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Autore: TaliaAckerman    22/05/2015    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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  PARTE PRIMA 
 
L'ASSASSINA 




1







 
Stesa nel morbido letto dell'infermeria, Dubhne respirava piano. Piano, ma respirava ancora. Il petto si alzava e si abbassava con frequenza irregolare; talvolta la respirazione pareva risultarle difficoltosa, e ansiti più o meno evidenti spezzavano il silenzio dell'ampia stanza. 
Accanto a lei Jel sedeva in silenzio. I suoi occhi erano posati sul viso sanguinante della Combattente, carichi di stupore, tensione e allo stesso tempo di una particolare e irrefrenabile ammirazione. Non aveva mai visto nessuno battersi così: quella ragazza era, era... un'assassina nata, uno strumento della morte abile, feroce, implacabile. Ricordando la stazza del guerriero - Jackson Malker, così gli era parso si chiamasse - che Dubhne aveva ucciso nell'Arena, il mago si chiese ancora una volta dove diavolo avesse trovato tutta quella forza e quella tempra. Aveva assistito solo ai pochi, scioccanti momenti finali della battaglia, ma ne era rimasto colpito. Era rimasto profondamente segnato da tanta violenza, anche dopo tutto ciò che lui stesso era stato costretto a compiere, anche dopo che aveva visto morire Ftia Elbrik e le innumerevoli volte che lui e Gala avevano rischiato di rimanere uccisi. 
Dubhne non si poteva ancora neanche definire una donna, era soltanto una ragazza. Una ragazza che aveva appena vinto la trentaquattresima edizione dei Giochi Bellici.
Ma quella, ovviamente, era solo una minima parte dei pensieri che affollavano la mente di Jel in quel momento: l'idea di aver finalmente ritrovato la Pietra delle Terre del Nord era motivo di sollievo, trepidazione e nervosismo insieme. Perché se Dubhne si fosse rifiutata di consegnarla loro, cosa avrebbero dovuto fare? Avrebbe potuto perfettamente non credere alla storia sua e di Gala.
Non avevano più quasi nulla: i mantelli del Consiglio, i documenti, durante il travagliato viaggio che li aveva condotti fino alla capitale avevano perso tutto. Come negli ultimi tempi si era spesso ricordato, l'unica prova del loro coinvolgimento negli affari delle Cinque Terre erano le loro spille d'oro.  
Avrebbero dovuto ricorrere all'uso della forza contro di lei? Anche in questo caso, il mago non era sicuro che la cosa si sarebbe risolta senza particolari intoppi; in tutta onestà avrebbe preferito evitare di scontrarsi con quella Combattente, anche se era priva di poteri magici. 
Jel aveva seguito ogni mossa della ragazza dopo la sua vittoria nell'Arena: l'aveva vista esultare, stravolta ma felice, scrutare il pubblico con soddisfazione; l'aveva vista poi posare lo sguardo sulle altre persone della sua squadra; e infine, il giovane aveva avuto l'impressione che Dubhne avesse notato lui. Si era trattato di pochissimo tempo, ma per un istante Jel avrebbe giurato di aver visto la sicurezza nello sguardo della Combattente vacillare. 
E infine, l'aveva vista crollare in avanti, sulla terra battuta. Pareva che quello scontro le fosse costato ogni briciola di energia che possedeva i corpo, questo più le numerose ferite che Jackson Malker le aveva inflitto. 
Dopo essersi accertato che la ragazza sarebbe stata trasportata nell'infermeria per i Combattenti del palazzo Cerman, Jel si era allontanato per recuperare Gala, e alla fine l'aveva ritrovata proprio in una sala del palazzo reale, in attesa di essere ricevuta dal Re delle Cinque Terre o un Consigliere che ne facesse le veci.  
"Ce l'ho. L'ho trovata", le aveva detto semplicemente quello. 
Si erano recati all'infermeria presentandosi come Consiglieri di Grimal in missione, dicendo il vero. Jel aveva compreso che, se non avessero dato prova di una certa autorità, non sarebbe stato loro permesso di intrufolarsi in una struttura frequentata solo da Combattenti e persone che in qualche modo avessero a che fare con i Giochi. Da allora avevano atteso.
