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piccola nota di
ambientazione: il capitolo ha luogo
durante il quarto giorno del giro del
mondo
4. Knocking on heaven’s
door
“A quel punto io ho
pensato: perché mettere da parte soldi per delle stupide
scarpe per una stupida
festa di Tyler? Tyler dà decine
di
feste al mese! E si da il caso che fra un po’ sia il mio
compleanno—10 ottobre,
hai presente? Quindi mi
comprerà
qualcosa—ed io potrò venire davvero
per il ringraziamento!”
“Strabiliante,
credi di potercela fare con lo studio?”
“Stai
parlando con
me, Elena: a nove anni associavo ad ogni giorno
un’acconciatura diversa…
ponytail, trecce, lisci, ghirlanda, boccoli… pensi davvero
che non possa
organizzarmi?”
“Evidentemente
no” – Elena sbuffa mentre osserva attentamente
i vestiti nel suo cassettone, cercando di trovare quelli da portare in
lavanderia al più presto – “Senti, devo
lasciarti perché fra venti minuti devo
vedermi con il nostro RA… possiamo sentirci più
tardi, in giornata? Ho bisogno
di un po’ di Carolena”
All’udire
quelle parole, Caroline scatta in avanti facendo
cadere il suo quaderno degli appunti per terra, tutti i fogli che
accarezzano
la superficie in marmo chiaro.
“Che
c’è, Bonnie non è abbastanza di
compagnia?”chiede stizzita, più per
provocare
che per semplice curiosità. “Non
è la
migliore amica che credevi di avere?”
Elena ignora
la sua ultima domanda, alzando le spalle pur
essendo cosciente che Care non possa vederla: “E’
distante, come se mi stesse
nascondendo qualcosa…”
“Forse
mi hai fraintesa:
non ho esattamente voglia di aiutarti a riappacificarti con lei…”
– schiocca la lingua sul
palato, mettendo tutti gli appunti nel suo raccoglitore – “Non hai le altre sorelle, comunque? Non
sei effettivamente sola”
“Hai
ragione” conviene Elena, dopo aver messo il cellulare
in vivavoce e cambiandosi vestiti. Non ha voglia di litigare con lei
per una
questione così banale e irrisoria: d’accordo,
Bonnie e Caroline, benché siano
due delle sue migliori amiche, non hanno un rapporto suggellato, sono
semplicemente…
conoscenti. Si sono viste due volte, una via Skype durante il primo
semestre
del freshman year, mentre l’altra durante lo spring break
dell’anno sempre
precedente e non si sono amate a prima vista; vi è un
divario enorme fra loro,
non soltanto perché di età differente, ma anche
poiché rivali, in contesa per
un qualcosa di illogico agli occhi di Elena. Nemmeno fosse una preda e
loro due
gli animali feroci pronti a contendersela.
“Ovviamente”
“Ti
richiamo io, un bacio!”
Caroline
Forbes getta tutto nella borsa, quaderni, fogli e
cellulare compreso, la poggia delicatamente su una spalla e si
incammina verso
quello che sembra essere il punto di ritrovo di tanti alumni
fra una lezione e l’altra. Le sue iniziano fra due ore, ma
si sta preparando per un test di Calcolo necessario per ottenere il
credito di
metà semestre sperato. Passa l’indice sul naso per
alzare la montatura degli
occhiali da riposo che indossa, e non perde tempo nemmeno a sbuffare
quando
scende di pochi millimetri rendendo la sua azione pressoché
vana.
E’
Tyler quello che le ruba del tempo, la distrae e
cattura la sua attenzione svariati minuti dopo: si presenta
all’improvviso, il
solito sorriso sornione stampato sul volto e una di quelle maglie
grigie che
Care ama indossare nei loro momenti di coppia sdolcinata che gli cade
perfettamente sul corpo tonico. Non la saluta
direttamente—non pronuncia
nessuna parola, si avvicina e annuncia la sua presenza per via del
profumo che
indossa da sempre, le lascia un umido bacio sulla guancia, facendole
sgranare
gli occhi chiari per poi vederla sorridere, un qualcosa di genuino e
spontaneo
che solo lui ha il privilegio di
causare.
E’
unicamente dopo questo che le loro voci intervengono in
quell’interazione muta: “Ceniamo insieme,
oggi?” soffia Tyler sulla pelle
diafana della guancia della sua ragazza.
