – e nessuno osava
pensare il contrario, dandogli implicitamente del superficiale, come
nessuno credeva che fosse un dolore destinato a sparire in poco tempo
–
ma non per questo si poteva
dire che invidiasse i
suoi amici i quali, a differenza sua, avevano un amore da vivere, da
costruire e in cui sperare; anzi, nello scorgere serenità
negli
occhi dei suoi amici, trovava un'ottima ragione per andare avanti.
«La tua domanda mi conferma che Archer mi è
sinceramente
fedele», mormorò allegro, prendendo tempo,
perché
era necessario che Little John fosse perfettamente lucido
affinché la novità non lo sconvolgesse al punto
da fargli
perdere i sensi.
«Avresti dovuto imparare da tempo, ormai, la differenza tra
un
momento buono per far battute di spirito ed un pessimo momento per far
la stessa cosa», borbottò John.
«E tu, invece, avresti dovuto imparare da tempo, ormai, che
puoi
essere serio con leggerezza», ribatté Robin.
«Archer
ti ha forse detto che è accaduto qualcosa di
grave?».
«No», fece John con tono deciso. «Non
escludo che tu lo avrai minacciato per mentirmi,
però».
«Amico! Lasciami dire che sei parecchio ingiusto quest'oggi.
Ho
mai minacciato un compagno d'armi? Ho mai mentito su questioni
importanti?», rispose, senza perdere il sorriso.
«Minacciato e mentito no, ma ordinato di star in questo o in
quel
posto sì», lo provocò John, incrociando
le braccia
al petto ampio.
Robin assunse volutamente un'aria pensierosa. «Qualcuno deve
pur
prendere le decisioni scomode», affermò poi,
scoppiando a
ridere.
«Ah, Robin!», ringhiò quasi, irritato.
«Rilassati John! Riprendi fiato, perché non
c'è fretta!».
«Non fate che ripetermelo, tu e Archer, eppure mi hai mandato
a
chiamare! E se ho fiato per parlare con una zucca vuota come te, allora
ne ho anche per entrare nel Maniero».
A quel punto Robin sospirò e scosse il capo, ancora una
volta
divertito dalla situazione. Non voleva farsi beffe di John, solo il
modo burbero in cui sempre l'uomo si poneva e l'atteggiamento da
guerriero con cui affontava ogni situazione, lo rallegravano quando non
c'era ragione di sentirsi in pericolo.
«La ragazza», continuò Little John,
rivolgendogli uno sguardo sottile, affilato.
Robin sbuffò. «Kaelee sta bene!»,
esclamò.
«Stiamo tutti bene, quindi smettila di preoccuparti per
niente.
Ti ho mandato a chiamare, è vero, e una ragione
c'è, ma
non deve essere per forza una tragedia! Fai un bel respiro, rilassati e
seguimi», disse tutto d'un fiato, ma non si mosse
finché
non vide lo sguardo di John ammorbidirsi.
«Non potresti almeno dirmi...», fece, ma non
riuscì a finire.
«No! Devi vedere con i tuoi occhi», lo
zittì Robin facendogli strada.
La voce cavernosa di John le aveva smosso subito qualcosa nel cuore o
lì, nei dintorni, dove si diceva risiedesse il centro dei
sentimenti e delle emozioni umane, quasi che non fosse trascorsa che
una manciata di minuti da quando lo aveva sposato, molti anni prima.
Come per opera di un magico artifizio, la donna sentì
crescere
l'ansia man mano che il tempo passava e i passi dei due uomini si
avvicinavano alla sala; non riusciva a smettere di guardare quella
porta spalancata da cui, da un momento all'altro, sarebbe apparso colui
il quale avrebbe risolto l'enigma di un'intera vita, che avrebbe
sciolto i nodi delle molteplici eventualità che l'avevano
ricondotta a Locklsey, che le avrebbe chiarito se l'averlo creduto
morto, l'aver cresciuto da sola il loro bambino, l'essersi trasferita
altrove con il piccolo e con un altro uomo, fossero piccole tappe
necessarie a completare un disegno più grande e giusto che
contemplava serenità per tutti e tre. Ci sperava e lo faceva
con
tutta se stessa, mentre suo figlio tradiva impazienza dallo sguardo
sveglio, vispo, pur sembrando a proprio agio in quel contesto. Era
felice per lui, perché dopo diversi giorni di stenti era
riuscita, finalmente, a far sì che mangiasse come il fisico
di
un ragazzino della sua età richiedeva.