In quel momento Gala si trovava appena fuori dall'edificio, nel grande porticato, a detta sua per prendere una boccata d'aria. "Avvertimi quando riprende coscienza" gli aveva raccomandato e Jel, assorto, aveva annuito. 
Il mago era ben consapevole che avrebbe potuto benissimo rubare la scimitarra mentre la ragazza dormiva, riportarla a Grimal e solo una volta lì portarla da un fabbro perché liberasse la Pietra e poi rifondesse l'elsa. Chissà, poi avrebbe persino potuto inviare un qualche attendente per riconsegnarle la sua arma preferita. 
Da quel pensiero, il collegamento con Ftia Elbrik fu quasi immediato: Jel rammentava fin troppo bene di averle promesso che, una volta tornati a casa, avrebbe provveduto a farle arrivare tutto il denaro che la cacciatrice aveva richiesto in cambio della sua ospitalità. Nonostante il tempo passato, il ricordo del tradimento, e poi della morte della donna continuava a pesare sulla sua coscienza: si era fidato di Ftia, aveva cominciato a nutrire nei suoi confronti simpatia ed ammirazione, e lei li aveva ripagati accordandosi con Sephirt e consegnandoglieli su un piatto d'argento. Atto che, tra l'altro, l'aveva successivamente portata alla morte. Il suo più grande errore era stato affidare la propria vita nelle mani della strega: come aveva potuto pensare che, dopo che lei stessa aveva ucciso il suo Mal, Sephirt si sarebbe accontentata di uccidere solo lui e Gala? 
La stupidità umana a volte è fonte delle più grandi disgrazie...
I pensieri del giovane furono interrotti dal leggero movimento che la ragazza accanto a lui aveva compiuto, ma ancora una volta rimase deluso: non si era svegliata. 
Rimani calmo. Lasciale tempo. Era malmessa, ha bisogno di riprendersi... Se quando le parlerai si sentirà in forze forse sarà anche più disponibile...
- Mio signore? - Jel ebbe un lieve sobbalzo, ma era solo l'infermiera Kala che gli si era avvicinata.
Jel si voltò esibendo il proprio miglior sorriso di cortesia.
- Che cosa c'è? - chiese con calma. 
- Ecco... insomma... siete sicuro di non voler cambiare aria? Siete qui da ore... La ragazza è in buone mani con me, se lasciate il palazzo potrò farvi richiamare quando si sarà svegliata. 
- No - la parola suono in modo più aggressivo di quanto Jel avesse voluto. - No - ripete più piano. - Grazie davvero, ma preferisco rimanere qui di persona. 
- Ma certo. Capisco - la donna annuì e si voltò, per dirigersi in fretta verso uno degli altri letti occupati della spaziosa infermeria. 
Jel rise sotto i baffi al pensiero di tutti gli ossequi che quella Kala - così come la guardia cui aveva chiesto informazioni su Shist e Cambrel - gli aveva rivolto. Pur essendo un Consigliere, non era abituato ad essere trattato con tutto quel rispetto dagli estranei. Eppure lì, a Città dei Re, la grande capitale, era abbastanza lontano da Grimal perché le persone ignorassero che lui, all'interno del Consiglio fosse poco più che nessuno
Jel attese ancora alcuni minuti, si alzò per sgranchire un po' le gambe e poi tornò a sedersi accanto alla sbilenca brandina.
Per quella che doveva essere la ventesima volta non riuscì a trattenersi e si soffermò a fissare il volto semi tumefatto della neo vincitrice dei Giochi: aveva un labbro spaccato, l'intero zigomo sinistro violaceo, un sopracciglio così malmesso da essere quasi sparito sotto uno sgradevole ammasso di pelle lacerata e gonfia. 
Il mago si era chiesto più volte se ce l'avrebbe fatta, se si sarebbe prima o poi svegliata o se sarebbe morta nel sonno. Per quanto sentisse di ammirare la tenacia e la forza di quella Combattente, Jel sentiva che con la sua morte le cose sarebbero state incredibilmente più semplici. 