“Certo”
– assicura lei, le labbra increspate nello stesso
sorriso di prima, le lenti ormai appannate –
“Prenoto lo stesso tavolo del
Grill?”
“Mhm”
scuote la testa, poi alza le spalle, “Pensavo che
avremmo potuto cambiare un po’ la nostra routine”
Alza un
sopracciglio, scettica e presa alla sprovvista di
fronte a un cambio di programma affatto presente nei suoi piani.
“Ma davvero?”
Lui ride,
poggiandosi sul bordo della panchina che la sua
ragazza occupa. “Ci andiamo da quando ci siamo
conosciuti” – ammette con una
punta di quella che sembra quasi amarezza dovuta alla loro…
monotonia, alla
piega sicura e affidabile che la loro relazione sembra aver preso.
Caroline gli
da ragione annuendo lentamente – “Da più
di un anno, quindi”
“Un anno e tre mesi”
“Esatto”
– conviene – “Che ne dici di vederci con
Matt e
Sarah nel pub fuori al campus?”
“Matt
e—Sarah?
Chi è Sarah?”
“La
ragazza che non ti piace” Caroline inclina il capo in
segno di ammonizione, “Hai storpiato il suo nome lo scorso
weekend, quando
siamo usciti insieme”
“Non
è vero!”
“Savannah? Sahara?
Sara senz’acca?” Tyler imita la voce
chiara e limpida di Care ottenendo
solo una gomitata in cambio. “Dico sul serio, potresti
provare ad essere più
gentile”
“Da
quando siamo suoi amici? Da quando sei tu
suo amico?”
La piega
della loro conversazione non gli piace affatto e
non perde occasione per mostrarglielo: sbuffa facendo vibrare le labbra
rumorosamente, al che Caroline serra le gambe e si aggiusta la
montatura sul naso.
“Dai, Care? Lo
faccio per Matt—siamo suoi amici, e gli amici si aiutano a
vicenda. Si da il
caso che questa ragazza gli piaccia. Molto, anche”
Passano poche
decine di secondi prima che lei si lasci
andare, (Tyler nota anche come il suo corpo si rilassi in modo
evidente) e
allora sorride, annuisce, lui le bacia una tempia, un tacito saluto e
invito
allo studio.
L’effetto
che ha su di lei la stupisce tutt’ora, Elena non
può capirlo ma lei lo sente, ne è quasi
soggiogata e allora si dice che è questo l’amore,
che è questo il sottostare ad
una relazione. E sì, si ritiene anche piuttosto fortunata.
“…Parker?”
“Chi
mi cerca?”
Elena muove
qualche passo in direzione del RA ma si blocca
nella frazione di secondo in cui lui si volta a cercare con lo sguardo
la persona
che ha pronunciato con un po’ di incertezza il suo cognome.
Gli occhi scuri del
ragazzo si immobilizzano sulla figura magra ma slanciata di Elena, i
lunghi
capelli color del cioccolato lasciati sciolti sulle spalle ancora un
po’
abbronzate (a sua discolpa, può sottolineare come non ci sia
nulla di bello da
fare in una città come Boston in estate, quando non
può raggiungere i suoi
amici a Mystic Falls ed i suoi nonni non sono il massimo della
simpatia: gli
event garden con fiumi di champagne e sole crudites da ingerire sono
anche la
migliore occasione per colorare quella carnagione olivastra ma a tratti
pallida
e candida che si ritrova ad avere).
Ha un accenno
di barba sul volto ben delineato ed Elena si
mette persino, per qualche secondo, a contemplare la mascella ed il
sorriso
abbozzato ma divertito che ha—non
passa in rassegna la tshirt grigia ma aderente con il simbolo della
Brown che
indossa, né i pinocchietto color cachi che fasciano le gambe
atletiche, nope.
(E’
semplicemente il suo RA, dannazione.)
“Io,
suppongo” – gli porge una mano facendo oscillare la
cascata di capelli in avanti, andando a coprire quella parte di pelle
ambrata
scoperta dal top in pizzo blu che indossa – “Elena.
Elena Gilbert”
Lui corruga
per un attimo le sopracciglia ma annuisce e
sporge il corpo in avanti per ricambiare la stretta: “Omega
Psi Delta?”
