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Autore: Zury Watson    14/05/2015    3 recensioni
Se il finale di stagione non vi ha soddisfatto, siete nel posto giusto.
Le morti che abbiamo visto nella 3x12 e nella 3x13 non si sono mai verificate, Re Riccardo è rimpatriato e ha rimesso in sesto ogni cosa. Nottingham è stata distrutta ma il suo destino è di essere ricostruita. Robin, Archer e Guy amministrano Locksley non smettendo per questo di aiutare chi ha bisogno e in tale contesto si inserisce Kaelee, una giovane donna arrivata da un villaggio vicino.
Capitoli in revisione (Revisionati 1-16)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Inatteso Ritorno


Inatteso Ritorno

Maniero di Robin, Locksley.
«Com'è possibile che non riusciamo a scoprire dove abita?», domandò Little John, durante una delle riunioni settimanali che gli uomini di Robin organizzavano per riordinare i pezzi e fare il punto della situazione.
L'intera banda stava letteralmente pedinando Rudyard da giorni ormai, a Nottingham e ovunque l'uomo decidesse di spostarsi – fosse anche sul confine di Sherwood, appena fuori dalla città. Con molta discrezione, certo, ma non si poteva negare che, se Rudyard non fosse stato ciò che era e gli ex fuorilegge non fossero stati ciò che erano, si sarebbe potuto dire che gli uomini di Robin Hood stavano molestando, infastidendo, perseguitando una persona senza un apparente motivo e il fatto che non dispiacesse a nessuno di loro, avrebbe aggravato notevolmente la posizione di tutti. Ciò che impediva agli ex fuorilegge di sentirsi in colpa erano le dubbie qualità morali dell'uomo cui stavano dando la caccia e ciò che impediva agli abitanti di Locksley e Nottingham di insospettirsi in qualche modo era la reputazione che Robin e i suoi si erano guadagnati.
«Sa che gli stiamo alle costole», intervenne Much, con una certa agitazione.
«Per questo non ci ha più attaccati», aggiunse Allan.
«Quindi secondo voi basta continuare a spiarlo e tallonarlo per scongiurare il pericolo di una nuova aggressione? Che sciocchezze!», intervenne di nuovo John.
«Ehi ehi, calmi. Ci manca solo che ci mettiamo a litigare tra noi», fece Archer.
«È un dato di fatto che non ci ha più infastiditi», ribatté Allan, ignorando l'intervento del fratello minore di Robin.
«Chi ti dice che non si sta organizzando per bene, sapientone?», brontolò Little John, facendoglisi vicino e sovrastandolo con la sua mole imponente.
«Ragazzi...», richiamò Fra Tuck.
«Non per fare lo spiritoso, ma con due uomini cosa vuoi che stia organizzando?», rispose Allan, mettendo le mani avanti in segno di pace, ma investendo il suo interlocutore con quel sorrisetto un po' impertinente che gli apparteneva.
«Vuoi farmi credere che si è trasferito a Nottingham, si è fatto due amici ed è finita così?», domandò l'altro, in tono minaccioso.
Mentre ognuno diceva la propria, Robin se ne stava seduto con lo sguardo perso nei suoi pensieri. Riteneva che la domanda di John fosse del tutto lecita, così come anche la considerazione di Much, ma pensava pure che Rudyard avesse deciso di essere più prudente che mai dopo la fallita aggressione ai danni di Gisborne e che ipotizzasse di essere tenuto d'occhio dai suoi uomini senza averne la certezza perché loro, se lo desideravano, sapevano essere invisibili, rendersi irriconoscibili nell'aspetto esteriore, perciò era plausibile che Rudyard vivesse nel dubbio di avere costantemente addosso gli occhi di almeno uno dei componenti della banda.
In tal proposito gli tornarono in mente tutte le volte che uno dei suoi uomini non l'aveva riconosciuto nei panni di guardia dello Sceriffo o di mendicante, di uomo di Chiesa, di vecchina in pericolo o di chissà chi altri; perfino Much, il quale lo conosceva come le proprie tasche avendo vissuto a stretto contatto con lui per svariati anni, c'era cascato più di una volta e, di certo, Rudyard non aveva presente né lui né i suoi nemmeno la metà di quanto li conoscesse Much. Forse l'unica persona che correva davvero il rischio di essere riconosciuta era Kaelee, ragion per cui ai suoi camuffamenti si prestava sempre molta più attenzione.
Dunque cosa stava tramando Rudyard a Nottingham? E che ruolo avevano i due uomini che erano stati visti con lui? E chi erano e cosa sapevano di Kaelee?
«Magari l'abbiamo spaventato e si è arreso», fece ancora Allan. «Non l'abbiamo più visto a Locksley», ribadì con un'alzata di spalle e il suo consueto ottimismo spensierato.
«Come no! Per questo se ne va in giro costantemente con quei due a fare chissà che», rispose prontamente Archer, appoggiandosi alla parete.
«Per quel che ne sappiamo, Rudyard ha pure un'occupazione», commentò ancora Allan.
«Appunto, per quel che ne sappiamo. Dobbiamo trovare il modo di ascoltare le sue conversazioni con quei due!», esclamò John, di nuovo proteso verso Allan.

Kaelee presenziava a tutte le riunioni, ma preferiva non intervenire – se non espressamente richiesto o nel caso in cui fosse in possesso di dettagli utili a stanare Rudyard – in parte perché ancora ce l'aveva un po' con tutti, ma soprattutto in quanto si sentiva terribilmente colpevole per l'intera vicenda: non aveva certo desiderato condurre suo fratello nei pressi di Locklsey per infastidire Robin e la sua banda, ma di fatto la sua partenza aveva portato quel bruto a pochi passi dalla sua nuova abitazione, creando scompiglio nella vita di chi si era appena guadagnato una fetta di meritata tranquillità e l'aveva accolta senza pregiudizi, trattandola come se fosse cresciuta tra le strade di Locksley e Nottingham.
Quindi, per lo più, ascoltava le considerazioni dei suoi amici e faceva il possibile per portare a termine nel miglior modo i compiti che Robin le assegnava, anche se questo le costava parecchio considerato che starsene in silenzio non era propriamente una sua abitudine; però aveva deciso che, pur essendosi lasciata alle spalle quanto era successo il giorno in cui Gisborne le aveva dimostrato il nuovo andazzo che gli allenamenti avrebbero preso, chiunque avesse partecipato attivamente a quella farsa, meritava una sorta di punizione e quindi aveva smesso di confidarsi con Kate, tanto per cominciare, sapendo che ne avrebbe sofferto – poteva sembrare un atto di cattivera bella e buona, ma non lo era affatto in quanto anche lei ci stava male, naturalmente; il fulcro dei suoi ragionamenti e del suo conseguente atteggiamento, era il suo detestare anche la sola idea di essere vista e considerata come una sciocca ragazzina e, in linea di massima, Kaelee riteneva comunque giusto che ognuno si prendesse le responsabilità delle proprie azioni. Per quel che riguardava Guy, dopo i giorni in cui aveva parlato con lui soltanto degli allenamenti, da quando era andato a trovarla le veniva difficile escluderlo, tanto più perché ogni notte condivideva con lui il letto. In quanto a Robin, invece, non aveva ancora deciso il da farsi, ma il silenzio che si autoimponeva rendeva già di per sé evidente che quei modi l'avevano ferita e, dato che l'arciere era tutt'altro che stupido, Kaelee sapeva che avrebbe collegato il tutto nella maniera più corretta.
Era consapevole che quella situazione non sarebbe durata per tutta la vita, a maggior ragione perché Much aveva deciso di chiedere la mano a Kate e lei non poteva non giorne, ed era anche convinta che il suo comportamento non potesse essere attribuito al mero orgoglio; era più una questione di fiducia: dopo quell'episodio Kate, Guy e Robin avevano perso una porzione della sua.
Con un lieve sospiro tornò alla discussione che stava animando il Maniero, e ad Archer, che aveva appena rinunciato a mettersi tra i due che si punzecchiavano. Quel giovane uomo, pur somigliando esteticamente più a Robin che a Guy, aveva certi modi di fare, certe movenze, che a Kaelee ricordavano moltissimo l'uomo che amava, perciò era una strana sensazione averlo intorno, specie da quando dormiva al Maniero, a qualche stanza dalla sua. Riusciva ad essere perfino imbarazzante in certi frangenti.
«Fa di tutto per non farci capire dove abita. Si prende gioco di noi!», esclamò Kate, d'accordo con il fratello minore di Robin e Guy.
Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti attendevano l'intervento di Robin il quale, invece, rimase ancora in silenzio, immerso probabilmente in una serie di ragionamenti.
«Ok, non si è arreso», ammise Allan. «Ma, ehi! Noi siamo Robin Hood! E lui è da solo... Più o meno. Abbiamo la maggioranza numerica comunque», concluse.
Se Kaelee non l'avesse conosciuto abbastanza, avrebbe pensato di aver di fronte un tipo superficiale e volutamente irritante, ma sapeva che Allan aveva semplicemente un'indole ottimista e tendeva sempre a credere, quindi, che qualunque cosa potesse accadere se la sarebbe cavata. A quanto pareva, però, gli altri della banda non erano della stessa opinione, specialmente John che si tormentava senza sosta con i punti interrogativi della questione.
Gisborne, forse percependo la sua tensione, la avvolse con un braccio, in quell'atteggiamento protettivo che non le dispiaceva mai; quindi si strinse volentieri a lui continuando a osservare i presenti e le loro reazioni.
Tuck ascoltava e rifletteva, forse in attesa del parere di Robin, mentre Allan e John non riuscivano a smettere di battibeccare nonostante Archer tentasse, di nuovo, di placarne i torni.
Infine, diversi minuti più tardi, Robin si alzò in piedi richiamando così l'attenzione di tutti.
«È necessario espandere la rete delle nostre conoscenze. Abbiamo ottenuto informazioni dirette in merito ai movimenti di Rudyard a Nottingham e sappiamo per certo che risiede in città. Ci siamo convinti che non ci abbia mai mostrato la sua abitazione e che si fa beffe di noi, ma è veramente così?», disse Robin. «Ognuno di voi ha offerto un valido contributo e una giusta considerazione, tanto che sono arrivato ad una conclusione verosimile. Ritengo, infatti, possibile che, anziché celare il suo nascondiglio, ce l'abbia sempre mostrato lasciandoci credere che non è sciocco al punto da invitarci nella sua tana. Pensateci. John prima si è chiesto com'è possibile che osservandolo per settimane non siamo riusciti a individuare la sua abitazione. Nottingham non è Londra, perciò la risposta è che non è possibile. Sa di avere i nostri occhi attorno, addosso, e ha optato per una tattica piuttosto banale, ma molto efficace: ha messo in bella mostra quanto di più prezioso possiede, spostando l'attenzione di chi osserva. Allan, tu che imbrogli continuamente gli avventori con il gioco dei tre bicchieri, avresti dovuto arrivarci prima di noi tutti. Non fai niente di molto diverso tutte le volte che posizioni tre piccoli bicchieri e mostri una moneta ai tuoi spettatori e scommettitori, facendo credere loro di averla nascosta sotto ad uno dei tre contenitori, che mescoli velocemente per chiedere, infine, dove pensano che si celi la moneta che tu, molto abilmente, hai recuperato e riposto nella manica. Il tutto sotto i loro occhi, concentrati esclusivamente sul movimento dei tre bicchieri. Ti è andata bene perché nessuno ha mai pensato di chiederti di alzarli tutti e tre e, allo stesso modo, a Rudyard fino ad ora è andata bene perché nessuno di noi ha pensato di intrufolarsi di notte in quell'abitazione per fare una verifica».
La sua esposizione dei fatti lasciò di stucco alcuni compagni d'armi e mise sull'attenti altri: in ogni caso, se quanto Robin aveva appena detto era vero, Rudyard era tutt'altro che inesperto in fatto di strategie; ipotesi, questa, che non entusiasmava affatto Kaelee.
«All'ultimo momento metto sempre la moneta sotto un bicchiere che, ovviamente, non è quasi mai quello scelto», bofonchiò Allan, evidentemente offeso dalle parole dell'arciere.
«In quanto ai due uomini con i quali si accompagna», continuò Robin. «Chi sono? Da dove provengono? Non da Locksley, questo è certo, e neanche da Nottingham, perché altrimenti li conosceremmo».
«Sono uomini di Nettlestone», rispose prontamente Tuck, spiegando che aveva avuto modo di confessarli proprio quel giorno, essendosi recato in città nei panni di se stesso.
Robin annuì e disse che occorrevano più dati sul loro passato e su come Rudyard li aveva reclutati.
«In questo momento non immagina che abbiamo intuito il suo gioco, perciò dovremo prestare molta attenzione affinché non capisca che il suo piano sta per saltare. Abbiamo l'occasione di metterlo nel sacco e non dobbiamo, per niente al mondo, lasciarcela scappare», concluse con convinzione. «Ora, amici, rilassiamoci insieme, beviamo qualcosa, perché il sole splende e Locksley è un villaggio felice!», aggiunse, prendendo a braccetto Allan. «Spiegami un po' com'è che fai con quel gioco», gli disse.
Un «Lo sapevo» di Much, appena mormorato, fece ridere tutti quanti.

