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Autore: Pandora86    25/05/2015    5 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
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Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 

Capitolo 56. Immortale
 

“Guarda sotto quella poltrona, cavaliere” ordinò Kyle rivolto a Perce.

“Guarda soltanto e riferisci, senza toccare” aggiunse serio.

“Non capisco cosa succede” scrollò le spalle Perce.

“Fa quello che dice, poi ti spieghiamo” lo esortò Gwaine.

“Va bene” acconsentì Perce inginocchiandosi per guardare sotto la poltrona.

“Cosa vedi?” chiese Gwaine dopo meno di un istante.

“C’è qualcosa che luccica” rispose Perce pensieroso, allungando istintivamente la mano.

“Fermati immediatamente”.

La voce di Kyle rimbombò imperativa nell’appartamento e Perce ritrasse la mano come se si fosse scottato.

“Mi avvicino io, voi mettetemi dietro di me” ordinò poi ma Gwaine sbuffò in segno di protesta.

“Non è il caso che ti inginocchi” espresse il suo pensiero ma Kyle gli rivolse uno sguardo rabbioso.

“Non è il caso di soffermarci sulle condizioni del mio inutile corpo quando quello che conta, in questo momento, è solo il mio potere” sibilò a denti stretti.

Gwaine deglutì; che Kyle non amasse essere contraddetto lo aveva sospettato ma l’espressione che aveva assunto in quel momento non era solo disappunto: era rabbia allo stato puro.

Sapeva che l’altro non avrebbe corso pericoli tuttavia non poteva passare sopra alla frase ‘inutile corpo’.

Stava per ribattere quando il campanello suonò, interrompendo così la discussione sul nascere.

Gwaine grugnì riproponendosi, mentalmente, di ricacciare nuovamente l’argomento con l’altro in un momento più tranquillo. Non era intenzionato, infatti, a lasciar correre una cosa così importante.

“Vai ad aprire, no?” la voce di Kyle, rivolta a Perce, lo distolse dalle sue riflessioni.

Kyle vide Perce guardarlo con aria dubbiosa e sghignazzò di rimando.

“Coraggio! A quanto pare, sono arrivati i rinforzi”.

Perce si mosse lentamente verso la porta. Quella situazione era pazzesca: irrompevano in casa sua, davano ordini e non si degnavano neanche di spiegargli nulla.

Fu proprio perché perso in questi pensieri che non focalizzò subito la persona che si trovò
davanti.

“Tu?” sussurrò incerto, quasi non credendo ai suoi occhi.

Gabriel era lì, davanti ai suoi occhi!

Per un momento, Perce provò imbarazzo per il loro ultimo, disastroso, incontro. Tuttavia, non poteva impedire al suo cuore di battere furiosamente alla vista di Gabriel che lo fissava attento sulla soglia della sua abitazione. In quell’istante, non esisteva più nulla. Non c’era Gwaine che, insieme a Kyle, gli aveva invaso la casa. Non c’era la perplessità provata alla visita del
Guardiano biondo e la curiosità riguardo ai suoi ordini strampalati.

C’erano solo loro due e null’altro. Era quasi come una magia… un incantesimo che Perce non aveva nessuna voglia di spezzare.

Si guardarono negli occhi per un lungo istante. In particolare, Perce si sentiva schiacciare da quegli occhi che lo scrutavano… ansiosi.

Sì, ansiosi, era la parola giusta. Quello che non capiva, era il perché!

Provò ad articolare un saluto coerente ma l’altro lo precedette.

“Stai bene?” domandò Gabriel con voce calda e profonda.

“Certo” rispose Perce titubante e vide Gabriel sorridere impercettibilmente.

“Bene!” sussurrò l’ombroso Guardiano, non staccando gli occhi da quelli di Perce.

“Ecco che finalmente ci degni della tua presenza”.

La voce sprezzante di Kyle ruppe l’incantesimo che si era creato. Perce si era totalmente assentato, troppo preso da Gabriel e dai suoi occhi, dimenticando, in questo modo, il trambusto che si stava verificando in casa sua.

Tuttavia, si fece da parte per permettere al Guardiano di entrare. Nonostante la situazione non apparisse più chiara rispetto a pochi minuti prima, una cosa l’aveva capita: stava succedendo qualcosa e stava accadendo in casa sua.