I suoi occhi
devono illuminarsi prima che possa
controllare i suoi gesti, perché lui si lascia andare ad
un’espressione
visibilmente rilassata mentre sorride compiaciuta.
“In
realtà è proprio per questo che sono qui: stiamo
organizzando la serata di iniziazione e c’è
bisogno della tua firma sul
documento del verbale. Burocrazia e tutto”
“Mhm”
– prende il foglio che Elena gli porge non
degnandolo di uno sguardo e tenendo gli occhi scuri fissi in quelli
della
sophomore – “Quindi ci saranno in giro delle
sorelle” abbassa lo sguardo
prolungando la e finale
“da queste
parti, nel fine settimana”
Lei annuisce
ed inclina il viso mentre continua a parlare:
“La struttura delle Omega è in fase di
ristrutturazione perché abbiamo scelto
di anticipare i lavori così da organizzare lì le
feste del semestre, quindi la
scelta del posto si è focalizzata sulla camera
più spaziosa, la mia”
“Interessante”
Stringe gli
occhi fino a formare due fessure ma tenta
comunque di camuffare la sua espressione di curiosità con la
miglior poker face
che abbia, anche se crede di fallire. Come dire… lui le
regala un ampio sorriso
e allora Elena sa di non esserci
riuscita. Lo sguardo scuro e penetrante che lui si ritrova ad avere la
mette
però in difficoltà, la scruta ed è
come se
capisse e questo le fa tingere le guance di un rosso pallido.
Rimangono
così per una decina di secondi, finché un rumore
nella camera del RA li distrae e dissolve l’atmosfera di
pensieri galleggianti
che aleggiava fino a poco fa: lui stringe il foglio e prende la parola,
osservando un’Elena sempre più ammaliata da un je ne sais quoi che non capirà
mai, probabilmente.
“Devo
firmare—vuoi seguirmi? Ci vorrà un
attimo”
Elena
annuisce ed il profumo alla mela caramellata dei
capelli di lei deve colpirlo—trattiene il respiro per tre,
quattro secondi
prima di darle le spalle e accoglierla silenziosamente nella camera
più
mascolina che la sophomore abbia mai visto.
Gli occhi da
cerbiatta curiosi si muovono rapidamente per
la stanza ampia e così
Brown che lui
occupa: foto, vestiti più o meno sparsi sul letto e svariati
fogli sulla
scrivania occupata, da un lato, da libri spessi di Legge e
Giurisprudenza che
Elena conosce bene (i suoi nonni hanno una libreria piuttosto ampia
nell’attico
di Boston che occupano più spesso, dove Elena si ritrova a
trascorrere l’estate
autodefinendosi la miglior esemplare di società medio alta e
di età inferiore
ai ventun’anni che possa incarnare Nick del Grande Gatsby a
casa di Jay.
Versione femminile, ovviamente)
Trova tutto
estremamente piacevole ed accogliente, ogni
cosa al suo posto anche se, effettivamente, fuoriposto…
Infila le
mani nelle tasche posteriori dei pantaloncini in
denim chiari a vita alta che ha rubato da un membro della sua famiglia
tempo
addietro, sorridendo appena a qualcosa di indefinito nella camera del
suo RA.
“Ecco
fatto” – biascica con voce bassa mentre firma due
volte su quel foglio un po’ stropicciato –
“Elena, giusto?”
“Yep”
Sorride
sghembo porgendole il foglio, che afferra dopo
aver spostato, con una scrollata di spalle, i capelli dietro la
schiena.
“Perfetto” mormora più a lei che a
Parker.
“Sono
a tua completa disposizione per qualsiasi cosa, sai…
da autorità ad autorità”
E’
certa di arrossire, anche se una parte di lei è
graziosamente divertita da quell’intervento con significato
subliminale che lei
ha colto—dopotutto, è amica di Caroline, e ha
visto (sentito) cose riguardanti
Katherine che vorrebbe dimenticare.
Annuisce
mordendosi il labbro inferiore, per poi salutare
il suo RA con un gesto rapido della mano e dargli le spalle, tornando
verso la
sua stanza.
