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Autore: determamfidd    24/05/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incontra una Nana

Zhori figlia di Yori

Zhori era una tessitrice di classe media, discendente in linea diretta da parte di madre dalla famosa e controversa concubina del XXV secolo delle Terza Era, Ymrís. Questa era una vergogna per la famiglia, che faceva del loro meglio per tenerlo nascosto. Zhori era bellissima, con capelli castano chiaro che divennero argento quando era piuttosto giovane, una barba piena e lucida, e un fisico robusto e massiccio. Era piuttosto simpatica, con una situazione economica stabile, e la sua bellezza le attirò molti ammiratori. Però, Zhori, una grande romantica per tutta la sua vita, fu terribilmente sfortunata in amore. Non trovò mai il suo Uno, e passò tutta la sua vita a cercarlo. Il suo primo marito, un bel giovane minatore, trovò il suo Uno e lasciò Zhori poco dopo la nascita del loro figlio, Dori. I due rimasero in comunicazione, e lei non ce l'aveva con lui. Zhori rimase solo per cinquant'anni prima di ritentare. Il suo secondo marito era una simpatica canaglia e un seduttore, e fu ucciso mentre Zhori era incinta del suo secondo figlio, Nori. Più avanti negli anni fu sorpresa dalle avance di un altro tessitore, e il suo terzo figlio, Ori, fu concepito al di fuori del matrimonio. I suoi figli erano estremamente protettivi della madre, e invece di tracciare la loro parentela in linea paterna (come è in uso per i Nani maschi, come per le Nane si traccia in via materna), si facevano chiamare i “figli di Zhori”. Lei fu una dei pochi Nani che morirono di vecchiaia nel caos dei due secoli precedenti, morendo pacificamente nel sonno nelle Ered Luin quando Ori era ancora molto piccolo.

Zhori la tessitrice di FlukeOfFate


Il rumore era assordante. La forgia era gremita di Nani, tutti che urlavano e gesticolavano e ringhiavano. Era molto caldo e umido, con tutti quei corpi in una stanza. Hrera sembrava piuttosto irritata, e stringeva le labbra piena di disapprovazione per alcune delle parole usate.

Alle porte della forgia, altri Nani cercavano di inserirsi attorno ai corpi di Fíli, Kíli, Frerin e Óin, i loro occhi curiosi si illuminavano vedendo Thorin e si fermavano su di lui.

Era come minimo sconcertante. Thorin non trovava strano essere al centro dell'attenzione, ma questo era diverso. Ora non era il loro Re. Sua madre certo gli aveva detto che la corsa folle di Frerin attraverso le sale aveva fatto in modo che ogni lingua parlasse della Missione e di Gimli e della veglia di Thorin. Però non aveva visto le prove dei pettegolezzi durante il suo riposo forzato. Ora – ora le vedeva. Erano sconcertantemente ovvie.

Thrór alzò le mani, e i chiacchieroni, pettegoli Nani si calmarono (ma non prima che Bifur tirasse una testata piuttosto forte a Nori). «Bene» disse Thrór stanco «Così è abbastanza. Ora iniziamo, che dite?»

Thorin ignorò gli occhi che scattarono verso di lui quando si alzò e andò alla destra di suo nonno. La sensazione di déjà vu era quasi insopportabile. Quanti anni era stato alla destra di suo nonno, poco più di un bambino pieno d'orgoglio, guardandolo emanare sentenza dopo sentenza?

«Un attimo!» urlò Fíli, con evidente fatica «Aspettate un momento, per favore?»

«Che cosa sta succedendo ora?»

«Non riesco a chiudere questa maledetta porta, ecco cosa!» replicò lui, e Thrór si massaggiò la base del naso e fece un suono esasperato fra i denti.

«Va bene» disse Nori secco, e si voltò ed iniziò a camminare lentamente verso la porta, aprendo un lato della giacca e mettendoci dentro la mano libera. Tutti i volti curiosi alla porta sbiancarono per ciò che videro (Thorin si chiese distrattamente che arma fosse stavolta, i coltelli con la punta ricurva o i dardi da lancio) e Fíli riuscì a chiudere la porta.

«Grazie» disse, ansimando. Accanto a lui, Frerin gemette e si appoggiò alla porta.

Nori chiuse la giacca, e ghignò allegramente. «È stato un piacere.»

«Forse ora possiamo iniziare?» disse Thorin, e lanciò un'occhiata a suo padre, che annuì fermamente.

«Cosa sta succedendo, ragazzo?» disse Balin, piegandosi in avanti e inclinando il capo.

Thorin fece un respiro profondo. «Mi è... mi è stato fatto notare che non ci stiamo approcciando al problema nella maniera più efficiente.»

Óin si strozzò, e poi iniziò a ridacchiare. Thorin gli lanciò un'occhiata scura e pericolosa, ma il guaritore era troppo allegro e poté solo scuotere una mano per segnalare a Thorin di andare avanti.

«Non posso continuare come ho fatto finora» disse Thorin seccamente, irritato «Gli eventi si stanno muovendo in fretta, e se dobbiamo assistere la Terra di Mezzo in qualche modo da questo luogo eterno, dobbiamo essere più coordinati.»

«Ah» disse Balin, e si raddrizzò, il volto pensieroso. Poi guardò attentamente Thorin. «Per caso ha a che fare con le voci che corrono?»

«Quali voci corrono?» ribatté Thorin.

Balin sorrise. «Che tu guardi la Compagnia giorno e notte. Che Gimli figlio di Glóin ha allungato la mano in amicizia verso il figlio di un traditore, e per di più un Elfo. Che tu sei svenuto nella luce stellare del Gimlîn-zâram.»

La mano di suo nonno si poggiò sulla sua spalla, e Thorin indurì la mascella. «Tutto vero.»

Le urla eruppero nuovamente per la stanza, e Thorin fece un passo avanti, con gli occhi che brillavano. «Shazara!» ringhiò, e i Nani presenti si calmarono nuovamente con la rabbia sul volto.

«Le voci sono solo una parte» disse Frerin cupo «C'è dell'altro.»

«Altro!» Óin si massaggiò la fronte «Va già fin troppo male. Tremo al pensiero!»

«Aspetta fino a sentire cos'ha fatto tuo nipote ultimamente» borbottò Frerin, a Thorin incenerì Frerin con lo sguardo quando Óin sobbalzò e scivolò dalla sedia.

«Dobbiamo pianificare» disse Thorin, alzando la voce per farsi sentire fino in fondo alla stanza affollata «Dobbiamo capire come condividere le informazioni più efficacemente, come usare il mio Dono quando serve, e come raggiungerci a vicenda più in fretta. Abbiamo dei Nani capaci fra di noi. Balin, tu hai la maggiore esperienza in questo genere di affari. Cosa ci consigli?»

Balin annuì. «È una buona idea, Thorin» disse, e lo guardò da sotto le sopracciglia cespugliose «E credo non sia totalmente tua.»

«Non importa» ringhiò Thorin, mantenendo testardamente lo sguardo lontano da suo padre.

«Vediamo. Dovremmo riunirci regolarmente» disse Balin, e alzò la mano in una vecchia maniera che fece immediatamente cercare inchiostro e carta a Ori «Ci servono delle staffette, come in tempo di guerra. Dovremmo avere delle squadre designate per ogni divisione, e loro dovrebbero fare rapporto a un cervello principale...»

«Stai forse suggerendo che c'è qualcosa di simile a un cervello fra questa gente» disse Hrera, alzando gli occhi al cielo. Balin la ignorò con suprema noncuranza.

