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Autore: chiaretta78    20/05/2015    3 recensioni
1985, Los Angeles. Proprio mentre i Guns cercano di farsi notare dall'ambiente discografico, Duff conosce Lene, una pittrice allergica alle relazioni stabili, e subito non gli sembra vero di aver trovato una donna così bella e disponibile che non vuole altro da lui se non divertirsi e sballarsi insieme. Ma le cose cambieranno presto tra loro, complicando ad entrambi la vita notevolmente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duff McKagan, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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22.10.86 Capitolo lunghetto, vi avviso! Spero che questo mi faccia in parte perdonare per averci messo di nuovo più del dovuto a postare. Scusate!!
Come sempre, le vostre parole sono benvenute! =) Fatemi sapere cosa ne pensate.
CIAO!

23 ottobre '86 LA

Lene era chiusa nella sua mansarda da un paio d'ore ormai e dipingeva freneticamente, come ormai le succedeva da un po' di tempo a questa parte.
Qualcuno avrebbe potuto pensare che fosse una cosa positiva, ma Lene sapeva bene da dove provenivano tutte quelle emozioni che la spingevano a creare nuovi dipinti e sinceramente avrebbe preferito un bel blocco creativo a tutto quello.
Essere un'artista, di qualunque genere, significava avere una viscerale necessità di esprimere non tramite le parole, ma tramite un altro strumento, i propri sentimenti, fossero essi indirizzati a un compagno, alla famiglia, alla politica o al mondo intero.
Questo muoveva chiunque si potesse definire artista e questo aveva sempre mosso Lene a dipingere, fin da quando era piccola.
Per questo ogni singolo quadro che creava aveva un significato ben preciso e rappresentava un momento della sua vita, fosse esso negativo o positivo.
Magari ad occhi superficiali o non avvezzi alla sua arte poteva risultare difficile distinguere quale tipo di emozione fosse alla base di un suo dipinto, ma agli occhi di chi la conosceva bene o di qualche critico che studiava il suo modo di dipingere, sarebbe stato lampante che tutta quella creatività era decisamente generata da un periodo della sua vita non propriamente felice.
Lene diede altre pennellate di una scura sfumatura di blu e poi si allontanò dal quadro, per avere come sempre un'impressione generale del risultato finale.
Si sentiva meglio in quel preciso istante, così come ogni volta che finiva un quadro particolarmente emotivo.
Si sentiva meglio, ma non per questo era meno triste e preoccupata.
Sentì dei movimenti dal piano di sotto e coprì velocemente la tela. Duff non si era mai azzardato a salire fin lì, conscio del fatto che per lei quello fosse un luogo sacro in cui nessuno era autorizzato ad entrare, però non si poteva mai sapere... in fondo non era nemmeno più sicura di conoscere davvero la persona che si stava aggirando di sotto sicuramente in cerca di qualcosa da bere.
Lene fece un profondo sospiro, posò il pennello e dopo essersi pulita grossolanamente le mani, scese di sotto.
Arrivata in salotto, si rese conto che Duff si trovava in cucina e continuava ad aprire e chiudere vari sportelli imprecando in un modo piuttosto colorito.
Splendido, si era svegliato di nuovo di ottimo umore.
Una parte di lei fu tentata di far finta di niente e risalire in mansarda, ma una vocina dentro di lei le ricordò che quello era l'uomo che comunque, nonostante tutto, continuava ad amare ed era la sua compagna. Non poteva fregarsene così.
"Tutto ok Duff?"
Sentì un'anta che veniva sbattuta con forza e sussultò appena per il rumore.
"Tutto ok un cazzo Lene! Dove cazzo sono finite le scorte di birra??"
Duff arrivò in salotto con un diavolo per capello e i segni evidenti della sbornia della sera prima sul viso.
"Non lo so..."
Ok, non era una brava attrice, questo era più che evidente. Duff le lanciò un'occhiata in grado di incenerire chiunque all'istante.
"Non dire cazzate Lene! Dimmi che non l'hai fatto di nuovo!"
Lene cercò di dipingersi in volto l'aria più innocente che riusciva, ma le sue arti recitative erano piuttosto scarse e Duff in quel momento era troppo in crisi d'astinenza per lasciarsi fregare.
"Cristo santo Lene!! Mi spieghi perché sei così stronza a volte?? Lo sai che ho bisogno di bere qualcosa quando mi alzo!! Dimmi dove cazzo hai messo la roba, mi sento male e stasera è una serata importante, dobbiamo aprire per Alice Cooper!"