Da quando Archer aveva annunciato l'arrivo di Little John, lei
aveva dovuto intimare il silenzio a suo figlio, il quale aveva subito
cominciato a rivolgere una serie infinita di domande sia a lei che al
giovane uomo che era il fratello di Robin Hood.
"Non ricordavo ne avesse uno", pensò, osservandolo e
trattenendo ancora la vivacità di suo figlio.
«Non una parola», sussurrò pianissimo,
in un ultimo ammonimento, sentendo i passi farsi più vicini.
Alle orecchie della donna arrivò anche un borbottio
incomprensibile, insieme ai tonfi che ne annunciavano l'arrivo, e non
poté fare a meno di sorriderne nonostante l'ansia che la
pervadeva da capo a piedi. Smise di respirare appena la figura
imponente di Little John si stagliò sull'ingresso, appena
oltre
la soglia, seguita da una più piccola che certamente
apparteneva
a Robin Hood, anche se lei non vi si soffermò, concentrata
invece interamente sull'uomo che aveva sempre albergato nel suo cuore.
Con lo sguardo fisso su di lui, notò lo stupore in ogni
tratto del suo volto, in ogni muscolo contratto per
la tensione del momento, sostituirsi all'espressione burbera che doveva
averlo accompagnato fin lì;
riconobbe incredulità
negli occhi scuri e familiari che, da guardinghi quali sempre
erano, si colmarono infine di
un'immensa tenerezza e se riprese a respirare fu soltanto
perché, altrimenti, non sarebbe sopravvissuta tanto a lungo
da
riconciliarsi con lui.
«Alice», mormorò,
riconoscendola all'istante. Non avrebbe mai potuto avere alcun dubbio
in merito; quello sguardo sempre attento, perfino nei momenti di grande
dolcezza, non aveva eguali per intensità e bellezza,
apparteneva
a lei soltanto. Semplicemente guardandola, ebbe conferma di non averla
mai dimenticata, nemmeno un
pizzico, perché il suo cuore stava battendo con una furia
tale
da non contemplare che il sentimento nei riguardi di lei fosse andato
scemando negli anni: il tempo non aveva avuto alcun effetto su
quell'amore e nemmeno sulla bellezza di lei, che appariva meravigliosa
nonostante le leggere occhiaie di stanchezza sotto lo sguardo
emozionato.
"Lo è davvero? È contenta di vedermi?", si
domandò
John, rammentando il giorno in cui l'aveva guardata, suo malgrado,
partire verso un nuovo futuro in compagnia di un uomo che non era lui;
così come aveva conservato integro il ricordo del volto di
lei, non aveva dimenticato la durezza e l'ostilità con cui
Alice gli si era rivolto quando si erano incontrati nelle prigioni del
Castello e non sapeva, quindi, come interpretare la sua presenza al
Maniero.
Poi una testolina curiosa fece capolino da
dietro la donna che amava alla follia e non poté non cedere
a
lacrime di gioia.
«Little Little John», aggiunse, con un
filo di
voce.
In un attimo la sua intera vita si era ribaltata e tutta la sofferenza
della
separazione dalla famiglia che non era mai riuscito ad avere per
davvero, si era come allontanata da lui per magia: aveva davanti a
sé la donna con la quale desiderava vivere, invecchiare,
morire,
ed il bambino che era suo figlio e che amava così tanto. Che
altro avrebbe potuto chiedere alla vita?
Per tutta risposta, il piccolo Little John mostrò una
medaglietta, precedentemente custodita sotto gli abiti che
indossava, che
John non faticò a riconoscere dal momento che era stato lui
a
donargliela, al momento della partenza.