La prova della sua ipotesi era la venuta di Gabriel dopo Kyle.

Altrimenti, perché mai Gabriel si sarebbe recato lì? Di certo, non per vedere lui, considerando anche il modo in cui si erano lasciati! Inoltre, la presenza di Kyle non poteva essere un caso; Kyle, evidentemente, doveva essere solo arrivato per primo.

Per primo verso cosa, era ancora tutto da stabilire, però!

Chiuse la porta, pronto ad ascoltare le novità e sperare, in questo modo, di capire qualcosa.

Gabriel aspettò che la porta fosse chiusa prima di parlare.

“Come mai sei qui?” domandò con espressione truce, rivolto a Kyle.

“Vediamo…” finse di pensarci il biondo. “Forse, perché qualcuno non rispondeva a telefono e ho dovuto decidere da solo” rispose con sarcasmo.

“Stavo guidando” incrociò le braccia Gabriel fissando l’altro severamente. “Inoltre, doveva esserti chiaro che anche io mi stessi recando qui!” concluse sprezzante.

“Esistono gli auricolari, Gabrielino –ino – ino!” cantilenò Kyle.

“O forse” riprese a parlare, con tono volutamente provocatorio, “devo pensare che tu, nella fretta di precipitarti qui, abbia perso lucidità?” e ghignò.

Gabriel lo fissò con sguardo omicida ma non rispose. Avrebbe dovuto aspettarsi che, essendo Kyle il più vicino al luogo in questione, sarebbe arrivato prima di tutti decidendo poi di fare di testa sua senza consultare nessuno.

“Com’è la situazione?” chiese poi, rivolto al biondo.

“Proviene da sotto la poltrona” rispose Kyle con sicurezza, indicando la poltrona con la testa.

Gabriel si concentrò, verificando di persona e annuendo con il capo un istante dopo.

“Non sembra energia malvagia” aggiunse Kyle e Gabriel scosse la testa in segno di disappunto.

“Non sembra energia malvagia ora” precisò, più severo che mai, “ma può sempre decidere di mutare la sua natura” e incrociò le braccia pensieroso.

“In ogni caso, dobbiamo entrare in contatto con l’oggetto e verificare di persona” rifletté Kyle ma Gabriel scosse ancora la testa, disapprovando il piano dell’altro.

“Voglio avere la certezza di quello che possa essere, prima di entrarci in contatto. Se si tratta di un oggetto, come ritengo probabile anch’io, allora non sappiamo quanto la sua natura possa essere mutevole. Un contatto ravvicinato con la nostra energia, e potrebbe decidere di scatenare il suo potere” concluse serio la sua analisi.

“E allora che diamine facciamo?” sbottò Kyle.

Gabriel si prese il mento tra il pollice e l’indice, sospirando pensieroso.

“Vorrei che i quattro elementi fossero tutti presenti, insieme ai nostri generali” parlò lentamente.

“Quindi, aspettiamo la presenza dell’aria e della terra, insieme ai generali di terra e di cielo per creare uno scudo” capì al volo Kyle approvando con un cenno del capo.

“Cioè?” chiese Gwaine, che si era perso gli ultimi passaggi.

Kyle sbuffò ma non rispose mentre Gabriel, guardando di sfuggita Perce, si accinse a spiegare.

“Il nostro gruppo rappresenta tutti gli elementi. Per tirare fuori l’oggetto, preferisco che ci siano gli altri due elementi, in pratica Lenn e Merlìha – aria e terra – e Louis e Phoenix che rappresentano, rispettivamente, la terra e il cielo e simboleggiano quindi l’essenza del pianeta Terra e dell’atmosfera che lo circonda. Sono i nostri generali e stanno a capo di tutte le creature magiche. Riuniti tutti insieme, nessuno correrà dei rischi, dato che saremo pronti a qualsiasi reazione da parte dell’oggetto” spiegò succintamente.

“È un po’ come una riproduzione in scala” aggiunse Kyle. “Riproduciamo, all’interno della stanza, il pianeta con i suoi elementi al fine di contenere, nel perimetro di questa casa, tutti i possibili effetti dell’oggetto”.

Proprio in quel momento, suonò nuovamente il campanello.

“Parli del diavolo…” ridacchiò Kyle.