Foresta di Sherwood.
In cammino da molti giorni, in compagnia del proprio figlio, una donna rimandava ostinatamente l'appuntamento con il dolore che la rincorreva e si dirigeva nell'unico posto in cui sapeva di poter trovare un conforto – se non lei, almeno suo figlio. Finché era impegnata a mettere un piede davanti all'altro, contando tutte le volte che lo stomaco le si contraeva per la fame, poteva permettersi di non pensare e quindi di non soffrire; inoltre era necessario trovare un nuovo giaciglio per la notte nel caso in cui non fosse riuscita a raggiungere il villaggio prima del tramonto, questione che, aggiunta alle altre, riempiva la sua mente più del dolore e del senso di sconfitta.
Era trascorso diverso tempo dall'ultima volta che i suoi piedi avevano lasciato orme su quella terra scura, che i suoi occhi si erano soffermati sull'incanto di quei luoghi, che le sue narici erano state sfiorate dall'odore, pungente e bagnato, del muschio; le sembrava un'eternità e invece non erano che un paio d'anni; benché molte cose fossero cambiate nel frattempo, mutando inevitabilmente anche lei, pareva infine che il cerchio si stesse chiudendo su se stesso, riportando lei e suo figlio al punto di origine, dove la sua vita, quella del bambino e altri eventi avevano avuto inizio. Non aveva idea se tutta quella faccenda fosse una maledizione o una benedizione, considerato che era andata via da Locksley per sfuggire ad una condanna a morte e vi stava tornando in condizioni forse addirittura peggiori; ma dal momento che la vita l'aveva nuovamente messa dinanzi ad una serie di impedimenti e difficoltà, tra tutti i potenziali mali, era stata costretta a optare per quello ritenuto il minore. Gli eventi le avrebbero risposto prima o poi e tutto le sarebbe stato chiaro e limpido come un ruscello, perciò la cosa fondamentale era fare qualcosa, intraprendere un percorso, scegliere e prendersi le responsabilità di una decisione, anche se non c'era niente di semplice in quella presa di posizione: se fosse dipeso esclusivamente da lei, se fosse stata l'unica protagonista di quegli sfortunati eventi, forse avrebbe ceduto sotto il peso del dolore, ma aveva un figlio da mettere in condizioni di crearsi un futuro roseo e per lui era necessario essere forte e lucida.
In quel momento, in via del tutto eccezionale, il ragazzino che camminava al suo fianco era silenzioso, ma di tanto in tanto sollevava verso di lei gli occhi speranzosi, perché con ogni probabilità aveva intuito la direzione del loro camminare – anche se non osava esprimere ad alta voce pensieri e desideri – e sembrava esserne felice. Era un ragazzo sveglio e di carattere, per la fortuna di entrambi, ed era davvero l'unico motivo per cui si era di nuovo rimboccata le maniche e aveva trovato il coraggio per affrontare quel viaggio a ritroso colmo di punti interrogativi forse più di un ipotetico futuro in un villaggio del tutto nuovo o, magari, addirittura in un'altra Contea.
Nonostante la compagnia di suo figlio e il ritmo ipnotico dei passi di entrambi, mettere totalmente a tacere i pensieri era un'ardua impresa, tanto più perché ogni passo era un ricordo e ogni ricordo la portava sul solito cerchio che si chiudeva: sembrava quasi che Locksley non potesse fare a meno di lei, o lei di Locksley; pareva che, per quanto tentasse di andare avanti con la propria esistenza, un richiamo più forte l'attirasse là dove tutto era cominciato e dove aveva lasciato qualcosa di irrisolto, in sospeso. Forse, dunque, stava infine tornando per fare i conti con il passato, forse stava tornando per provare a rimettere a posto le cose, ora che l'Inghilterra era di nuovo nelle mani del suo Re e a Nottingham non c'era più uno Sceriffo che la voleva morta. Oppure, forse, stava tornando perché era sull'orlo della disperazione e non aveva altra scelta che quella.

Forno del vecchio Tyrik, Locksley.
Little John stava ancora rimuginando su quanto aveva detto Robin durante la riunione al Maniero, quel mattino. Non sottovalutare mai l'avversario era una regola che aveva imparato in fretta fin da quando era soltanto un ragazzino, perciò non aveva permesso alla sua mente di prendere in considerazione che Rudyard fosse una pessima copia di Vaisey di Nottingham, uno sciocco egocentrico senza arte né parte, ma fino a quel mattino non aveva creduto che l'uomo potesse essere uno stratega degno di nota, considerato l'errore che aveva commesso lasciando il coltello nella stanza da letto di Gisborne dopo aver tentato di fargli del male, se non ucciderlo. John considerava quella manovra un errore da pivelli, uno di quelli che si commettono quando si è altamente stupidi o molto inesperti, eppure, se le intuizioni di Robin si fossero rivelate vere, a Locksley sarebbe stato necessario tenere gli occhi molto più che ben aperti. Da quando quel malfattore aveva messo piede nel suo villaggio – anche se non era un Lord, Little John considerava sua Locksley per il solo fatto che vi aveva lasciato il cuore molti anni prima – gli sembrava di essere tornato indietro a quando lui e gli altri della banda dovevano guardarsi le spalle perfino dall'aria e dai raggi del Sole, nel timore che lo Sceriffo e i suoi potessero arrestarli e farli giustiziare con una scusa qualsiasi, e questa situazione lo innervosiva e torturava con pensieri negativi; la sua preoccupazione era rivolta in special modo agli abitanti di Nottingham e Locksley – che di tanto in tanto ancora temevano che un ingiusto esattore delle tasse o uno Sceriffo dissennato potessero punirli, se il raccolto non rendeva quanto si era sperato, oppure se la merce non era perfetta a causa di un qualsivoglia contrattempo; abitanti che, di tanto in tanto, portavano ancora istintivamente la mano all'altezza della vita in cerca di una piccola ascia o di un coltello, nel caso in cui una guardia o un soldato avessero provato a far loro del male – nonché, naturalmente, alla giovane Kaelee.
Se Rudyard li avesse colti alla sprovvista e fosse riuscito a uccidere Gisborne o Kaelee senza che nessuno potesse opporre la dovuta resistenza, se anche uno solo dei due avesse perso la vita a causa sua, John non soltanto ne avrebbe sofferto e non se lo sarebbe mai perdonato, ma sicuramente avrebbe cercato vendetta, avrebbe dato la caccia a quell'uomo fino in capo al mondo pur di ucciderlo con le proprie mani, anche se ciò non gli avrebbe restituito i suoi amici, né avrebbe alleviato il suo senso di colpa.
Sua paura era anche che Rudyard non si sarebbe limitato a circondarsi di soli due uomini, ma ne avrebbe corrotti – John era infatti certo che appoggiarlo non poteva essere una libera scelta dei singoli – sempre di più e che questo, in qualche modo, avrebbe a lungo andare fatto di lui il nuovo Sceriffo di Nottingham o qualcuno che vi si avvicinava molto, se nessuno lo avesse fermato quanto prima. 
Non poteva sopportare che l'ultimo venuto mandasse in frantumi l'armonia di Locksley e Nottingham, non dopo tutto ciò che lui e gli altri fuorilegge avevano fatto per restituire la libertà agli abitanti dei villaggi e della città: la sola idea che, di nuovo, bambini innocenti avrebbero visto morire di stenti i loro genitori e sarebbero stati costretti a vagare in solitudine o ad alloggiare in qualche orfanotrofio in attesa di morire di fame anche loro e pregando ogni istante di non essere adottati da una famiglia bisognosa esclusivamente di braccia da sfruttare in campagna, lo faceva infuriare; se non avesse temuto l'ira di Sherwood, avrebbe abbattuto decine di alberi quel giorno per sfogare la rabbia, invece di provare a calmare i nervi impastando.
La sua indole buona, comprensiva e volta all'altruismo, gli impediva di non prendere a cuore i drammi dei più deboli, a costo di rischiare la vita per qualcuno che nemmeno conosceva. Non a caso anche in tempi di pace non mancava mai di far visita a qualche anziano che viveva in solitudine, ai bambini dell'orfanotrofio, o ai figli di certi suoi vecchi amici rimasti orfani a causa di Vaisey e che avevano preferito cavarsela da soli e restare nella loro abitazione; aveva sempre offerto a tutti il suo aiuto, soltanto per godere della vista di un sorriso spontaneo e sincero su quei volti stanchi, provati, resi scarni dalla costante privazione di cibo: non chiedeva nulla in cambio, neanche prima di essere dichiarato fuorilegge, nemmeno prima di unirsi alla banda di Robin Hood che, notoriamente, rubava ai ricchi per sfamare i poveri. Innumerevoli volte, infatti, insieme a Robin, Will, Allan e Much aveva fermato un facoltoso abate, lo aveva invitato a pranzo nel bel mezzo di Sherwood e aveva infine chiesto un contributo per il pasto e l'ospitalità e quando gli ospiti si offendevano per il trattamento ricevuto, John si godeva lo spettacolo di Robin che sosteneva di essere l'oste di quell'accogliente locanda che era la foresta e, pertanto, esigeva un pagamento in monete tintinnanti che, puntualmente, saltavano fuori, seppur tra borbottii indignati e dopo un paio di minacce. 
Più di tutti gli altri, John si era fatto in quattro pur di distribuire cibo e denaro ai poveri dei villaggi attorno a Locksley, mettendosi perfino contro Robin in diverse occasioni in nome della propria vocazione, anche se le possibilità di rientrare indenne erano minime. Una volta, disobbedendo alle raccomandazioni di Robin, si era perfino lasciato imbrogliare da Vaisey a causa del desiderio di fare del bene: era accaduto, infatti, che lo Sceriffo si fosse ritrovato nel bel mezzo della foresta di Sherwood, in seguito ad un episodio di sonnambulismo, e che avesse deciso di approfittarne per riprendersi un documento che gli apparteneva e che era finito nelle mani dei fuorilegge; si era quindi vestito di stracci, regalando la sua lucida vestaglia pregiata ad un poveraccio, e finto cieco con la collaborazione di una povera donna e dei suoi tre figli, i quali attendevano Robin Hood, o uno dei suoi, per poter mettere qualcosa sotto ai denti; ritenendo che quello dovesse proprio essere il suo giorno fortunato, aveva atteso pazientemente e, al momento opportuno, si era lasciato soccorrere da un caritatevole Little John, il quale aveva condotto la famigliola dritto nel nascondiglio della banda. Essendo quest'ultimo un luogo segreto per tutti coloro i quali non appartenevano alla cerchia ristretta di Robin Hood, John aveva avuto l'accortezza di bendare la donna e i tre figli, ma aveva ritenuto inutile bendare anche il vecchio nonno, dal momento che aveva astutamente dichiarato di essere cieco.
John si era sentito tremendamente in colpa, appena aveva visto con i suoi occhi che il vecchio cieco altri non era che lo Sceriffo Vaisey, – al quale, da quel momento in poi, sarebbe bastato riuscire a raggiungere il Crocevia di scambio per raggiungere senza difficoltà il campo dei fuorilegge – per il rischio che aveva fatto correre ai suoi amici; fortunatamente tutto era poi andato per il meglio dal momento che il tanto agognato Patto di cui Vaisey avrebbe voluto riappropriarsi gli era stato, infine, nuovamente sottratto prima che i fuorilegge lo riconducessero, bendato e privo di sensi, a Nottingham. Tuttavia, lo spavento preso a causa di quell'episodio, non aveva scoraggiato John, il quale non aveva smesso di girare di villaggio in villaggio, di Crocevia in Crocevia a distribuire ortaggi, pane e qualsiasi altro bene a sua disposizione.
Anche quando Locksley e i suoi abitanti erano tornati ad essere liberi, John aveva continuato ad aiutare gli anziani e le famiglie con molti bambini, gli infermi e i più colpiti dagli anni di tirannia, prestandosi a svolgere piccoli lavoretti per le donne rimaste sole a crescere i figli di uomini morti a causa dello Sceriffo, rimettendo in piedi vecchie abitazioni, aiutando nella gestione di piccoli orti, portando acqua ogni giorno a coppie di anziani; tutte le volte che si imbatteva in qualcuno che aveva bisogno di aiuto, fosse anche qualcuno proveniente da villaggi vicini, John non ci pensava due volte ad offrir loro le proprie braccia senza mai chiedere nulla in cambio.
Ecco perché si era infine affezionato a Gisborne ed ecco perché era pronto a rischiare la vita per Kaelee.
Tutti, compreso lui, avevano assistito alla sofferenza di Guy e ai suoi tormenti, dopo che aveva ancora una volta ucciso un essere umano, sua sorella. Per quanto ognuno degli uomini di Robin Hood conservasse almeno un ricordo sgradevole di Gisborne, era palese quanto la morte di Lady Marian e il tradimento da parte di Isabella lo avessero lentamente mutato nel profondo, lasciando emergere una parte di lui rimasta ancorata sul fondo della sua essenza fino a quel momento.
John non gli era davvero stato vicino, lasciando che fossero invece i fratelli a farlo, ma aveva mitigato gradualmente il ribrezzo che provava nei confronti di lui fino ad eliminarlo completamente; a quel punto si fidava ciecamente di Gisborne.
In quanto a Kaelee, la piccola disavventura nella foresta gli aveva testimoniato quanto la ragazza fosse fedele al gruppo, nell'attimo stesso in cui non si era tirata indietro quando era stato necessario venire alle armi, e da quel momento in poi l'uomo l'aveva davvero presa a cuore, rivalutandola sotto ogni aspetto possibile. Fin dall'inizio aveva provato per lei un immediato senso di protezione a causa della situazione familiare da cui era sfuggita e i nuovi dettagli che aveva appreso in seguito alla prima pergamena, recapitata a Robin Hood da parte di Aric per mezzo di un fidato messaggero, avevano ingigantito quel sentimento fino indurre John ad assicurarsi più volte nel corso di una giornata che la ragazza stesse bene. Non c'era istante, infatti, in cui non si informasse riguardo il benessere di Kaelee, mai chiedendo direttamente a lei essendo un uomo sostanzialmente timido nel suo modo di fare chiuso e riservato; il suo informatore più efficace era Fra Tuck, che conosceva i più intimi pensieri di lei, e anche se non era facilmente corrutibile, John non era intenzionato a smettere di interrogarlo, tanto più perché non erano i segreti della ragazza al centro della sua attenzione, perciò il frate non avrebbe infranto alcuna regola rivelandogli che un tale giorno lei era turbata per un motivo di facile intuizione.

