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Autore: Yutsu Tsuki    15/05/2015    4 recensioni
Dal primo capitolo:
“Osservando il suo volto, si accorse di una cosa. Tutti quegli anni passati dietro a due spesse lenti rotonde gli avevano fatto dimenticare di quanto belli fossero i suoi occhi. Erano di un verdeacqua chiaro, ma intenso, quasi luminoso. Si avvicinò ancora allo specchio e allungò la mano, come per poter afferrare quel colore che era un misto fra il cielo azzurro senza una nuvola ed un prato fresco d'estate.
Voleva toccarli, sfiorare quella luce e immergersi in essa, ma venne bruscamente interrotto dalle urla di sua sorella: — Keeeen! Vieni a cena, è prontooo!
Si allontanò in fretta dalla sua immagine riflessa. Per un attimo restò senza parole. Era rimasto affascinato dal suo stesso volto. Poi scoppiò a ridere, rendendosi conto dell'assurdità della cosa.
Aprì la porta della stanza gridando: — Mi chiamo Kentin!! — e corse in cucina.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24


Strappo







Era successo tutto troppo velocemente.
Ciò che aveva detto Rosalya non poteva essere vero. Era stato frutto dell’immaginazione di Kentin. Oppure uno scherzo, non c’era altra soluzione.
O magari aveva capito male. Gli eventi di quella mattinata si erano susseguiti ad una velocità talmente elevata, che nessuno sarebbe potuto starci dietro.
Nel giro di qualche minuto arriva dal nulla un bellimbusto, si presenta e si porta via le ragazze; dopo neanche due ore questo è già diventato il fidanzato di una. E non di una qualsiasi, ma di Candy.
No. Era qualcosa di troppo inconcepibile per essere accettato.
— In che senso “si sono messi insieme”?! — esclamò con indignazione Alexy a Rosalya.
— Nell’unico senso possibile del termine, Alexy! Lui le ha chiesto di essere il suo ragazzo, e lei ha detto di sì! — spiegò tutta allegra, mentre si sedeva su un divanetto vicino a loro.
Non rispose più nessuno. Gli sguardi sconcertati di Alexy e Nathaniel si spostarono lentamente su Kentin, che stava osservando con espressione vuota un punto davanti a sé.
Loro capivano bene cosa provava l’amico e di certo gli avrebbero dato tutto il loro appoggio per superare quel duro colpo, ma al contrario Armin e Rosalya ignoravano il suo stato d’animo, così ripresero a parlare.
— E come è successo? Come gliel’ha chiesto? — domandò Armin, che voleva saperne di più sulla faccenda.
La compagna non se lo fece chiedere due volte e cominciò a raccontare. — È stato tenerissimo! Stavamo tutti facendo un giro nel cortile, quando lui l’ha presa in disparte e sono andati a sedersi insieme sotto a un’albero; dovevi vederli, erano troppo… — ma non finì la frase, perché Kentin si alzò di colpo e se ne andò via senza fiatare. Non aveva la minima intenzione di stare ad ascoltare cos’era successo fra la sua Candy e quello sconosciuto. Aveva già sentito abbastanza.
Dopo essersi scambiati uno sguardo d’intesa, Alexy e Nathaniel lo seguirono, lasciando Armin e Rosalya da soli e confusi.
Lo raggiunsero quasi di corsa, davanti agli ascensori.
— Kentin — lo fermò Alexy. — Cos’hai intenzione di fare, ora?
— Che dovrei fare? — chiese lui, alterato.
— Beh, reagire! Non puoi arrenderti così.
— Secondo me, invece — li interruppe Nathaniel — non devi preoccuparti di nulla. Non può essere una cosa seria, vedrai che non appena torneremo a casa si saranno dimenticati l’uno dell’altra.
— Dimentichi cos’ha detto, quel Dake — continuò Alexy. — Che va spesso in Francia! Quindi non c’è da stare tranquilli.
— Ma che vuoi che sia! Vedrai che domani avrà già adocchiato un’altra ragazza. L’hai visto com’è, no? Il tipico dongiovanni.
— Sentite, adesso basta parlare di questa storia — cercò di farli smettere Kentin, che cominciava a non poterne più.