Non
è chiaro a nessuno il perché abbia cacciati tutti
dalla sua stanza, trascinando fuori dalla porta persino il takeaway
cinese che
lui ama profondamente—c’erano giorni,
nell’anno precedente, in cui si sedeva su
quel divano rosso accendendo la tv che due membri onorari come loro potevano avere in camera: Stefan
era felice all’idea di trascorrere tempo con suo fratello, in
totale
tranquillità e mangiando cinese. A Damon mancava la
sicurezza che ora sono gli
OC, ed era più scontroso di così, aveva meno
Alaric anche se, ripensandoci, la
cosa, anche adesso, lo manda in
bestia comunque.
Si passa una
mano sulla fronte, solo, nella stanza: Enzo è
a lezione mentre di Stefan nemmeno l’ombra, lui ha cose a cui
pensare eppure
non può far altro che rimanere lì, immobile.
C’è Alaric, c’è lo studio,
c’è
l’essere presidente ed un fratello, deve semplicemente
scaricare la
frustrazione e nervosismo che lo riempiono fino al collo e
c’è persino Elena—Cristo,
quando è diventata un
casino la sua vita?
Ha la vaga
tentazione di accendersi qualcosa (forse anche
l’intera stanza) ma opta per quella che è
l’azione migliore: è un
cazzo di fottuto genio.
Ecco
perché, duecentosettantré passi dopo, tre chili
fra
le mani e due sigarette nella tasca posteriore dei jeans, insieme a
fogli
stropicciati ed una matita mangiucchiata, è nella lavanderia
del piano
superiore a quello in cui alloggia. Ci sono almeno quindici lavatrici
enormi, e
l’immancabile profumo di detersivo che
–può negarlo fino alla morte- adora con
tutto se stesso. Che idea grandiosa: lavarsi le mani – o
maniche, in questo
caso – per togliersi di dosso quel marciume che alcune
persone gli gettano
addosso. Alaric, per alcuni versi, Enzo il cazzone per altri, una
bambina che
crede di saperla lunga, chiaramente, mezzo campus, fra
l’altro.
Si siede su
una panca a ridosso del muro bianco impregnato
di detergente, con l’intento di compilare quei dannati
fogliacci; la cosa va
gonfie vele, pensa addirittura alle prove di iniziazione con cui
sottoporre le
matricole OC wannabe—se Rick lo vedesse sarebbe fiero di lui:
la cosa non può
che farlo incazzare, però.
“No,
era come se—Caroline, dannazione”
La figura
della bambina che ha contestato prima si pone
dinanzi ai suoi occhi, di spalle, in aggiunta: tutto ciò che
vede è un corpo
sinuoso, pelle particolarmente olivastra e capelli lucenti che
farebbero
concorrenza a quelli di Stefan, pensandoci.
Non collega
subito al fatto che sia lei, che sia lì—rimane
come un impalato a fare il maschio alfa guardandole il corpo, non
prestando
nemmeno attenzione a quella voce morbida che diventa più
acuta quando deve
rimproverare una certa Caroline.
Sabato non
è stata la giornata nazionale della vista
perspicace, realizza: avrebbe visto oltre quella ragazzina che gli
gettava
liquidi bollenti addosso e si proponeva, con gentilezza calpestata, di
dargli
una mano ed essergli amica. Avrebbe intravisto oltre, superficialmente
parlando, e avrebbe trovato, senza nemmeno pensarci troppo, un modo per
farla
tacere. Più modi per
farla tacere.
Giura di non guardare le sue gambe quando si focalizza anche su
ciò che sta
dicendo (“Ammaliante è il termine che stai
cercando, credo… Caroline, non tutti
i bei visi devono solo portarti a
letto”). Ma prima regola che si apprende quando si vuole
sbloccare il livello
quattro: Damon mente.
Poggia il
cellulare sulla lavatrice, mettendolo in
vivavoce: “Dico solo che potresti
usufruire della sua offerta… potresti aver bisogno di firme?
Fogli? Carta
igienica? Un appuntamento?”
“Daccapo”
– ripete lei evidentemente a disagio dalla piega
che sta prendendo quella conversazione – “Non gli
chiederò di uscire… è un bel
faccino, sì, ma non ho voglia di iniziare una qualche
relazione, Care—e no,
prima che tu lo dica: non uscirò per andarci a letto, grazie
tante, e se mai
avrò bisogno di aiuto su quel fronte sarai la prima a
saperlo”
“La prima a saperlo?
Devi dirmi qualcosa, ninfomane?”