Accompagnato da questi pensieri, Little John – uomo di cinquantaquattro anni, ormai – depose l'ultimo impasto da lasciar riposare alla maniera del vecchio Tyrik e si fece carico di un paio di sacchi, colmi di pane, da distribuire a chi non poteva, per un motivo o per un altro, raggiungere con le proprie gambe il forno.
Come di consueto, l'anziano uomo, che per tutta una vita aveva avuto a che fare con farine, impasti e forme di pane, fu ben contento della sua collaborazione e lo ringraziò sentitamente.
«Sempre felice è il mio animo nel vederti arrivare. Sei il benvenuto nei luoghi a me più cari, Little John il Benefattore», gli disse.
Immediatamente, lui avvertì un piacevolissimo calore al centro del petto e, come tutte le volte in cui portava a compimento una buona azione, si sentì appagato, soddisfatto e felice di poter godere di quel senso di pace, che troppo spesso credeva perduto insieme alla donna che aveva amato e che ancora amava e al figlio che non aveva potuto crescere e che avrebbe tanto voluto crescere.

Foresta di Sherwood.
Mentre gli uomini della banda adempievano ai rispettivi doveri e impegni, Robin e Much erano occupati in un veloce giro di ricognizione appena oltre il limite più esterno della foresta. Come sempre accadeva quando Robin si avvicinava a Sherwood, una moltitudine di emozioni e ricordi gli stringeva il cuore mozzandogli, di tanto in tanto, perfino il respiro se la mente rievocava il sorriso di Marian avvolta da quella luce dorata, in mezzo al verde predominante, che soltanto quella foresta sapeva ricreare. Quindi, un po' per distrarsi e un po' perché sentiva di doverlo fare, decise di parlare di Kate a Much; ormai, infatti, era di pubblico dominio l'ufficialità della loro relazione – Much aveva chiesto la mano della donna che amava, la quale aveva accettato senza indugio e non senza nascondere all'intero villaggio la sua immensa gioia – sebbene non avessero ancora avuto modo di dare una bella festa a causa di Rudyard, che di certo avrebbe colto la palla al balzo, se avesse saputo; perciò, senza l'occasione di un banchetto e in concomitanza con tutti i problemi cui la banda cercava di far fronte in quel periodo, non c'era stata circostanza favorevole per i due di scambiarsi qualche parola in merito, oppure, come Robin aveva iniziato a credere, Much aveva volutamente evitato l'argomento in sua presenza non trovando il coraggio di confidare i propri pensieri all'amico di tante avventure. Lo conosceva molto bene – anche se troppe volte lo aveva sottovalutato o trattato più come un servo che come un amico, in passato – e sapeva che, se non aveva fatto parola con lui della volontà di sposare Kate, doveva per forza esserci qualcosa che l'aveva frenato: Much, infatti, non era uno in grado di contenere le proprie emozioni, essendo molto spontaneo in tutto ciò che diceva e faceva, quindi a Robin era parso subito parecchio strano che l'amico non l'avesse coinvolto per domandare consiglio o anche soltanto per informarlo anticipatamente. Riflettendoci su, era arrivato alla conclusione che Much si fosse lasciato intimorire dall'eventualità che potesse infastidirlo o ferirlo nel dirgli che intendeva unirsi in matrimonio con Kate, con la quale lui aveva avuto una breve relazione; Much, infatti, non era affatto superficiale o sciocco al punto da dire qualcosa nella consapevolezza di poter fare del male a qualcuno a lui caro.
Dunque toccava a lui mettere a proprio agio l'amico e, volendolo guardare negli occhi mentre gli parlava, decise di smontare dal proprio cavallo, invitando Much a fare lo stesso, con la scusa di volersi per un attimo godere la quiete della foresta. Non a caso Robin aveva deciso di trattare l'argomento in quel preciso frangente: erano soli e in un luogo colmo di ricordi. 

Much iniziò a torturarsi coi denti la parte interna della guancia ancor prima che Robin gli chiedesse di scendere da cavallo. Qualcosa, nello sguardo dell'arciere, lo aveva indotto a credere che a breve avrebbe affrontato con lui una questione molto seria. Che volesse parlargli di Kaelee, visto che Kate era molto amica della ragazza? In fin dei conti gli aveva rivelato in anteprima quanto era accaduto a casa di Gisborne, la notte in cui Rudyard lo aveva aggredito, chiedendogli di non farne parola con Kate per non allarmarla, perciò si fidava di lui, no? Era stato muto come un pesce fino al pomeriggio successivo, quindi non poteva trattarsi di un rimprovero. E poi perché sorridergli e parlargli della tranquillità di Sherwood se voleva fargli una strigliata?
"Much, non pensar troppo e lega bene il cavallo, altrimenti se fugge dovrai tornare al villaggio a piedi e comprarne uno nuovo, anche se Gisborne ti offrirebbe uno dei suoi", si ammonì nell'attesa.
«Sono molto felice per te e Kate. Lei merita un uomo come te», gli disse infine l'arciere, prima di esibire quel sorrisetto furbo di chi stava per dire qualcosa di vagamente canzonatorio. «E tu una donna come lei», concluse senza smettere di sorridergli.
Allora si ritrovò a ridacchiare, sentendosi subito in imbarazzo per quella situazione e anche vagamente in colpa per non aver reso Robin il primo del gruppo ad essere al corrente delle sue intenzioni con Kate, ma la scelta di escluderlo inizialmente dai suoi programmi era stata ponderata a lungo, perciò si disse che poteva rilassarsi e parlargli con calma; così gli raccontò di come, durante una messa celebrata da Fra Tuck, gli fosse balenata quell'idea e di come avesse dapprima preso in considerazione l'ipotesi di parlarne con lui.
«Voi siete l'unica persona con cui avrei voluto parlarne prima di ogni altra, ma non volevo essere irrispettoso nei vostri confronti. Insomma, voi e Kate siete stati una coppia fino a non molto tempo fa, anche se io l'amo fin dal primo momento in cui l'ho vista e, scusatemi se ve lo dico, l'ho notata prima di voi», disse, scatenando la risata gioiosa dell'amico. «Cos'avete da ridere così tanto?», chiese allora, sorridendo a sua volta.
«Nulla amico mio, nulla. Va' avanti e raccontami di come hai conquistato il sì della bella Kate», rispose Robin, appoggiandosi al tronco di un albero, con le braccia incrociate al petto.
Much parlò, quindi, del turbine di timori e ansie che lo aveva attanagliato per giorni, che gli erano sembrati anni, e di tutte le gaffe di cui si era reso protagonista nel tentativo di dichiararsi alla sua amata, per poi aggiungere che un ruolo importante in tutta quella faccenda l'aveva avuto Kaelee, alla quale aveva dato appuntamento alla Collina delle Croci per chiederle consiglio.
Robin scoppiò di nuovo a ridere dicendogli poi, molto seriamente, che aveva rischiato grosso con Gisborne.
In effetti non aveva pensato a Guy quando si era incontrato con Kaelee e, ora che Robin lo aveva indotto a riflettere, avvertì la paura invaderlo di colpo e sentì che le gambe iniziavano a tremargli mentre il battito del suo cuore prendeva un ritmo velocissimo, quasi come quando correva, al pensiero di quel colosso di Gisborne che andava a bussare alla sua porta per dargli una bella lezione sul concetto di proprietà. "Proprietà o qualcosa del genere", si disse, incapace di trovare il termine più adeguato.
«Much, scherzavo. Guy non ti farebbe mai del male, a maggior ragione perché Kaelee ti vuole bene», mormorò Robin con tono vagamente divertito.
«Lo sapevo», soffiò, lasciandosi scappare un leggero sorriso, mentre ancora smaltiva la dose di paura.
Robin rise più forte, portando affettuosamente una mano sulla sua spalla per tirarlo a sé e scompigliargli i capelli, esattamente come un tempo, e suscitando in lui la medesima contentezza di un tempo.

