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Autore: FAT_O    16/05/2015    1 recensioni
Dopo più di duemila anni di dominazione, la divinità ermafrodita Cambìsex può finalmente godere dei frutti del suo duro lavoro. Il continente abitato dai suoi seguaci, la Serotheia, sta conoscendo un periodo di pace e prosperità, che sembra destinato a protrarsi per un lungo tempo. Nulla lascia presagire che ben presto il continente sarà colpito da una crisi di proporzioni inimmaginabili, che porterà Cambìsex, le altre divinità e tutti i serotheiani a dover lottare per ciò che più sta loro a cuore. Le vicende degli dei si intrecciano alla lotta per la redenzione del cinico avventuriero Cole, agli sforzi del Sommo Sacerdote Vermann per salvare la sua gente e al folle viaggio del suo amico e consigliere Locknoy, con lo scopo di capire le cause della crisi e trovare per essa una soluzione. A poco a poco, le trame si dipaneranno, giungendo infine a mostrare il loro fondamentale collegamento, insieme alla risposta che un intero universo attende fin dalla sua remota origine. E a un cambiamento che non lascerà nessuno indenne.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Più di duemila anni prima

Bisezio si svegliò di soprassalto. Un forte rumore l’aveva strappato al suo sonno profondo. Ancora stordito, si guardò intorno, cercandone la causa.
Si accorse che l’emanatore di calore a raggi solari accumulati stava fumando, e che la spia che ne comunicava lo stato di accensione lampeggiava in maniera sinistra. Bisezio sospirò. Succedeva spesso con la tecnologia recuperata. Poteva essere riparata, ma alla fine c’era sempre il rischio che tornasse a non funzionare. Suo fratello Aironte aveva un bel da fare a sistemare tutte le apparecchiature che venivano ritrovate nei giri di ricognizione e portate al villaggio, ma nonostante il suo impegno e le sue capacità, gran parte di ciò che gli passava per le mani erano rottami, che difficilmente potevano essere convertiti in qualcosa di più utile.
Non era sempre stato così. Nei primi anni dopo la nascita del villaggio, le città devastate dalla guerra custodivano ancora numerosi reperti tecnologici, per quanto recuperarli fosse più pericoloso a causa della maggiore intensità delle radiazioni. In parte erano stati raccolti, in parte erano andati distrutti. Ormai ne rimanevano pochi. Aironte sarebbe stato tranquillamente in grado di costruire nuove attrezzature e congegni utili nella vita di tutti i giorni, ma a mancargli era la materia prima. Poche delle aree in cui erano presenti risorse erano rimaste illese dalle radiazioni. Purtroppo, la zona in cui sorgeva il villaggio era piuttosto lontana dalla maggior parte delle città distrutte del vecchio mondo, e anche dai punti di raccolta dei materiali più utili. Bisezio e la sua sorella gemella, Camelia, avrebbero voluto che le spedizioni di ricognizione e recupero si spingessero a maggiore distanza da Servictene, ma nella maggior parte dei casi gli altri tre membri del consiglio si erano dimostrati spaventati o comunque poco propensi a questa eventualità.
Bisezio trovava una certa seppur blanda consolazione nella consapevolezza che il suo villaggio fosse l’unico in cui si era mantenuto l’utilizzo della tecnologia, prima grazie a suo padre Empeictenio e ora grazie a lui, Camelia e Aironte. Nel resto del continente, almeno secondo le sue informazioni, si era diffusa una mentalità di estrema diffidenza nei confronti di ogni tipo di attrezzatura prebellica. I superstiti della guerra e i loro discendenti erano giunti a considerare la tecnologia l’unica causa della loro rovina. Ma a Servictene, grazie all’influenza di Empeictenio, che prima della guerra era un eminente scienziato, si era approdati ad una concezione differente. Non si poteva individuare una causa diversa dalla stupidità umana per la difficile situazione in cui versavano ora gli abitanti di tutto il continente, e la tecnologia non ne era stata che lo strumento. Il fatto che proprio il suo villaggio si distinguesse dagli altri sotto quell’aspetto, in maniera tanto radicale, faceva sentire Bisezio speciale, in qualche modo destinato a qualcosa di grande. Ancora non sapeva come questa grandezza si sarebbe manifestata, ma era certo che quando fosse stato il momento, il destino, o qualche altra forza dell’Universo, l’avrebbero condotto sulla strada giusta.