Damon lo
chiamerebbe origliare ed è per questo che ha una
vaga intenzione di tossire per farle rendere conto della sua
presenza—ma lei
squittisce rapida prima che possa darsi una mossa: “No! Non intendevo suonare così
disperata—e no, Care, non era
un’avance, non sono ancora passata dall’altra
sponda—“
“Cristo,
dovresti
proprio prenderti una serata e divertirti con la tua amica squilibrata
e piena
di alcool…
risorse, intendevo dire risorse”
“Mi
assicurerò di chiamarti nel bel mezzo della sbornia
per farti sentire così tanto in colpa che non potrai
riagganciare sino a che
qualcuno non mi avrà portata a vomitare”
“Mhm,
ottimo piano!
Io devo prepararmi per uscire con Tyler, e cercherò di fare
quello che tu
desideri tanto disperatamente— vuoi il resoconto domani
mattina?”
“No,
a meno che non includa tutti i meravigliosi attributi
di Sarah”
“Non
c’è nulla di
male nell’essere lesbi—“
La ragazzina ha
riattaccato. Damon ne è quasi stupito. Chiusa la telefonata,
però, si sente in
imbarazzo e non è sicuro nemmeno del perché:
insomma, non è che abbia origliato
di proposito e in fondo la buona educazione (o vista, cosa che comunque
lui non
ha avuto sabato) presuppone il controllare che non ci sia nessuno a cui
tali
conversazioni origliate potrebbero dare fastidio. O, sempre nel suo
caso,
solleticare la sua attenzione. Non che la vita sessuale della bambina
gli
interessi, è una bambina e rimarrà tale anche
durante il suo senior e quando
avrà un lavoro e bambini come lei. Punto e basta.
Damon non
è noto per essere perspicace, quando ha la testa
fuori posto. Tantomeno sveglio o non idiota o non coglione—ecco
perché potrebbe chiedersi anche fra dieci anni il
motivo di tanta sua stupidità. Lei è intenta a
far la lavatrice quando lui lo fa,
prima si schiarisce quasi
silenziosamente la voce, la fa sobbalzare per poi immobilizzare e
“Ciao”,
soffia, le mani sulle ginocchia che stringono i fogli degli OC.
Le lunghe
gambe di Elena ruotano pian piano per rivolgersi
verso la voce parlante (qualcosa gli dice che ha compreso chi lui sia)
e
potrebbe ricevere cento punti solo per aver finto totale indifferenza:
gli
occhi non si sgranano, non salta di paura, finge di non aver mai avuto
una
conversazione a cui lui ha sicuramente assistito.
“Ehi”
La cosa
sembra finire lì: lei torna ai suoi vestiti, lui
con lo sguardo incollato alla schiena della bambina che adesso lo percepisce. Quando è diventato
così
cretino, davvero? Vuole battersi una mano sulla fronte ma è
troppo impegnato ad
essere deficiente, i fogli che diventano quasi sudati fra i suoi palmi
e lo
sguardo sempre fisso e attratto—rettifica, attirato
da qualcosa che non può avere nemmeno residenza nella sua
testa.
Si volta di
scatto, poggiando le mani ai bordi della
lavatrice e disponendo i gomiti nella sua direzione.
Damon apre la
bocca e non la chiude, dimostrando quanto
sia cretino.
“Dimmi
se ti do fastidio” – muove mento e occhi in
direzione dei poveri pezzi di carta – “Con il
rumore della lavatrice e tutto”
“Mhm”
si schiarisce la gola, muove la mascella e sbatte le
ciglia. “No, in fondo—tecnicamente non è
il mio posto, questo”
“Posto
sbagliato al momento sbagliato, duh?” la bambina si
pente all’istante di quanto detto, ma lui la batte sul tempo.
“Avrei
dovuto fare un cenno, un qualcosa—posso
dimenticare quando sentito”
Lei inclina
il capo e schiude appena le labbra, per poi
stringerle in una linea sottile. “Non è un
problema, non credo che tu sia il
tipo da…” – fa un cenno con la mano
– “diffondere notizie in giro. Non che ci
sia qualcosa da diffondere”
“Cristallino”
Annuisce e la
parvenza di un sorriso sembra impossessarsi
delle sue labbra. Damon risponde con altrettanta fugacità e
tornano in un
batter d’occhio a far quello a cui avrebbero dovuto dedicarsi
dall’inizio.