«Suggerirei, ragazzo, di non far diventare te il punto focale delle informazioni» disse, e alzò un dito quando Thorin aprì la bocca per obbiettare «No, avrai già abbastanza da fare, guidandoci in questi tempi. Qualcun altro dovrebbe ricevere le informazioni, organizzarle, inviarle dove servono, e metterti a conoscenza dei punti cruciali. Ti servirà qualcuno astuto, qualcuno molto intelligente e pronto. Qualcuno che sa cosa sia importante per me.»

«Qualcuno come me» disse Frís, alzandosi «Mi offro volontaria.»

«'amad» disse Thorin, stupefatto. Frís gli offrì il suo sorriso gentile.

«Buono, figlio mio»

Thráin alzò un sopracciglio. «Forse ora mi crederai quando ti dico che siamo qui per aiutarti?»

Balin li guardò, prima di fare un segno a Ori che lo fece iniziare a scrivere in fretta. Attraverso il suo stupore, Thorin si ricordò che quei due avevano lavorato fianco a fianco per quasi sessant'anni esattamente a quel modo. «Lady Frís sarà dunque la nostra fonte di informazioni centrale» disse, e batté le mani in soddisfazione «Un'ottima scelta.»

«Tutte le informazioni dovranno dunque essere portate a me» disse lei, alzando il mento. I suoi profondi occhi blu erano duri e determinati.

Poteva funzionare, pensò Thorin. Poteva funzionare molto bene.

Frís fece un passo avanti e guardò la folla che annuiva. «Vorrei che fosse notato che Lord Balin qui rimarrà nel ruolo che ha così facilmente ripreso – quello di Siniscalco e Primo Consigliere. Tutti gli ordini dovrebbero giungere attraverso lui, se non sono da Thorin in persona.»

«Sì» si udì dire Thorin. Balin sorrise.

«Alla fine non ho mai potuto davvero servirti, mio Re, o sbaglio?»

«Non hai mai smesso» disse Thorin, e sorrise di rimando «E ora devo affidarmi nuovamente alla tua lealtà, amico mio.»

«Pensavo che non avresti mai chiesto, ragazzo» Balin schioccò le dita verso Ori, che ghignò e scrisse il nome di Balin con uno svolazzo.

«Sembra che anche Ori si sia trovato un lavoro» disse Kíli, e Ori fece spallucce.

«Come i vecchi tempi» disse, e Nori sbuffò.

«Si ricomincia. Si lamenterà per via di penne con la punta storta, si arrabbierà con ogni Nano per inchiostri e carte. Cos'avete fatto?»

«Ora, il vero lavoro» disse Thorin, e sospirò. Thrór gli diede una pacca sulla spalla, alzando le sopracciglia.

«Per prima cosa, zabadâl, dovremmo condividere ciò che abbiamo. Non avrà senso agire senza contesto»

Hrera aprì la bocca per protestare, ma Thrór scosse il capo. Era il Re Sotto la Montagna, non suo marito, colui che disse: «Thorin, Principe Ereditario di Erebor. Rapporto.»

Lui scattò sull'attenti, e la sua schiena si raddrizzò automaticamente. «Gimli e la Compagnia hanno lasciato Lothlórien lungo il grande fiume Anduin» disse «Colui che li guida, l'Uomo Aragorn, non sa che strada seguire una volta che il fiume li porterà alle cascate del Rauros. La Compagnia si sta avvicinando a causa del loro grande dolore per Gandalf. Il Portatore si sta stancando, e l'Anello chiama Boromir di Gondor, che più di ogni altra cosa teme per il suo popolo.»

Fece un respiro profondo, e Thráin disse piano: «forza, figlio mio.»

Thorin fissò le torce sul muro mentre continuava, sentendo le parole come se fossero coperte di verti e trascinate fuori da lui con delle pinze. «Gimli è forte e in salute. Ha fatto l'impensabile, e stretto amicizia con l'Elfo, Legolas figlio di Thranduil. Condivide i nostri segreti con l'Elfo, e i due sono a loro agio in compagnia dell'altro.»

Óin fece un suono di orrore e sconfitta e si coprì gli occhi. Come per un segnale predefinito, l'intera stanza esplose nuovamente in urla e liti, con tutti che parlavano allo stesso tempo. Quelli che supportavano l'amicizia tra Gimli e l'Elfo affrontavano coloro che erano contro – e Thorin non poté fare a meno di notare il lato “pro” era molto più piccolo del lato “contro”. Però, il lato “pro” compensava i numeri persi con il rumore.

«...il tuo dannato cugino, deve prenderlo...»

«Quell'Elfo, non si può aver contare su di lui per...»

«Gimli è un Nano adulto e può fare le sue...»

«Oh, e ti aspetti che un dannato mangia erba mantenga i segreti dei Nani...»

«Potrebbe cambiare tutto! Potrebbe guarire il...»

«Nulla potrebbe cambiare il modo in cui noi...»

«Aye, e il massacro dei Nanerottoli! Potrà mai...»

«Ma noi...»

«L'Elfo discende in linea diretta dagli Elfi del Doriath, eppure lui può superare...»

«Non osare parlare a me del Doriath, ragazzo!»

«Kulhu ma sakhizu ya izzûghizu, ma mahtadadizu ya 'agulhizu!»

«È il figlio di Thranduil!»

«Potrebbero portare la pace tra i nostri...»

«Un Nano, un Elfo – portare la pace! Balderash!»

«Aye, e poi gli alberi cammineranno con le gambe!»

«Follia, non può essere serio...»

Thorin contrasse le spalle. Così non sarebbero andati da nessuna parte.

«È il mio migliore amico! Lui non...»

«Aye, e il tuo migliore amico ti sta sostituendo con uno scopa-alberi ora, o no...»

«Dillo ancora e mangierai la mia ascia!»

«...parlato di Mahal, e lui si fida! Ha promesso!»

«La promessa di un Elfo non vale la carta su cui è scritta!»

«SHAZARA!» ruggì Thorin, e fu ripetuto dalla voce tonante di Thráin, il rombo di Fundin, e, sorprendentemente, l'urlo più acuto di Ori.

«Questo non ci porta da nessuna parte» disse lo scriba nel silenzio che seguì l'esplosione. Fulminò tutti con lo sguardo. «E se pensate che scriverò una cosa qualsiasi di queste, vi sbagliate di grosso!»

«Penne storte» sibilò Nori urgentemente «Vi avverto, non infastiditelo!»

«Saremo d'accordo sul non essere d'accordo» disse Thorin brevemente, fissando tutti con sguardo duro. Molti Nani fischiarono, ma alcuni sembravano vergognarsi dello spettacolo ridicolo. «I fatti rimangono: Gimli Glóinul ha fatto amicizia con Legolas Thranduilion. Può non piacervi. A me non piace. Ma non è nostro il compito di fare scelte per i viventi. Non tutti potranno essere dalla stessa parte, ma tutti noi siamo dalla parte di Gimli, e questo dovrebbe essere ricordato.»

«Non è tutto, però» disse Frerin, e poi si ritrasse sotto l'occhiataccia di Thorin «Uhm. Vuoi che io dica loro dei capelli, nadadel

«Lo dirò io» disse lui, e strinse le labbra e incrociò le braccia «Voglio la vostra parola che che queste discussioni infantili non seguiranno la prossima notizia. Chiaro?»