Perce stavolta fu lesto ad aprire e Lenn e Merlìha, insieme a Lance e Gwen, fecero il loro ingresso nella stanza. Subito dopo, comparvero Louis e Phoenix seguiti da Leon e Lance.

“Tutti insieme?” li sfotté Kyle.

“Ci siamo incontrati giù con Louis e Phoenix” spiegò Lenn con calma, “e abbiamo deciso di salire tutti insieme”.

“E come mai, anche i cavalieri sono al completo?” indagò Gabriel sospettoso.

“Diciamo che sono state delle coincidenze. Erano tutti in nostra compagnia e hanno deciso di venire con noi” spiegò Lenn vago.

“Ma che bella comitiva! A quando la prossima scampagnata?” li sfotté Kyle, con un sorriso sarcastico di chi la sapeva lunga.

“Si organizzano senza di noi, Gabrielino!” finse di piagnucolare e poi sorrise cattivo.

“Non è il momento per parlare di queste cose” gli ricordò Lenn con calma e Merlìha ridacchiò.

“Anche se ti avessimo avvertito, dubito che saresti potuto venire conciato in quel modo!” rispose a tono la Guardiana, guardando l’altro con espressione supponente e portandosi le mani alla vita.

Touché!” esclamò Kyle ridendo.

“Com’è la situazione?” domandò Lenn, provando a riportare la conversazione sull’argomento principale.

“Riproduciamo il potere del pianeta per tirarlo fuori. È sotto la poltrona” spiegò Kyle in maniera spiccia e Lenn annuì.

“Qualche idea su come sia nato?” chiese Merlìha e sia Gabriel sia Kyle scossero la testa.

“Credo che potrebbe rivelarci molto una volta tirato fuori” si espresse Gabriel.

“Indenti dire che potremo interrogarlo, fratello?” chiese ancora Merlìha ma Gabriel scosse la testa pensieroso.

“Non so che tipo di reazione possa avere una volta spostato dal suo luogo di nascita” si espresse dubbioso.

“Sempre se il luogo di nascita è questo” intervenne Kyle serio e Gabriel lo guardò perplesso.

“Come potrebbe un oggetto venuto alla vita da poco teletrasportarsi in un altro luogo?” chiese scettico.

“Non sappiamo quanto sia potente!” gli fece notare Kyle. “E non credo sarà tanto propenso a farsi interrogare” si espresse ancora assottigliando gli occhi in un’espressione attenta.

“Cerchiamo comunque di svegliarlo con cautela. Credo che il suo potere sia ancora addormentato” si espresse Lenn e tutti gli altri annuirono.

Fu proprio in quel momento, che il campanello suonò nuovamente. Tutti i presenti nella stanza si osservarono perplessi.

“Aspetti qualcuno?” domandò Gabriel serio rivolto a Perce, e questi scosse il capo in segno di diniego.

“Allora, può esserci solo una persona dall’altra parte della porta” esclamò Kyle con disappunto, lasciando che le sue labbra assumessero una linea sprezzante mentre osservava tutti i presenti nella stanza.

“Dannazione!” imprecò poi sotto voce. “E adesso, dove li nascondiamo tutti i cavalieri?” domandò ironico.

“C’è anche il Re con Lui” intervenne Louis e Phoenix confermò con il capo.

“Che olfatto!” si complimentò Kyle.

“Io, invece, riesco a sentire l’energia del Diamante Bianco!” esclamò Merlìha. “Il Re deve averlo portato con sé” concluse.

“In effetti, non è l’energia del Diamante Bianco che mi preoccupa” si espresse Kyle, “ma quella del Diamante Nero che sento abbastanza irritato”.

“Lo avverto anch’io!” esclamò Gabriel pensieroso. “Evidentemente, il Re deve aver riconosciuto le varie automobili parcheggiate qui sotto” concluse.

“Quindi, sa già chi c’è in questa stanza” rifletté Lenn. “Per questo è così irritato”.

“Non possiamo farlo entrare in questo stato” sbottò Kyle.

“E come pensi di fermarlo, giunti a questo punto?” rispose Gabriel rabbioso.

Un secondo suono, proveniente dal campanello, li distolse tutti da quel dialogo.

“Non ci resta molta scelta” decise allora Gabriel avanzando verso la porta. “È meglio che sia io ad aprire” si rivolse poi a Perce, guardandolo di sfuggita.