Un attimo
dopo sono ancora al punto di partenza.
“E’
stato… imbarazzante”
“Ho
già dimenticato il nome della tua amica” espone i
palmi nella sua direzione ed Elena Gilbert è la persona
più sollevata
dell’intero campus.
“Non
intendevo suonare patetica. O disperata. O entrambe
le opzioni. E’ che Caroline mi fa così
infuriare”
Damon
annuisce, “Comprensibile”
“E
la verità è che questo
continua ad imbarazzarmi” – lo indica
distrattamente – “Magari è imbarazzante
anche per te, ma non potresti riderci su? Dirlo a qualcuno? Avere una
reazione?
Ignorare la vicenda?”
“Hai
conosciuto qualcuno, forse vorresti andarci a letto,
farlo non è la tua priorità… sono cose
che capitano” annuisce seppure non
riesca, adesso, a trattenere un sorriso più ampio
“…Credo”
Elena
arrossisce e Damon pensa che la sua pelle faccia un
incredibile contrasto con la canotta in pizzo blu.
La sophomore
non fa che sentirsi osservata quando il
deficiente stesso, l’altro giorno, non l’ha degnata
minimamente di uno sguardo
così… intenso. Dannata Caroline, quella
telefonata e gli ormoni. Dannazione.
Annuiscono
entrambi a qualcosa di tacito e insensato e
tornano ai loro obiettivi per i successivi quarantacinque minuti, in un
silenzio che non ha più il sapore di tensione di alcun tipo,
nonostante Elena
si irrigidisca al ricordo, forse, di quanto successo e Damon le scocchi
comunque occhiate attente…
Fino a che
lei non si lega i capelli in una coda alta che
mette in evidenza il collo affascinante e porta via i vestiti umidi.
Damon allora
prende un profondo sospiro ma deve bloccarsi
perché il volto a cuore e gli occhi scuri della bambina
fanno capolino nella
stanza ampia: “Se quei fogli sono quello che penso
siano… sappi che c’è un
co-presidente il cui compito è proprio
quello”
Elena gli ha
sorriso.
Rebekah si
aggiusta distrattamente la gonna, abbassandola
di qualche centimetro, azione dovuta al movimento veloce delle sue
gambe
dirette verso la stanza del gemello. E’ forse una delle
giornate peggiori della
loro intera vita. Scuote la testa e infila nella toppa le chiavi che ha
chiesto, in modo del tutto illecito, al compagno di stanza di Kol. Non
è
esattamente nei suoi piani bussare—quattro secondi dopo ha la
mano destra a
coprire la bocca e si rimprovera mentalmente.
Il
fondoschiena di suo fratello che si muove rapidamente
non è quello che avrebbe
voluto vedere di lui e Rebekah vorrebbe subito essere ingenua
e non collegare la nudità evidente di Kol vicino al
davanzale della finestra semichiusa con i conseguenti movimenti,
ciò che sente
e la mora con la testa all’indietro i cui vestiti sono sparsi
per terra.
Ha la mezza
idea di scappare a gambe levate, ma pensa che
così facendo lascerebbe la porta aperta e dio solo sa quanto
non se lo possano
permettere.
E’
così immobilizzata da far paura ed il bello (brutto)
è
che i due non si rendono conto della sua presenza ed urlano in preda al
piacere, in più non vuole davvero pensare a suo fratello che
grugnisce e nasconde il viso
nell’incavo
del collo della ragazza di turno. Gli occhi di quest’ultima
si sgranano a tal
punto che lei urla, e tutto ciò a cui Rebekah può
pensare è quanto sia orrendo
dover raggiungere un orgasmo così.
(Lei
è sua sorella e vorrebbe essere più ingenua)
Tutto
ciò deve sembrare normale a Kol, il quale afferra
l’occasione per baciare il collo della ragazza, schifosamente continuando a muoversi.
Questa,
però, muove le mani dalla schiena nuda di suo
fratello sino alle spalle, che tenta di scuotere per catturare la sua
attenzione. Cosa che succede tipo due minuti dopo, quando Bex
è ancora immobile
di fronte alla porta chiusa alle sue spalle.