«Aye» «Scusa, zio» «Aye, ragazzo» «Scusa, Thorin» «Non succederà più» «Potrebbe» «Zitto»

«Molto bene. La strega-Elfo del Bosco Dorato ha fatto un dono a Gimli» disse Thorin, e i suoi denti si strinsero, mentre tendeva i muscoli della mascella «Un dono di tre capelli della sua testa. Da quanto ho imparato ciò non è qualcosa di comune, e lui ha fatto la storia nel riceverli. Un Nano ha ricevuto ciò che era stato rifiutato a un grande Elfo. Gimli non lo sa, ma gli Elfi di Lothlórien lo hanno guardato...» fece una pausa, e scelse le parole attentamente «diversamente.»

«Un Signore Elfico voleva i suoi capelli, tanto tempo fa» mormorò Frerin «Ma lei disse di no.»

«Fu lo stupore» ricordò Thorin, e i suoi pensieri volarono alle stupite, impassibili facce degli Elfi di Lórien, la meraviglia senza parola del figlio di Thranduil «Attraverso il dono di lei e l'eloquenza di lui l'hanno infine visto non come un Naug, ma come un essere di grande nobiltà e sentimenti. Hanno guardato il mio congiunto con meraviglia.»

Ci fu un silenzio nervoso. Balin era rosso dall'orgoglio per suo cugino, e Óin era ricaduto nuovamente nella sedia, il volto stupefatto.

«Potresti voler passare ad altre notizie» borbottò Frís.

«Granburrone – Granburrone rimane com'era» disse Thorin, e poi la sua gola si chiuse improvvisamene e lui si sedette pesantemente sul tavolo da lavoro. Sapeva che il suo sguardo cupo era tornato, ma si sentiva incapace di levarselo. La sua ultima visita da Bilbo era ancora troppo fresca.

«Ben fatto» disse Frís, e gli diede una pacca sulla mano.

«Chi è stato per ultimo ad Erebor?» disse Gróin (con un ottimo tempismo, pensò debolmente Thorin).

«Io» disse Ori, alzando il suo stilo.

«A dire il vero, penso di essere stato io» disse un'altra voce, e Thorin alzò lo sguardo per vedere la testa color miele di Víli figlio di Vár che si faceva avanti tra la folla. Il suo giovane, allegro cognato sembrava intimorito. «Ci sono andato all'alba. Volevo dire buon giorno, sapete.»

Víli non aveva mai saltato una singola visita mattutina a Dís, nemmeno una in tutti i centoquaranta anni dalla sua morte.

Fíli e Kíli lanciarono al padre uno sguardo sorpreso, prima di avvicinarsi ad occhi spalancati. «Cosa succede? Sta bene Mamma?» chiese Fíli.

«Adesso, tranquilli ragazzi miei, vostra madre sta bene» disse Víli, e si strofinò un orecchio con una scrollata di spalle «Io, eh. Sembra ci sia un po' di tensione sotto la Montagna stamattina. Non tutti sono felici che gli Elfi siano ad Erebor, soprattutto la gente di Thranduil. Si parla molto di come ci abbia traditi, tutti quegli anni fa, del Drago e tutto. Dís si sta sfiancando nel tentativo di tenere i... Nani più fanatici fuori dalla loro strada.»

Ori gemette. «Erano piuttosto felici di vederli ieri. L'Elminpietra ha attraversato i Cancelli con gli Elfi al seguito, e tutti esultarono e esultarono e esultarono.»

«Alcune cose non si dimenticano in fretta» sospirò Balin.

«L'Elminpietra è tornato, e ha persino convinto Thranduil?» chiese Thrór, congelato dallo stupore.

«Aye, e l'ha fatto benissimo» disse Bifur, annuendo «Ho visto tutto. È un bravo giovane Signore, quello: ha reso orgoglioso suo padre.»

«Erebor non è da sola» disse Fundin con un gran sospiro di sollievo. Alcuni altri Nani annuirono in approvazione,e Thrór chiuse gli occhi e fece cadere indietro la grande testa bianca con un brivido di emozione.

«Sia ringraziato il Creatore» sussurrò, echeggiato da Balin e Frerin.

«Cosa sappiamo della Gente di Dale?» chiese Thorin, guardando i Nani riuniti. Ci furono vari mormorii, ma la risposta generale sembrò un “niente”. «Quindi supponiamo che Re Brand continuerà a non volersi unire alla lotta contro Mordor» sospirò lui, e si girò verso Víli «C'era dell'altro?»

«No, non mi pare» disse Víli, e sorrise timidamente «Ero un po' distratto. In genere lo sono.»

Thorin annuì. «Grazie.»

«Beh, se ci sarà una guardia per Erebor» iniziò Víli e sorrise il suo luminoso sorriso birbone, con delle fossette nelle guance «Dato che sono già sempre lì...»

«Ci serviranno squadre, e turni» disse Óin fermamente, e Balin alzò un sopracciglio.

«Oh? Come lo sapresti?»

Óin sbuffò. «Perché dirigevo un ospedale, vecchio bacucco. Vuoi sapere come organizzare? Vuoi sapere come dirigere un'attività efficiente ventiquattr'ore al giorno? Vai a dirigere un ospedale.»

«Óin ha ragione» disse Thorin «Cosa suggerisci?»

«Ti serve una squadra di Nani che sanno quale sia il loro ruolo» disse Óin, contando sulle dita «Non vuoi che nessuno cammini sui piedi agli altri. Una persona al comando, è importante, o finirai con ogni idiota che pensa di comandare e non serve che ti dica quanto sarebbe divertente. Lavori diversi per gente diversa. Anche aree diverse e turni diversi. Vuoi essere sicuro che tutti sappiano cosa devono fare esattamente.»

«Va bene» borbottò Ori, scrivendo furiosamente «Molto bene! Quindi come scegliamo le squadre?»

«Beh, io sarò a Erebor di mattina, ovviamente» disse Víli.

«Se così vorrà questo Consiglio...» disse Thrór, alzando nuovamente la testa «Guiderò il nostro contingente di Erebor.»

Ci fu una pausa grata, e fu in quel momento che Thorin si ricordò che un tempo suo nonno aveva compiuto grandi cose. Aveva perso la sua intera famiglia, tranne un fratello, grazie al verme freddo delle Montagne Grigie, ma ciò non l'aveva fermato. Aveva colonizzato la montagna vuoto Erebor, ammassato ricchezze incredibili, e prima che il Drago venisse aveva regnato su una pace prospera per più di un secolo. La maggior parte dei Nani ricordavano quei giorni come dorati e benedetti, e persino le canzoni degli Uomini di Esgaroth lodavano ampiamente Thrór. Non vi era menzione della malattia dell'oro, né di Azanulbizar.

Forse era questo ciò che sua madre intendeva dicendo che c'era del buono da imparare da una vita, oltre al cattivo.

Molti volti brillarono di rispetto. «Aye, Maestà» disse il vecchio guerriero Náli, abbassando il capo.

«Io guiderò la guardia della Compagnia» disse Thorin, e poi alzò le mani contro le proteste che iniziarono a uscire dalle labbra di Fíli, Kíli, Frerin e dei suoi genitori «No, non sarò l'unico osservatore! Mi atterrò all'orario che creeremo. Ma non lascerò la mia stella agli occhi di qualcun altro.»

Le sopracciglia di Óin arrivarono quasi ai suoi capelli. «La sua stella?»

Kíli fece una smorfia. «Eh. Quindi Thorin diventa ossessivo, no? E Gimli è stato una specie di luogo sicuro per quasi ottant'anni...»

