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Autore: FAT_O    23/05/2015    1 recensioni
Dopo più di duemila anni di dominazione, la divinità ermafrodita Cambìsex può finalmente godere dei frutti del suo duro lavoro. Il continente abitato dai suoi seguaci, la Serotheia, sta conoscendo un periodo di pace e prosperità, che sembra destinato a protrarsi per un lungo tempo. Nulla lascia presagire che ben presto il continente sarà colpito da una crisi di proporzioni inimmaginabili, che porterà Cambìsex, le altre divinità e tutti i serotheiani a dover lottare per ciò che più sta loro a cuore. Le vicende degli dei si intrecciano alla lotta per la redenzione del cinico avventuriero Cole, agli sforzi del Sommo Sacerdote Vermann per salvare la sua gente e al folle viaggio del suo amico e consigliere Locknoy, con lo scopo di capire le cause della crisi e trovare per essa una soluzione. A poco a poco, le trame si dipaneranno, giungendo infine a mostrare il loro fondamentale collegamento, insieme alla risposta che un intero universo attende fin dalla sua remota origine. E a un cambiamento che non lascerà nessuno indenne.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quarto
 
 
Il corpo di Caloxite giaceva in quella che era stata la sua stanza, cosparso dei petali violacei del fiore degli dei. La temperatura della camera era stata notevolmente ridotta, in attesa che fosse pronta una tomba degna di lui. Ci sarebbe voluto del tempo. Tempo per progettare il sepolcro e costruirlo dalle fondamenta, dal momento che nessuno avrebbe mai potuto prevedere che potesse essercene bisogno.
In nessun altro momento Aironte aveva visto Cambìsex tanto affranto. La divinità aveva trasportato il corpo fino alla stanza con le sue stesse braccia, e da ore ormai stava chiusa nella sala del trono, sola. Erano accorsi Encremeo e Pireide, per vedere la salma e trovare così conferma di una verità cui altrimenti non sarebbero stati in grado di prestare fede. Aironte aveva visto lo sconvolgimento nei loro occhi, in quelli dal colore ambiguo, tanto spesso privi di emozione di Encremeo, e in quelli castani, solitamente colmi di serenità di Pireide. Mancava all’appello solamente Eiradna.
Per lei era normale trascorrere intere giornate lontana dalla Luna adamantina. Aironte sapeva che come gli altri sarebbe rimasta colpita dalla morte del fratello. Ma sapeva anche che non avrebbe provato poi molto dispiacere. Perché nemmeno lui ne provava, e probabilmente nemmeno gli altri due dei. Nessuno aveva mai potuto sopportare Caloxite, il viziato, saccente e autoritario Caloxite. Solo Cambìsex provava un dolore autentico per quella perdita, il dolore di un genitore che perde suo figlio. Tuttavia, era naturale che nessuno degli dei potesse rimanere indifferente di fronte a un evento tanto incredibile, che tanto strideva con le loro malriposte certezze. Di certo, questo valeva per Aironte. La morte di Caloxite gli aveva portato un brivido non di paura, non di sconforto, ma di speranza. Dopo più di due millenni, Aironte sperava nuovamente di poter morire.
Aveva inventato e costruito la macchina dell’immortalità per Cambìsex e per nessun altro. Che non fosse utilizzata su di lui, Aironte, era stata la condizione fondamentale perché accettasse di cimentarsi in un’impresa apparentemente tanto folle e priva di sbocchi. Ma nel momento cruciale, quando Aironte si era ritrovato in fin di vita, Cambìsex non aveva permesso che morisse. L’aveva condannato ad un’eterna esistenza in quel corpo piagato a causa dello stato in cui era ridotto quando era stato sottoposto al trattamento. D’altra parte, nel momento in cui la macchina era stata utilizzata su di lui, Aironte non riteneva di essere pronto a morire. E quindi, per quanto odiasse il fratello per ciò che gli aveva fatto, era costretto a riconoscergli la sua gratitudine, e ad agire di conseguenza.