— No, ascolta: tu non puoi rinunciare a Candy — pronunciò Alexy a chiare lettere, parandoglisi davanti. — Non puoi lasciare che un fighetto qualunque l’abbia vinta. Devi combattere!
— Ho già combattuto abbastanza! — urlò Kentin. Alexy tacque.
Si morse subito un labbro, stupito lui stesso per quello che aveva appena detto.
Non avrebbe mai pensato che quel giorno sarebbe arrivato.
Si stava arrendendo.
In un attimo vide cadere tutte le poche speranze che fino a quel momento l’avevano accompagnato e gli avevano consentito di andare avanti. Si era illuso che prima o poi la situazione sarebbe migliorata, che col tempo Candy avrebbe cambiato idea su di lui. Ma che provava esattamente Candy per lui? L’aveva detto: amicizia. Non certo amore. E allora perché continuava ad insistere? Perché non accettava il fatto che lei avesse scelto un altro? Che cosa lo spingeva a non piantarla con quella storia e lasciarsi tutto alle spalle? Forse perché gli sembrava che nell’ultimo periodo si fossero avvicinati; prima sul London Eye e poi quella stessa precedente sera in camera loro. Certo, in un modo un po’ difficoltoso, ma era sicuro che Candy avesse compreso l’affetto reciproco che li legava. Eppure, a poche ore di distanza da quegli avvenimenti, con quell’assurda decisione lei aveva stravolto tutto ciò in cui Kentin credeva.
Ma quello che a lui faceva più male era la scelta di fidanzarsi con un ragazzo conosciuto da così poco tempo. Che cosa aveva questo Dake di così tanto speciale da meritare l’interesse di Candy? Come poteva piacerle uno così? un classico dongiovanni, come lo aveva definito Nathaniel. E soprattuto, cosa aveva di più rispetto a Kentin? Era più alto, d’accordo. Ma bisognava ammettere che a livello fisico non gli poteva invidiare niente. E, cosa più importante, né conosceva né voleva bene a Candy quanto lui. Perché preferirlo, allora?
A questi interrogativi Kentin non sapeva darsi una risposta, tuttavia una triste certezza si stava facendo largo in mezzo ai suoi ragionamenti: il suo dolore non era giustificato.
Era come se si sentisse tradito da Candy. Ma tradito per cosa? Lei non stava mica con lui. Come lui era libera di fare ciò che le pareva, di frequentare chiunque volesse. Non aveva il diritto di imporle niente.
— Non mi sto arrendendo, ma se lei non vuole stare con me, non posso obbligarla — si decise a dire ad Alexy e a Nathaniel, dopo aver concluso che quella era la soluzione più sensata. Per impedir loro protestare ulteriormente, aggiunse: — Adesso scusatemi, ma vorrei stare da solo — e si allontanò verso le scale.
Alexy fece per seguirlo, ma venne trattenuto per un braccio da Nathaniel. — Lasciamolo andare — gli disse. — Concediamogli del tempo per riflettere.

Verso mezzogiorno le tre classi del Dolce Amoris furono chiamate dai professori per cominciare la loro terza visita di Londra.
Kentin pensava che gli sarebbe piaciuto mangiare all’Hard Rock Café, ma, dati gli eventi dell’ultim’ora, non fu in vena di divertirsi. Anche quando attraversarono Piccadilly Circus, con tutte le sue insegne e schermi luminosi, non ebbe né la forza né la voglia di fermarsi ad ammirare la piazza.
Candy gli aveva rivolto degli sguardi ogni tanto, ma per tutto il pomeriggio non gli aveva scambiato una parola. Probabilmente si è accorta di come mi sento e non sa come comportarsi, pensò Kentin.
Durante la strada di ritorno a scuola, però, la compagna si era avvicinata a lui e con molto imbarazzo gli aveva proposto di andare in un bar vicino al liceo dopo cena. Lui aveva accettato senza aggiungere o chiederle altro, curioso di scoprire cosa gli avrebbe detto per giustificare quella sua folle decisione di mettersi con Dake.