Fu proprio allora che, finalmente, come per risposta alla sua intemperanza, la vide riaprire lentamente gli occhi. Occhi gonfi, stanchi, di un caldo color castano.
- Ah, vedo che... 
- Chi sei? - l'immediata durezza nel tono della ragazza lo sorprese. Pareva essere perfettamente lucida.  - Ti ho visto... nell'Arena. Che cosa vuoi da me? 
Diplomatico. Sii diplomatico. 
- Non devi avere paura. Io ho solo bisogno di... 
- Io non ho paura. 
La ragazza chiuse gli occhi, passandosi delicatamente una mano sulla fronte. Quell'effimero scoppio di energie pareva essersi già esaurito. Ottimo, così sarebbe stato più facile dirle ciò che doveva... 
- Come dicevo, ho solo bisogno di parlare con te - spiegò il giovane tentando di apparire dolce, o anche solo rassicurante. - In particolare avrei bisogno di parlarti della tua... scimitarra. 
- Buffo - commentò lei tornando a fissarlo e sorridendo lievemente. - E io che pensavo volessi chiedermi di come ho passato la mia infanzia... 
Sarcastica. E sveglia. 
Convincerla ad ascoltarlo sarebbe stato piuttosto difficile. 
- Mi dispiace di essere qui per disturbarti proprio ora. So che sarai stanca e dolorante, ma... 
- In verità mi fa male dappertutto - si lamentò la ragazza con voce roca, provando a tastarsi con lentezza la guancia sinistra. Strizzò gli occhi arrossati e poi ridacchiò; pareva aver realizzato qualcosa solo in quel momento.                                        
- Ma dopotutto... ho vinto. Ma certo, ecco perché sei qui. Che cosa vuoi, chiedermi di mettere le mie doti al servizio della corona o qualcosa del genere? 
- Non esattamente - rispose lui. - Se sarai disposta ad ascoltarmi ti spiegherò tutto nel minor tempo possibile. Poi ti lascerò in pace e potrai... goderti la tua gloria. 
Rimasero a fissarsi per pochi istanti, lo sguardo quasi agguerrito di lei e quello fermo e risoluto di lui. Jel era sicuro che se ne avesse avuto la forza Dubhne avrebbe incrociato le braccia. 
- E va bene - disse infine. - Parla. 
- Beh... Dubhne... - si chiese se chiamarla per nome fosse stata una buona idea. - Tu hai idea di cosa sia un Consigliere? 
- Non esattamente
Jel si batté i palmi sulle ginocchia e cominciò a spiegare. Le disse tutto, o quasi. Le disse che il Re delle Cinque Terre in persona aveva inviato lui e Gala per compiere quella lunga missione nei territori di Fheriea. Le parlò di Theor, della ribellione a Nord, le confidò quanto fosse importante quella graziosa pietra biancastra che era incastonata proprio nella sua scimitarra. Sorvolò sulla spiegazione di cosa fossero realmente le Sei Pietre, ma pensò che alla ragazza sarebbe stato sufficiente sapere che il suo contributo era importante. 
Non fu così. 
- Perché - chiese Dubhne aspra. - Perché dovrebbe importarmi qualcosa di quello che mi hai raccontato? E perché dovrei anche semplicemente credervi? 
Perché non puoi levarti di mezzo e basta?
Tentando di nascondere la mascella serrata che tradiva la sua irritazione, Jel replicò:- Che tu mi creda o no, non ne trarrai alcun vantaggio. Dopo aver estratto la Pietra farò rifondere l'elsa e ti restituirò la scimitarra. Non verrai immischiata in questa cosa, né ti disturberò più in altro modo. Solo che se mi aiuti avrai contribuito a fare qualcosa di buono per il continente. 
- In teoria a quest'ora io dovrei essere là fuori, circondata dalla mia squadra a festeggiare la vittoria e godermi l'umiliazione di Peterson Cambrel. 
Jel si chiese per l'ennesima volta cosa ci trovasse quella Combattente di così divertente nel rendergli le cose sempre più complicate. 
- Perché non vuoi ascoltarmi? 
- Perché dovrei farlo? - ribatté Dubhne alzando la voce. - Io non ti conosco, non ti ho mai visto prima, e tu vieni qui a parlarmi di Magia e... e una specie di rivoluzione... Soltanto poche ore fa avrei potuto morire! 