«L'ho conservata»,
disse con il tono trionfante di chi era certo di aver compiuto
una grande impresa, di chi sapeva di non aver deluso le
aspettative dei propri cari. «Non l'ho mai tolta da quando me
l'avete donata, nemmeno di notte e neanche per fare il
bagno!»,
esclamò allegro, ma anche con serietà nel tono.
«E mai lo farò. Sono orgoglioso di
portare al collo la piastrina di fuorilegge appartenente al grande
Little John, mio padre, naturalmente; e portandola conservo vivo il
ricordo dell'uomo che insieme a mia madre mi ha dato la vita e me l'ha
poi anche salvata», concluse, dando a John la sensazione che
quel
ragazzetto fosse già più uomo che bambino.
Poi lo vide gettarsi tra le sue braccia e lo
sollevò da terra come fosse una piuma, stringendoselo al
petto come non aveva mai potuto fare. Era consapevole che quel bambino
aveva avuto ben poche occasioni
di conoscerlo, essendo nato e cresciuto esclusivamente con sua madre,
prima che lei si affidasse ad un altro uomo che aveva imparato ad amare
e che certamente l'amava, – altrimenti John si sarebbe
opposto
con tutte le sue forze alla partenza – eppure sentiva che
Little
Little John provava per lui un affetto incondizionato, che
prescindeva da come erano andate le cose. Oppure era soltanto una sua
fantasia, una sua speranza? Ma poteva quel calore provenire da lui
soltanto?
Lo trattenne ancora per un po', incapace di separarsene, nel timore di
essersi addormentato da qualche parte e che stesse solo sognando.
«Ho molte cose da dirti», intervenne infine Alice,
con delicatezza e interrompendo solo momentaneamente l'incantesimo, con
l'accenno di un
sorriso sulle belle labbra.
John scosse il capo e si avvicinò a lei, lasciando libero
suo
figlio, le prese le mani e la guardò negli occhi.
«Abbiamo tutto il tempo del mondo,
Alice», le rispose, invitandola tra le proprie braccia.
Anche il piccolo John volle di nuovo aggiungersi, così gli
scompigiò
i capelli mentre baciava quelli della sua amata, accogliendolo ben
volentieri e godendosi l'incommensurabile calore dell'amore.
Robin ed Archer, a quel punto, uscirono silenziosamente dalla stanza.
Il tempo parve fermarsi in quell'abbraccio e nessuno dei tre, temendo
ognuno che fosse
tutto
un sogno destinato a dissolversi con le prime luci dell'alba,
riuscì a muoversi di un millimetro, non
trovando neanche un briciolo del
coraggio che sarebbe occorso per scostarsi da uno dei familiari; ragion
per cui trascorsero
diversi minuti prima che i componenti della famiglia Little –
cognome che aveva sempre suscitato il riso di chiunque, considerata la
mole di John, il quale era appunto chiamato per scherzo Little
John, anziché John Little – tornassero alla
realtà, al Maniero e a tutto
ciò di cui era necessario parlare.
Più di tutti, la voglia di chiacchierare si era impossessata
del
piccolo John, il quale voleva assolutamente raccontare tutto e subito a
suo padre, senza mettere ordine ai pensieri e senza, quindi,
preoccuparsi dell'incomprensibilità della sua narrazione. Il
ragazzino, per attirare l'attenzione su di sé, dato che i
coniugi non facevano altro che guardarsi come se non si fossero mai
visti prima di quel momento, dava dei leggeri strattoni alla casacca di
suo padre che infine, bonariamente esasperato da quell'atteggiamento,
lo investì con la sua risata tonante e gli strinse
delicatamente
la spalla, lasciando intendere che aveva priorità assoluta e
che, finalmente, poteva dar sfogo alla sua esuberanza.
Alice, però, che pure gli sorrideva amorevolmente, lo
anticipò.
«Ci lasceresti soli per un po'?», chiese, con voce
carica
di una tale tenerezza che fu impossibile per il piccolo John protestare
degnamente, come avrebbe voluto e nonostante desiderasse restare in
compagnia di entrambi i genitori più di qualsiasi altra cosa
al
mondo.