Lene si morse leggermente il labbro inferiore, indecisa sul da farsi.
Aveva nascosto birra, vodka e qualunque altro alcolico possedessero perché voleva aiutarlo a darci un taglio con tutta quella merda.
Da un paio di mesi le cose erano davvero degenerate, complice il fatto che la Geffen non li facesse più suonare dal vivo e li tenesse chiusi in quel maledetto studio per tirar fuori più materiale possibile.
Questo aveva significato per i ragazzi meno sfogo e più tempo per farsi di ogni cosa possibile e immaginabile, anche solo per ammazzare il tempo che sembrava non passare mai.
Duff era sempre stato un gran bevitore, ma adesso aveva raggiunto delle quantità impressionanti e Lene aveva iniziato seriamente a preoccuparsi per la sua salute. Cazzo, non si poteva pensare di bere così tanto senza averne delle conseguenze sulla salute!
E poi la loro vita di coppia ne era rimasta devastata.
I sentimenti che provavano l'uno per l'altra non erano cambiati, di quello era sicura, ma vivere insieme, essere una coppia come tanto aveva voluto essere Duff, beh... quello ormai era diventato quasi un'impresa titanica.
Come si poteva essere la compagna di uno che si alzava sempre quando era ora di mangiare, se non dopo, e nel primo pomeriggio spariva per tornare solo ventiquattr'ore dopo, costantemente brillo e su di giri? Come si poteva costruire una vita in quel modo, condividere un percorso insieme, quando ormai solo uno dei due partecipava attivamente a quella relazione?
L'ultimo momento veramente sereno che Lene potesse ricordare era stato il giorno del suo compleanno.
Duff era tornato a casa solo nel pomeriggio, quello era vero, ma l'aveva trattata come una regina per l'intera giornata e anche per i giorni seguenti.
Quel giorno in particolare a Lene era sembrato di tornare indietro di mesi e riavere l'uomo che l'aveva fatta innamorare, che era riuscito, contro ogni aspettativa, a vincere le sue resistenze e far crollare il muro di difesa con cui si era protetta per tanto tempo.
Le aveva portato un fiore bianco, l'unico che sapeva piacere a Lene, non molto amante dei fiori.
Aveva fatto l'amore con lei come non succedeva da tempo, ossia con calma e dolcezza, come se avesse paura di farle male anche in quel frangente, senza quella furia data sì dalla passione, ma anche dalle sostanze che di solito gli circolavano in corpo.
L'aveva portata a cena in un posto carino e romantico dov'erano soliti rifugiarsi quando volevano passare una serata speciale e poi l'aveva portata a fare una passeggiata fino ad una nuova Galleria d'arte dove c'era una mostra di cui Lene gli aveva parlato più volte e che sapeva che lei voleva vedere.
Insomma, le aveva fatto passare il compleanno perfetto, con il ragazzo perfetto e lei si era beata di tutta quella tranquillità, senza chiedersi da dove venisse fuori quel repentino cambiamento di rotta o attribuendolo semplicemente al fatto che fosse il suo compleanno.
Anche nei giorni immediatamente successivi Duff era tornato un po' quello di una volta e soprattutto si era limitato non poco nel bere, il che aveva fatto una grande differenza.
Erano riusciti finalmente a passare un po' di tempo insieme, a parlare come erano soliti fare mesi prima, a ridere insieme per ogni scemenza sparata dal bassista.
Dopo tante settimane Duff le aveva nuovamente chiesto come stesse, come andassero le cose con le sue mostre, se ci fossero delle novità da quel punto di vista... Insomma, si era di nuovo interessato alla vita di Lene e aveva distolto per un momento l'attenzione dalla sua di vita, cosa che non faceva più da davvero troppo tempo.
Lene per un attimo si era illusa che le cose fossero finalmente tornate a posto, anche se non riusciva a capire, intuire, cosa esattamente avesse riportato a galla il vecchio Duff.
Ma era stata un'illusione.
Dopo qualche giorno, forse giusto una settimana, Duff aveva lentamente, ma inesorabilmente aumentato il quantitativo di alcool ingurgitato e una sera non era di nuovo tornato a dormire, svenuto da qualche parte a casa di chissà chi.
Lene quella notte non aveva chiuso occhio, raggomitolata su se stessa al centro di quel letto che ormai le sembrava troppo grande per lei sola.