- Aspetta un attimo... - la interruppe il mago, cogliendo al volo un particolare inaspettato. - Tu... quanto tempo credi che sia passato dalla finale dei Giochi? 
Dubhne alzò le spalle ostentando noncuranza. - Non lo so... quattro, cinque ore. 
- Sei in quest'infermeria da quasi due giorni. 
Il giovane si compiacque dell'espressione di momentaneo smarrimento che le sue parole le avevano procurato. 
- Ma come... come ho potuto dormire così a lungo? 
- Siamo stati qui per tutto il tempo, io e la mia compagna. E sì - anticipò la domanda che si andava formando sulle labbra della Combattente. - I tuoi compagni di squadra sono venuti a trovarti parecchie volte. È venuto anche quella specie di armadio, Malcom Shist, giusto? 
Un lieve sorriso increspò l'espressione di Dubhne, sorriso che - come Jel notò mordendosi il labbro - le donava molto. 
- Malcom ha detto qualcosa? - chiese la ragazza, lo sguardo per la prima volta realmente attento, puntellandosi con i gomiti per mantenere la schiena dritta. 
Jel avrebbe voluto scrollarla per le spalle e intimarle di smettere di fargli perdere tempo, ma si impose di mantenere la calma: forse, se lui l'avesse assecondata, avrebbe avuto una possibilità di farsela buona... 
- Non ha detto nulla. Non è stato qui a lungo, per la verità. Ma non ho mai visto nessuno guardare qualcuno con una tale soddisfazione nello sguardo. 
D'accordo, forse stava leggermente esagerando. Ma che altre scelte aveva? 
In effetti, Dubhne sembrava di umore migliore rispetto a prima. L'euforia per la vittoria pareva stesse tornando a farsi sentire. 
Guardò Jel e disse con fermezza:- Penserò a quello che mi hai detto, Consigliere. Forse... forse potrò anche decidere di consegnarti la scimitarra, ma voglio che dopo che avrai preso la tua maledetta pietra mi venga riportata. E ora... lasciami in pace. Mi fa male il braccio. 
Jel strinse i pugni infastidito, ma annuì.
- Capisco - disse nel tono più gentile che gli riuscì. - Dopotutto, forse, hai ancora bisogno di riposare. Tornerò domattina, d'accordo? 
- Sì, sì - rispose lei tornando ad appoggiarsi al cuscino di piume e chiudendo gli occhi. - Ma a una condizione. 
- E sarebbe? - Jel aggrottò un sopracciglio. Ma non gli arrivò più risposta. Forse si era solo addormentata, forse lo stava facendo apposta per tenerlo sulle spine.
Al diavolo lei e la sua arroganza! inveì il mago mentalmente rialzandosi. Se avesse avuto qualcosa fra i piedi lo avrebbe volentieri preso a calci. 
Ignorando le parole quasi di scusa che Kala gli stava rivolgendo Jel superò il letto di Dubhne e si diresse a passo deciso verso le uscite; mentre varcava la porta si imbatté nella ragazza snella con i capelli neri che aveva incontrato al capezzale di Dubhne anche il giorno prima, ma non si fermò per dirle alcunché. Aveva bisogno di parlare con Gala: confrontarsi, discutere su quello che c'era da fare e - chissà - magari sfogare un po' della propria irritazione. 
La strega era proprio dove avrebbe dovuto trovarsi: seduta sui gradini di pietra del Palazzo Cerman, gli occhi socchiusi, sorreggendosi il mento con una mano. I raggi del sole tramontante le accendevano i capelli viola di curiosi riflessi lucenti.  
- Tutto bene? - le chiese il giovane lasciandosi scivolare a sedere accanto a lei.
Gala alzò le spalle. - E tu? Hai una faccia orribile. 
- Si vede così tanto? - Jel si passò stancamente una mano sul volto. Guardò l'amica negli occhi. - Dubhne si è svegliata, le ho parlato pochi minuti fa.
La ragazza si fece d'un tratto attentissima. - E allora? Che cosa ha detto? Le hai parlato della Pietra? 