«Ma io...», tentò ugualmente, con
l'intento di
intenerire almeno suo padre – consapevole di quanto la madre
sapesse
essere ferma nelle sue posizioni – nella convinzione che
rivolgergli uno
sguardo smielato sarebbe andato a proprio vantaggio. Invece sua madre
lo ammonì senza rivolgergli neanche una parola, con la sola
inclinazione del capo ed un'occhiata moderatamente severa,
così
fu costretto a cedere il passo ad un'espressione imbronciata, seguita
da un sommesso sbuffare e dalla conseguente rinuncia a qualunque altro
tentativo di corrompere il genitore. «E va bene! Vado a
cercare
Robin e
Archer», disse, sconsolato e mogio.
«Grazie», mormorò sua madre
baciandogli la fronte.
Guardò per qualche
secondo ancora suo padre e poi corse via, come sua madre gli aveva
chiesto di
fare, sotto gli occhi attenti di John e Alice.
Rimasti soli, i due restarono per diversi minuti in silenzio a
guardarsi, con la stessa disperata intensità di chi sapeva
di star
riempiendo la propria mente con quello che sarebbe stato il suo ultimo
ricordo terreno. Non si vedevano da così tanto tempo che
soffermarsi
su ogni singolo dettaglio dell'altro era quasi di vitale importanza,
quasi come prendere una lunghissima boccata d'aria dopo un'immersione
forzata o una fuga senza speranza da un nemico troppo grande per essere
sconfitto. Faceva quasi male tanto era grande la potenza delle emozioni
che entrambi provavano.
Non mancava, comunque, un accenno di imbarazzo in quel ritrovarsi,
nonostante
fossero stati molto intimi in passato; c'era quella tipica paura dei
primi approcci, il timore che una
carezza troppo avventata avrebbe fatto fuggire l'altro, il terrore che
una parola detta
nel momento sbagliato avrebbe determinato il destino di entrambi, per
sempre. Occhi negli occhi, nessuno dei due sapeva quindi bene da dove
iniziare,
l'uno perso nelle proprie domande e l'altra immersa nei propri segreti,
entrambi desiderosi di condividere lo stato d'animo in cui si trovavano.
«Cos'è successo?», domandò
John, infine, per la seconda volta in
quella giornata, facendosi coraggio.
Alice inspirò profondamente, socchiudendo brevemente gli
occhi, consapevole che il
momento della verità era arrivato e che per portare a
termine
ciò che aveva iniziato intraprendendo quel viaggio di
ritorno a
Locklsey, avrebbe dovuto confidarsi con John. In virtù di
questo aveva preferito che Little Little John non assistesse
all'imminente conversazione.
In lei albergavano in pari misura il dolore di una perdita e la gioia
di una ricongiunzione, sentimenti difficili da tenere a bada, specie in
quel frangente; eppure riteneva che non fosse ancora il momento per
lasciarsi sopraffare da emozioni e sentimenti, in quanto nulla c'era
ancora di certo in tutta la situazione:
anche se
John era visibilmente e innegabilmente contento di rivedere lei e il
loro bambino, infatti, sarebbe stato sciocco da parte sua dare per
scontato che li rivolesse anche nella sua esistenza e
quotidianità. Per quel che ne
sapeva, come lei aveva provato a rifarsi una vita con Luke, la
stessa cosa poteva essere accaduta a John, il quale, quindi, forse
viveva con una bella donna di Locksley o Nottingham che gli avrebbe
dato un figlio a breve. Resasi conto di aver corso troppo con la
fantasia, cercò di riaversi – tanto più
perché John attendeva una risposta – facendo un
tuffo nei
ricordi fino al giorno in cui aveva scoperto che l'uomo che aveva
così tanto amato e pianto era ancora vivo ed era un
fuorilegge.