Non gli aveva detto niente. Non aveva fatto una scenata, non gli aveva chiesto spiegazioni, niente di niente. Si era semplicemente rassegnata ad essere piombata di nuovo nella routine di sempre e si era rinchiusa in mansarda a dipingere quadri su quadri.
E ora era lì, a cercare di trovare la scusa giusta o le parole giuste per evitare una scenata da parte di Duff in piena crisi d'astinenza da alcool.
"Cristo santo Lene!! Mi spieghi perché sei così stronza a volte?? Lo sai che ho bisogno di bere qualcosa quando mi alzo!! Dimmi dove cazzo hai messo la roba, mi sento male e stasera è una serata importante, dobbiamo aprire per Alice Cooper!"
"L'ho buttata ok?! Ti fa male quella roba, lo vuoi capire o no??"
Ok, quella non era sicuramente la frase giusta al momento giusto.
Duff spalancò gli occhi in preda ad una rabbia cieca e Lene forse per la prima volta temette davvero che le potesse fare del male.
Se lo trovò ad un centimetro dalla faccia, gli occhi fuori dalle orbite e uno sguardo cattivo che non credeva di avergli visto mai.
"Non sono cazzi tuoi, lo vuoi capire o no?! Se voglio bere fino a morire non sono stramaledetti cazzi tuoi! E' la mia vita, è chiaro? Mia! Non osare mai più fare una cosa simile o giuro che non rispondo di me!!"
Lene rimase senza parole, immobile come una statua e con lo sguardo seguì il ragazzo che usciva come una furia da casa, sbattendo sonoramente la porta.
L'aveva veramente fatto uscire di senno, anche più di quando Slash l'aveva beccata a parlare con Jason e in quel preciso istante, per la prima volta, Lene si chiese chi venisse prima nella vita di Duff in quel momento tra lei e l'alcool e soprattutto per quanto ancora lei avrebbe potuto sopportare quella situazione.

Qualche ora dopo Lene sentì il telefono squillare. Andò a rispondere con un misto di speranza e fastidio all'idea che fosse Duff che voleva scusarsi.
Da una parte era piuttosto incazzata con lui per come aveva reagito, e quindi non aveva molta voglia di sentirlo, dall'altra si aspettava delle scuse fatte come si deve e quindi sperava che fosse lui al telefono, pronto a implorare perdono.
Quando alzò il ricevitore e chiese chi era, fu investita da qualche attimo di delusione profonda nel sentire la voce di Jason.
"Ciao! Hai da fare?"
Lene rimase un attimo in silenzio, disorientata. Se non aveva voglia di sentire Duff in quel momento, figuriamoci vedere Jason.
Stava per dire di sì, che non poteva per un impegno precedente, quando Jason l'anticipò.
"Prima che tu dica di sì, ti do un indizio su chi devo incontrare oggi pomeriggio... è francese e mescola più forme d'arte insieme."
"Stai scherzando?!"
Lene sentì la risata di Jason dall'altra parte della cornetta e si mise, senza accorgersene, a sorridere contagiata.
"Ti pare che potrei scherzare su una cosa simile? Con te, poi?"
Ci fu nuovamente un momento di silenzio, ma questa volta perché Lene era rimasta senza parole.
Adorava Didier Marsenne, era forse uno dei pochi artisti contemporanei che le piaceva davvero e che stimava enormemente. Ne aveva parlato con Jason un milione di volte perché anche lui era appassionato dell'arte del francese, anche se più critico su alcune opere che aveva creato recentemente.
Cristo Santo, desiderava conoscerlo più di ogni altra cosa!
"Ok, dove ci vediamo e a che ora?"
Lene percepì chiaramente il sorriso di Jason dall'altra parte della cornetta, pur non potendolo vedere.
"Ti passo a prendere tra 15 minuti esatti e sappi che non vedo l'ora di vedere la tua espressione estasiata!"
"Stupido! Ci vediamo tra poco."
L'ultima cosa che Lene sentì fu la risata di Jason. Poi attaccò e iniziò a saltellare come una pazza, improvvisamente su di giri come non le accadeva da tempo, la lite con Duff scomparsa completamente dai suoi pensieri.
Si precipitò in camera e trovò qualcosa da mettersi di più decente di quella tuta che aveva addosso.
Una capatina in bagno per darsi un po' di trucco e senza che se ne accorgesse era già l'ora di scendere.