- Gliel'ho accennato, sì. Ma ho pensato fosse meglio non rivelarle troppi dettagli sui nostri sei talismani. Le ho semplicemente detto che era di vitale importanza che ci consegnasse la sua scimitarra. 
- E...?
- Che ti aspetti da una tipa così? 
- Cosa dovrei aspettarmi? 
Jel raccolse un sassolino da per terra e lo lanciò con stizza nella piazza.
- Non mi ha dato una vera e propria risposta. Ha detto che ci deve pensare, che ora è stanca e non ha intenzione di curarsi dei nostri affari. Non credo che le importi qualcosa della ribellione o delle Cinque Terre. 
Gala si morse il labbro. - Dovevi essere più autoritario. Sei tu il Consigliere, Jel, potevi prenderle quella stupida spada e portarla a palazzo anche senza il suo consenso. 
- Credi che non ci abbia pensato? Certo che avrei potuto. Ma preferisco risolvere la cosa con calma.
- Calma? - esclamò l'altra infastidita. - Ad ogni momento che passa la situazione a Nord si aggrava! 
- Non alzare la voce! Vuoi farti sentire da tutti i Combattenti nei paraggi? 
- No, no, certo che no - rispose la strega abbassando il tono, scura in volto. - Scusami, ma davvero non ti capisco, a volte. 
- Domani mattina torneremo per parlare con lei. Se vorrà aiutarci spontaneamente sarà un bene, altrimenti... Prenderemo quella scimitarra in un altro modo. 
Gala rimase in silenzio per pochi istanti, fissando il sole che tramontava in lontananza. Jel le mise una mano sulla spalla.
- Stai tranquilla, so quello che faccio. Ora sappiamo dov'è la Pietra, domani sarà nelle nostre mani e potremo riportarla a Grimal. Che la Combattente lo voglia o no. 
Sorrise a Gala, tentando di apparire incoraggiante. 
- Non ho ucciso una strega e attraversato l'intera Fheriea per ritrovarmi di fronte a un rifiuto - mormorò la ragazzina chinando il capo e stringendo i pugni. 
- No - convenne Jel. - Nemmeno io. 


Non trascorsero la notte a palazzo, bensì in una piccola ma confortevole osteria poco distante dall'Arena. 
Pur essendo rimasti completamente a corto di denaro, Jel aveva sperato che il proprietario potesse rendersi disponibile per dare una mano a due Consiglieri. E così era stato. Lui e Gala erano riusciti a rimediare una stanza singola adibita per due, e di certo non si erano lamentati per la carenza di spazio. 
Steso a terra, la testa appoggiata sul secondo cuscino del lettuccio dove avrebbe riposato Gala, il mago rifletteva attentamente su quello che era successo quel giorno. Non si era aspettato che Dubhne si rivelasse solare e disponibile, ma era rimasto comunque deluso dall'esito della loro discussione: erano rimasti pressoché al punto di partenza. 
Ma perché doveva sempre essere tutto così complicato? 
Vada come vada, domani prenderai quella Pietra. Al diavolo la sua dannata scimitarra... Il futuro di Fheriea è più importante. 
Si rigirò sul pavimento, insofferente. Lanciò una fugace occhiata a Gala; dal modo in cui il petto della ragazza si alzava e si abbassava regolarmente e gli occhi chiusi dedusse che stesse dormendo profondamente... Avrebbe tanto voluto riuscirci anche lui. 
Mentre fissava il soffitto respirando lentamente, gli ultimi istanti di vita di Ftia tornarono nella sua mente per tormentarlo. Era da quando erano giunti a Città dei Re - di fatto da quando il loro viaggio era "rallentato" lasciandosi i pericoli alle spalle - che il ricordo non gli dava tregua. 
Era qualcosa di particolare, un aspetto di sé che aveva notato spesso: spesso, a seguito di una tragedia, non era esattamente il primo periodo a dimostrarsi il più duro. Come per la morte di suo padre: forse era stata solo questione di "metabolizzare" e comprendere realmente l'accaduto, fatto sta che il dolore più grande aveva cominciato a farsi sentire solo diversi giorni dopo. 
