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Autore: Mings Kuran    18/05/2015    0 recensioni
Ciao a tutti questa è la mia prima storia, spero vi piaccia!
L'amore a volte è un bel casino!!!!
Se vi va scopritelo insieme a Margot!
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Pillole d'amore!
Primo capitolo:  La voce della vita. 
Aprì gli occhi e quello che vide fu una stanza molto illuminata, che non aveva niente a che fare con la sua.
La stanza era si molto illuminata ma estremamente spoglia e silenziosa, se non per quel monitor alla sua destra che ogni manciata di secondi emanava un bip che se ascoltati in sequenza potevano assomigliare ad una melodia, certo un po' triste ma pur sempre una melodia. 
Dal monitor si districavano una miriade di fili collegati al suo cuore, alla mascherina dell'ossigeno che portava... Tutto ciò le fece capire immediatamente dove si trovava... Era in una stanza d'ospedale... Però dopo alcuni istanti si ritrovó nuovamente immersa nel buio. 
                             ...
Le orecchie di Margot erano accarezzate da suoni che lei ormai conosceva bene, urla assordanti, frasi d'incitamento che provenivano dalle centinaia di persone sedute sugli spalti più che pronto ad ascoltare la sua voce e la musica prodotta dai quattro ragazzi alle sue spalle che per Margot erano come una famiglia... La musica iniziò a risuonare in tutto l'ambiente circostante, e Margot inizio subito a muovere le labbra per pronunciare quel testo che ormai sapeva a memoria, ma qualcosa non gli tornava.
A guardarsi intorno tutto sembrava normale, come al solito, gli spettatori erano esaltati come al solito, i suoi amici suonavano felici e concentrati come sempre, ma allora perché, perché l'unico suono che non riusciva a sentire in quell'enorme sala era la sua voce?! 
Impaurita si guardò intorno senza però smettere di muovere le labbra, quasi come fosse un gesto automatico, quando dalla sua mano iniziò a salire su fino ad arrivare al cuore un calore che mai prima aveva provato, che proiettò davanti ai suoi occhi una luce accecante che a quanto sembrava solo lei poteva vedere. Pian piano tutto il resto, gli spettatori, la sua band, tutto era sparito così l'unica cosa che fece dopo i primi istanti di panico fu correre inconsciamente contro quella luce. 
Ora i suoi occhi vedevano si una luce, ma molto diversa da quella di prima. Stava fissando una lampada al neon appesa ad un soffitto totalmente bianco    e gli sembrò di averla già vista ma il suo sforzo di concentrarsi per capire dove avesse già visto quella lampada al neon fu reso vano da una voce squillante e che lei conosceva molto bene -Margot! Margot amore finalmente hai aperto gli occhi! Sono così felice!- al suono di queste amorevoli parole giro debolmente la testa verso il punto da cui proveniva e ciò che si ritrovò davanti agli occhi furono in paio d'occhi umido di lacrime che appartenevano al suo amato Carmine.
Margot strinse la mano di Carmine che non aveva mai sentito così calda prima di allora e con la mano libera dal cavo della flebo si tolse dalla bocca la mascherina dell'ossigeno che a suo dire sapeva un po' troppo di plastica. 
Guardandolo fisso negli occhi Margot mosse le labbra... In quel momento voleva dirgli quanto fosse importante per lei che lui fosse lì, si perché lui era diventato una parte importante della sua famiglia sopratutto da quando i suoi genitori e i suo due adorato fratelli erano morti in quel brutto incidente stradale tre anni fa... Ma presto si accorse che nonostante muovesse le labbra la sua voce non si sentiva, allora si ricordò immediatamente del sogno. Si, era tutto proprio come nel suo sogno o meglio nel suo incubo. 
Sconcertata guardò Carmine con occhi pieni di terrore e strinse più forte che poté la mano del suo ragazzo che spiazzato alla vista dell'espressione di lei, con voce calma e dolce che si impose di avere per non atterrire maggiormente Margot disse -sta tranquilla- e gli accarezzò dolcemente la fronte mettendogli dietro l'orecchio una ciocca di capelli per poi stampargli un bacio all'angolo della bocca ormai tremante. 
Dopo avergli asciugato con il pollice le lacrime che avevano iniziato a solcare il volto di Margot aggiunse -aspettami qui, vado a chiamare il dottore- e dopo avergli fatto un'ultima dolce carezza  uscì dalla statica e spoglia stanza d'ospedale della ragazza che per ora non poteva far altro che piangere guardando nuovamente l'ormai familiare lampada la neon appesa al soffitto con davvero poca speranza nel fatto che il dottore potesse in qualche modo aiutarla perché a dirla tutta lei la fiducia nelle persone chiamate dottori l'aveva persa ben tre anni fa quando un équipe di dottori plurilaureati per diversi minuti, ma che a lei sembrarono ore, non avevano fatto altro che rassicurarla dicendogli che sarebbe andato tutto bene dicendogli che avrebbe presto riabbracciato la sua famiglia ma invece non riuscirono a salvare un bel niente. 
Però almeno per questa volta si sarebbe dovuta fidare di loro.
  
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