“Prepariamoci ragazzi” fece ironia Kyle, “che la serata sta per finire col botto”.
 

***
 

“Gli oggetti magici sono proprio come le persone: volubili e con un proprio carattere” spiegò Merlino in risposta alle domande di Artù.

Per recarsi a casa di Perce, avevano preso l’automobile di Artù; quella di Merlino, infatti, era troppo vistosa e, dato che non sapevano quanto tempo sarebbero rimasti da Perce, era meglio provare non dare nell’occhio.

“Come mai hai detto che quest’oggetto in particolare è venuto alla vita da poco?” chiese ancora Artù.

“Perché ho avvertito un’anima infantile, proprio come quella di un neonato. Se vi capitasse di sentire un pianto, non avreste problemi a decidere se si tratta di un pianto di un neonato, di bambino più grande oppure di quello di una persona adulta” spiegò con calma, cercando di essere il più esauriente possibile.

Artù, sentendo quelle risposte, non riuscì a trattenere una domanda.

“E la Coppa della Vita?” chiese, al culmine della curiosità.

“Cosa intendete?” domandò Merlino perplesso.

“È un oggetto antico, no?” chiese ancora Artù.

“Direi proprio di sì!” rispose Merlino con ovvietà.

“Che carattere ha?” domandò allora Artù, andando con la memoria a ricordi appartenenti a un’altra vita.

Merlino ridacchiò, forse ripensando anche lui a quando, più di dieci secoli prima, i druidi l’avevano affidata a lui.

“È la madre di tutti gli oggetti” spiegò pacato. “Probabilmente, è venuta al mondo con il mondo stesso, tanto antica quanto saggia. Nessuno stregone l’ha forgiata, è venuta alla vita naturalmente, proprio come l’uomo e le altre forme di vita” concluse.

Artù annuì pensieroso assimilando tutte quelle informazioni, cercando di farne tesoro, e sperando che gli sarebbero potute tornare utili in un futuro prossimo, quando avrebbe imparato
a controllare l’anello.

Rivolgersi all’anello, creando un contatto mentale, era stato facile tanto quanto impugnare la sua spada. Ora che Merlino gli aveva dato quelle informazioni, sapeva inoltre di avere a che fare con un oggetto che aveva proprio carattere e che avrebbe dovuto imparare a conoscere, al fine di poterlo usare con saggezza.

Quello che lo intristì fu, però, il fatto che Merlino non gli avesse dato nessuna informazione su come controllare l’anello. Proprio come dieci secoli prima, lo aveva consegnato e basta.

Sicuramente, non lo riteneva in grado di poterlo controllare né, tantomeno, di poterlo interpellare.

Era molto bassa la considerazione che Merlino aveva di lui in questo secolo e le cose erano molto diverse rispetto a dieci secoli prima quando Artù sapeva che, comunque sarebbero andate le cose, avrebbe avuto la stima del suo fido servitore. Molto spesso, infatti, Merlino lo aveva incoraggiato, forse dandogli più meriti di quanti in realtà ne avesse. Adesso, invece? Cosa rimaneva di quell’amicizia pura e di quella fedeltà incondizionata? Possibile che tutto fosse disperso come cenere al vento?

Artù sapeva che le cose non erano più come allora e sapeva che non c’entrava solo l’anello che Merlino portava al dito.

Erano stati i secoli a fare la differenza. A Camelot, infatti, erano stati l’uno il banco di prova dell’altro, crescendo insieme e fortificandosi a ogni battaglia che si presentava, chi nello spirito, chi nel potere.

Adesso, invece, Merlino aveva più di dieci secoli di vita sulle spalle. Dieci secoli in cui aveva vissuto chissà quante cose e in cui aveva imparato ad amministrare con saggezza il suo potere.

Un potere che, Merlino stesso, aveva scoperto essere infinito.

Chissà come aveva reagito, quando aveva scoperto di essere immortale. Chissà come aveva reagito, quando aveva capito cosa effettivamente il suo potere potesse fare.

E il suo corpo, poi? Quando aveva iniziato a risentire della dualità con cui la natura lo aveva messo al mondo, come aveva reagito?

Artù non conosceva le risposte a tutti quei quesiti. Tuttavia, sapeva per certo che Merlino, alla scoperta di tutte queste cose, doveva aver avuto paura. Una paura tanto grande da sentirsi schiacciato. Doveva aver provato la disperazione di chi non ha scampo.