«Basta, fratello» sussurrò Fíli, tirandogli la manica «Stai ricevendo lo Sguardo della Condanna.»

«Oh. Te lo dico dopo, Óin»

«Come faremo a sapere chi dobbiamo guardare?» chiese Lóni, ancora guardando storto Fundin. I due erano quasi venuti alle mani nel litigio prima.

«Appenderemo l'orario da qualche parte» disse Ori, ancora scrivendo furiosamente «In un posto che tutti sanno di dover guardare.»

«La porta della mia forgia» offrì Thorin, e alcuni annuirono.

«Se la folla lì fuori se ne andrà mai di lì» borbottò Gróin.

«Posso fare uno schizzo per stasera» disse Ori, grattandosi la testa con la punta in legno intagliato della sua penna «Non dovrebbe essere difficile. Vi farò passare un foglio, e tutti possono scrivere chi e a che ora preferiscono. Non sprecate il mio inchiostro!»

Thrór annuì in approvazione, e Thorin incrociò lo sguardo di sua madre. Lei stava sorridendo.

«Lavoro» ricordò loro Óin.

«Ebbene, abbiamo due comandanti della guardia, ce ne serviranno almeno altri due» disse Balin pensieroso «Erebor, la Compagnia, gli Elfi, e gli Uomini.»

«Qualcuno con un po' di sale in zucca dovrà assicurarsi che voi sappiate cosa fare» disse Hrera imperiosamente, alzandosi.

Thrór sorrise. «Aye, cara, sei proprio la Nana adatta.»

«Allora forse potrei pendere il comando l'ultima, aye?» disse Balin, e scrollò le spalle «Sono sicuro che se tu puoi comandarne una e avere un altro ruolo, allora posso anch'io. Sai, è davvero una buona idea. Avremmo dovuto farlo parecchio tempo fa, invece di andare ovunque tu ci dicessi.»

Sette paia di occhi si voltarono verso Thorin per lanciargli uno sguardo molto, molto soddisfatto. Lui raccolse ogni oncia di dignità che possedeva (che era davvero molta, in verità) e gli ignorò con sublime indifferenza.

«Bene» disse Ori distrattamente «Cos'altro?»

«Staffette, decisamente, nel caso qualcosa succeda nelle acque e il Dono di Thorin sia necessario mentre lui è da qualche altra parte» disse Fundin, tirandosi la barba pensieroso.

«Frerin» disse Thorin immediatamente. Suo fratello storse il naso.

«Staffetta? Suona noioso. Perché io?»

Thorin aprì la bocca per dire “sei il più giovane”, ma sua madre lo interruppe con uno sguardo serio.

«Perché sei il più veloce, caro» disse Frís, dando a suo figlio minore una pacca sulla spalla «Andiamo, sii allegro. I tuoi nipoti condivideranno quel ruolo con te.»

«Cosa? Noi?» esclamò Kíli, ma Fíli si alzò e si raddrizzò.

«Lo faremo» guardò Thorin «Ne saremo orgogliosi.»

Thorin diede ai suoi nipoti uno sguardo grato. «Grazie, namadul

«E ci servirà anche qualcuno in ogni gruppo che scriva cos'è successo durante ogni turno e lo riferisca a Lady Frís» continuò Ori, scrivendo i nomi di Frerin, Fíli e Kíli.

«Beh, allora io sono fuori» disse Bifur asciutto.

«Anch'io» sospirò Náli «Non ho mai capito come funzionasse. Troppo complicato.»

A volte a Thorin sfuggiva che la sua gioventù privilegiata gli avesse donato abilità che lui dava per scontate, come leggere e scrivere. Nascose cautamente la sua sorpresa. Il minatore e il vecchio guerriero non l'avrebbero apprezzata.

«Qualcuno?» disse Ori, picchettando le dita contro la carta «Tutto ciò che dovrete fare sarà lasciar sapere a Lady Frís i dettagli più importanti.»

«Io potrei farlo» disse Óin, chinando il capo «Ho una buona mano coi rapporti. Serve, quando tu-»

«- dirigi un ospedale» si inserirono Frerin, Hrera, Frár, Fundin e Víli simultaneamente. Óin incrociò le braccia e incenerì tutti indiscriminatamente.

«Ci penserò io, figliolo» disse Thráin, e scrollò le spalle «Meglio di essere una staffetta.»

Frerin mise il broncio.

«Io posso fare dei rapporti» disse Frár nella sua bassa voce profonda, e fu echeggiato da Gróin.

«Ora le guardie in sé» disse Thrór.

«Come si assegnano lavori diversi agli osservatori?» chiese Ori «Osservano cose diverse?»

«Qualcuno guarda le cose grandi, qualcuno guarda le cose piccole?» suggerì Lóni.

«No, no, no!» sospirò Nori esasperato «Non si fa così. Ti serve qualcuno che corre, che si muove, che guarda in generale, e poi un altro in un punto fisso dove c'è tutta l'azione. Così si ha un quadro più completo.»

Ori stava guardando suo fratello come se fosse stato una vena di mithril. «Nori!»

«Cosa?»

«Puoi essere il nostro insegnante! La nostra guida!»

«Posso essere cosa?»

«Sai come essere furtivo più di ogni altro Nano vivente!» disse Ori eccitato, e si avvicinò a Nori e gli tirò una manica.

«Ma siamo morti?» sussurrò Kíli, e Fíli lo azzittì.

«Non offrire volontaria la gente così!» ansimò Nori, coprendosi gli occhi con la mano.

«Ma saresti perfetto!» disse Ori, con gli occhi molto tondi. Thorin aggrottò le sopracciglia, e poi capì che Ori stava cercando di imitare l' “effetto Grandi Occhi Tristi Hobbit”, come lo chiamava lui. «Eddai, Noriiiiiii...»

«Oh, no, smettila, ti romperai la faccia» borbottò Nori, e annuì con riluttanza «Devo essere impazzito. Di nuovo.»

«Ci insegnerai?»

Nori fece una smorfia, e poi fece un segno di assenso. «Va bene, sì. Ma vorrei che si capisse che l'ho fatto solo per obbligo fraterno.»

«Cosa ti serve?» disse Hrera.

«Due dei miei ragazzi in ogni squadra, che osservano da vicino per non farsi sfuggire i dettagli. Potranno aiutare a fare i rapporti dopo» disse Nori rassegnato «Mi serve gente che sa essere paziente, sì? Non voi nobili con la voce grande e la pazienza corta.»

«Bifur» disse Thorin, ricordando le parole di Thráin. Suo padre incrociò le braccia in soddisfazione, con gli occhi che brillavano.

«Perfetto» disse Nori con un sorriso piuttosto malvagio.

«Aye, zabadâl belkul?» disse Bifur, confuso. Balin gli diede una pacca sulla schiena.

«Vorresti diventare una spia?»

Bifur si grattò la cicatrice, e poi scrollò le spalle. «Bene quindi» disse Nori «Chi altro?»

Per la stanza varie mani iniziarono ad alzarsi, e Thorin guardò la sua gente che si lanciava nel nuovo lavoro con il loro solito entusiasmo. Ori iniziò a scrivere veloce quanto poteva muovere le dita, e Nori si era alzato e teneva su le mani, scuotendo la testa mentre i Signori Náin e Farin lo assillavano per entrare a far parte del suo gruppo speciale. «Funzionerà» si disse Thorin.

«Lo farà» disse Thráin, dandogli una pacca sulla schiena «Funzionerà.»