Con una sola persona Bisezio era disposto a condividere quella strada: sua sorella Camelia. Per molti versi, i due gemelli erano una cosa sola, si completavano a vicenda. Animati dalla stessa forza di volontà, in cammino verso lo stesso sogno. Bisezio sapeva di aver bisogno di lei, come lei sapeva di aver bisogno di lui. In chiunque altro, entrambi non vedevano nulla di diverso da uno strumento per realizzare i loro propositi. A trentacinque anni, i due erano i membri più giovani del consiglio del villaggio. Avevano raggiunto la massima carica a cui potessero aspirare, all’interno del microcosmo di Servictene. Ma naturalmente, loro volevano molto di più.
Bisezio decise di alzarsi. In posizione eretta, arrivava quasi a toccare il soffitto della piccola casupola. Era massiccio e muscoloso, con un imponente torace irsuto. I capelli ricci erano lunghi fino alle spalle, mentre la lunga barba nera gli copriva metà del viso. Gli occhi erano di un verde molto intenso. Nel complesso, la sua figura aveva qualcosa di tremendo e di incredibile al tempo stesso. Bisezio sapeva incutere timore e suscitare rispetto alla sola vista. Ma purtroppo, l’emanatore di calore non poteva vederlo, e si ostinava a non funzionare. Aveva smesso di fumare, e la spia si era definitivamente spenta.
Con un verso stizzito, l’uomo decise che avrebbe portato la macchina a suo fratello perché provasse a ripararla. Fuori, il sole era già alto. Solitamente, Bisezio si alzava di buon ora, ma il giorno prima si era celebrata l’unione di due giovani abitanti del villaggio, e i festeggiamenti si erano protratti fino a tarda notte. Avrebbe preferito dormire, ma simili avvenimenti erano sempre un’ottima occasione per conoscere più approfonditamente alcuni abitanti di Servictene, e quindi scoprire eventualmente come accattivarsi le loro simpatie. In mattine come quella, Bisezio si concedeva qualche ora di sonno in più, ed era felice di non essere costretto ad alzarsi presto come i pastori e gli agricoltori del villaggio.
Dopo essersi lavato e vestito rapidamente, mentre era in procinto di uscire per incontrare gli altri membri del consiglio, qualcuno bussò alla porta. Due colpi rapidi e uno più distanziato. Si trattava senza dubbio di sua sorella Camelia. Bisezio aprì, e la sorella fece il suo ingresso dicendo con la sua voce lieve ma calda: “Buongiorno, fratello.”
I due si assomigliavano molto, ma Camelia, benché dotata di un fisico tonico, era formosa e attraente. I suoi boccoli neri scendevano sinuosi fino a metà della schiena. Molti degli uomini del villaggio la desideravano, ma lei si concedeva raramente. “Ti saluto, sorella. Pensavo di trovarti già insieme agli altri.”
“Ero con loro infatti, ma siccome tardavi sono venuta a chiamarti. Pare che sia successo qualcosa di interessante.” Bisezio aggrottò le sopracciglia: “Di che si tratta?” “Non ho potuto capirlo con esattezza, ma il giovane Irtorio, sai, il pastore, ha fatto un incontro diciamo... singolare, mentre pascolava le sue pecore.” “Che tipo di incontro?” “Con alcune strane creature. Ma lascia che sia lui stesso a raccontarcelo con più precisione.” Bisezio annuì: “D’accordo. Andiamo.”
I due uscirono insieme dalla casupola, e si avviarono verso la piazza principale di Servictene. Il villaggio era composto da poche, povere case, la maggior parte ricoperte di pannelli solari. Contava poco più di cento abitanti. Tra le abitazioni sorgevano vari orti e serre, fonte di sostentamento per buona parte della popolazione. La piazza principale era una delle poche parti del centro abitato ad essere lastricata in pietra.