Tale era la situazione quando i due si imbatterono in una donna e in un bambino visibilmente provati, al punto che entrambi gli uomini ebbero l'istantanea sensazione di dover prestare immediato soccorso ai visitatori. Sul volto della donna, infatti, erano evidenti i segni della stanchezza, così come gli zigomi sporgenti erano un chiaro segno di denutrizione, ma non era tutto perché Much sentì che dallo sguardo estremamente triste, quasi spento, un profondo dolore era pronto ad emergere da un momento all'altro. Ciò che lo sconvolse più di ogni altra cosa, per la netta contrapposizione con le condizioni della donna, fu, però, il sorriso luminoso di quel bambino che sembrava felice di vedere lui e Robin; non come quando un viaggiatore solitario che abbia perso la via, incontri per sua fortuna un'anima buona che gli indichi la strada, ma come qualcuno che si ritrovi dinanzi a dei vecchi amici. Più Much si soffermava sulle labbra distese di quel ragazzino, meno gli riusciva di capire cosa stesse accadendo, tanto più perché la donna non era ancora intervenuta se non per trattenere quello che poteva essere suo figlio, oppure un nipote o molto meno probabilmente un fratello minore, dal gettarsi tra le braccia dell'arciere. Much non ne aveva la certezza, eppure, osservando il modo in cui il ragazzino si protendeva verso Robin, gli riuscì semplice credere che il primo volesse un abbraccio dal secondo.
"Che Robin abbia un figlio e non me l'abbia mai rivelato? Ahi, quale guaio sarebbe! Ma chi mai potrebbe essere la madre, se il mio padrone ha sempre amato solo Lady Marian fin quando lei era in vita?", si chiese, concentrandosi ancora sul piccolo uomo che aveva dinanzi. "I capelli sono di un colore diverso e gli occhi non hanno nemmeno la metà dell'espressività di Robin. No, non è suo figlio", decise, perché in verità gli faceva più comodo pensare che fosse così. "Un nipote? Ma com'è possibile se non ha fratelli?", rifletté. "Oh Santa Vergine, aiutaci! Di fratelli ne ha due adesso! Non può essere, non può essere! Gisborne ha un figlio, questa è cosa certa! Kaelee ne morirà, ne morirà! Santa Vergine, abbi pietà di tutti noi!", esclamò mentalmente, torcendosi le mani e aggrottando le sopracciglia in preda all'agitazione. "Aspetta, Much, ragiona. Non può essere il figlio di Guy, perché questo giovanotto è troppo grande, mentre l'altro avrà si e no tre anni. Ah, che sollievo! Ma allora chi è? E chi è la donna che lo accompagna? Archer mi pare troppo giovane per avere un figlio di questa età, ma è una testa calda più di Robin, perciò... Much, concentrati", continuò finché decise di cercare lo sguardo di Robin, per sapere se almeno lui era riuscito a capirci qualcosa. "Che sia un ammiratore dell'arciere più celebre d'Inghilterra?", proseguì, ma subito smise di porsi domande perché Robin teneva lo sguardo fisso sul volto della donna, ignorando completamente il bambino, – o così gli parve – perciò anche lui spostò l'attenzione verso di lei.
Era indubbiamente giovane, anche se non giovanissima come lo erano Kate o Kaelee, aveva i capelli scuri e un paio di occhi che divennero incredibilmente espressivi quando incontrarono i suoi, tanto che Much fu costretto ad abbassare lo sguardo mentre Robin finalmente rompeva il silenzio.
«Io vi conosco», sussurrò l'arciere, come se avesse avuto una rivelazione improvvisa, con le sopracciglia aggrottate e il capo lievemente inclinato in segno di curioso interesse.
La donna rivolse a entrambi un sorriso stanco, distolse lo sguardo e lasciò che fosse il ragazzino a rispondere per lei.
«Voi siete Robin Hood! Conoscete mio padre!», esclamò con entusiasmo.
Vi fu un breve momento di silenzio in cui Much continuò a torcersi le mani, spostando gli occhi da Robin al bambino e dal bambino alla donna, per poi ricominciare da capo. Si sentiva come se il ragazzo avesse parlato in un'altra lingua, tanto quelle parole lo sconvolsero. "Se Robin conosce suo padre, suo padre deve essere uno del villaggio e forse uno della banda. Che sia davvero Gisborne? Che ne so io se ha avuto altri figli oltre quella piccola anima innocente che abbiamo trovato nella foresta? Ma se fosse imparentato con Gisborne, perché mostrare tanto entusiasmo per i fuorilegge, considerata l'indole di Guy prima di unirsi a noi? Non è suo, no. Che sia di Allan? Will? Mio non è di certo", rifletté, mentre il dubbio, intanto, si insinuava in lui. "Much, smettila. Sii consapevole delle tue azioni!", si rimproverò. "Tu non hai mai ingravidato una fanciulla e, con ogni probabilità, quando questa creatura è nata tu eri in Terra Santa con il tuo padrone. E poi, Much, è il caso che tu ammetta a te stesso di non essere mai stato con una donna in quel senso, quindi è impossibile che lui sia tuo figlio. Ma allora di chi?", si disse prima di essere interrotto nuovamente da Robin.
«Vergine Santissima», mormorò l'arciere. «Siete venuti fino a qui a piedi e senza sufficiente cibo e acqua?», chiese, dando a Much la sensazione che si trattasse di una di quelle domande definite retoriche, considerate le condizioni dei due viaggiatori. Poi, come era solito fare, Robin prese lucidamente e velocemente una decisione che condivise con i presenti.
«Cavalcherete con me fino a Locksley. Vorrei cedervi il mio cavallo e camminare al vostro fianco, per cortesia e per non mancarvi di rispetto, ma temo per voi più di quanto mi importi delle buone maniere, in questo momento», disse, aiutando la donna a montare sul destriero che gli apparteneva. «Much, aiuta il piccolo a salire e spingi il tuo cavallo alla massima velocità in direzione del Maniero!», esclamò allontanandosi insieme alla donna.
Much non era sicuro di ciò che stava accadendo, ma era riuscito a farsene un'idea abbastanza precisa a furia di andare per esclusione; quindi si issò sull'animale, tirò su il ragazzino ed eseguì gli ordini di Robin.

Maniero di Robin, Locksley.
Giunto al Maniero, Robin aveva chiamato a raccolta tutte le persone a sua disposizione e le aveva incaricate di occuparsi della donna e del suo bambino, raccomandando che i due ospiti venissero trattati al pari di una Regina e di un giovane Principe – che venisse quindi offerta loro acqua calda in cui immergersi e rilassarsi, abiti puliti e cibo e bevande in abbondanza affinché rimediassero, almeno in parte, agli stenti del lungo vagare. Dopodiché mandò Archer a cercare Little John per dirgli che la sua presenza al Maniero era necessaria, ma che poteva raggiungerlo senza dover per forza abbandonare un'attività o mancare ad un impegno.
Quando aveva chiesto a Much se avesse riconosciuto la donna, lui aveva annuito, precisando che aveva elaborato moltissime ipotesi mentre ancora si trovavano nella foresta ed era infine arrivato proprio alla sua stessa conclusione; nient'affatto sicuro, però, che Much facesse sul serio, aveva preferito fare il nome di entrambi i pellegrini e, nel vedere il suo amico sgranare gli occhi, comprese che tra tutte le possibilità, lui aveva scartato quella giusta, perciò scoppiò a ridere gioioso prima di invitarlo a raggiungere la sua amata, raccomandandosi che non rivelasse a nessuno quanto sapeva, perché John avrebbe dovuto apprendere da sé quella novità.