«Nonno»

Thrór alzò lo sguardo dalla smaltatura che stava facendo. Come Thorin, Thrór non avrebbe mai più toccato oro o mithril. Ora accontentava l'impulso alla creazione che avevano tutti Nani attraverso altri materiali. «Ah, l'orario è pronto quindi?»

«Ori l'ha messo sulla mia porta meno di dieci minuti fa» disse Thorin, e si massaggiò il collo.

Thrór lo guardò, alzando le sopracciglia cespugliose. «Ah. E tu non sei di turno abbastanza presto per i tuoi gusti, giusto?»

«Sì» non c'era bisogno di negarlo «Iniziamo domani, ma vorrei visitare ora Bilbo e Gimli, se potessi.»

Thrór sospirò e si raddrizzò. La sua schiena scrocchiò udibilmente, e lui ci mise contro una mano gemendo. «Allora, verrò a prenderti per cena. Non voglio sentire storie, chiaro?»

Era fastidioso sentire qualcuno che gli parlava così, anche se era suo nonno e il suo Re. «Capisco» borbottò.

La bocca di Thrór si incurvò. «Ah, punto nell'orgoglio? Devi ancora imparare un paio di cosette, ragazzo mio. Vai, allora, stai sprecando tempo.»

Thorin inclinò il capo, non fidandosi della propria voce, e girò sui tacchi e se ne andò dalla forgia di Thrór diretto alla Camera di Sansûkhul.

La luce fu gentile stavolta, abbracciandolo a guidandolo dolcemente ai giardini di Granburrone. Bilbo sedeva, appisolato, su una piccola panca che era stata ovviamente modificata per le dimensioni Hobbit. Thorin la esaminò criticamente, e tirò su col naso. Una fatta per lo scopo sarebbe stata migliore. Il posto era comunque troppo grande, e lo schienale troppo alto, nonostante le gambe accorciate.

Lui si inginocchiò davanti al suo Hobbit e ne osservò il volto, liscio e rilassato nel sonno. Le mani di Bilbo si chiusero, e la sua bocca si mosse attorno alla forma di parola. «Sogni dunque, mio tesoro?» disse Thorin piano, e il desiderio di toccare quella fronte rugosa, di carezzare le guance rovinate con le mani e baciare dolcemente il vecchio Scassinatore era quasi irresistibile «Spero che siano d'oro.»

Udì una voce bassa, e si voltò per vedere Lord Elrond che parlava con l'Elfo che li aveva accolti, tutti quegli anni fa. Non se ne ricordava il nome. «La sua mente vaga» disse Elrond.

«Sì» sospirò l'Elfo, e guardò Bilbo «Quando è lucido, è lucido come sempre. Però a volte si perde nel passato, e a volte si dimentica i nomi. Ho letto che un problema comune per i mortali, perdere di vista il presente in età avanzata.»

La testa di Thorin scattò verso Bilbo, e le sue mani si strinsero a pugno. «Ti stai perdendo, Bilbo?» disse, triste e pieno di rimorso. Un dolore gli attraversò il petto, e gli si fermò in gola. Per qualche motivo non aveva mai considerato quel particolare pericolo dell'età. Non in Bilbo: mai in Bilbo. Il suo Hobbit era sveglio e astuto, rapido e intelligente, con una lingua argentina e una penna pronta, con parole che scendevano e danzavano dalle sue labbra e dalle sua mani. Il suo Hobbit era a volte imperioso, e saggio, e aveva la memoria di un olifante. Pensare che Bilbo potesse perdere le sue parole effervescenti e mente rapida doleva come una ferita.

«Stai con lui, Lindir» disse Elrond piano «Bilbo Baggins è ancora una creatura grande e degna, non importa quale sia il suo stato mentale. Mettilo a suo agio, e non permettere agli altri di mostrare sorpresa o orrore se perde il filo dei suoi pensieri.»

Lindir annuì seriamente, e Thorin ringhiò come un animale ferito.

«No» ringhiò, e chiuse gli occhi. Non sarebbe rimasto. Non sarebbe rimasto ad ascoltare questi Elfi che discutevano della perdita di se stesso del suo Hobbit.

Non poteva sopportarlo.

Le stelle del Gimlîn-zâram furono persino più dolci con lui quando lo portarono via, come se sapessero quanto fragile si sentiva.

Aprì gli occhi, sentendo il tremore del suo cuore sotto il suo respiro. Una grande distesa d'acqua serpeggiante lo salutò, accecante nel sole del tardo pomeriggio, e si coprì gli occhi per vedere due barche grigie di Lothlórien che si muovevano davanti a lui. Lui era nella terza.

«Anduin» mormorò, e spinse via ogni pensiero di Bilbo e della sua età e della perdita dalla propria mente. Avrebbe potuto essere triste più tardi. Gimli aspettava.

«Non riesco a capire come si fa» ringhiò la sua stella sconsolata, e Thorin socchiuse gli occhi per vedere Gimli che lottava col remo troppo lungo. A poppa della barca, il (dannato) Elfo era seduto con una mano sulla bocca. Le sue spalle sottili stavano tremando per le risate.

«Stai usando troppa forza» disse Legolas quando riuscì a controllarsi, ma il riso era ancora presente nella sua voce «La barca non è pesante come la roccia, e non serve tutto questo sforzo! Non mi stupisce che stiamo girando in cerchio.»

«Sforzo!» sbuffò Gimli, e si soffiò via una ciocca di capelli che gli era scivolata da sotto l'elmo davanti agli occhi «Quale sforzo? Intendi dire che devo usare ancora meno forza?»

Il sorriso di Legolas cadde in un espressione di confusione. «Pensavo...» iniziò, e poi scosse il capo «I Nani sono davvero un popolo robusto. Avevo pensato che tu stessi usando tutta la tua forza.»

«Fammi il piacere» disse Gimli, un tantino soddisfatto «Quindi, queste cose hanno bisogno di un tocco più delicato? Posso farlo. Due remate da ogni lato, giusto?»

«Se la corrente lo permette, sì» disse Legolas, e guardò mentre Gimli afferrava nuovamente il remo nelle sue grandi mani bronzee «Forse se tenessi il remo più alto...?»

«Stai scherzando?» disse Gimli, alzando un sopracciglio «I commenti sulla mia altezza non sono desiderati né gentili.»

«Scusami. Non volevo offenderti» disse Legolas cautamente.

Thorin strinse i denti, ma non commentò.

Gimli ghignò. «A meno che non siano divertenti.»

Legolas sorrise e scosse il capo. «Lo terrò a mente.»

Cambiando presa, Gimli iniziò a remare con estremo controllo. La barca iniziò a muoversi in avanti, e lui fece un piccolo “ah!” di soddisfazione. Poi portò il remo dall'altro lato della barca, e presto stava facendo dei buoni progressi. «Ecco» disse soddisfatto «Credo di aver capito.»

Legolas stava sorridendo. «Davvero, hai delle mani abili, Mastro Gimli. Conosco che Elfi che hanno avuto bisogno di giorni per imparare.»

«Allora non fanno nessun attenzione» disse Gimli, e soffiò contro la ciocca testarda «Questa foglia galleggiante si muove di lato con ogni remata, e il peso si sposta, e la traiettoria. È come spostare il peso di un carrello minerario attorno a un angolo, solo che il tunnel è un fiume e il peso è il nostro e non un carico di ferro grezzo.»

«Hai estratto solo ferro, dunque?» chiese Legolas, e l'interesse che aveva mostrato precedentemente era di nuovo sul suo volto.