La menzogna in cui aveva vissuto e in cui aveva cresciuto il loro
bambino, che per così tanto tempo aveva atteso il ritorno di
suo
padre, le aveva fatto provare rabbia nei confronti di John anche dopo
che aveva saputo il reale motivo per cui aveva lasciato che lei lo
credesse morto: un marito e un padre fuorilegge sarebbero stati un
pericolo per lei e per il piccolo John, tale che avrebbero rischiato la
reclusione, la tortura e l'impiccagione qualora non avessero fornito
informazioni sul fuggitivo – e dal momento che il piccolo
John,
all'epoca dei fatti, era soltanto un neonato, sarebbe stato gettato
senza pietà in un fosso o annegato in qualche corso d'acqua.
Solo in un
secondo momento, quando con calma aveva rivissuto gli eventi, lontana
da Locksley e in compagnia dell'uomo che si sarebbe preso cura di lei e
del piccolo John, aveva compreso che John non aveva fatto altro che
proteggere la sua famiglia, sacrificando se stesso, e un altro
sentimento si era fatto strada nel suo
cuore: il sollievo. Sapere che Little John era vivo l'aveva rasserenata
e condotta verso un'ulteriore conclusione.
La consapevolezza di non poter vivere un'esistenza nella foresta di
Sherwood
insieme a dei fuorilegge, con la costante paura che il suo bambino
venisse preso dagli uomini dello Sceriffo e giustiziato, –
come era quasi
accaduto quando il piccolo era stato imprigionato insieme al padre
adottivo e poi a lei, che aveva invano tentato di salvarlo –
con la certezza di non essere pronta per far fronte alla
costante esigenza di spostarsi, difendersi e combattere per salvarsi la
pelle, la
rattristava moltissimo, ma l'amore incondizionato per il piccolo John e
la volontà che egli potesse vivere una vita lunga e migliore
della propria, l'aveva resa determinata
nella sua scelta di lasciare per sempre l'uomo che aveva amato
più di ogni altro e il
villaggio in cui era nata e a cui era legata, permettendole perfino di
essere felice per un po' di tempo, prima che, di
nuovo, la vita le imponesse un'infausta realtà che era poi
il fulcro del suo rientro a Locksley.
Quando riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo
dell'uomo
che ancora considerava suo marito, era trascorsa non più di
quella manciata di secondi necessari a trovare le parole più
adatte da rivolgergli.
«Siamo rimasti soli, io e il piccolo
John», esordì, raccontando senza preamboli la fine
della storia,
prima di immergervisi.
Partì da lontano, mettendo John a conoscenza di quanto non
fosse stato facile
iniziare da zero in un nuovo villaggio e lì ambientarsi,
crearsi un proprio spazio, crescere un bambino che non parlava d'altro
che del
suo vero padre e del bene che faceva nella foresta di Sherwood.
«Ripeteva
sempre "Se non fosse stato per lui, saremmo morti da un pezzo" e
stringeva tra le dita la tua medaglietta di affiliato alla banda di
fuorilegge di Robin Hood, sognando di farne parte a sua
volta», disse, sorridendo appena.
Dal momento che la narrazione avrebbe richiesto tempi molto lunghi, si
sedettero l'uno di fronte all'altra, ma non abbastanza lontani
da impedire alle dita di John di raggiungere le sue per un leggero, ma
significativo, contatto.
Sebbene molto attento al racconto di Alice, John iniziò a
ricordare tutti i momenti in cui aveva percepito con più
forza
l'assenza della donna che amava e del bambino che avevano avuto; tra
gli altri, rammentò un episodio in particolare che un
giorno, forse, avrebbe condiviso con i suoi familiari: era il giorno
del compleanno di Robin, era il 1193, l'anno
in cui Lady Marian morì, e Much si era messo in testa di
organizzare una festa a sorpresa per il suo padrone, capo e amico,
così – nonostante fossero tutti ricercati dallo
Sceriffo e
dai suoi uomini – l'uomo aveva invitato tutti in un capanno
fuori
da Sherwood, in un villaggio che non era Locksley e che non era
neanche troppo vicino a Nottingham; certamente Much aveva agito in
buona fede, ma a loro insaputa qualcuno aveva fatto la spia e avvisato
lo Sceriffo, il quale aveva mandato dei mercenari a uccidere i
membri della banda presenti alla festicciola; avevano tutti creduto di
essere a pochi passi dalla morte e, per questo motivo, Djaq la Saracena
aveva invitato i suoi compagni d'armi a rispettare una sua usanza che
consisteva nel
confidare in totale libertà i propri pensieri e segreti,
prima di lasciare la vita terrena; in quel frangente, mentre Djaq e
Luke Scarlett si erano dichiarati amore a vicenda,
John aveva perso totalmente il controllo ed espresso ad alta voce il
desiderio di morire accanto alla sua
amata Alice, di averla con sé e poterla amare
come meritava, aveva pianto come un bambino, perché sarebbe
morto senza di
lei e aveva avuto conferma che quella donna non aveva mai smesso di
mancargli.