Tuttavia, quel giorno ogni cosa era cambiata. Fino a quel momento, era stato convinto che la sua macchina fosse infallibile, e il suo effetto irreversibile. Convinto che sarebbe giunto a vedere la fine dei tempi, rimanendo in qualche modo ancora vivo. E invece, oltre ogni previsione, scopriva di potersi salvare. Di poter abbandonare quella vita, protrattasi tanto a lungo, in maniera tanto insensata. Il passaggio da essere mortale ad essere immortale aveva segnato Aironte indelebilmente. Aveva guadagnato la vita eterna, non invecchiava più, ogni sua ferita si rimarginava in tempi quasi istantanei. Eppure, aveva perduto i suoi principi, il suo rispetto per se stesso. Non era altro che un’ombra sbiadita di ciò che era stato. La morte, la morte gli era sempre apparsa come l’unica forma di riscatto, l’unica via di fuga da quell’esistenza odiata, indesiderata. Ma una forma di riscatto impraticabile, una via di fuga irraggiungibile.
Fino a quel momento. Aironte non sapeva cosa avesse sottratto l’immortalità a Caloxite. Quindi, non poteva nemmeno sapere che cosa l’avrebbe potuta sottrarre a lui. Tuttavia, finalmente, sapeva di avere una possibilità. Credendo di non averla, per lunghissimo tempo non aveva nemmeno provato a cercarla. Solo ora, si rendeva conto di quanto fosse stato ottuso a riporre una tale fiducia nella sua macchina, da perderla in qualsiasi opportunità di annullarne l’effetto. Non avrebbe commesso nuovamente un errore tanto madornale. Il segnale che gli veniva inviato era palese, concreto, innegabile.
Mentre era immerso in questi pensieri, Aironte sentì un bruciore intorno al polso. Il bracciale che indossava, di sua invenzione, si era illuminato. Tutti gli dei ne portavano uno. Il bracciale era suddiviso in cinque cerchi, ognuno con il nome di uno degli altri dei. Per contattare un dio, bastava toccare il cerchio corrispondente. Il dio chiamato avrebbe sentito il suo bracciale scaldarsi, e visto la sezione con il nome di chi lo chiamava illuminarsi. In quel momento, era il cerchio di Cambìsex ad essere illuminato. Aironte sapeva che gli conveniva muoversi rapidamente per raggiungerlo.
Non era lontano dall’uscita del suo palazzo, e la raggiunse in fretta, per quanto concesso dalla sua andatura zoppicante. Oltrepassato l’imponente cancello, che si era aperto per lasciarlo passare, si diresse immediatamente verso la sfarzosa dimora di Cambìsex, a pochi passi dalla sua. In nessun caso era consigliabile farlo attendere troppo, meno che mai in quella particolare situazione. Aironte non sapeva per quale motivo fosse stato chiamato. Che forse Cambìsex avesse bisogno di lui per sfogare il suo dolore, o la sua rabbia? Non sarebbe stata la prima volta. Nel corso degli oltre due millenni trascorsi insieme, Aironte aveva imparato a fingere di partecipare alle gioie e ai dispiaceri di Cambìsex, anche quando non gliene importava nulla, anche quando riusciva a pensare solo al suo desiderio di morire. Era diventato piuttosto bravo. Sapeva piangere e ridere a comando. Era consapevole del fatto che gli altri dei lo vedessero come una figura patetica, priva di dignità, un misero fantoccio, nonostante le sue conoscenze scientifiche. Almeno la maggior parte di loro. Ma non gli importava, perché era esattamente ciò che pensava anche lui di se stesso, cosa questa che non faceva che rendere ancora più avvilente la sua esistenza.
Ora tuttavia c’era una nuova forza che lo spingeva avanti, gli dava le energie per continuare a resistere e a fingere. Non più la consapevolezza del fatto che abbattersi sarebbe stato inutile e non l’avrebbe sottratto a quella vita vuota e disperata, ma la speranza di potervi effettivamente sfuggire. Aironte giunse infine nella sala del trono. Cambìsex era in piedi, di spalle rispetto all’ingresso. Anche solo da quella vista, era possibile percepire la vibrante energia, la prorompente potenza di quel corpo. Nonostante l’odio che provava, Aironte non poteva che esserne ammirato.
Quando sentì le porte aprirsi, Cambìsex si voltò di scatto. Il suo volto era una maschera di furore. Subito gridò: “Dov’è Eiradna? Dove?”
L’altro, che stava avanzando verso di lui, si arrestò di colpo, spaventato. Poi, con un filo di voce rispose: “N-non lo so. Se hai p-provato a chiamarla con il bracciale, fo-forse non ha risposto perché è danneggiato.”
