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Autore: Marra Superwholocked    22/05/2015    3 recensioni
AAA
1. Idea originale del titolo: "Carry Salt"
2. SPOILER per chi non ha ancora visto la settima (per lo meno la quinta!) stagione di Supernatural!
– 25 marzo 2012 – Perrine, Florida –
In America è appena uscito "The Born-Again Identity" ("Nato due volte"), la diciassettesima puntata della settima stagione di "Supernatural". Questa stessa puntata è uscita qui in Italia il 15 agosto del 2013 (programmazione televisiva italiana). Ma Silvia e Catherine, due liceali italiane, sono partite che era il 2014 con il TARDIS del Dottore... Cos'è successo durante il loro ultimo viaggio?
Ma soprattutto, siamo sicuri che Lucifero abbia ucciso Gabriele?
(Questa storia è il seguito di "Correte, la Nebbia sta arrivando")
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Settima stagione
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Note dell'autrice
Buonsalve, gente!
Eccomi qui col secondo capitolo di questa mia storia :3 Spero tanto che in quello precedente fosse tutto chiaro xD Come dico sempre nelle mie note, se ci sono dubbi o suggerimenti, contattatemi pure! :)
Bene, detto questo, vi auguro una buona lettura!


xoxo
Marra

 

 

Capitolo 2
Fangirls


«Ma cos-»
«Nasconditi!»
Catherine si ritrovò proiettata a circa un metro da dove si trovava prima e, da dietro il cespuglio dove Silvia l'aveva trascinata, poteva scorgere i capelli castano chiaro di Jared.
«Perché mi ha-»
«Shh!»
«Ma...»
«Ascolta!»
Catherine l'avrebbe strozzata all'istante, ma si trattenne e seguì il consiglio del saggio che abitava la sua mente: come Silvia, si nascose meglio e tese l'orecchio.
«Sam, è da tre giorni che diamo la caccia ad una cosa che non sappiamo nemmeno che cosa sia con esattezza!» disse il più basso dei due.
L'altro, Sam, gli rispose con un'alzata di braccia al cielo e aprì la portiera dell'auto. Quando la sbatté richiudendola, il guidatore aveva già fatto partire il motore. Si trattenne dal fare una sgommata e partì lasciando il posto di parcheggio ad una macchina grigio topo con a bordo una donna.
Catherine e Silvia rimasero a fissare la vecchia Impala nera sfrecciare tra le vie quasi deserte della città.
«Possiamo uscire, ora?» chiese Catherine quasi afona.
«S-sì... P-penso di sì.» Anche Silvia sembrava molto scossa e, quando tornarono a sostare sul marciapiede, la sua mente continuava ad inciampare. Dovette chiudere gli occhi per realizzare a pieno quello che era appena successo: «Ripetimi come l'ha chiamato, ti prego.»
Catherine si ripulì la terra dai pantaloni con lo sguardo puntato sull'amica. «Sam» sussurrò.
«Non ho sentito bene» sospirò Silvia.
Catherine si mise semplicemente a fissarla con le mani sui fianchi. La vide aprire prima un occhio, poi, lentamente, anche l'altro.
«Se Jensen ha chiamato Jared Sam» disse Silvia, sospirando, «e lui non ha fatto nemmeno una piega...»
«No, no, infatti: non ha battuto ciglio!»
«Speravo di aver sentito male...»
«Samo in due, sorella» esclamò Catherine.
Silvia si guardò attorno. Non vedeva altro che realtà. «Il Dottore può fare tutto questo?»
«Questo cosa?» le chiese confusa.
«Intrappolarci in un telefilm. Voglio dire: vedi telecamere o gente che passeggia con microfoni e altra attrezzatura cinematografica? Cacchio, è tutto così...»
Catherine osservò l'ambiente: in effetti, come aveva detto Silvia, non vi era nemmeno l'ombra di una qualche traccia che tutto quello fosse il set di Supernatural. In più, il gigante capellone era troppo somigliante a Jared Padalecki e si chiamava oltretutto Sam... Una coincidenza? «Dici che quelli che abbiamo visto poco prima erano veramente i Winchester?»
«Bingo. Ma vorrei poter dire il contrario perché se Sam e Dean esistono, vuol dire che-»
«Vuol dire che esistono anche i mostri a cui loro stessi danno la caccia» finì per lei Catherine.
«Già» confermò subito Silvia. «Ma quello con cui noi due abbiamo a che fare non è nulla in confronto a ciò che potremmo incontrare in questa realtà.»
«Non dirlo mai più» la pregò. Poi Catherine tirò fuori dal cappello un nuovo pensiero: «Come ci siamo arrivate fin qui? Il Dottore, una volta, ci ha parlato delle fessure spazio-temporali, ricordi?»
«Dici che ha volontariamente oltrepassato una di quelle?» chiese Silvia incredula.
Catherine ripensò alle ultime parole che il Dottore disse loro mentre erano ancora tutti e tre nel TARDIS: «Vi porterò dove c'è bisogno di voi.» E lo aveva detto con un sorriso triste stampato in volto, Catherine se lo ricordava bene. Dopodiché, fece partire i rotori della Macchina e... Ed eccole spuntare in TV-landia! E se tutto quello che avevano attorno in quel momento non fosse solo finzione? In fondo, aveva imparato che tutto era possibile e – perché no? – magari i trickster erano reali. «Vuoi sapere come la penso io? Il Dottore sapeva in qualche modo che io e te dovevamo essere qui, qualunque posto questo sia, in questo momento preciso della storia e che dovevamo incontrare Jensen e Jared. O perlomeno scorgerli.»
L'amica increspò le labbra, come per trattenere qualcosa che, suo malgrado, le uscì comunque: «Dean e Sam» la corresse quasi senza volerlo.
«Sì, giusto» ammise. «Ci serve solo sapere quando siamo, allora» aggiunse poi Catherine.
«Credi che saperlo renderà tutto più facile?»
«Almeno spero» le rispose alzando le spalle. «Eviteremo loro eventuali spoiler, non credi?»
Silvia annuì distratta: stava già pensando ad altro. Vagava con la mente in altri fiumi di pensieri, diversi da quelli di Catherine. A dirla tutta, non le importava un fico secco se avessero detto qualcosa ai Winchester che era meglio evitare di dire – in fondo non sono reali[1]: per Silvia era più importante sapere un'altra cosa. «Cathy, ricordi quando Sam e Dean sono stati spediti su “Terra2”
L'amica la guardò accigliata e perplessa; le fece segno di proseguire con un gesto della mano.
«Erano in una dimensione in cui non erano fratelli, ma semplici attori – Jensen, Jared, Misha, eccetera: erano nella nostra dimensione, Cathy! Per loro non vi era magia, ma si sbagliavano e noi lo sappiamo bene.» Silvia parlò con enfasi, come faceva sempre, ma questa volta la stava tirando troppo per le lunghe.
«Non ti seguo» disse, infatti, Catherine.
Silvia inspirò tristemente. «L'angelo che seguì i Winchester non riuscì ad usare i suoi poteri perché proveniva da un'altra dimensione: questa. E se fosse lo stesso per noi?» le chiese a bassa voce.
Catherine sbarrò gli occhi incredula. Aveva ragione, il suo discorso non faceva una sola piega, era perfetto. «Wow!» fu l'unica cosa che riuscì a dire. «Wow...» ripeté ora più piano e anche un po' triste. Come avrebbero potuto sopravvivere facilmente a quella realtà senza i loro poteri da sensitiva e wiccan? «Che ne dici? Consultiamo la guida telefonica e vediamo qual è il motel in cima all'elenco?» le chiese subito dopo.
Silvia la guardò inizialmente senza capire, poi il suo viso acquistò una luce mai vista prima, o forse erano i primi lampioni che si stavano accendendo lungo i marciapiedi. Sembrò agitarsi, in vista di ciò che le aspettava: se i Winchester che avevano visto poco prima erano i veri Winchester, allora li avrebbero trovati di sicuro. Dovevano solo stare un po' attente, in fondo.