Jason le suonò al citofono e lei scese di corsa le scale con tale foga, che quasi non lo investì quando fu fuori dal portone, finendo tra le sue braccia senza neanche volerlo.
"Ehi, ehi... calma!!"
Jason rise di cuore nel vederla così piena di entusiasmo e con le mani la strinse a sé più che poteva, godendo del contatto con quel corpo che tanto desiderava.
"Scusami, non ti avevo visto!"
Jason sentì che Lene cercava di sganciarsi da quell'abbraccio e la lasciò libera di allontanarsi, seppur contro voglia.
"Me ne sono accorto! Qualcosa mi dice che sei ansiosa di incontrare Didier... "
"La smetti di prendermi in giro? Lo sai quanto lo adori! Ovvio che non vedo l'ora di conoscerlo, no? Anzi, ti muovi? Andiamo?"
Jason rise e scosse il capo, rassegnato.
"Va bene, va bene... andiamo. Ma vedi di comportarti bene, ok? Ho mosso mari e monti per poter avere questo appuntamento per te!"
"Per me? L'hai fatto per me?"
Lene rimase sbigottita da quella notizia. Possibile che Jason avesse organizzato tutto quello solo per lei?
"Certo che l'ho fatto per te, per chi se no?"
"Oddio, grazie!!"
Lene gli gettò le braccia al collo e gli schioccò un enorme bacio sulla guancia, staccandosi poi subito dopo.
Jason le sorrise soddisfatto.
"Vedi? Ne è già valsa la pena..."
Le fece l'occhiolino e registrò, stupito lui per primo, un lieve rossore che colorava le guance di Lene.
Non era il momento di pensare a quelle cose, però.
Jason afferrò la mano di Lene, la condusse alla macchina e poco dopo i due sfrecciarono via verso quell'incontro così speciale per Lene.

Jason fermò la macchina e spense il motore.
"Sei proprio sicura di non voler venire a bere qualcosa con noi? E' ancora presto."
Lene lanciò un'occhiata verso il teatro Arlington e sospirò.
L'incontro con Didier era andato anche meglio di quanto lei avesse mai immaginato ed era stato così avvincente parlare con lui di pittura e di ogni forma d'espressione artistica, che Lene non aveva pensato a Duff neanche per un secondo quel pomeriggio.
Erano andati tutti a cena insieme, inclusi alcuni amici del pittore francese e di Jason e Lene si era divertita talmente tanto e si era sentita così appagata cerebralmente e culturalmente da sentirsi ripagata in un istante di tutti i momenti brutti che ultimamente stava vivendo.
Ma quando Jason aveva invitato tutti a proseguire la serata in qualche locale per bere qualcosa, in quel preciso momento Lene era ritornata sul pianeta Terra e si era ricordata che Duff aveva avuto un concerto importante quella sera e che probabilmente sarebbe dovuta andare da lui.
"Ti ringrazio, ma stasera Duff apriva per Alice Cooper, è stata una serata importante... meglio che vada da lui, soprattutto considerando come stanno andando le cose ultimamente."
Probabilmente se Duff l'avesse saputo si sarebbe incazzato da morire, ma in quei mesi Lene aveva approfondito molto la sua amicizia con Jason e si era confidata più volte con lui sulla sua storia con il bassista e su come le cose stessero prendendo una piega che non le piaceva per niente.
Jason era stato sempre molto discreto e non aveva mai commentato troppo aspramente il modo in cui il musicista la stava trascurando, anche se qualche frecciatina gli era scappata qua e là, e anche quella volta non fu da meno.
"Capisco, fai bene, è la cosa giusta. E poi magari così riuscirete a parlare un po' e sistemare un po' le cose, anche se credo si debba essere in due per farlo e lui non mi sembra altrettanto impegnato nel far funzionare questa storia. Ci sentiamo nei prossimi giorni, ok?"
"Certo. E grazie ancora per questo straordinario pomeriggio, è stato tutto meraviglioso e grazie a te mi sono tirata decisamente su di morale!"
Jason le sorrise senza dirle altro. Aveva notato come Lene aveva preferito non rispondere nemmeno alla sua provocazione e quindi non aveva senso provare a farla ragionare sulla sua storia con Duff. Non in quel momento almeno.
Lene scese dalla macchina e dopo aver salutato Jason, si infilò nel vicolo che portava all'ingresso dei musicisti.
Fuori dalla porticina laterale trovò Izzy con un paio di ragazzi.