Trascorsa una buona mezz'ora da quando gli aveva chiesto di recapitare il messaggio, Robin vide suo fratello tornare di corsa.
«L'ho trovato», annunciò con il fiatone. «Gli ho detto di venire qui appena gli è possibile, ma senza fretta», aggiunse, accettando un bicchiere d'acqua.
«Bene», rispose Robin con un sorriso, felice di ospitare due vecchie conoscenze.
«Grazie», disse ancora Archer, indicando il bicchiere già vuoto. «Mi è sembrato piuttosto preoccupato, ma non credo che si precipiterà qui immediatamente», concluse.
Robin annuì pensieroso e tornò a rivolgere lo sguardo oltre la finestra della stanza. Del tutto inaspettatamente, rivedere quella donna aveva steso, dietro l'innegabile gioia, un sottile velo di malinconia, perché indubbiamente era felice che uno dei suoi migliori amici – nonché uno tra i più valorosi uomini che avessero lottato al suo fianco – si sarebbe ricongiunto, quel giorno, con una parte della sua vita che gli era sempre mancata da quando l'aveva perduta, eppure non poté fare a meno di pensare, egoisticamente, a Marian, così lontana da lui, così presente nel suo cuore, e raffrontare la situazione di Little John con la propria.
"Indimenticato amore mio, adorata sposa, un giorno ci ricongiungeremo anche noi, in quell'altrove che ci spetta", pensò. "Ho tentato, ho provato ad amare di nuovo, ad andare avanti, ma è stato un fallimento. Ho illuso una brava ragazza, prima di capire che l'unica cosa che dovevo fare era lasciarla andare. L'ho ferita. Ho sbagliato con lei, come tante volte ho sbagliato con Much. Non è comico che proprio lui sia riuscito a porre rimedio al mio errore con Kate, salvandomi per l'ennesima volta?", si disse, immaginando che dalla sua posizione privilegiata, tra le nuvole e nella luce più intensa, lei potesse sentirlo anche se non parlava a voce alta, altrimenti avrebbe dovuto riconoscere di essere impazzito dal momento che molte volte aveva silenziosamente dialogato con Marian e molte altre l'aveva incontrata in sogno, dopo aver pensato a lei durante un'intera giornata.
Nonostante fosse trascorso più di un anno, non gli riusciva di lasciarla andare davvero; era cosciente del fatto che Marian aveva abbandonato per sempre quella Terra e la breve vita che le era toccata in sorte, perciò non nutriva alcuna speranza di riaverla accanto, – speranza che invece aveva sempre confortato il cuore di Little John, ad esempio – ma separarsi da lei non era per Robin un'opzione plausibile, con ogni probabilità perché non era ancora davvero pronto ad accettare quanto era accaduto all'unico vero amore della sua vita; quindi, pur vivendo costantemente sul filo della tristezza – e non gli piaceva affatto autocommiserarsi, piangersi addosso e cercare l'altrui compassione, ragion per cui piangeva le sue lacrime in solitudine o in presenza dei suoi fratelli – non riusciva ancora a guardare avanti. Come si era appena ripetuto, dopo il rientro in Inghilterra e la voglia di mollare tutto per lasciarsi andare rinnegando amici, banda e perfino se stesso, aveva mosso qualche passo in direzione di un nuovo inizio e in tal senso l'arrivo di Fra Tuck nella banda si era rivelato molto più che una benedizione, perché quell'uomo era stato capace di ricordargli con forza tutti gli ottimi motivi per cui aveva dato vita a quella combriccola di fuorilegge volta al bene, perciò era da lì che Robin aveva ricominciato; poi, tra un'opera di bene e l'altra, erano piombate nella sua vita Isabella Thornton – sorella di Gisborne e sua vecchia conoscenza – e Kate di Locksley, due donne molto diverse tra loro, ma entrambe attratte da lui. Se avesse potuto tornare indietro, si sarebbe comportato in maniera del tutto diversa, ma, accecato com'era dal dolore della perdita, aveva vissuto, con una superficialità che non gli era mai appartenuta, l'innamoramento effimero che l'aveva avvicinato a loro, ferendole entrambe: quando gli sembrava che il futuro sussurratogli da Isabella in un momento di estremo pericolo potesse avverarsi, ecco che il volto di Kate e la sua indole furiosa apparivano dinanzi ai suoi occhi invitandolo a cambiare idea; e allo stesso modo, quando Kate gli chiedeva di scegliere tra lei e la banda, ecco che lo sguardo impaurito di Isabella gli si palesava nella mente, impedendogli di dare a Kate ciò che desiderava; ma era nel silenzio delle ore notturne che una figura sovrastava sempre tutte le altre, ricordandogli chi era, sussurrandogli che Robin Hood non avrebbe mai mancato di rispetto ad una donna a quel modo.
Robin si ritrovò a sospirare, con Sherwood a colmare il suo campo visivo, mentre pensava al suo amore perduto.
"Non sono ancora riuscito a perdonare me stesso, ma qualcuno l'ho perdonato, sai? Ti ha amata, a suo modo, e adesso è felice perché la giovane e determinata Kaelee gli ha cambiato la vita definitivamente. Mi credi se ti dico che sono contento per lui? È quasi morto tra le mie braccia per salvare Archer, immagino tu sappia chi è dal momento che da lassù puoi vedere il mondo nella sua interezza. Puoi perdonarmi se considero fratello il tuo assassino? Se non porto rancore nei suoi confronti? Dovresti vederlo... O forse no. Poi finisce che ti innamori di lui e mi dimentichi", pensò, riuscendo ad essere ironico perfino in un momento come quello. "Avrei così tante cose da raccontarti! Di Gisborne, me ed Archer; della morte dello Sceriffo e della ricostruzione di Nottingham; dello splendore di Locksley, ora che è libera dal suo tiranno... Crudele è stata con noi la vita, mia adorata Marian", sospirò.
Si accorse della presenza di Archer soltanto quando quest'ultimo gli posò una mano sulla spalla, riportandolo definitivamente alla realtà.
«Dovresti parlarne con qualcuno», sussurrò, intuendo che qualcosa lo tormentava.
"Non ti dimenticherò mai, Marian, ti terrò con me per sempre", pensò infine.
«Un giorno, forse, se vorrai ascoltarmi», rispose allungando le dita verso quelle di suo fratello, in un muto gesto di gratitudine.

Dopo aver completato il giro per la distribuzione del pane, Little John era andato all'orfanotrofio a ridosso del villaggio, per far visita ai tanti bambini che vivevano lì. Lo spaventoso numero di ospiti in quella struttura ricordava, a lui e a tutti gli abitanti di Locksley e Nottingham, la ferocia di Vaisey e dei suoi uomini, le quasi scontate conseguenze di un abuso di potere e gli innumerevoli drammi e problemi cui era necessario far fronte: che fine avrebbero fatto tutti quei bambini? Chi avrebbe assicurato loro un futuro, una famiglia, una vita serena? Chi avrebbe impedito che crescessero nella stessa cattiveria che aveva tolto loro i genitori? Chi avrebbe alleviato l'odio dei più grandi nei confronti della vita e di quelle persone che ancora camminavano liberamente per i villaggi e le città, impuniti, dopo aver ucciso chissà quante persone? Le anime buone che si erano offerte di mandare avanti l'orfanotrofio facevano del loro meglio per rieducare, istruire e confortare quelle creature, ma da sole non avrebbero mai potuto sostenere tutte le spese necessarie per il cibo, gli abiti e tutto l'occorrente, senza contare che tra gli orfani c'era anche qualche testa calda difficile da tenere a bada. Per questo e per la sua indole volta al prossimo, Little John aveva subito abbracciato quella causa, finanziando la struttura come poteva, aiutato anche dai suoi compagni d'armi, e cercando di prendere con le buone i più irrequieti, che erano poi anche quelli che maggiormente coltivavano un desiderio di vendetta contro chi aveva assassinato i loro parenti e amici.
A quest'ultimo gruppo apparteneva certamente Gisborne, il quale, infatti, era in cima alla lista dei più detestati uomini di Locksley e Nottingham, al punto che il volto di lui affollava gli incubi di molti ospiti dell'orfanotrofio, tant'è che la prima volta che l'uomo era andato a trovarli, – mosso dalle migliori intenzioni, spronato da Tuck e accompagnato da Little John – era stato un completo disastro: i bambini si erano messi a strillare e piangere, mentre i più grandi avevano cercato di scagliarglisi contro, l'avevano ricoperto di insulti esprimendo il loro odio nei suoi confronti e infine si erano messi a lanciare piccoli sassi contro la sua figura inerme.
John riteneva che bambini e ragazzi non avessero tutti i torti, dal momento che l'esecutore materiale di molti omicidi era stato proprio il vecchio Sir Guy, e credeva che non si potesse pretendere che cuori e menti tanto giovani potessero capire dall'oggi al domani che l'ex braccio destro dello Sceriffo era cambiato completamente; sarebbe occorso del tempo, oltre alla buona volontà di Gisborne – il quale si era dichiarato disposto a fare ulteriori tentativi che avevano spinto John a volergli dare una mano in quell'impresa, visto che i piccoli ospiti si fidavano ciecamente di lui.
Li adorava quei bambini, senza distinzioni, senza preferenze, e anche loro gli volevano molto bene, mostrandosi sempre contenti ed entusiasti nel vederlo arrivare. Uno più di tutti gli altri: si trattava di un bambino dai capelli rossi, che John aveva salvato a Nottingham e dal quale poi era stato a sua volta salvato. La donna che aveva imbrogliato pure lui, sostenendo di togliere dalla strada i tanti bambini che portava con sé, in verità li nutriva e teneva in salute soltanto per poi venderli e ricavarci un mucchio di denaro, dopo averli usati per raccogliere scommesse su incontri che lei stessa organizzava e pilotava; quando ne era venuto a conoscenza, John si era così tanto arrabbiato che aveva portato tutti i bambini in quell'orfanotrofio vicino a Locksley, anche perché la donna era stata poi condannata da Vaisey ad impiccagione per ragioni che lui non era riuscito ad afferrare, pur sospettando che quei due in passato avessero fatto comunella in qualche losco affare; non che gli interessasse, comunque, visto che tutta la sua attenzione era rivolta ai piccoli innocenti. Andava a trovarli quasi tutti i giorni e trascorreva con loro almeno un paio di ore chiacchierando, invitandoli a non litigare tra loro, osservandoli in cerca delle potenzialità che sicuramente ognuno di loro custodiva, così da poterli inserire, un giorno, nelle attività commerciali di Locksley oppure tra le fila della banda di Robin Hood; quando riusciva, portava anche piccoli doni ai bambini e del denaro alle donne che si prendevano cura di loro, perciò, in sostanza, era un po' come se li avesse adottati tutti.
John stava tirandosi fuori dal sacchetto che portava alla vita una graziosa biglia colorata da donare al bambino che gli si era ancorato alla gamba nell'esatto momento in cui era arrivato, quando il suo sguardo venne attirato da una figura in movimento, un uomo che stava correndo nella sua direzione. Prima di riconoscerlo, pensò che potesse trattarsi di uno dei ragazzi più grandi che l'orfanotrofio ospitava, in fuga a causa di chissà quale nuova marachella combinata in uno dei villaggi vicini, ma appena si rese conto che si trattava di Archer, immediatamente si mise sull'attenti. Quale motivo poteva aver spinto il fratello minore di Robin Hood a raggiungerlo a piedi e di corsa, anziché a cavallo? Che avesse così tanta fretta di comunicargli qualcosa da dimenticare che un cavallo avrebbe ridotto notevolmente i tempi? Oppure era stato aggredito durante una perlustrazione e si era diretto al primo luogo utile, per mettersi in contatto con gli uomini della banda? Che c'entrasse Rudyard?
«Archer!», esclamò dunque, rivestendo il nome di lui con tutta la preoccupazione che lo pervadeva da capo a piedi.
Quello, accaldato e affannato dopo la corsa, sollevò le mani mostrando i palmi, come a voler assicurare che non era successo niente di grave prima ancora di poterlo esprimere a parole, non avendo il fiato necessario.
«È tutto a posto», asserì qualche istante più tardi.
Eppure, nonostante Archer aggiunse che era atteso al Maniero, ma non era niente di urgente e che avrebbe potuto raggiungere Robin quando più gli veniva comodo, John non si sentì per nulla rassicurato da quella visita inattesa e così strana. Perché Robin aveva mandato Archer e non uno degli allievi di tiro con l'arco? Oppure, perché non era lui stesso andato all'orfanotrofio visto che i bambini erano sempre contentissimi di rivedere il loro eroe con arco e frecce?
«Non c'è alcuna fretta, John, dico davvero. So quanto tieni al tempo che trascorri qui, quindi ora torno al Maniero, riferisco a Robin che ti ho trovato e poi tu vieni quando sei libero», mormorò Archer poggiandogli una mano sulla spalla e stringendola in una presa leggera, accompagnata da un sorriso comprensivo.
Non era un mistero per nessuno, infatti, che se aveva preso a cuore tutti quei bambini era anche perché gli mancava suo figlio. Sebbene Archer non fosse ancora parte della banda di Robin Hood quando Little John aveva finalmente potuto conoscere il figlio che Alice aveva partorito in sua assenza, – in quanto era già stato dichiarato fuorilegge e si era dato per morto affinché sua moglie non rischiasse la vita cercandolo nella foresta – conosceva bene la quella storia, perché gliel'aveva raccontata lui stesso su consiglio di Tuck.
In effetti, ora che John ci pensava, c'era spesso lo zampino di Tuck nelle questioni intime e personali di ogni componente della banda: con il suo essere gentile e spontaneo, quel frate stava rimettendo in sesto tutti quanti; infatti, dopo aver condiviso le angosce e i tormenti, in merito a suo figlio e a sua moglie, con una persona che ne era completamente all'oscuro, John si era subito sentito più leggero e aveva trovato in Archer un ottimo e comprensivo ascoltatore. 
Così, non senza aver dedicato attenzioni ad ognuno dei presenti, seppur più velocemente di quanto avesse programmato per quel giorno, John lasciò l'orfanotrofio prima del tempo e piuttosto in fretta nonostante le raccomandazioni di Archer. Più correva verso il Maniero, più si convinceva che dovesse obbligatoriamente essere accaduto qualcosa, altrimenti perché richiedere la sua presenza senza fornire ulteriori dettagli?
"Se si tratta di Rudyard, giuro che gliele darò di santa ragione", si disse. "Se ha provato a torcere anche solo un capello a Kaelee, mi assicurerò personalmente che ne paghi le conseguenze", decise, intravedendo già la meta.