«Sam, datti una mossa con quella doccia!»
Nella sala da bagno che offriva loro quel motel a due stelle, Sam, il fratello minore, si stava insaponando allegramente i capelli. Ad occhi chiusi, cercò la spazzola e quando finalmente l'ebbe afferrata, diede una gran bella spazzolata alla sua folta chioma per nulla invidiata dal fratello. «Ho quasi finito, signora Rottermaier!»
«Ehi, come mi hai chiamato?!» sbraitò acido Dean. Spazientito per l'incomprensione, si avvicinò alle sacche, abbandonate sui letti appena erano entrati in camera, dove riponevano le loro amate armi. Tra fucili a canne mozze e calibro38, scovò i ritagli di giornale a cui stava dando la caccia e li estrasse. «Sicuro come l'oro che domani vedremo atterrare un'astron-» Non terminò la frase, piuttosto se ne stette in silenzio ad ascoltare. Quando bussarono di nuovo alla loro porta, sfrecciò come un fulmine a riporre le sacche sotto i letti ed ecco che, sistemata inconsciamente la maglia grigia che indossava, era sulla porta ad accogliere cautamente chiunque fosse il visitatore.
Sulla soglia, a poca distanza da lui, stavano sostando due ragazze, entrambe più basse di lui di una ventina di centimetri, entrambe con gli occhiali, entrambe coi capelli scuri, entrambe shockate. L'unica cosa che le distingueva, notò Dean, era il colore della loro pelle: una delle due aveva sicuramente origini filippine, l'altra – molto probabilmente – era americana, ma non era del tutto certo fossero umane, date le circostanze degli ultimi giorni. Difatti, arretrò un po' accigliato e prese – un po' per abitudine, un po' per una maggior sicurezza – la boccetta appoggiata sul mobiletto alla sua destra: dentro vi era conservata dell'acqua santa. «Sì?» chiese con una certa circospezione celata dietro un sorriso da playboy.
Le due ragazze continuarono a fissarlo per un tempo che a Dean sembrò fin troppo lungo e, per la prima volta in vita sua, si sentì intimorito da due adolescenti terrorizzate.
«Ehm... N-noi...» cominciò Silvia. «T-tu sei...?»
«Dean, che succede?» strillò Sam dal bagno. Non udendo alcuna risposta, uscì frettolosamente dalla stanza con l'asciugamano avvolto alla vita. «Dean?» chiese, ma rimase imbambolato, lì fermo dove si trovava, non appena vide le due ragazze e le maglie che indossavano. «Oh, no...» sospirò, quasi scappando verso il bagno. «Fangirls!»

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[1] O sì? Mwah-ahah-ahah

   
 
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