(Si chiede se
possa diventare zia)
Una frazione
di secondo dopo, delle urla riecheggiano nel
campus e potrebbero persino scuotere Caroline, al Whitmore. Eppure
c’è chi ride
e pensa a cosa sia successo in modo assolutamente pacifico, e quel
qualcuno è
Alaric, con le gambe incrociate sulla scrivania che cerca a tentoni,
con la mano
destra, di togliere il doppiofondo del cassetto.
- RA: Resident Advisor, Resident Assistant - Nel dormitorio universitario, un RA è lo studente leader. Mantengono l'ordine, fungono da punto di informazione per gli studenti, organizzano eventi e generalmente lavorano per mantenere un'atmosfera positiva ed una comunità d'apprendimento. Ad alcuni residenti non piacciono i RA dal momento che sembrano soltanto delle figure di autorità che li fanno finire nei guai perchè violano la linea di condotta. (mia traduzione veloce, rispetto a quanto preso da Urban Dictionary perciò mi scuso per vari errori) Ho inventato quanto detto per i moduli/verbali per le confraternite, non so come avvengano le procedure in America o nei college ma credo che in un'università come la Brown ci tengano a capire perchè ci siano così tante ragazze in una stanza, intente a fare iniziazioni a nuove arrivate, ecco tutto.
bonjouuuuur!
come va? chi mi conosce ha forse notato la mania che ho di voler pubblicare in giorni "speciali", ecco (si pensi a give me love, il primo capitolo di certified, l'epilogo dello strano caso, the absurd left behind), e per questo decido di pubblicare qualcosa nell'addio sottotitolato del personaggio a cui si deve questa storia, l'ispirazione ed il titolo, ossia Elena Gilbert (non ho visto l'episodio ma mi sono spoilerata da brava buzzkill -almeno per quanto riguarda l'ansia disperazione attesa ai massimi livelli- che sono)!! spero di non piangere (ahahhah) o rimanerne in qualche modo delusa, cosa che invece ha provocato la reazione di Ian a questo episodio... mi chiedo perchè Nina continui a dedicargli foto e a considerarlo ancora come un buono amico quando lui vuole che l'attenzione dei fan si sposti su damon piuttosto che sull'addio dellla PROTAGONISTA. E perchè tenga a sottolineare che Nina non è andata via per colpa sua o di Nikki (se non erro ha pubblicato un tweet con un articolo che parla proprio di questo)... io rimango del parere che abbia fatto del bene a sé stessa, ambiente, costar, ex amiche a parte. E' troppo giovane perchè possa rovinarsi, e l'amore per un qualcuno, un uomo nel suo caso, anche "finito", credo, non definisce chi siamo.
Parentesi chiusa, che ne pensate del capitolo? :)
Il titolo è preso da una canzone di Raign che amo tanto tanto (incolpo la scena bellarke del 2x16), e che vi consiglio! per il resto, si collega a queste porte aperte-chiuse-a cui si bussa o meno che intervengono nel capitolo, inserite anche involontariamente devo dire! ho deciso di aggiungere la digressione iniziale con Caroline (che non doveva essere un personaggio ricorrente, ma) per meglio inquadrarla, miss ordine e amica e ragazza un po' gelosa che è, e per sottolineare il suo legame con Tyler:)))
elena è un po' il centro del capitolo, anche se vediamo daccapo i kolbekah in azione (o solo Kol, in questo caso) o l'entrata in scena di un personaggio che sarà piuttosto OOC dato il suo ruolo in tvd, Kai... spero non vi dia di pazzo maniaco e anzi, vi piaccia come piace a me (sempre quando non sfiora il limite massimo di villain che ricopre... almeno per la prima volta ne vediamo uno che non si può redimere, cosa che è successa con elijah, klaus, katherine, damon, enzo, e tutti gli altri pseduo cattivi)
Elena-Damon!! Cosa ne pensate? sono curiosa di sapere i vostri pareri, perchè questi due testoni erano e sono per certi versi agli antipodi e farli passare dall'odio ad amore mi sembra sempre più difficile ahahha questo intervento però ha fatto diminuire la tensione fra loro:)
non mi dilungo ulteriormente se non dicendo che spero sempre che questa storia piaccia, per me è un esperimento per tante ragioni e due parole possono aiutare nell'intento di aiutarmi (scusate il gioco di parole)... vi lascio, a presto :*
fede
(chris in the carrie diaries
mi ha conquistata, ma dettagli)