Gli altri tre membri del consiglio li attendevano insieme al pastore Irtorio, in visibile stato di agitazione. Il membro più anziano del consiglio, Videlibio, apostrofò Bisezio con la sua voce secca e roca: “Questo villaggio potrebbe bruciare e non te accorgeresti! Sei in ritardo!” Gelido, Bisezio replicò: “Allora, forse è meglio che non perdiamo altro tempo, non credi?”
I due si scambiarono sguardi carichi di veleno, ma evitarono di proseguire. I rapporti tra loro erano tesi, soprattutto a causa della diversità di vedute riguardo il problema del recupero della tecnologia. Videlibio era uno dei pochi, ultimi sostenitori della corrente antitecnologica. Coetaneo di Empeictenio, non si era lasciato influenzare dalle sue idee, e rimaneva arroccato sulle proprie posizioni.
Intervenne Camelia: “Su, placate gli animi. Irtorio, per favore, puoi raccontare la tua storia per intero, ora che siamo tutti presenti?” Ancora agitato, il pastore rispose: “Sì, mia signora.” Fece ancora una pausa prima di cominciare, come a voler focalizzare un avvenimento a cui ancora gli riusciva difficile credere: “Ebbene, ero a pascolare le mie capre in una radura non lontana, a nord. Tutto era tranquillo, non c’era nulla di diverso rispetto alle altre mattine. Ma poi, all’improvviso...” Il giovane deglutì un grosso bolo di saliva, come se facesse fatica a proseguire, poi parve riprendersi: “Insomma, dal bosco... Sono uscite delle creature. Ma non assomigliavano a nessun animale che avessi mai visto. Erano... Trasparenti. Come forma, assomigliavano a esseri umani, ma alti il doppio, e con gli arti più lunghi. Non avevano occhi, né un viso, nulla, era come se fossero fatti di vetro.”
Seguì un silenzio. Impaziente, un altro consigliere, Bruezio, uomo forte, sicuro di sé, ma non particolarmente intelligente, chiese: “E poi? Cosa è successo poi?” Irtorio proseguì, concitato: “Mi sono spaventato. Le creature erano enormi, ed erano almeno cinque. Pensavo di essere spacciato. E tuttavia, ho seguito le vostre indicazioni. Per prima cosa, ho provato a colpirle con la mia sparafiocina. Del resto, nel caso di altri animali feroci, aveva sempre funzionato alla perfezione. Ma l’arpione... E’ rimbalzato sulla creatura, senza nemmeno scalfirla.” L’altro consigliere, Agmila, una donna di più di cinquant’anni chiese: “E allora, che cosa hai fatto?” “Beh, ve l’ho detto, ero convinto di essere finito. Spinto dalla disperazione, ho estratto la mia arma a radiazioni.”
Ci fu un’altra pausa. Molti pastori venivano dotati di piccole armi a radiazioni recuperate, con l’ordine tassativo di utilizzarle solo in casi di emergenza. Videlibio pareva sul punto di dire qualcosa, forse con l’intenzione di redarguire il ragazzo, quando Bisezio intervenne, parlando a bassa voce, con tono insolitamente dolce: “E l’hai usata?”
Dopo una breve esitazione, Irtorio rispose: “Sì, mio signore. I due gemelli annuirono approvando il gesto, mentre Videlibio scuoteva la testa senza tuttavia dire nulla. Bruezio appariva confuso, Agmila aveva un’espressione indecifrabile. Camelia disse: “E, lo deduco dal fatto che tu sia qui, l’arma a radiazioni ha funzionato.” Irtorio annuì: “Sì. Nel... torace, se così si può dire, della creatura, si è aperto un bel buco rotondo. Ma la cosa più assurda, è che la creatura non è morta. Né ha perso sangue o qualcosa di simile. E’ rimasta ferma per un attimo, e così anche tutte le altre, poi si sono girate tutte insieme e sono tornati nel bosco. In qualche modo, correvano, e anche velocemente.”