«Aye» disse Gimli, e fece un suono irritato mentre si spostava i cocciuti capelli rossi dietro un orecchio «Anche se le miniere di Erebor sono molto più ricche e raffinate di quei buchi nelle Ered Luin. Erano state prosciugate sin da prima che i Longobarbi giungessero in quelle rovine. Però, facevamo ciò che potevamo. Riuscivamo a dar da mangiare alla maggioranza di noi.»

«La maggioranza?» le acute orecchie dell'Elfo avevano notato il problema, e le labbra di Gimli si strinsero.

«Non credo sia bene che tu senta le fatiche del mio popolo dopo la venuta del drago» disse, la sua voce tesa «Penso che ci invischieremmo in argomenti pericolosi se continuassimo.»

Legolas si accigliò, e poi sospirò. «Probabilmente hai ragione» disse tristemente.

«Dove dirglielo, Gimli» ringhiò Thorin, e incenerì l'Elfo «Dì al figlio di Thranduil cosa abbiamo dovuto sopportare, grazie al tradimento di suo padre.»

La testa di Gimli si alzò di scatto. «Melhekhel» disse, con un sorriso sul volto.

«È tornato?» disse Legolas, i suoi occhi si allargarono finché si poté vederene chiaramente il bianco. Sembrava nervoso, e deglutì in un modo decisamente non Elfico. «Oh. È... una buona cosa.»

«Mi chiedo dove tu vada, mio Signore» disse Gimli, e remò altre due volte, e poi scrollò le spalle «Sospetto io non debba saperlo. Sono felice che tu sia tornato. Sai, ci stiamo avvicinando all'Argonath. Ho udito molte storie di quei grandi lavori in pietra fatti dagli Uomini dei giorni antichi, ma non li ho mai veduti.»

«Nemmeno io» disse Thorin, e girò deliberatamente le spalle all'Elfo e sorrise alla sua stella «Hai una nuova abilità, vedo.»

«Non è probabile che un Nano voglia trovarsi mai su una barca» rise Gimli «Però, non è del tutto spiacevole. Rilassante, anzi.»

«Pensavo che saresti stato male» disse Thorin acido. La presenza di Gimli stava compiendo la sua magia. Poteva sentire la tensione che gli scivolava via dalle spalle, le sue mani si aprirono e rilassarono sulla sua cosce. La tristezza portata da Granburrone fu consolata, e l'illusione di una conversazione con questo Nano rese il suo cuore più leggero.

«Non starò male su un fiumiciattolo come questo!» borbottò Gimli, e Legolas fece uno strano suono nella gola.

«È così strano udirti parlare all'aria come se ti rispondesse» disse, scuotendo di nuovo il capo «Strano invero!»

«Ah, un Elfo chiama un Nano strano? Questa sì che è una battuta» sbuffò Gimli, con gli occhi che brillavano «E per tua informazione, il mio congiunto mi risponde. Lo so che lo fa. Lo percepisco, anche se non lo sento con le mie orecchie.»

«Con le orecchie che hai, avrei pensato che tu potessi udire tutto» mormorò Legolas.

«Io non scherzerei delle orecchie altrui se fossi in te, appuntito» disse Gimli tranquillo.

«Appuntito!?»

«Questo ti insegnerà a scherzare dell'altezza di un Nano» disse Gimli, e sorrise di nuovo.

«Appuntito» disse Legolas sottovoce, imbronciato, e una delle sue mani si alzò per toccare la punta del suo orecchio.

«Gli alberi diminuiscono sulla riva orientale» disse Gimli, annuendo «Ci stiamo avvicinando agli Emyn Muil.»

Legolas lasciò il suo orecchio, e si portò le ginocchia al petto. «Aragorn ti ha detto dove andremo una volta che raggiungeremo Tol Brandir e il Rauros?»

«Nay, non ancora» sospirò Gimli «Non so cosa faremo. Mordor è ad est, ma Boromir tornerà alla sua città non importa quale strada l'Anello prenda. So che il cuore di Aragorn desidera la vista di Minas Tirith. L'ho sentito parlarne con Boromir, a Lórien.»

«Anch'io» disse Legolas «Non sapevo che avesse servito nell'esercito di Gondor.»

«Di quanti alias ha bisogno un Uomo?» disse Gimli, e sbuffò «Un peccato che non abbia mai servito col proprio nome.»

«Non penso che sappia più quale sia» disse Legolas tristemente «Lui è Aragorn per la Compagnia, Granpasso nel Nord, Thorongil a Rohan e a Gondor, Elessar per la Dama Galadriel, ed Estel per Lord Elrond. Dev'essere difficile.»

Gimli scrollò le spalle. «Come indossare una giacca diversa» disse.

Legolas batté le palpebre, e portò il suo sguardo snervante sul Nano. «Lo dici come se tu sapessi cosa voglia dire avere un nome diverso» disse.

«Aye, lo so, o no?» Gimli aggirò cautamente una roccia e si girò in avanti, guardando il Grande Fiume «Non importa, ragazzo. Non dovresti saperlo.»

«Non siamo amici?» lo sfidò Legolas «Andiamo, Gimli, dimmelo! Dove e quando allora hai scelto questo nome?»

«Alla mia nascita» disse Gimli brusco, e i suoi occhi divennero duri «E no, non dirò altro.»

Thorin gemette. «Finalmente, stai imparando un po' di discrezione, inùdoy

«Alla tua nascita? Dunque Gimli non è il tuo nome?» Legolas sembrava ferito, abbassò il capo e allontanò gli occhi.

«Gimli è il mio nome, aye» disse il Nano, e poi sospiro, abbassando il capo «Il mio nome d'uso... li chiamiamo “nomi del giorno” o “nomi del cielo”. Mio padre lo scelse per me. Ne ho un altro, più profondo, che posso dire se non al mio Uno e alla mia famiglia; mai detto sotto il cielo aperto; mai scritto, nemmeno sulla mia tomba. Mi dispiace se ti ho offeso. È un...» i suoi occhi si alzarono «argomento delicato tra i Nani. Nessuno dona il proprio Nome Oscuro facilmente.»

Le labbra di Legolas si aprirono in meraviglia, e guardò Gimli con interesse. «Avevamo udito voci dei nomi speciali dei Nani» disse. Gimli grugnì.

«Sono vere»

Thorin fece un urlo di irritazione. «Gimli! Pazzo idiota con la testa rossa! Aveva appena detto che non gli avresti detto altro!»

«Ah, si è arrabbiato. Vedi? Argomento delicato» disse Gimli «Tu non conosci la curiosità degli Elfi, Signore. Mi avrebbe assillato con i suoi occhi tristi e domande impertinenti fino a che non gli avessi detto più di ciò che detto ora.»

«Non so decidere se dovrei essere offeso o meno» disse Legolas.

«Meglio di no» disse Gimli, contraendo la bocca. Thorin poteva a malapena credere che questo Nano oltraggioso stesse nascondendo un sorriso. «Ci sono già abbastanza offese in circolazione.»

«Vero» disse Legolas impertinente «Ma non è sorprendente.

Gimli girò il remo col polso, e un arco d'acqua fu lanciato in aria per bagnare la testa dell'Elfo. Thorin non poté rimanere arrabbiato alla vista di Legolas coi capelli pallidi attaccati al cranio e gli occhi infuocati, mentre Gimli lanciava indietro la testa e rideva la sua allegra risata tuonante.

«Ridi ora, Mastro Nano» disse Legolas a denti stretti «Ti avverto, la mia vendetta sarà rapida e senza pietà.»