Alice proseguì parlandogli di come l'artigianato aveva
permesso loro di vivere una vita serena, sebbene anche nel nuovo
villaggio le
tasse da versare allo Sceriffo si facevano sentire non poco, e di come
pure il
piccolo John aveva infine accettato la situazione ed era diventato il
primo aiutante del suo padre acquisito.
«Con la mente, però, era sempre rivolto a Locksley
e
Sherwood e al ruolo che ti competeva nei panni di fuorilegge.
Raccontava senza filtri ciò che gli passava per la testa e,
sulle prime, questo ha costituito un problema per entrambi in quanto
non eravamo ben visti a causa del nostro passato»,
mormorò
scuotendo il capo e abbassando lo sguardo prima di proseguire con il
racconto di
quando, giocando con altri bambini, il piccolo John aveva dichiarato di
essere il valoroso fuorilegge Little John, che combatteva per
il
bene
al fianco di Robin Hood.
«Con fatica e sacrifici siamo riusciti a costruirci una
piccola
abitazione, di poche stanze e con poche
finestre, ma di tutto rispetto per una piccola famiglia composta di tre
membri. Per contribuire all'economia, mi sono inventata un mestiere
attraverso cui mi è stato possibile guadagnare qualche
preziosa
moneta», continuò, precisando che cuciva abiti
molto
semplici per gli abitanti del
villaggio, soprattutto per i bambini dal momento che aveva fatto molta
pratica con il piccolo John negli anni, dovendosi adattare ad
allargare, modificare e rattoppare gli indumenti che già
possedeva, al fine di risparmiare e potersi nutrire degnamente.
«Mi piaceva, mi ha consentito di socializzare con gli
abitanti e
farmi qualche amica. Ma poi tutto è andato
storto»,
aggiunse, rattristata al pensiero di ciò che era accaduto.
«Una mattina ero
uscita molto presto per comprare del pane e portarlo a casa ancora
caldo, per la colazione, lasciando il piccolo John ancora addormentato
nel suo letto, nella consapevolezza che Luke l'avrebbe svegliato,
ignara che di lì a poco l'intera situazione sarebbe
precipitata.
Quando ho fatto ritorno, il silenzio regnava ancora nella nostra
abitazione e mi sono subito accorta che qualcosa non andava,
perciò mi sono precipitata nella stanza di John e,
rincuorata
nel vederlo esattamente dove l'avevo lasciato, sono corsa da Luke
scoprendo che non stava affatto bene. Ho dato la colpa al freddo e l'ho
curato personalmente, senza interpellare un medico, ma il giorno
successivo le sue condizioni non hanno fatto altro che peggiorare e ho
dovuto consultare il dottore del villaggio, il quale non mi ha dato
alcuna speranza. Pochi giorni più tardi lui se
n'è
andato»,
raccontò, sforzandosi di non crollare proprio davanti a suo
marito. John avrebbe compreso che, sebbene non avesse mai smesso di
amare lui, si era inevitabilmente affezionata anche a Luke, il quale
con amore si era preso cura di lei e del piccolo? Non ne
aveva idea, ma sperava che con il tempo avrebbe compreso, l'avrebbe
perdonata o almeno non l'avrebbe
odiata. «È
stato quattro mesi fa», sussurrò.