Dopo aver cenato, Kentin pensò di andare in camera sua per cambiarsi i vestiti prima di uscire con Candy. Una volta dentro, aprì l’armadio e cercò qualcos’altro fra gli abiti che sua madre gli aveva messo in valigia. Con sua grande sorpresa trovò i pantaloni bianchi e la camicia a quadri che aveva comprato mesi prima al centro commerciale con Alexy. Si mise quelli e scese nella hall.
La stanza, come sempre, era gremita di studenti. Mentre si faceva largo tra la folla chiedendosi dove fosse l’amica, udì nel brusio generale qualcuno che parlava in francese. Riconobbe la voce: era quella di Dake. Si diresse verso il punto da cui proveniva e con suo grande stupore lo vide assieme a Candy e ad altri ragazzi che probabilmente erano suoi compagni di classe.
Non appena li scorse, sentì come uno strappo all’altezza del cuore.
Fu qualcosa di fulmineo, che durò meno di un secondo; ma ciò che gli lasciò dopo fu un dolore prolungato, interno e impossibile da arginare o da alleviare.
Non doveva andare così.
In dieci anni Kentin le aveva passate di tutti i colori, ma quello, vedere Candy insieme ad un altro uomo, era la cosa più straziante che avesse mai provato.
Improvvisamente capì perché aveva scelto lui. A differenza sua, Dake ci sapeva fare con la gente. Era simpatico, divertente, sempre circondato da un mucchio di persone. Forse era proprio il tipo di ragazzo di cui Candy aveva bisogno. E ora che per la prima volta li poteva vedere l’uno accanto all’altra - lui che scherzava e lei che rideva alle sue battute - gli sembrò che stessero pure bene insieme.
Si sentì di nuovo invadere da quel senso di tradimento ingiustificato: ci sarebbe dovuto essere lui al posto di Dake, eppure non poteva farci niente se non accettarlo.
Una cosa, però, poteva farla. Era stata la stessa Candy a chiedergli di uscire, quindi aveva tutto il diritto di interrompere il loro vivace dialogo per avere la ragazza per sé almeno quella sera, prima che l’avesse persa per sempre.
Perciò, dopo un lungo respiro, si fece coraggio e decise di prendere in mano la situazione. Cercando di ignorare il disagio causato dagli sguardi dei presenti che, metro dopo metro, si posavano su di lui, s’incamminò verso la coppietta.
Una volta che gli fu davanti, senza curarsi di Dake domandò a Candy: — Ciao. Possiamo andare?
Lei in un primo momento lo guardò spaesata, poi capì e si portò una mano alla testa — Oh, scusami… — balbettò. — Ti spiace se rimandiamo a domani? — aggiunse accennando al suo nuovo ragazzo, il quale subito le si avvicinò e le mise un braccio attorno alla vita.
Un altro strappo al cuore. Questa volta più forte.
Kentin restò a guardarla con gli occhi quasi sbarrati, incredulo di ciò che aveva sentito.
A poco a poco si sentì osservato da tutti coloro che gli erano attorno, incluso Dake, che lo analizzava dalla testa ai piedi con aria di superiorità, come fosse un terzo incomodo.
Incapace di trovare le parole giuste ed imbarazzato da tutte le facce fisse su di lui, scosse la testa e con riluttanza tornò sui propri passi.
Era difficile spiegare quello che stava provando mentre si allontanava.
Prima era rimasto circoscritto al petto, ma questa volta il dolore causato dal secondo strappo si stava propagando in altre parti del corpo, provocandogli incessanti pulsazioni ed una reazione a catena dagli effetti disastrosi.
Sentiva la pancia contorcersi, come se fegato e stomaco avessero intrapreso una lotta all’ultimo sangue; sangue che di colpo sembrò tramutarsi in fuoco. Quello che arrivava alla testa gli fece credere che sarebbe esplosa da un momento all’altro, anche perché il cervello era troppo occupato a gestire i mille sentimenti che bombardavano il cuore. Lui stesso non capiva che cosa stesse sentendo di preciso. Vergogna? Indignazione? C’erano talmente tante emozioni dentro di lui, che era come se non ne provasse nessuna, nemmeno la rabbia.
L’unica parte del suo corpo ancora funzionante erano le gambe, che però non sapevano dove andare, sfuggite com’erano al controllo del sistema nervoso eccessivamente impegnato.