«Seee, sto tremando» rispose Gimli, e le sue risate profonde fluttuarono sull'acqua per i seguenti dieci minuti.

Thorin concesse al movimento gentile della barca di svuotargli la mente. Il basso suono della risata di Gimli, i borbottii dell'Elfo, persino il rumore del remo divenne lontano mentre lui si appoggiava meglio e lasciava che i suoi pensieri vagassero. L'acuto dolore della tristezza che Granburrone gli aveva portato era ancora lì. Il suo cuore era ancora addolorato per Bilbo, e non sarebbe guarito presto. Ma la pace di questo momento... Thorin non aveva mai apprezzato la pace in vita. Non l'aveva mai cercata.

Stava iniziando a vederne i pregi.

Improvvisamente Legolas si alzò, i suoi occhi Elfici fissi sul cielo. Gimli imprecò volgarmente in Khuzdul quando la barca si mosse, e Thorin si riscosse dai suoi pensieri.

«Elfo folle, stai cercando di farci cadere in acqua!» abbaiò Gimli.

«Lo vedi?» disse Legolas, la sua voce rapida e acuta. Le sue narici erano strette per la paura improvvisa. «Vedi quella forma scura nel cielo?»

Gimli e Thorin si voltarono, e Gimli fece un suono ruvido. «Non vedo nulla oltre al cielo e alle nuvole. Cos'è?»

«Quell'oscurità...» disse Legolas, e tremò. Il suo volto sembrava anche più pallido coi suoi capelli dorati appiccicati alla testa. Tirò fuori il suo arco e incoccò una freccia con mani rapide come il battito di ciglia.

Gimli si accigliò, e poi alzò la testa, guardando il cielo. Poi sbiancò.

«Lo vedo» sussurrò Thorin.

«Così freddo sembra» disse Gimli, le sua mani immobili sul remo e le dita strette come fosse la sua ascia «Così sporco. Come il Balrog...»

Improvvisamente, nell'aria risuonò un alto, penetrante strillo. Nella barca davanti, Frodo si piegò in avanti, stringendosi la spalla e ansimando. Sam lo aiutò, il suo volto bianco e pieno di terrore.

«Tolo na» mormorò Legolas «Elbereth Gilthoniel!» e poi scoccò la freccia in modo così elegante che sembrò quasi che avesse accarezzato l'aria.

L'acuto, stridulo strillo si mozzò, e la forma scura cadde dal cielo.

Gimli fece un lungo respiro tremante. «Un buon tiro, ragazzo.»

«Ma chissà quale fu il bersaglio?» Legolas rimase in piedi, i suoi occhi acuti ancora cercavano dove la forma oscura era caduta «Quell'urlo! Non ho mai sentito un grido del genere.»

«Ma Frodo sì» disse Thorin, e si voltò verso il giovane Hobbit. Sam gli stava sciacquando il viso con l'acqua del fiume, e Frodo aveva ripreso un po' di colore. Il resistente Hobbit spinse gentilmente via il suo amico a parlò in fretta con Aragorn, che annuì, ma Thorin era troppo lontano per sentire la risposta.

«Ci fermiamo?» urlò Boromir «Cos'era quella cosa?»

«Continuiamo! La corrente è rapida e ci porterà via da esso!» gridò di rimando Aragorn.

«Frodo! Sta bene Frodo?» disse Pipino, sporgendosi dalla barca, il suo piccolo viso birichino tirato dalla preoccupazione.

«Sto abbastanza bene» disse Frodo, e si massaggiò la spalla «Continuiamo.»

«Cos'era quello?» urlò di nuovo Boromir, e il suo volto era pieno di preoccupazione per gli Hobbit.

«Credo... no, non ho intenzione di dirlo» disse Frodo, e si voltò.

«Ebbene, lodati siano l'arco di Galadriel e la mano e la vista di Legolas!» disse Gimli, levandosi l'elmo e massaggiandosi la fronte sudata «Quella di certo non era un'aquila cacciatrice.»

Legolas sorrise. «Grazie, amico mio.»

«Ora siediti prima che entrambi finiamo fradici» Gimli raccolse il remo a guardò l'Elfo. Legolas fece una pausa, e una miriade di espressioni gli passò sul volto: furia, gratitudine, divertimento, stupore. Poi scosse il capo e rise piano, prima di sedersi di nuovo.

«Portaci avanti, Gimli» disse, facendo un gesto con la mano sottile.

La corrente era rapida davvero, e fecero dei buoni progressi per nell'ora successiva. Gimli e Legolas parlarono poco. A un certo punto Gimli iniziò a cantare una vecchia canzone da miniera su una Nana e un lupo. Il ritornello parlava dell'aspetto meraviglioso che aveva lei in inverno nel suo abito in pelle di lupo.

«La tua musica è così profonda e calda, che le rocce potrebbero iniziare a ballare e rotolare» commentò Legolas.

Gimli sbuffò. «È una canzone da miniera, ragazzo. Non è esattamente raffinata.»

«Non ho detto che non mi piacesse»

«Oh» Gimli si accigliò, e poi ricominciò da dove si era interrotto; il suo remo lampeggiava sulla superficie del grande fiume.

Quando finì, Gimli sorrise all'Elfo. «Ora canta tu, avanti! Renderà il viaggio più veloce e il lavoro più leggero.»

«Non credo ti piacerebbero le nostre canzoni»

«Ah, non possono essere tutte alberi e stelle e tragedie, vero?»

«Che osservazione interessante da fare» disse Legolas asciutto.

«Però è vero» grugnì Thorin.

Gimli ghignò. «Mi stai dicendo che non ci sono canzoni che cantano i popolani, nemmeno quando bevono?»

«Conosco una canzone sui barili» disse Legolas, e il suo volto era di nuovo impassibile e freddo e distaccato.

«Osi» ringhiò Thorin. Il ghigno di Gimli scomparve, e il suo volto fu attraversato da un'espressione nervosa.

«Sì, allora forse è meglio di no»

«Il tuo congiunto ne ha preso offesa?» disse Legolas con voce distante.

«Aye, diciamo così» Gimli si passò una mano fra i capelli, che brillavano di rubini e oro e topazi nella luce del sole «Non era la cosa più diplomatica che potessi dire, ragazzo.»

Thorin incrociò le braccia e ringhiò verso l'Elfo. «Ci deridi, e direttamente in faccia. Come osi, figlio di un traditore, cucciolo di uno spezza-giuramenti, prole di un falso alleato! Ti chiami suo amico? Ha! Non sei degno di lavargli i piedi!»

«Pace!» tuonò Gimli, e si massaggiò il naso tra le dita robuste e gemette ad alta voce «Povero me, questo potrebbe essere interessante, o no? Mio signore, calma la tua rabbia. Legolas non voleva offendere. Legolas, non sono irritato, non serve che tu stia seduto dritto come una lancia! Vorrei che ci fosse pace su questa baca tra i vivi e i morti, oppure nuoterò fino a riva e camminerò là, rifiutando ogni compagnia. Aye, perfino la tua, Thorin Scudodiquercia! Urla quanto vuoi, ma non ti risponderò.»

La bocce di Thorin si chiuse e la sua rabbia gli si congelò nel petto. Gimli gli impartiva ordini? Lo minacciava?

Bene.

«Hai imparato bene la lezione» borbottò lui, e si sedette accanto al Nano più giovane «Essere ignorato o allontanato da te è l'unica minaccia che avrebbe potuto funzionare.»

«Sei arrabbiato con me, Signore?» disse piano Gimli.