«Alice», mormorò subito Little
John, stringendole le dita e con voce meno profonda del solito,
commossa forse dal racconto appena ascoltato.
«Perché tu e
Little Little John non mi avete
raggiunto
subito?», chiese.
Alice sospirò. Non le parve un rimprovero la domanda di
John,
anzi, le sembrò che li avrebbe accolti volentieri se si
fossero
presentati immediatamente a Locksley, e se davvero era così,
si
sarebbe presto sentita la donna più felice del mondo.
«Non è stato facile prendere la
decisione di mollare tutto, di nuovo, e partire. Nostro figlio ha
sempre avuto la ferma convinzione che non avresti cacciato
né
lui, né me se ci fossimo presentati alla tua porta e mi ha
così tante volte e con così tanto entusiasmo
riempito la
testa con Locksley e Sherwood, che venire qui e vederlo sorridere alla
sola idea mi è sembrata la cosa più opportuna da
fare,
sebbene non avessi alcuna certezza», proseguì
fermando poi
Little John con un cenno della mano, quando tentò di
intervenire. «Ho venduto la casa, la piccola area di lavoro
annessa, – che Luke aveva tirato su per le sue botti
– le stoffe che mi erano rimaste e anche i cavalli pur di
mettere
da parte qualcosa e poter ricominciare altrove nel caso in cui qui a
Locksley fosse andata male. Ecco perché Robin ci ha trovati
che
vagavamo a piedi per la foresta», concluse.
Little John si alzò in piedi, con un'espressione
indecifrabile
dipinta sul viso, e lei, istintivamente, lo
imitò; il cuore le batteva forte nel petto, mentre
constatava
che quello era il momento in cui il suo futuro avrebbe preso una nuova,
precisa, direzione che contemplava la permanenza a Locksley e dintorni
oppure una definitiva partenza, lontana dalle zone che avevano dato i
natali
sia a lei che a suo figlio, e tra l'istante in cui John aveva fissato
lo sguardo nel suo e quello in cui la strinse forte in un abbraccio le
parve
fosse trascorsa un'eternità.
«La mia casa è anche vostra. Il mio
denaro è vostro», mormorò l'uomo tra i
suoi capelli. «Non
ho mai smesso di amarti, Alice, mai. Ho sperato che tu riapparissi
prima o poi, ho immaginato me stesso al termine della mia vita,
infelice perché non avrei potuto dirti addio. Tutte le volte
che ho rischiato di morire, combattendo la mia causa, ho pensato che
avrei
lasciato questo mondo con il rimpianto di non aver mai vissuto in pace
con la mia famiglia, perché tu e John siete sempre stati
quanto di più caro io
abbia mai avuto e, se deciderete di restare, farò tutto
quanto
è in mio potere per rendervi felici».
Alice, che conosceva bene Little John, sapeva quanto fosse difficile
per lui esprimere
i
propri sentimenti a parole, apertamente, e comprendeva senza
difficoltà quanto profondi dovevano essere i suoi sentimenti
per
lei e il piccolo John se era disposto ad aprire così il
proprio
cuore; perciò si lasciò andare completamente in
quella
stretta, ricambiandola con tutto l'amore che nutriva per lui e
sperando che da quel punto in avanti le cose sarebbero andate meglio
per tutti.
Diversi secondi più tardi, l'abbraccio fu sciolto e Alice
incontrò di nuovo gli occhi espressivi dell'uomo.
«Vorresti ricominciare qui a Locksley? Con
me?», domandò, emozionato.
Gli sorrise, commossa per le parole che le aveva rivolto e felice per
la domanda appena formulata.
«Sì», disse semplicemente, finendo di
nuovo tra le
braccia di lui, che tirò un immenso sospiro di sollievo.
«Dio, ti ringrazio perché mi hai dato
una
seconda opportunità, perché ho finalmente modo di
apprezzare come merita questo dono che è la vita»,
sussurrò.