Aironte era consapevole del fatto che ciò che aveva appena detto non fosse vero. Era praticamente impossibile che i suoi bracciali non funzionassero. Ma sapeva che quando scendeva nel continente, Eiradna aveva l’abitudine di togliere il suo, nonostante il divieto del genitore. Si trattava di un segreto tra di loro, e Aironte non l’avrebbe mai svelato. Lui e Eiradna avevano un legame speciale. Era l’unica, tra i figli di Cambìsex, che non lo disprezzasse, ma che provasse invece un autentico affetto nei suoi confronti.
Tuttavia, la sua risposta pareva non aver placato l’animo dell’altro: “Menzogne! Sappiamo entrambi che questi bracciali non hanno mai dato problemi!” Inghiottendo un groppo di saliva, Aironte rispose: “B-beh, può sempre esserci u-una prima v-volta.”
Cambìsex parve sul punto di avventarsi contro di lui, ma s’interruppe con la mano a mezz’aria. A poco a poco, il furore sul volto della divinità parve allentarsi, lasciando il posto al dolore, solo momentaneamente messo da parte. Dalla bocca uscì un singulto, poi Cambìsex cominciò a piangere disperatamente. Solo a quel punto Aironte decise che poteva essere sicuro avvicinarsi. Appoggiando la mano sulla spalla dell’altro disse: “T-tua figlia a-arriverà, e renderà omaggio a su-suo fratello.”
Cambìsex annuì, senza dire nulla. Lentamente, le lacrime smisero di sgorgare dai suoi occhi. Il dolore si ritirò poco per volta, lasciando infine il volto privo di espressione, svuotato. Si staccò da Aironte e con passi lenti e stanchi, raggiunse il suo trono e vi si abbandonò. Un pesante, immobile silenzio colmò la stanza.
Alla fine Cambìsex, con voce bassa e neutra disse: “Ma naturalmente, non è questo il vero problema. Il problema è che un dio, un dio immortale, è morto.” E a sentire quelle parole, dentro di sé Aironte non poteva evitare di gioire ancora e ancora, mentre si sforzava di mantenere un’espressione impassibile sul volto. “Perciò” proseguì l’altro “è necessario fare luce sulle cause che hanno portato ad una simile disgrazia. Forse dovrei punire te, fratello? Dopotutto, tu hai inventato la macchina, tua è la responsabilità per i suoi malfunzionamenti.”
L’altro fu percorso da un intenso brivido lungo la schiena, ma non replicò. Cambìsex proseguì: “No, dopotutto non potrei mai punirti per questo. Suppongo di doverti piuttosto essere grato, per aver costruito la macchina. Senza, non sarei mai arrivato a questo livello di splendore, non avrei nemmeno potuto immaginarlo. Non mi avevi mai dato garanzia che il funzionamento della macchina fosse perfetto. Certo, forse avresti dovuto controllare, ma a nessuno di noi è venuto in mente di provarci, quindi la tua mancanza è giustificabile.” Aironte tirò un impercettibile sospiro di sollievo.
Tuttavia, Cambìsex non aveva ancora finito: “Di certo, è troppo tardi per salvare Caloxite. Ma nulla ci garantisce che ciò che è successo a lui non si verifichi nuovamente. Perciò, fratello mio, tu ti rimetterai al lavoro e scoprirai che cosa sia andato storto.” A questo punto, Aironte dovette faticare per non scoppiare in una fragorosa risata e mantenere la sua espressione vagamente contrita. Doveva semplicemente fare ciò che aveva già in programma, nulla di diverso. Solo il suo obbiettivo sarebbe stato diverso da quello apparente, ma nessuno avrebbe potuto notarlo.
Cambìsex concluse: “E se nel frattempo qualche altro dio troverà la morte, allora sì che ti riterrò responsabile, e ti punirò doverosamente.”
Con un po’ di fortuna, sarebbe stato proprio lui, Aironte, a morire, e dopodiché, non avrebbe avuto di che temere alcuna punizione. “S-se hai finito, i-io mi avvierei. S-sono ansioso d-di me-mettermi al lavoro.” Cambìsex, che pareva provato dal lungo discorso, fece un pigro cenno con la mano, ma si vedeva che con la mente era già altrove. Aironte annuì, si voltò e uscì dalla sala del trono. Dopo moltissimo tempo, aveva qualcosa in cui sperare, qualcosa che avrebbe potuto dargli gioia.
E non avrebbe lasciato che nessuno glielo portasse via.
   
 
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