Come la videro, i due che non conosceva si irrigidirono, ma Izzy li tranquillizzò subito.
"Tranquilli, è un'amica."
I due si rilassarono immediatamente e ripresero a sciogliere l'eroina, mentre Izzy salutava Lene con uno sguardo strano.
"Che ci fai qui?"
Lene fu sorpresa di sentirgli dire quelle parole.
"Sono venuta per Duff, per vedere se era tutto ok... perché?"
La faccia che fece Izzy la mise subito sul chi va là. C'era qualcosa che non andava, ma cosa?
"Che è successo Izzy?"
"Axl non si è presentato e abbiamo dovuto cantare noi due. Duff era incazzato come una iena... tutti noi lo eravamo. Solo che Duff era già abbastanza carico da prima... Non so cosa sia successo con te, ma è arrivato ubriaco alle prove e con una rabbia che sinceramente non gli avevo mai visto in corpo. Quando è stato chiaro che Axl non avrebbe fatto in tempo, Duff ha dato di matto e ha fatto a pezzi il camerino. Un macello che non è da lui."
Lene sentì il peso di quelle parole e di quello che lasciavano intendere. Izzy pensava fosse colpa sua se Duff aveva schizzato e in un certo senso era anche vero, anche se non come pensava lui.
"Adesso come sta? Dov'è? Posso vederlo?"
"Finito il concerto è schizzato via, non so dove sia andato. Sinceramente pensavo che fosse con te, che fosse venuto a chiarire qualunque cosa sia successa tra voi. Ma tu sei qui e non ne sai nulla, quindi..."
"Cazzo, magari è andato a casa e io non c'ero... ero fuori... Sarà meglio che lo raggiunga prima che faccia qualche altra cazzata."
Izzy annuì in silenzio e Lene gli fece un cenno con la mano, salutandolo frettolosamente. Doveva cercare un taxi e sperare di trovarlo alla svelta.
Neanche mezz'ora dopo, Lene arrivò a casa e salì le scale frettolosamente.
La porta era chiusa a chiave, il che significava che Duff non era ancora arrivato.
Chissà dove si trovava in quel momento? Cosa stava facendo?
Lene provò a sedersi sul divano e accese la TV, per distrarsi nell'attesa che il ragazzo arrivasse, ma dopo poco si alzò di lì come se scottasse.
Non riusciva a stare ferma, era agitata e man mano che il tempo passava la sua preoccupazione aumentava.
Come mai non era ancora arrivato? Possibile che gli fosse successo qualcosa? Non è che aveva bevuto troppo e si era sentito male? E se aveva preso qualcosa di tagliato male?? 
Lene iniziò a camminare freneticamente avanti e indietro in salotto.
Non era da lui sparire in quel modo senza che nessuno ne sapesse niente. Di solito era solo lei a non avere idea di dove fosse finito, ma che non lo sapesse nemmeno Izzy... questo era davvero strano e decisamente preoccupante!
Izzy le era sembrato allarmato. Anche questo era un brutto segno, vero?
Lene a quel punto era davvero preoccupata. Doveva calmarsi o sarebbe impazzita lì ad aspettarlo, chissà per quanto!
Andò in camera sua e pescò dal suo armadio una bottiglia di whisky che aveva nascosto da Duff. Scese di nuovo in sala e si riempì un bicchiere, bevendone finché non iniziò a sentirsi più calma e leggermente intontita.
Si rimise a sedere sul divano e riprovò a distrarsi con la televisione. C'era un film che le piaceva, l'aveva visto un milione di volte in realtà... magari era quello che ci voleva per tranquillizzarsi.
Si mise semi sdraiata per stare comoda, il bicchiere ormai quasi vuoto in mano e la bottiglia appoggiata ai piedi del divano.
Senza accorgersene, Lene si addormentò.
Il suono fastidioso e insistente di un allarme di una macchina la fece quasi saltare sul divano dallo spavento.
Che diavolo di ore erano?!
Guardò l'orologio sul muro con apprensione. Erano le cinque! Il whisky aveva fatto il suo dovere e l'aveva rilassata, ma decisamente troppo visto che aveva dormito tutto quel tempo!
E Duff? Era tornato??
Lene si alzò velocemente dal divano e salì al piano di sopra quasi di corsa, sperando in cuor suo di trovare il ragazzo addormentato nel letto.
Quando vide che non c'era andò letteralmente nel panico.