«No» sospirò Thorin «No, Gimli. Devo rispettare la tua scelta anche se non mi piace. Non mi piace! È un eufemismo.»

«Sono felice che non sei furioso» disse Gimli, e la tensione si prosciugò dalle sue enormi spalle «Ho qua due amici, e non voglio che litighino per la mia lealtà.»

«Sei sicuro, Gimli?» disse Legolas, e la sua freddezza diventò ansia «Ti canterei una canzone se ne conoscessi una che non offenderebbe. Ma come dici, parlano tutte di alberi e luce stellare... e tragedia.»

«Beh» disse Gimli, e si stiracchiò «Tu puoi venire ai remi per un po', e io fumerò, e tu puoi cantarmi degli alberi e delle stelle. Niente tragedie, però. Potremmo finire col vederne fin troppe, prima di terminare i nostri affari.»

«Hai senza dubbio ragione» disse Legolas, e muovendosi lentamente e cautamente si scambiarono posizione. Thorin si trovò seduto accanto all'Elfo dopo pochi secondi, e scattò in piedi e si spostò dietro a Gimli, guardando male la creatura da sopra la spalla di Gimli.

«Perché senti il bisogno di far passare il tempo più in fretta?» disse Legolas ricominciando a remare, la sua testa piegata.

Gimli fece una pausa nel preparare la sua pipa. «Tu non lo fai? Quando tutto è lento e noioso?»

L'imperscrutabile confusione dei Primogeniti passò sul volto di Legolas. «Non capisco.»

«Beh, gli Elfi non si annoiano mai?»

«Sì» disse Legolas «Particolarmente per colpa di Nani troppo rumorosi e del loro russare.»

«Impertinente!» Gimli si raddrizzò, e poi notò che Legolas stava ridendo silenziosamente «Oh, e questa era la tua vendetta? Non era granché.»

«No, no, la mia vendetta sarà terribile, vedrai» disse Legolas, sorridendo «Passando alla tua domanda, però – è difficile da spiegare. Per gli Elfi il mondo si muove, e si muove sia molto veloce che molto piano. Veloce, perché loro cambiano poco, e tutto il resto vola: è un dolore per loro. Piano, perché non contano gli anni che passano, non per loro. Le stagioni che passano sono solo onde ripetute in un lungo lungo torrente.»

«Uhm» disse Gimli, e la sua sopracciglia dritte si aggrottarono mentre pensava «Quindi era un no?»

Legolas ridacchiò. «È un a volte. I Nani si annoiano?»

«Aye, spesso. In genere per colpa della pomposità Elfica»

«Oh, molto intelligente» disse Legolas scherzoso.

«Grazie molte, anche a me piaceva» Gimli chinò la testa educatamente, e poi accese la sua pipa «Un Nano è raramente annoiato. Il lavoro è infinito, e la bellezza chiama da ogni roccia e pietra e metallo. Quando le nostre mani sono impegnate, siamo felici. Però, a volte le nostre mani sono impegnate in qualcosa di molto noioso, e quindi servono delle canzoni per rendere il lavoro nuovamente bello.»

Superarono un'ansa del fiume dove gli alberi erano piegati sull'acqua come dita, e poi il fiume si aprì in un grande bacino. «Guardate!» disse Aragorn, e fece un cenno dinnanzi a sé.

Gimli guardò su, e sussurrò un'imprecazione in Khuzdul. Un piccolo suono di meraviglia giunse dall'Elfo. Thorin si voltò e vide in lontananza due grandi pilastri di pietra, come pinnacoli di roccia, ingrigiti e rovinati dalle Ere.

«Mirate gli Argonath, le Colonne dei Re!» urlò Aragorn, e poi divenne chiaro: due enormi statue, gigantesche figure umane delle leggende, che tenevano le mani alzate in segno di avvertimento. Entrambe guardavano il Nord con fronti nobili e occhi sfocati, il lavoro antico che si sfaldava. I guardiani silenziosi degli antichi regni erano ancora in piedi, a guardia della loro terra, disfacendosi nella pietra eppure ancora pervasi di grande potere e maestosità. Thorin non aveva mai visto lavori in pietra tanto grandi prima, e esclamò in meraviglia e apprezzamento.

«Ukratel» sussurrò e venne ripetuto da Gimli.

«Da tempo desideravo mirare le sembianze di Isildur e di Anárion, antichi re della mia terra» udì vagamente Aragorn dire. Poi l'Uomo sospirò e chinò il capo. «Se Gandalf fosse qui! Quale nostalgia ha il mio cuore di Minas Anor e delle mura della mia città! Ma dove mi porteranno ora i miei passi?»

«Prendiamo la via di trasporto sopra ad Amon Hen?» urlò Boromir. Nella sua barca, Merry e Pipino stavano fissando le grandi statue con occhi tondi e bocche comicamente spalancate.

«Sì» rispose Aragorn, stringendo le spalle. Thorin si accigliò. Il capitano dubitava forse delle sue decisioni?

«Dobbiamo lasciare il fiume prima che la corrente ci faccia superare Tol Brandir e ci porti nelle cascate» disse Legolas.

«La riva sinistra è troppo poco riparata, e i nemici ci hanno seguiti in queste ultime notti» disse Aragorn «Andate verso la riva occidentale. Ci accamperemo qui stanotte.»

Boromir sembrava estremamente compiaciuto della decisione, e con cuore pesante Thorin si ricordò che la sua città era a ovest del fiume, non ad est. Avrebbe presto lasciato la Compagnia per andare dal suo popolo.

«Alla Compagnia mancherà un tale guerriero» mormorò.

«Porteremo le barche?» chiese Legolas mentre il ruggito del Rauros cresceva.

«Non sarebbe facile, nemmeno se fossimo tutti Uomini» disse Boromir.

«Però anche così tenteremo» disse Aragorn.

«Aye, lo faremo» disse Gimli «Le gambe degli Uomini cederanno su un pessimo terreno mentre un Nano va avanti, anche se il peso fosse il doppio del proprio, Mastro Boromir!»

«Thorin» giunse una nuova voce, e lui si voltò per trovare suo nonno in piedi a disagio a prua della barca «Vieni, sei stato qui abbastanza.»

Diede a Gimli un'occhiata piena di rimorso. «Me ne vado ora, mia stella» disse, ingoiando orgoglio e risentimento «Tornerò domani.»

«Se ne va?» Gimli si raddrizzò, e come risultato l'arco d'acqua che giunse dall'aria gli spruzzò il petto robusto e non la testa. La sua pipa sfrigolò quando venne bagnata, e Gimli la guardò e poi guardò l'Elfo ridacchiante con uno sguardo che parlava eloquentemente di asce.

«Te ne pentirai, amico mio» disse lentamente e chiaramente, i suoi denti bianchi tra i baffi e la barba.

«Ma nel frattempo mi divertirà» ritorse Legolas, e alzò la voce ed iniziò a cantare allegramente.

TBC...

Note

Aragorn ha davvero servito negli eserciti di Gondor e Rohan sotto falsi nomi quando era più giovane. Il suo amore per la sua città e il suo popolo nacque allora. Se ne tenne lontano, dedicandosi all'antico reame del nord di Arnor.

Elbereth è il nome che gli Elfi danno a Varda, Valar delle Stelle e Regina di Aman.

La storia di Zhori è stata influenzata dalle interviste degli attori, che supposero che Dori, Nori e Ori avessero padri diversi e fossero piuttosto lontani in età. Ymrís era la concubina di Re Óin, nelle Montagne Grigie (TE 2238 – 2488)

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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