Gli ospiti di Robin e Archer, dopo aver riposato le membra grazie ad un profumato bagno caldo, erano seduti al tavolo, nella Sala Grande del Maniero, e mentre il bambino mangiava con gusto e appetito della frutta fresca e secca, la donna spiegava che la voce che lo Sceriffo era morto, che Re Riccardo era tornato e che tutti i villaggi, anche quelli più vicini a Nottingham, – sede di Vaisey e delle sue scelleratezze – erano finalmente liberi da ogni angheria, si era diffusa in fretta e questo le aveva dato infine il coraggio di mettersi in cammino verso il suo villaggio d'origine.
«Ho pensato che, stando così le cose, Locksley potrebbe essere davvero il posto giusto per noi adesso. Per lui, soprattutto», mormorò la donna guardando il proprio figlio, senza nascondere il velo di tristezza e manifestando anche la preoccupazione che l'attanagliava fin da quando si era messa in viaggio. Chi le assicurava che sarebbe stata accolta, dopo quanto era accaduto? Dopo ciò che aveva detto all'uomo che aveva amato e che era il padre di suo figlio?
Robin annuì, sorridendole comprensivo.
«Avresti fatto meglio a venire subito qui», la rimproverò affettuosamente.
«È arrivato!», si intromise Archer, – che teneva d'occhio la strada da una delle finestre, in attesa – interrompendo la conversazione.
Vi fu un momento di completo silenzio in cui la donna poté sentire esclusivamente il proprio cuore rimbombarle forte nelle orecchie e martellarle violento contro il petto; dovette stringere le mani l'una nell'altra per bloccarne il tremore causato dall'ansia, mentre fissava lo sguardo su Robin, il quale posò una mano sulle sue e le sorrise ancora una volta.
«Vado ad accoglierlo», mormorò per poi sparire dalla sua vista.
La donna si rese subito conto che la stanza in cui si trovava con suo figlio e Archer non era così lontana dall'ingresso, perciò tese le orecchie, ansiosa di sentire di nuovo, dopo tanto tempo, la voce che le aveva parlato in sogno di tanto in tanto.

Quando Robin comparve sull'ingresso, vide Little John sostenersi alla parete esterna del Maniero, per riprendere fiato.
«Cosa non ti era chiaro di "fai con calma"?», gli chiese, in un rimprovero colmo d'affetto, virgolettando l'espressione con un gesto delle dita.
In cambio ricevette un'occhiataccia da parte del suo burbero amico, il quale, qualche istante più tardi, gli rivolse la domanda cui più di ogni altra cercava risposta.
«Cos'è successo?», chiese, senza perdere tempo, mentre ancora lottava per lasciar entrare quanta più aria possibile nei polmoni.
Robin alzò gli occhi al cielo e sorrise divertito dall'atteggiamento, tra il preoccupato e l'irritato, tenuto con fierezza da John. Una delle caratteristiche che lo avevano sempre salvato da quel tipo di profondissima tristezza che, in certi casi estremi, portava perfino al suicidio, era il suo saper essere felice per gli altri pur non essendolo lui stesso nella sua piccola realtà personale. Che Robin soffrisse per la morte di Lady Marian era chiaro a tutti, – e nessuno osava pensare il contrario, dandogli implicitamente del superficiale, come nessuno credeva che fosse un dolore destinato a sparire in poco tempo – ma non per questo si poteva dire che invidiasse i suoi amici i quali, a differenza sua, avevano un amore da vivere, da costruire e in cui sperare; anzi, nello scorgere serenità negli occhi dei suoi amici, trovava un'ottima ragione per andare avanti.
«La tua domanda mi conferma che Archer mi è sinceramente fedele», mormorò allegro, prendendo tempo, perché era necessario che Little John fosse perfettamente lucido affinché la novità non lo sconvolgesse al punto da fargli perdere i sensi.
«Avresti dovuto imparare da tempo, ormai, la differenza tra un momento buono per far battute di spirito ed un pessimo momento per far la stessa cosa», borbottò John.
«E tu, invece, avresti dovuto imparare da tempo, ormai, che puoi essere serio con leggerezza», ribatté Robin. «Archer ti ha forse detto che è accaduto qualcosa di grave?».
«No», fece John con tono deciso. «Non escludo che tu lo avrai minacciato per mentirmi, però».
«Amico! Lasciami dire che sei parecchio ingiusto quest'oggi. Ho mai minacciato un compagno d'armi? Ho mai mentito su questioni importanti?», rispose, senza perdere il sorriso.
«Minacciato e mentito no, ma ordinato di star in questo o in quel posto sì», lo provocò John, incrociando le braccia al petto ampio.
Robin assunse volutamente un'aria pensierosa. «Qualcuno deve pur prendere le decisioni scomode», affermò poi, scoppiando a ridere.
«Ah, Robin!», ringhiò quasi, irritato.
«Rilassati John! Riprendi fiato, perché non c'è fretta!».
«Non fate che ripetermelo, tu e Archer, eppure mi hai mandato a chiamare! E se ho fiato per parlare con una zucca vuota come te, allora ne ho anche per entrare nel Maniero».
A quel punto Robin sospirò e scosse il capo, ancora una volta divertito dalla situazione. Non voleva farsi beffe di John, solo il modo burbero in cui sempre l'uomo si poneva e l'atteggiamento da guerriero con cui affontava ogni situazione, lo rallegravano quando non c'era ragione di sentirsi in pericolo.
«La ragazza», continuò Little John, rivolgendogli uno sguardo sottile, affilato.
Robin sbuffò. «Kaelee sta bene!», esclamò. «Stiamo tutti bene, quindi smettila di preoccuparti per niente. Ti ho mandato a chiamare, è vero, e una ragione c'è, ma non deve essere per forza una tragedia! Fai un bel respiro, rilassati e seguimi», disse tutto d'un fiato, ma non si mosse finché non vide lo sguardo di John ammorbidirsi.
«Non potresti almeno dirmi...», fece, ma non riuscì a finire.
«No! Devi vedere con i tuoi occhi», lo zittì Robin facendogli strada.

La voce cavernosa di John le aveva smosso subito qualcosa nel cuore o lì, nei dintorni, dove si diceva risiedesse il centro dei sentimenti e delle emozioni umane, quasi che non fosse trascorsa che una manciata di minuti da quando lo aveva sposato, molti anni prima. Come per opera di un magico artifizio, la donna sentì crescere l'ansia man mano che il tempo passava e i passi dei due uomini si avvicinavano alla sala; non riusciva a smettere di guardare quella porta spalancata da cui, da un momento all'altro, sarebbe apparso colui il quale avrebbe risolto l'enigma di un'intera vita, che avrebbe sciolto i nodi delle molteplici eventualità che l'avevano ricondotta a Locklsey, che le avrebbe chiarito se l'averlo creduto morto, l'aver cresciuto da sola il loro bambino, l'essersi trasferita altrove con il piccolo e con un altro uomo, fossero piccole tappe necessarie a completare un disegno più grande e giusto che contemplava serenità per tutti e tre. Ci sperava e lo faceva con tutta se stessa, mentre suo figlio tradiva impazienza dallo sguardo sveglio, vispo, pur sembrando a proprio agio in quel contesto. Era felice per lui, perché dopo diversi giorni di stenti era riuscita, finalmente, a far sì che mangiasse come il fisico di un ragazzino della sua età richiedeva.
Da quando Archer aveva annunciato l'arrivo di Little John, lei aveva dovuto intimare il silenzio a suo figlio, il quale aveva subito cominciato a rivolgere una serie infinita di domande sia a lei che al giovane uomo che era il fratello di Robin Hood.
"Non ricordavo ne avesse uno", pensò, osservandolo e trattenendo ancora la vivacità di suo figlio.
«Non una parola», sussurrò pianissimo, in un ultimo ammonimento, sentendo i passi farsi più vicini.
Alle orecchie della donna arrivò anche un borbottio incomprensibile, insieme ai tonfi che ne annunciavano l'arrivo, e non poté fare a meno di sorriderne nonostante l'ansia che la pervadeva da capo a piedi. Smise di respirare appena la figura imponente di Little John si stagliò sull'ingresso, appena oltre la soglia, seguita da una più piccola che certamente apparteneva a Robin Hood, anche se lei non vi si soffermò, concentrata invece interamente sull'uomo che aveva sempre albergato nel suo cuore.
Con lo sguardo fisso su di lui, notò lo stupore in ogni tratto del suo volto, in ogni muscolo contratto per la tensione del momento, sostituirsi all'espressione burbera che doveva averlo accompagnato fin lì; riconobbe incredulità negli occhi scuri e familiari che, da guardinghi quali sempre erano, si colmarono infine di un'immensa tenerezza e se riprese a respirare fu soltanto perché, altrimenti, non sarebbe sopravvissuta tanto a lungo da riconciliarsi con lui.