La perdita di Ftia era stata senza dubbio meno gravosa rispetto a quella di suo padre, o di Camosh, e nelle settimane successive la frenesia del viaggio e della battaglia avevano a loro modo aiutato il mago a non rammentarla.
Ora che si trovava al sicuro, in una città amica, non poteva fare a meno di ripensarci. A discapito di ogni previsione, lui e Gala - giovani, inesperti e avventati - erano riusciti a cavarsela, mentre Ftia no. Da quando li aveva slavati pugnalando Mal alle spalle non aveva fatto altro che scivolare in un vortice di errori ed ecco com'era andata a finire. 
Avresti potuto salvarla, si disse Jel severamente. Se solo l'avessi avvertita, se l'avessi messa in guardia da Sephirt... 
È stato un letjak, non Sephirt, a ridurla in fin di vita. Questo non potevi prevederlo. E se Ftia non avesse avuto bisogno di cure... 
Non avrebbe avuto alcuna possibilità, con Sephirt. Sarebbe morta comunque. 
Il giovane si passò una mano sugli occhi. Doveva darci un taglio: la giornata che gli si prospettava davanti sarebbe stata tutto tranne che semplice. Aveva bisogno di tutto il riposo possibile per poter - l'indomani - mantenersi lucido e reattivo. 
- E poi - mormorò con un lieve sorriso. - Ormai stai per tornare a casa.
- Lo credi davvero? 
Dopo gli ultimi mesi trascorsi sul filo del rasoio, Jel si rese conto che aveva davvero iniziato a sobbalzare anche per un nonnulla. Era solo Gala: evidentemente aveva parlato più forte di quanto avesse pensato. 
- Lo spero, almeno - confermò voltandosi verso di lei e mettendosi seduto. 
- Quindi credi che Dubhne ci consegnerà la Pietra? 
- È come hai detto tu, no? Siamo noi i Consiglieri, prelevare la Pietra del Nord non è solo un nostro diritto, è un nostro dovere.
Vide Gala sorridere nell'oscurità.
- Sai - esordì a mezza voce. - C'è stato un momento in cui ho davvero pensato che non saremmo riusciti a sopravvivere. Insomma, prima Amaria, poi lo... lo scontro con Sephirt e... la battaglia. È davvero incredibile essere ancora qui, non credi? 
- In verità sì - ammise lui mestamente.
Ci siamo imbarcati in quest'impresa senza neppure sapere cosa ci attendesse veramente, eppure ce l'abbiamo fatta.
Seguì un attimo di silenzio; nonostante ne avessero già parlato più volte, rammentare ciò che avevano condiviso lungo quel viaggio aveva sempre un effetto strano su di lui. Avrebbe voluto poter dimenticare tutto e lasciarselo alle spalle, eppure la sua mente continuava a ritornarvici. Probabilmente anche Gala soffriva dello stesso problema. 
Jel alzò un braccio e con la mano destra raggiunse quella sinistra dell'amica, stringendola: erano quelli i momenti in cui si sentiva particolarmente legato a lei. 
- Presto torneremo a Grimal, Gal. Allora potremo prenderci un meritato periodo di riposo. 
Forse...
- Ne avrei davvero bisogno - concordò lei con un lieve sorriso. - Anche se... - le si gelò sul viso. - Ormai non ho nemmeno più un posto dove andare.







NOTE: 

Hola gente, ecco il primo capitolo, sono stata puntuale, no? Beh, non l'avrei mai creduto possibile, ma l'iniziale stesura di questa terza storia sta andando piuttosto bene *.* Sto già lavorando al capitolo 3 e quando avrò finito gli ultimi ritocchi potrò pubblicare il 2! 
Dunque Dubhne e Jel hanno avuto modo di confrontarsi per la prima volta, che ne dite? Le dinamiche vi ispirano? Se sì ovviamente fatemelo sapere con una recensione, mi bastano anche poche righe ;) 
Ah, e ne approfitto per ringraziare già da ora Miwako Honoka, Arya373 e Bonsai95 che hanno inserito "Una Nuova Era" fra le storie seguite. 
Al prossimo capitolo, 

Talia 
  
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