Duff era praticamente sparito da più di sei ore e lei non aveva la minima idea né di come stesse né di dove fosse.
La paura che gli fosse successo qualcosa si impossessò nuovamente di lei e questa volta in modo ancora più amplificato di prima.
L'immagine di lui a terra, in qualche stradina deserta di Los Angeles, in una pozza di vomito o peggio, la fece rabbrividire e gli occhi le si inumidirono immediatamente.
Era stata una stupida a nascondergli l'alcool, non avrebbe dovuto farlo incazzare in quel modo, era tutta colpa sua se adesso era in qualche casino chissà dove!
La sola idea che magari avesse preso qualcosa di sbagliato o ne avesse preso troppo e ora... in quel momento... magari non ci fosse più...
Lene scoppiò a piangere disperata, il senso di colpa a schiacciarle il petto come una pressa, rendendole difficile respirare.
Doveva fare qualcosa, non poteva starsene lì a piangere mentre magari lui...
Si guardò in giro cercando il portafogli, lo sguardo annebbiato dalle lacrime. Non aveva la macchina, ma poteva prendere un taxi e girare per la città, alla ricerca del ragazzo. Non importava quanto ci avrebbe messo o quanto le sarebbe costato, doveva trovarlo, doveva sapere come stava, doveva...
Il clic della porta che si apriva la fece sobbalzare.
Lene si girò di scatto e vide Duff che entrava in casa, vivo e vegeto e anche piuttosto sobrio a quel che sembrava.
Duff la vide in mezzo al salotto, in lacrime, il viso stravolto... che diavolo stava succedendo?!
Fu un attimo e poi la ragazza gli fu addosso, colpendolo con forza sul petto, mentre piangeva e gli gridava di tutto.
"Sei uno stronzo!! Un maledetto stronzo egoista!! Hai idea di quanto fossi preoccupata, eh?! Ti rendi conto di quello che mi hai fatto passare?? Ti odio!!"
Duff riuscì ad afferrare le mani di Lene e bloccargliele, disorientato dalla reazione della ragazza e confuso dalle sue parole.
"Ti odio!!"
Lene, impossibilitata a colpirlo ancora, si lasciò andare a un pianto liberatorio e disperato, abbandonandosi al suo corpo, distrutta.
Aveva temuto di averlo perso, e invece era lì, sano e salvo, ancora maledettamente suo fino al midollo.
Duff, ancora incapace di comprendere cosa fosse successo, lasciò andare la presa sulle mani della ragazza e iniziò a carezzarle la testa, stringendola forte a sé e cercando di tranquillizzarla.
"Shhh... non piangere più piccola... non piangere... sono qui..."
A quelle parole, paradossalmente, Lene scoppiò a piangere ancora più forte, forti singhiozzi a scuotere il suo petto e un fiume di lacrime a bagnarle il volto.
"Credevo... credevo ti fosse successo qualcosa... io..."
Duff la strinse ancora più a sé e le diede un bacio sui capelli, quasi cullandola con le sue braccia.
"Non mi è successo niente... sono qui... mi dispiace Magdalene... avevo bisogno di schiarirmi le idee... di calmarmi... e siccome sono uno stronzo egoista, non mi è passato per l'anticamera del cervello di avvisarti, scusami."
Lene pian pianino si calmò e alzò il viso verso di lui, ancora rigato dalle lacrime che comunque non accennavano a smettere di uscire.
Duff le sorrise cercando di rasserenarla e di farle capire quanto fosse dispiaciuto.
Le fece una dolce carezza sul viso e le scostò i capelli per vederla meglio.
"Sei stravolta e sono le cinque. Andiamo a dormire, abbiamo tempo domani per parlare."
Lene non disse nulla. Annuì con la testa e lasciò che Duff la portasse in camera prendendola per mano, completamente remissiva.
Non si spogliarono nemmeno e si misero sul letto.
Duff l'abbracciò dolcemente e iniziò a sfiorarle il braccio con delle lente carezze finché non sentì il respiro di Lene farsi più pesante e lento, segno inequivocabile che la ragazza si era addormentata.
Fece un profondo respiro e anche lui si addormentò di lì a poco senza spostarsi di un millimetro, abbracciato alla sua Lene come non succedeva da tempo ormai. Domani avrebbero dovuto parlare, lo sapeva bene, ma adesso era solo il tempo di godersi quell'abbraccio e il contatto con la donna che amava più di quanto avrebbe mai potuto pensare.











  
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