Un temporaneo barlume di lucidità lo fece dirigere verso l’ascensore. Dopo averlo chiamato si appoggiò al muro, nel tentativo di recuperare l’ingente quantità di fiato di cui aveva fatto uso per non rischiare il collasso.
Qualche minuto dopo si sentì toccare la spalla da qualcuno. Girandosi trovò di fronte a lui due ragazze molto graziose che gli chiesero in inglese se andasse tutto bene. Ricordandosi che si trovava ancora nella hall in mezzo alla gente, cercò di riacquistare un minimo di contegno e rispose loro di sì, ringraziandole per l’interessamento.
Nell’attesa che l’ascensore arrivasse, le due gli chiesero di che liceo fosse, dicendogli che loro erano studentesse dello Sweet Amoris.
Proprio quando sembrava che la conversazione stesse facendo ristabilire l’equilibrio interno di Kentin, successe l’ennesimo imprevisto. Stava per rispondere che la sua scuola era quella francese, quando venne colpito su una guancia da qualcosa di rapido e pungente che gli fece quasi girare la testa di novanta gradi.
Tornato completamente in sé grazie a quella sberla improvvisa, si guardò ripetutamente attorno per capire chi fosse stato ed in un lampo riuscì ad intravedere la figura di Candy scomparire all’interno dell’ascensore che nel frattempo era arrivato.
Sbalordito ma allo stesso tempo deciso a seguirla, oltrepassò velocemente le due ragazze inglesi, rimaste confuse e a bocca aperta. — Excuse me — disse loro, e si precipitò sulle porte; purtroppo, però, le raggiunse poco dopo la loro chiusura, non facendo in tempo a bloccarle. Allora si fiondò furente nell’altro ascensore e pigiò con violenza il bottone del sesto piano.
In un istante tutto lo sbigottimento di prima era svanito. Dentro di lui ogni cosa tornò finalmente a posto, perché doveva far spazio alla crescente ira.
Gli dispiacque di provare quel sentimento. Avrebbe piuttosto preferito rimanere in quel precedente stato di confusione e agitazione, ma ciò che era accaduto era davvero inaudito. Non riusciva a spiegarsi in alcun modo cosa avesse spinto Candy a schiaffeggiarlo così, in pubblico, e senza un motivo plausibile.
Quando l’ascensore arrivò all’ultimo piano si precipitò fuori per rincorrere la ragazza, la quale era già arrivata alla loro camera. Solo di una cosa aveva bisogno: di spiegazioni.
— Si può sapere qual è il tuo problema? — ruggì subito dopo essere entrato nella stanza ed aver sbattuto la porta dietro di sé.
— Volevo dirti che sarei venuta con te al bar, ma a quanto pare eri troppo indaffarato con le tue nuove ammiratrici inglesi — ringhiò lei di rimando.
— Sei tu quella troppo indaffarata con Mr. Perfezione!
— Almeno lui ha carattere! E poi non hai alcun diritto di giudicare con chi posso o non posso stare.
— Potrei dire esattamente lo stesso!
— Benissimo!
— Benissimo! — Il dialogo si interruppe bruscamente. Candy uscì in fretta dalla stanza, furente e alterata quanto lui.
Vai pure! tanto non ho bisogno di te, pensò Kentin. Andò direttamente a dormire, sebbene non fossero neanche le dieci di sera.
Non volle cercare di capire cos’era successo o ragionare meglio su quello che si erano appena detti. L’unica consapevolezza era che, a poco a poco, la stava perdendo.






✤✤✤




Sì, mi sto tirando la zappa sui piedi. Dopo sto episodio credo che sia più che giustificabile odiare a morte Candy xD però come sempre dovete aspettare a leggere tutta la storia T_T Penso di aver fatto un casino con questo capitolo. Non so che cosa starete pensando ora che la storia ha preso questa piega, ma vi assicuro che l’agonia durerà poco :°D Ci sono ancora 3 capitoli all’incirca. Poi finalmente non vi tormenterò più (e non MI tormenterò più) con ‘sto delirio.
Intanto ringrazio tutti voi che lo leggete, commentate o aggiungete tra i preferiti :3 Spero di non deludervi troppo, col finale :°D
Ciao a tutti e grazie!!
   
 
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