Nel secolo attuale, non erano più coetanei; nel secolo attuale, Merlino era un uomo fatto e finito che sapeva esattamente qual era il suo scopo nel mondo.

Era per questo, forse, che non aveva ritenuto opportuno spiegargli nulla. Probabilmente, pensava che l’anello, fra qualche decennio, sarebbe ritornato da lui.

Fu in quel momento che ad Artù apparve la verità chiara nella mente: Merlino lo riteneva un piccolo uomo mortale.

Fu in quel momento che Artù capì che Merlino non aveva idea di come il suo Re fosse tornato.

E la cosa pazzesca era che Merlino non poteva essere all’oscuro di una cosa così importante, una cosa di cui erano a conoscenza anche i suoi fidati amici, i suoi cavalieri.

Tutto faceva parte di un unico dialogo avuto con la Dama, quando lei, accingendosi a compiere l’incanto che lo avrebbe ricongiunto al suo corpo originario, gli aveva chiesto come avesse intenzione di tornare.

Artù sapeva che per gli altri cavalieri non era stato lo stesso. Ne avevano parlato spesso in passato fra loro e nessuno di loro aveva chiaro come sarebbe scattato il processo di immortalità una volta che il Re si fosse ricongiunto al suo corpo originario. Tuttavia, era chiaro a tutti che lui, Antico Re di Camelot, aveva potuto scegliere. E aveva scelto l’immortalità.

Sapevano tutti che il Re sarebbe tornato con uno scopo fondamentale: ricongiungersi alla sua parte mancante.

D’altro canto, le basi storiche che avevano posto i Guardiani stessi, quando si erano occupati di Camelot, servivano proprio a questo scopo. Tutte le profezie, tutte le scelte effettuate, servivano ad adempiere un’unica grande verità, servivano a un unico e solo scopo: fare in modo che le due facce della stessa medaglia si ricongiungessero per sempre.

Anche i cavalieri erano a conoscenza di questo particolare e, da veri e unici cavalieri di Camelot, avevano scelto di tornare per onorare il giuramento fatto in un’altra vita.

Solo in quel momento, Artù si rese conto che Merlino era all’oscuro di tutto questo. Inoltre, gli tornò alla mente un particolare di quando l’altro aveva localizzato l’oggetto tramite la cartina.

“Non sapevi dove abitava Perce, vero?” chiese Artù guardando con attenzione la strada ma scrutando di sottecchi la persona che gli era accanto.

“Non ne avevo idea” rispose Merlino con una semplicità agghiacciante. “I Guardiani si sono sempre occupati di voi, non io” concluse, ammettendo una verità più tagliente di una lama con la stessa leggerezza di chi parla del tempo.

Proprio come un fastidioso oggetto, allo stesso modo, Merlino aveva delegato la questione del loro ritorno ad altri, non avendo intenzione di averci nulla a che fare.

Artù sospirò pesantemente decidendo di rimanere in silenzio per valutare meglio la situazione.

Solo facendo un sunto, forse, avrebbe trovato una linea di condotta coerente da poter adottare.

D’altro canto, tutto si era aspettato al suo ritorno, tranne questo. Sapeva che avrebbe trovato un Merlino potente. Sapeva che avrebbe accompagnato un essere immortale, scegliendo a sua volta l’immortalità. Sapeva anche che, questa immortalità, gli era dovuta tanto quanto era dovuta all’altro, essendo loro due parti di una stessa anima. Per questo, per lui c’era stata un’eccezione. In fondo, era abbastanza logico che due parti di una stessa cosa dovessero essere uguali anche negli opposti. Due immagini speculari.

E se Merlino era immortale, come non poteva essere lo stesso anche per lui?

Come avrebbe potuto accompagnare un essere immortale se per lui non fosse stato lo stesso?

Inoltre, sapeva anche perché era stata necessaria una preparazione ad Avalon; come avrebbe potuto, infatti, comprendere questi difficili concetti quando era agli albori della sua prima vita?

Però, quello che non si aspettava era l’indifferenza di Merlino verso di lui. Si era aspettato odio, rabbia, ironia ma non indifferenza. Inoltre, non si era aspettato che Merlino fosse all’oscuro della sua situazione.