Tutti compresero che il racconto era concluso. Il pastore sembrava adesso più rilassato, come se si fosse tolto un grosso peso. Camelia parlò di nuovo: “D’accordo. Grazie, Irtorio, sei stato molto utile. Puoi andare.” Accarezzò la guancia al ragazzo, che arrossì e si congedò rapidamente, incespicando mentre si allontanava.
I cinque consiglieri rimasero soli. Il primo a prendere la parola fu Bisezio: “Io dico che dobbiamo dare la caccia a queste creature.” Videlibio irritato replicò: “Stolto! Hai notato, che il ragazzo non ha mai fatto cenno al fatto che le creature abbiano cercato di attaccarlo? Si è solo fatto prendere dal panico, e ha sparato senza alcun motivo!” Camelia intervenne in aiuto del fratello: “Come puoi dirlo? Se il ragazzo ha ritenuto di essere in pericolo, avrà avuto dei buoni motivi. Queste creature sono sicuramente pericolose, veloci e resistenti. Non possiamo permettere che altri dei nostri pastori ne vengano attaccati.” Videlibio sbuffò senza dire nulla.
Fu Agmila a parlare: “Per quale motivo si sarebbero mostrate solo adesso? E’ curioso che nessuno le abbia mai notate.” Bruezio, che era esperto in un unico ambito, quello venatorio, rispose: “Le ragioni possono essere molte. Ma la mia ipotesi è che fossero in fuga da un altro territorio, dove venivano cacciate senza pietà.” Bisezio grugnì, scuotendo la testa: “Gli altri villaggi non usano le armi a radiazioni, e queste creature mi danno l’impressione di non potere essere danneggiate in molti altri modi, quindi lo escluderei.” Bruezio allargò le braccia, risentito.
Agmila parlò di nuovo: “In ogni caso, dobbiamo stabilire una linea di comportamento a cui attenerci. Io propongo di aspettare di avere nuove informazioni sulle creature. Del resto, non sappiamo nemmeno se siano solo cinque, o piuttosto decine. Quando ne sapremo di più, decideremo se agire o meno.” Bisezio replicò: “Io invece propongo di avvertire gli abitanti dei villaggi vicini di questa minaccia, e spiegare loro che hanno bisogno di noi per difendersi. Questo ci permetterebbe anche di espandere la nostra conoscenza del territorio, e eventualmente di accedere a città in rovina ancora inesplorate per noi. Scommetto che là fuori c’è ancora tecnologia da recuperare in abbondanza.” Videlibio parve infiammarsi: “Con te si finisce sempre per parlare di questo!” Bisezio rispose, cercando di mantenere la calma: “Le proposte sono queste, ora dobbiamo votare.”
Agmila annuì: “D’accordo. Quanti sono per la prima proposta?” Lei e Videlibio alzarono le mani immediatamente. Tutti gli occhi si voltarono verso Bruezio. Dopo qualche istante di esitazione, l’uomo alzò la mano. Camelia e Bisezio si guardarono, delusi. Avevano intravisto in quella situazione una potenziale rampa di lancio per realizzare i loro propositi, ma sembrava che per il momento il destino fosse loro avverso. Agmila disse: “Bene, allora è deciso. Attenderemo nuovi sviluppi prima di agire. Possiamo separarci.” Dopodiché, la donna si allontanò. Videlibio la imitò, dopo aver lanciato a Bisezio uno sguardo di provocazione. Bruezio, a disagio, si congedò dai due gemelli, che lo fissavano con gli occhi carichi di accusa.
Rimasti soli, Camelia e il fratello sospirarono. Non avevano bisogno di commentare l’accaduto. Sapevano che le loro menti erano occupate dagli stessi pensieri cupi. Alla fine, Camelia parlò: “Torno a casa. Voglio riflettere un po’ da sola.” Bisezio annuì, e dopo che si furono salutati, i due si separarono.
   
 
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