«Alice», mormorò, riconoscendola all'istante. Non avrebbe mai potuto avere alcun dubbio in merito; quello sguardo sempre attento, perfino nei momenti di grande dolcezza, non aveva eguali per intensità e bellezza, apparteneva a lei soltanto. Semplicemente guardandola, ebbe conferma di non averla mai dimenticata, nemmeno un pizzico, perché il suo cuore stava battendo con una furia tale da non contemplare che il sentimento nei riguardi di lei fosse andato scemando negli anni: il tempo non aveva avuto alcun effetto su quell'amore e nemmeno sulla bellezza di lei, che appariva meravigliosa nonostante le leggere occhiaie di stanchezza sotto lo sguardo emozionato.
"Lo è davvero? È contenta di vedermi?", si domandò John, rammentando il giorno in cui l'aveva guardata, suo malgrado, partire verso un nuovo futuro in compagnia di un uomo che non era lui; così come aveva conservato integro il ricordo del volto di lei, non aveva dimenticato la durezza e l'ostilità con cui Alice gli si era rivolto quando si erano incontrati nelle prigioni del Castello e non sapeva, quindi, come interpretare la sua presenza al Maniero. Poi una testolina curiosa fece capolino da dietro la donna che amava alla follia e non poté non cedere a lacrime di gioia.
«Little Little John», aggiunse, con un filo di voce.
In un attimo la sua intera vita si era ribaltata e tutta la sofferenza della separazione dalla famiglia che non era mai riuscito ad avere per davvero, si era come allontanata da lui per magia: aveva davanti a sé la donna con la quale desiderava vivere, invecchiare, morire, ed il bambino che era suo figlio e che amava così tanto. Che altro avrebbe potuto chiedere alla vita?
Per tutta risposta, il piccolo Little John mostrò una medaglietta, precedentemente custodita sotto gli abiti che indossava, che John non faticò a riconoscere dal momento che era stato lui a donargliela, al momento della partenza. 
«L'ho conservata», disse con il tono trionfante di chi era certo di aver compiuto una grande impresa, di chi sapeva di non aver deluso le aspettative dei propri cari. «Non l'ho mai tolta da quando me l'avete donata, nemmeno di notte e neanche per fare il bagno!», esclamò allegro, ma anche con serietà nel tono. «E mai lo farò. Sono orgoglioso di portare al collo la piastrina di fuorilegge appartenente al grande Little John, mio padre, naturalmente; e portandola conservo vivo il ricordo dell'uomo che insieme a mia madre mi ha dato la vita e me l'ha poi anche salvata», concluse, dando a John la sensazione che quel ragazzetto fosse già più uomo che bambino.
Poi lo vide gettarsi tra le sue braccia e lo sollevò da terra come fosse una piuma, stringendoselo al petto come non aveva mai potuto fare. Era consapevole che quel bambino aveva avuto ben poche occasioni di conoscerlo, essendo nato e cresciuto esclusivamente con sua madre, prima che lei si affidasse ad un altro uomo che aveva imparato ad amare e che certamente l'amava, – altrimenti John si sarebbe opposto con tutte le sue forze alla partenza – eppure sentiva che Little Little John provava per lui un affetto incondizionato, che prescindeva da come erano andate le cose. Oppure era soltanto una sua fantasia, una sua speranza? Ma poteva quel calore provenire da lui soltanto?
Lo trattenne ancora per un po', incapace di separarsene, nel timore di essersi addormentato da qualche parte e che stesse solo sognando.
«Ho molte cose da dirti», intervenne infine Alice, con delicatezza e interrompendo solo momentaneamente l'incantesimo, con l'accenno di un sorriso sulle belle labbra.
John scosse il capo e si avvicinò a lei, lasciando libero suo figlio, le prese le mani e la guardò negli occhi.
«Abbiamo tutto il tempo del mondo, Alice», le rispose, invitandola tra le proprie braccia.
Anche il piccolo John volle di nuovo aggiungersi, così gli scompigiò i capelli mentre baciava quelli della sua amata, accogliendolo ben volentieri e godendosi l'incommensurabile calore dell'amore.
Robin ed Archer, a quel punto, uscirono silenziosamente dalla stanza.

Il tempo parve fermarsi in quell'abbraccio e nessuno dei tre, temendo ognuno che fosse tutto un sogno destinato a dissolversi con le prime luci dell'alba, riuscì a muoversi di un millimetro, non trovando neanche un briciolo del coraggio che sarebbe occorso per scostarsi da uno dei familiari; ragion per cui trascorsero diversi minuti prima che i componenti della famiglia Little – cognome che aveva sempre suscitato il riso di chiunque, considerata la mole di John, il quale era appunto chiamato per scherzo Little John, anziché John Little – tornassero alla realtà, al Maniero e a tutto ciò di cui era necessario parlare.
Più di tutti, la voglia di chiacchierare si era impossessata del piccolo John, il quale voleva assolutamente raccontare tutto e subito a suo padre, senza mettere ordine ai pensieri e senza, quindi, preoccuparsi dell'incomprensibilità della sua narrazione. Il ragazzino, per attirare l'attenzione su di sé, dato che i coniugi non facevano altro che guardarsi come se non si fossero mai visti prima di quel momento, dava dei leggeri strattoni alla casacca di suo padre che infine, bonariamente esasperato da quell'atteggiamento, lo investì con la sua risata tonante e gli strinse delicatamente la spalla, lasciando intendere che aveva priorità assoluta e che, finalmente, poteva dar sfogo alla sua esuberanza.
Alice, però, che pure gli sorrideva amorevolmente, lo anticipò.
«Ci lasceresti soli per un po'?», chiese, con voce carica di una tale tenerezza che fu impossibile per il piccolo John protestare degnamente, come avrebbe voluto e nonostante desiderasse restare in compagnia di entrambi i genitori più di qualsiasi altra cosa al mondo. 
«Ma io...», tentò ugualmente, con l'intento di intenerire almeno suo padre – consapevole di quanto la madre sapesse essere ferma nelle sue posizioni – nella convinzione che rivolgergli uno sguardo smielato sarebbe andato a proprio vantaggio. Invece sua madre lo ammonì senza rivolgergli neanche una parola, con la sola inclinazione del capo ed un'occhiata moderatamente severa, così fu costretto a cedere il passo ad un'espressione imbronciata, seguita da un sommesso sbuffare e dalla conseguente rinuncia a qualunque altro tentativo di corrompere il genitore. «E va bene! Vado a cercare Robin e Archer», disse, sconsolato e mogio.
«Grazie», mormorò sua madre baciandogli la fronte.
Guardò per qualche secondo ancora suo padre e poi corse via, come sua madre gli aveva chiesto di fare, sotto gli occhi attenti di John e Alice.

Rimasti soli, i due restarono per diversi minuti in silenzio a guardarsi, con la stessa disperata intensità di chi sapeva di star riempiendo la propria mente con quello che sarebbe stato il suo ultimo ricordo terreno. Non si vedevano da così tanto tempo che soffermarsi su ogni singolo dettaglio dell'altro era quasi di vitale importanza, quasi come prendere una lunghissima boccata d'aria dopo un'immersione forzata o una fuga senza speranza da un nemico troppo grande per essere sconfitto. Faceva quasi male tanto era grande la potenza delle emozioni che entrambi provavano.
Non mancava, comunque, un accenno di imbarazzo in quel ritrovarsi, nonostante fossero stati molto intimi in passato; c'era quella tipica paura dei primi approcci, il timore che una carezza troppo avventata avrebbe fatto fuggire l'altro, il terrore che una parola detta nel momento sbagliato avrebbe determinato il destino di entrambi, per sempre. Occhi negli occhi, nessuno dei due sapeva quindi bene da dove iniziare, l'uno perso nelle proprie domande e l'altra immersa nei propri segreti, entrambi desiderosi di condividere lo stato d'animo in cui si trovavano.
«Cos'è successo?», domandò John, infine, per la seconda volta in quella giornata, facendosi coraggio.
Alice inspirò profondamente, socchiudendo brevemente gli occhi, consapevole che il momento della verità era arrivato e che per portare a termine ciò che aveva iniziato intraprendendo quel viaggio di ritorno a Locklsey, avrebbe dovuto confidarsi con John. In virtù di questo aveva preferito che Little Little John non assistesse all'imminente conversazione.
In lei albergavano in pari misura il dolore di una perdita e la gioia di una ricongiunzione, sentimenti difficili da tenere a bada, specie in quel frangente; eppure riteneva che non fosse ancora il momento per lasciarsi sopraffare da emozioni e sentimenti, in quanto nulla c'era ancora di certo in tutta la situazione: anche se John era visibilmente e innegabilmente contento di rivedere lei e il loro bambino, infatti, sarebbe stato sciocco da parte sua dare per scontato che li rivolesse anche nella sua esistenza e quotidianità. Per quel che ne sapeva, come lei aveva provato a rifarsi una vita con Luke, la stessa cosa poteva essere accaduta a John, il quale, quindi, forse viveva con una bella donna di Locksley o Nottingham che gli avrebbe dato un figlio a breve. Resasi conto di aver corso troppo con la fantasia, cercò di riaversi – tanto più perché John attendeva una risposta – facendo un tuffo nei ricordi fino al giorno in cui aveva scoperto che l'uomo che aveva così tanto amato e pianto era ancora vivo ed era un fuorilegge. La menzogna in cui aveva vissuto e in cui aveva cresciuto il loro bambino, che per così tanto tempo aveva atteso il ritorno di suo padre, le aveva fatto provare rabbia nei confronti di John anche dopo che aveva saputo il reale motivo per cui aveva lasciato che lei lo credesse morto: un marito e un padre fuorilegge sarebbero stati un pericolo per lei e per il piccolo John, tale che avrebbero rischiato la reclusione, la tortura e l'impiccagione qualora non avessero fornito informazioni sul fuggitivo – e dal momento che il piccolo John, all'epoca dei fatti, era soltanto un neonato, sarebbe stato gettato senza pietà in un fosso o annegato in qualche corso d'acqua. Solo in un secondo momento, quando con calma aveva rivissuto gli eventi, lontana da Locksley e in compagnia dell'uomo che si sarebbe preso cura di lei e del piccolo John, aveva compreso che John non aveva fatto altro che proteggere la sua famiglia, sacrificando se stesso, e un altro sentimento si era fatto strada nel suo cuore: il sollievo. Sapere che Little John era vivo l'aveva rasserenata e condotta verso un'ulteriore conclusione.
La consapevolezza di non poter vivere un'esistenza nella foresta di Sherwood insieme a dei fuorilegge, con la costante paura che il suo bambino venisse preso dagli uomini dello Sceriffo e giustiziato, – come era quasi accaduto quando il piccolo era stato imprigionato insieme al padre adottivo e poi a lei, che aveva invano tentato di salvarlo – con la certezza di non essere pronta per far fronte alla costante esigenza di spostarsi, difendersi e combattere per salvarsi la pelle, la rattristava moltissimo, ma l'amore incondizionato per il piccolo John e la volontà che egli potesse vivere una vita lunga e migliore della propria, l'aveva resa determinata nella sua scelta di lasciare per sempre l'uomo che aveva amato più di ogni altro e il villaggio in cui era nata e a cui era legata, permettendole perfino di essere felice per un po' di tempo, prima che, di nuovo, la vita le imponesse un'infausta realtà che era poi il fulcro del suo rientro a Locksley.
Quando riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo dell'uomo che ancora considerava suo marito, era trascorsa non più di quella manciata di secondi necessari a trovare le parole più adatte da rivolgergli.
«Siamo rimasti soli, io e il piccolo John», esordì, raccontando senza preamboli la fine della storia, prima di immergervisi.
Partì da lontano, mettendo John a conoscenza di quanto non fosse stato facile iniziare da zero in un nuovo villaggio e lì ambientarsi, crearsi un proprio spazio, crescere un bambino che non parlava d'altro che del suo vero padre e del bene che faceva nella foresta di Sherwood.
«Ripeteva sempre "Se non fosse stato per lui, saremmo morti da un pezzo" e stringeva tra le dita la tua medaglietta di affiliato alla banda di fuorilegge di Robin Hood, sognando di farne parte a sua volta», disse, sorridendo appena.
Dal momento che la narrazione avrebbe richiesto tempi molto lunghi, si sedettero l'uno di fronte all'altra, ma non abbastanza lontani da impedire alle dita di John di raggiungere le sue per un leggero, ma significativo, contatto.