Entrambi con il cuore gonfio di gioia, scambiandosi sorrisi e sguardi
innamorati, uscirono insieme, tenendosi per mano, per cercare il loro
bambino e ascoltare
tutte le storie che il piccolo non vedeva l'ora di condividere.
Il capitolo è stato rieditato in
data 03/01/2016.
Il lavoro non ha comportato modifiche a livello di trama ed
è invece consistito nella revisione della forma e
nell'aggiunta di qualche dettaglio e informazione.
N.d.A.
Ormai avrete capito che, se mi sono permessa di mettere mano
al
finale di una storia creata da altri è perché
nella mia
mente si è srotolato un finale alternativo. Chi ha visto la
serie tv sa quanto Little John è legato a sua moglie Alice e
a
suo figlio Little Little John, perciò ho voluto sciogliere
anche
questo nodo: ormai il pericolo di un'impiccagione è
scampato,
quindi non avevo alcun motivo per non regalare un po' di
serenità al buon John. Certo, è stato necessario
sacrificare un personaggio e causare nuova sofferenza ad Alice, ma tra
i due mali ho scelto quello che per me era il minore, esattamente come
ha dovuto fare lei. Sono convinta che insieme, John, Alice e il loro
bambino, riusciranno a trovare la serenità che meritano.
È vero che ho scritto questa storia prevalentemente per
Gisborne, però questo non significa che debba ignorare tutti
gli
altri personaggi perdendo svariate dimensioni che, a mio vedere,
possono essere ugualmente piacevoli – quindi spero di aver
trasmesso
degnamente i miei intenti e che l'assenza di Guy e Kaelee non abbia
gravato troppo negativamente sulla storia.
In quanto a Much e i suoi ragionamenti su Little Little John, ad un
certo punto pensa che possa trattarsi del figlio di Gisborne e che
Kaelee potrebbe non reggere il colpo nell'apprendere la notizia,
perché, naturalmente, Much non sa nel dettaglio cosa Guy ha
rivelato a Kaelee del suo passato.
Veniamo a qualche precisazione per i lettori che trattano la storia
come un'originale.
Tutti i riferimenti ai trascorsi di Little John e di Robin sono
richiami diretti
alla serie tv, ad eccezione dell'episodio con l'abate invitato a pranzo
da Robin e i suoi che è un modus operandi raccontato da
Alexandre Dumas nel suo Robin Hood.
Riguardo al gioco dei tre bicchierini attuato da Allan, è un
altro riferimento al telefilm.
Soffermandomi di nuovo su Robin voglio precisare che la serie tv ha
inizio con l'arciere e Much che tornano dalla Terra Santa dove hanno
combattuto come Crociati per Re Riccardo. Nel corso della seconda
stagione, tutta la banda si reca in Terra Santa per avvertire Riccardo
che Vaisey sta tentando di ucciderlo (infatti anche Vaisey e Gisborne
sono in Terra Santa con Marian che è stata fatta prigioniera
dai
due) ed è in questa occasione che Gisborne uccide Marian.
Quindi
nella terza stagione Robin rientra in Inghilterra dalla Terra Santa
(dove ha lasciato, oltre al corpo di Marian, anche Will e Djaq,
componenti della
banda, che hanno deciso di fermarsi lì) ed è a
questo
momento cui faccio riferimento nel capitolo, quando dico che rientrato
in Inghilterra Robin voleva lasciarsi andare.
In quanto agli eventi vissuti da Alice e suo figlio durante il periodo
di assenza da Locksley, tranne per il fatto che è andata via
con
un altro uomo (Luke il Bottaio), me li sono completamente inventati
cercando di restare in linea con il contesto – ho creato, ad
esempio, un'abitazione con poche finestre perché all'epoca
c'era
perfino una tassa sulle finestre e dal momento che il nucleo familiare
non vive nell'agiatezza, ho pensato che il dettaglio potesse rendere
bene l'idea.
Come sempre, se dovesse esserci qualche domanda, sono a completa
disposizione.
Ringrazio chiunque abbia deciso di arrivare fino a qui, sia che abbia
scelto di passare in silenzio, sia che abbia deciso di recensire.
Alla prossima!