No! Quello era stato veramente inaspettato!

Però, non ne faceva una colpa dell’altro. Per Merlino, questi dieci secoli, dovevano essere stati insostenibili da vivere in un corpo mortale. Un corpo fragile!

Non come lui che, sotto forma di energia, si era preparato, soffrendo per la separazione dall’altro e vivendo nell’attesa di ricongiungersi alla sua metà.

Artù, inoltre, si rendeva conto di dover affrontare al più presto questi argomenti con Merlino stesso. E, fra le altre cose, anche fare i conti con l’anello che Merlino portava.

Era stata una scoperta sconcertante sapere che Merlino realmente credeva che lui sarebbe nuovamente morto. Cosa diamine era tornato a fare, allora, se la morte lo avrebbe nuovamente separato dall’altro?

Sbuffò, stringendo con più rabbia del dovuto il volante e provando a tenere a freno la lingua.

Passasse il fatto che Merlino, sotto l’influenza dell’anello, provasse odio nei suoi confronti.

Passasse il fatto che le condizioni in cui riversava il corpo dell’altro gli fossero ancora precluse, dato che nessuno si era ancora degnato di dirgli quali fossero i reali problemi di salute di Merlino.

Ma che l’altro fosse totalmente ignorante sull’incanto che era stato eseguito per il suo ritorno, beh, su questo, Artù non poteva passarci sopra.

Tuttavia, sapeva anche di doversi trattenere. Per il momento, dovevano risolvere la situazione a casa di Perce, qualunque essa fosse. Poi, Artù avrebbe agito.

Accostò, ringraziando mentalmente di essere arrivato.

“Siamo arrivati!” esclamò, con voce più dura di quanto volesse.

Merlino se ne accorse e lo guardò perplesso.

“Siete rimasto lunatico, a quanto vedo” lo sfotté scendendo dalla macchina.

“Bene, c’è anche Gabriel! Quella è la sua automobile”.

Artù annuì e osservò le altre macchine parcheggiate.

“Ci sono anche Gwaine, Leon e Lance. Quelle sono le loro automobili” esclamò.

“E cosa diamine ci fanno qui?” chiese sospettoso l’altro.

“Non ne ho idea!” scosse il capo Artù.

Merlino sogghignò, prima di sospirare.

“Ma che bella riunione di amici di vecchia data” sbottò duro e Artù notò quanto i lineamenti dell’altro si fossero induriti a quella frase.

Ringraziò mentalmente la presenza di Gabriel. Non aveva dimenticato, infatti, quanto Merlino faticasse a mantenere lucidità in sua presenza.

Non aveva dimenticato l’energia che il diamante nero aveva sprigionato, quando Merlino era stato provocato.

La prova era il repentino cambio d’umore che l’altro aveva avuto.

Si appellò al Diamante Bianco, nella tasca della sua giacca e seguì velocemente l’altro che, senza una parola, si era avviato per recarsi da Perce.

Solo il Diamante, infatti, avrebbe potuto aiutare Merlino a mantenere lucidità in presenza di tutti loro.

Salirono le scale in silenzio, il più velocemente possibile e Artù non faticò a notare il modo in cui l’altro aveva aperto il portone d’ingresso.

L’avrebbe notato anche un cieco dato che si era spalancato con forza, una volta che Merlino si era avviato verso l’abitazione di Perce.

Artù non poteva lasciare che la rabbia di Merlino prendesse il sopravvento. Fu per questo che lo affiancò, tenendosi pronto a qualsiasi evenienza.

Ora toccava a lui salvare l’altro e non si sarebbe tirato indietro. Per nessuna ragione al mondo.
 

Continua…
 

Note:
 

In questo capitolo, spiego meglio cosa rappresentano Louis e Phoenix anche se l’argomento sarà approfondito meglio nei capitoli più avanti.

Inoltre si scopre anche un’informazione fondamentale sul corpo di Artù e su come Artù abbia deciso di ritornare. Spero di avervi un po’ sorpreso con questo colpo di scena anche se comunque, anche questo argomento, sarà approfondito nei capitoli più avanti. L’immortalità del
Re, e quindi questa svolta nella storia, viene anche menzionata da Gabriel nel capitolo 33.

Come sempre, attendo ansiosa i vostri commenti. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.
 
Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Pandora86
 
  
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