Sebbene molto attento al racconto di Alice, John iniziò a ricordare tutti i momenti in cui aveva percepito con più forza l'assenza della donna che amava e del bambino che avevano avuto; tra gli altri, rammentò un episodio in particolare che un giorno, forse, avrebbe condiviso con i suoi familiari: era il giorno del compleanno di Robin, era il 1193, l'anno in cui Lady Marian morì, e Much si era messo in testa di organizzare una festa a sorpresa per il suo padrone, capo e amico, così – nonostante fossero tutti ricercati dallo Sceriffo e dai suoi uomini – l'uomo aveva invitato tutti in un capanno fuori da Sherwood, in un villaggio che non era Locksley e che non era neanche troppo vicino a Nottingham; certamente Much aveva agito in buona fede, ma a loro insaputa qualcuno aveva fatto la spia e avvisato lo Sceriffo, il quale aveva mandato dei mercenari a uccidere i membri della banda presenti alla festicciola; avevano tutti creduto di essere a pochi passi dalla morte e, per questo motivo, Djaq la Saracena aveva invitato i suoi compagni d'armi a rispettare una sua usanza che consisteva nel confidare in totale libertà i propri pensieri e segreti, prima di lasciare la vita terrena; in quel frangente, mentre Djaq e Luke Scarlett si erano dichiarati amore a vicenda, John aveva perso totalmente il controllo ed espresso ad alta voce il desiderio di morire accanto alla sua amata Alice, di averla con sé e poterla amare come meritava, aveva pianto come un bambino, perché sarebbe morto senza di lei e aveva avuto conferma che quella donna non aveva mai smesso di mancargli.

Alice proseguì parlandogli di come l'artigianato aveva permesso loro di vivere una vita serena, sebbene anche nel nuovo villaggio le tasse da versare allo Sceriffo si facevano sentire non poco, e di come pure il piccolo John aveva infine accettato la situazione ed era diventato il primo aiutante del suo padre acquisito.
«Con la mente, però, era sempre rivolto a Locksley e Sherwood e al ruolo che ti competeva nei panni di fuorilegge. Raccontava senza filtri ciò che gli passava per la testa e, sulle prime, questo ha costituito un problema per entrambi in quanto non eravamo ben visti a causa del nostro passato», mormorò scuotendo il capo e abbassando lo sguardo prima di proseguire con il racconto di quando, giocando con altri bambini, il piccolo John aveva dichiarato di essere il valoroso fuorilegge Little John, che combatteva per il bene al fianco di Robin Hood.
«Con fatica e sacrifici siamo riusciti a costruirci una piccola abitazione, di poche stanze e con poche finestre, ma di tutto rispetto per una piccola famiglia composta di tre membri. Per contribuire all'economia, mi sono inventata un mestiere attraverso cui mi è stato possibile guadagnare qualche preziosa moneta», continuò, precisando che cuciva abiti molto semplici per gli abitanti del villaggio, soprattutto per i bambini dal momento che aveva fatto molta pratica con il piccolo John negli anni, dovendosi adattare ad allargare, modificare e rattoppare gli indumenti che già possedeva, al fine di risparmiare e potersi nutrire degnamente. «Mi piaceva, mi ha consentito di socializzare con gli abitanti e farmi qualche amica. Ma poi tutto è andato storto», aggiunse, rattristata al pensiero di ciò che era accaduto. «Una mattina ero uscita molto presto per comprare del pane e portarlo a casa ancora caldo, per la colazione, lasciando il piccolo John ancora addormentato nel suo letto, nella consapevolezza che Luke l'avrebbe svegliato, ignara che di lì a poco l'intera situazione sarebbe precipitata. Quando ho fatto ritorno, il silenzio regnava ancora nella nostra abitazione e mi sono subito accorta che qualcosa non andava, perciò mi sono precipitata nella stanza di John e, rincuorata nel vederlo esattamente dove l'avevo lasciato, sono corsa da Luke scoprendo che non stava affatto bene. Ho dato la colpa al freddo e l'ho curato personalmente, senza interpellare un medico, ma il giorno successivo le sue condizioni non hanno fatto altro che peggiorare e ho dovuto consultare il dottore del villaggio, il quale non mi ha dato alcuna speranza. Pochi giorni più tardi lui se n'è andato», raccontò, sforzandosi di non crollare proprio davanti a suo marito. John avrebbe compreso che, sebbene non avesse mai smesso di amare lui, si era inevitabilmente affezionata anche a Luke, il quale con amore si era preso cura di lei e del piccolo? Non ne aveva idea, ma sperava che con il tempo avrebbe compreso, l'avrebbe perdonata o almeno non l'avrebbe odiata. «È stato quattro mesi fa», sussurrò.
«Alice», mormorò subito Little John, stringendole le dita e con voce meno profonda del solito, commossa forse dal racconto appena ascoltato. «Perché tu e Little Little John non mi avete raggiunto subito?», chiese.
Alice sospirò. Non le parve un rimprovero la domanda di John, anzi, le sembrò che li avrebbe accolti volentieri se si fossero presentati immediatamente a Locksley, e se davvero era così, si sarebbe presto sentita la donna più felice del mondo.
«Non è stato facile prendere la decisione di mollare tutto, di nuovo, e partire. Nostro figlio ha sempre avuto la ferma convinzione che non avresti cacciato né lui, né me se ci fossimo presentati alla tua porta e mi ha così tante volte e con così tanto entusiasmo riempito la testa con Locksley e Sherwood, che venire qui e vederlo sorridere alla sola idea mi è sembrata la cosa più opportuna da fare, sebbene non avessi alcuna certezza», proseguì fermando poi Little John con un cenno della mano, quando tentò di intervenire. «Ho venduto la casa, la piccola area di lavoro annessa, – che Luke aveva tirato su per le sue botti – le stoffe che mi erano rimaste e anche i cavalli pur di mettere da parte qualcosa e poter ricominciare altrove nel caso in cui qui a Locksley fosse andata male. Ecco perché Robin ci ha trovati che vagavamo a piedi per la foresta», concluse.
Little John si alzò in piedi, con un'espressione indecifrabile dipinta sul viso, e lei, istintivamente, lo imitò; il cuore le batteva forte nel petto, mentre constatava che quello era il momento in cui il suo futuro avrebbe preso una nuova, precisa, direzione che contemplava la permanenza a Locksley e dintorni oppure una definitiva partenza, lontana dalle zone che avevano dato i natali sia a lei che a suo figlio, e tra l'istante in cui John aveva fissato lo sguardo nel suo e quello in cui la strinse forte in un abbraccio le parve fosse trascorsa un'eternità. 
«La mia casa è anche vostra. Il mio denaro è vostro», mormorò l'uomo tra i suoi capelli. «Non ho mai smesso di amarti, Alice, mai. Ho sperato che tu riapparissi prima o poi, ho immaginato me stesso al termine della mia vita, infelice perché non avrei potuto dirti addio. Tutte le volte che ho rischiato di morire, combattendo la mia causa, ho pensato che avrei lasciato questo mondo con il rimpianto di non aver mai vissuto in pace con la mia famiglia, perché tu e John siete sempre stati quanto di più caro io abbia mai avuto e, se deciderete di restare, farò tutto quanto è in mio potere per rendervi felici».
Alice, che conosceva bene Little John, sapeva quanto fosse difficile per lui esprimere i propri sentimenti a parole, apertamente, e comprendeva senza difficoltà quanto profondi dovevano essere i suoi sentimenti per lei e il piccolo John se era disposto ad aprire così il proprio cuore; perciò si lasciò andare completamente in quella stretta, ricambiandola con tutto l'amore che nutriva per lui e sperando che da quel punto in avanti le cose sarebbero andate meglio per tutti.
Diversi secondi più tardi, l'abbraccio fu sciolto e Alice incontrò di nuovo gli occhi espressivi dell'uomo.
«Vorresti ricominciare qui a Locksley? Con me?», domandò, emozionato.
Gli sorrise, commossa per le parole che le aveva rivolto e felice per la domanda appena formulata.
«Sì», disse semplicemente, finendo di nuovo tra le braccia di lui, che tirò un immenso sospiro di sollievo.
«Dio, ti ringrazio perché mi hai dato una seconda opportunità, perché ho finalmente modo di apprezzare come merita questo dono che è la vita», sussurrò.

Entrambi con il cuore gonfio di gioia, scambiandosi sorrisi e sguardi innamorati, uscirono insieme, tenendosi per mano, per cercare il loro bambino e ascoltare tutte le storie che il piccolo non vedeva l'ora di condividere.






N.B.
Il capitolo è stato rieditato in data 03/01/2016.
Il lavoro non ha comportato modifiche a livello di trama ed è invece consistito nella revisione della forma e nell'aggiunta di qualche dettaglio e informazione.


N.d.A.

Ormai avrete capito che, se mi sono permessa di mettere mano al finale di una storia creata da altri è perché nella mia mente si è srotolato un finale alternativo. Chi ha visto la serie tv sa quanto Little John è legato a sua moglie Alice e a suo figlio Little Little John, perciò ho voluto sciogliere anche questo nodo: ormai il pericolo di un'impiccagione è scampato, quindi non avevo alcun motivo per non regalare un po' di serenità al buon John. Certo, è stato necessario sacrificare un personaggio e causare nuova sofferenza ad Alice, ma tra i due mali ho scelto quello che per me era il minore, esattamente come ha dovuto fare lei. Sono convinta che insieme, John, Alice e il loro bambino, riusciranno a trovare la serenità che meritano.
È vero che ho scritto questa storia prevalentemente per Gisborne, però questo non significa che debba ignorare tutti gli altri personaggi perdendo svariate dimensioni che, a mio vedere, possono essere ugualmente piacevoli – quindi spero di aver trasmesso degnamente i miei intenti e che l'assenza di Guy e Kaelee non abbia gravato troppo negativamente sulla storia.
In quanto a Much e i suoi ragionamenti su Little Little John, ad un certo punto pensa che possa trattarsi del figlio di Gisborne e che Kaelee potrebbe non reggere il colpo nell'apprendere la notizia, perché, naturalmente, Much non sa nel dettaglio cosa Guy ha rivelato a Kaelee del suo passato.
Veniamo a qualche precisazione per i lettori che trattano la storia come un'originale.
Tutti i riferimenti ai trascorsi di Little John e di Robin sono richiami diretti alla serie tv, ad eccezione dell'episodio con l'abate invitato a pranzo da Robin e i suoi che è un modus operandi raccontato da Alexandre Dumas nel suo Robin Hood.
Riguardo al gioco dei tre bicchierini attuato da Allan, è un altro riferimento al telefilm.
Soffermandomi di nuovo su Robin voglio precisare che la serie tv ha inizio con l'arciere e Much che tornano dalla Terra Santa dove hanno combattuto come Crociati per Re Riccardo. Nel corso della seconda stagione, tutta la banda si reca in Terra Santa per avvertire Riccardo che Vaisey sta tentando di ucciderlo (infatti anche Vaisey e Gisborne sono in Terra Santa con Marian che è stata fatta prigioniera dai due) ed è in questa occasione che Gisborne uccide Marian. Quindi nella terza stagione Robin rientra in Inghilterra dalla Terra Santa (dove ha lasciato, oltre al corpo di Marian, anche Will e Djaq, componenti della banda, che hanno deciso di fermarsi lì) ed è a questo momento cui faccio riferimento nel capitolo, quando dico che rientrato in Inghilterra Robin voleva lasciarsi andare.
In quanto agli eventi vissuti da Alice e suo figlio durante il periodo di assenza da Locksley, tranne per il fatto che è andata via con un altro uomo (Luke il Bottaio), me li sono completamente inventati cercando di restare in linea con il contesto – ho creato, ad esempio, un'abitazione con poche finestre perché all'epoca c'era perfino una tassa sulle finestre e dal momento che il nucleo familiare non vive nell'agiatezza, ho pensato che il dettaglio potesse rendere bene l'idea.
Come sempre, se dovesse esserci qualche domanda, sono a completa disposizione.
Ringrazio chiunque abbia deciso di arrivare fino a qui, sia che abbia scelto di passare in silenzio, sia che abbia deciso di recensire.
Alla prossima!

   
 
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