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Autore: Liberty89    25/05/2015    2 recensioni
Ciò che l’eroe dei mondi non credeva possibile era il declino mentale che potesse subire una persona, che per troppo tempo era rimasta in stretto -strettissimo in realtà- contatto con l’Oscurità, anche a distanza di mesi. Sapeva che la gente tendeva a impazzire e fare cose che normalmente non avrebbe fatto, quando si faceva corrompere dal potere oscuro, ma non pensava davvero che qualcuno potesse dare i numeri.
Piccola (credo) fan fiction nata dalla visione di un'immagine su facebook, che narrerà le avventure di Capitan Riku e Mr. Paopou.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riku, Sora, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Ben ritrovati amanti dell'avventura! Con oggi, i patimenti di Sora il Martire avranno termine, ma non la fanfiction! Eh no ù.ù Settimana prossima la chiuderò con un extra e solo allora potrà dirsi completa. Ma torniamo a noi. Spero che siate curiosi di scoprire come Capitan Riku ci lascerà e che il capitolo non vi risulti troppo pesante, perché mi sono resa conto che è venuto molto più lungo rispetto agli altri.
Prima di lasciarvi, ringrazio Exodd per aver messo la fic tra le seguite! E ovviamente ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che mi hanno seguita fin qui :3
Buona lettura!


Episodio 10: Fuoricampo - Capitan chi?


Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo. Gli sembrava di essere tornato a quando era ancora un ragazzino ingenuo che passava le nottate a guardare il cielo, cercando di capire se quelle che vedeva erano realmente stelle o se erano qualcos’altro come supponeva il suo migliore amico, oppure cercando risposte a mille e più domande, mentre sognava la partenza con la zattera che avrebbero costruito.
Quella sera, però, Sora scrutava la volta celeste alla ricerca di un segno, uno qualunque, che indicasse l’arrivo di una gummiship e con essa la sua salvezza, perché sentiva di aver raggiunto il fondo del baratro. L’unica cosa positiva che aveva ricavato da tutta quella storia era un netto miglioramento della sua media scolastica e sua madre non poteva che esserne felice, ma allo stesso tempo non voleva che ci rimettesse la salute perché gli era sembrato stanco nell’ultimo periodo. Poteva dirle che ormai della sua salute sia mentale che fisica, era rimasto molto poco? Ovviamente no, quindi l’aveva rassicurata con un sorriso e un bacio sulla guancia prima di ritirarsi nella sua stanza e sedersi sul davanzale della finestra. Dalla volta in cui era stato aggiunto il mantello a forma di frutto paopou, elemento che aveva così completato la sua sfavillante mise, il custode aveva preso quell’abitudine per rassicurare se stesso e il proprio cuore, per dirsi che non era solo e che presto sarebbe giunta la cura per la pazzia radicale che aveva colpito Riku.
Quando giunse il sassolino e la pessima imitazione di un miagolio -chiunque avrebbe pensato a quale atroce destino stesse affrontando la povera bestia per lamentarsi così- l’eroe dei mondi si preparò psicologicamente a un’altra notte d’infruttuosa ronda alla ricerca di nemici assenti. Quelli inesistenti, a conti fatti, già li aveva affrontati.

La mano che gli si posò con fermezza sulla spalla destra per un attimo lo rese incapace di respirare.
-Allora Sora, sei pronto?- domandò l’argenteo con un sorriso accennato.
Sora, non Mr. Paopou, rifletté il castano, ricordandosi che era giorno e che si trovavano davanti al cancello della scuola. Ora veniva la parte difficile.
-Pronto per cosa?- replicò infatti, scatenando uno sbuffo quasi esasperato dall’amica dai capelli rossi che gli camminava all’altro fianco.
-Davvero te ne sei dimenticato?- asserì Kairi, scrutandolo con occhi dubbiosi. -Tidus non parla d’altro che di questa partita da settimane.-
In un flash improvviso ricordò la sera in cui Capitan Riku era rimasto intrappolato nella siepe per un dispetto del suo stesso mantello e il discorso che aveva sentito fare ai tre ragazzi che li avevano costretti a nascondersi in fretta e furia.
-Ah, ma certo!- esclamò Sora, portandosi una mano sulla nuca con una risatina nervosa. -La partita con la sezione B!- aggiunse, ricevendo un sospiro divertito dal migliore amico.
-Che c’è? Sei così tranquillo da averla dimenticata?-
Il castano ridacchiò, decidendo di seguire quella strada già avviata. -Già, in fondo, tengo la spada allo stesso modo di una mazza da baseball, le regole le conosco, che problemi posso avere?-
-Ricordati di non esagerare.- gli sussurrò Riku all’orecchio. -Stiamo parlando di una palla, non di un Heartless.-
-Tranquillo!- disse lui, mostrando un ampio sorriso rassicurante. -Voi del terzo anno verrete ad assistere?-
L’altro ragazzo scosse il capo sbuffando. -No, purtroppo. Abbiamo matematica a quell’ora e il professore è stato categorico.- spiegò amaramente. -Però nulla mi vieta di dare una sbirciata dalla finestra, dato che sono in fondo all’aula. Farò il tifo per te.- proseguì, donandogli un nuovo sorriso fiducioso.

-Ehi Sora.- chiamò la principessa del cuore, tirandogli il bordo della maglietta.
-Mh? Dimmi Kairi.- rispose lui, distratto, mentre s’infilava il casco e raccoglieva la mazza per prepararsi al suo turno di battuta.
-Vacci piano.- suggerì lei, attirando finalmente i suoi occhi celesti su di sé. -È un gioco, non devi metterci troppa forza, te lo ricorderai?-
Il sorriso che le donò valeva più di mille parole. -Contaci!-
Alla fine, Sora aveva perdonato la disastrosa gaffe dell’amica, ma aveva evitato di dirle altro circa la sua seconda identità e l’evoluzione che aveva subito nelle ultime settimane. Scosse piano la testa, non doveva pensare a quell’orribile calzamaglia, doveva concentrarsi sulla partita e come gli avevano fatto notare entrambi i suoi amici, doveva stare attento a non lasciarsi andare. Stava impugnando una mazza da baseball non il keyblade, se avessero perso la partita la sua vita sarebbe stata comunque in pericolo a causa del risentimento di Tidus, ma a quello poteva sopravvivere. Non poteva, però, rischiare di mostrare che la sua forza era aumentata nell’ultimo anno e mezzo o sarebbero sorte delle domande scomode.
Quando lo chiamarono alla battuta, il suo esaltato compagno gli mise un braccio attorno alle spalle.
-Se riesci a fare un fuori campo, la partita è nostra.- disse Tidus con voce terribilmente seria. -Ci serve un fuori campo, non possiamo permetterci altro. Hai capito?-
Deglutendo, il custode annuì -gli faceva quasi più paura di Capitan Riku- e si avviò al suo posto. Smosse un po’ il terreno su cui avrebbe dovuto poggiare i piedi, quindi impugnò la mazza e prese posizione, assottigliando lo sguardo azzurro sotto la visiera scura, concentrato sul proprio compito.

Riku trattenne uno sbuffo scocciato. Aveva notato che il suo migliore amico stava avviandosi alla battuta, ma il professore di matematica si era accorto della sua distrazione e l’aveva minacciato con un richiamo sul registro di classe.

Nell’esatto momento in cui colpì la palla si diede dell’idiota completo. Sentiva Tidus che esultava e gli urlava di correre per tutte le basi, ma lui non aveva occhi che per il proiettile appena sparato. Un bellissimo home run per tutti gli studenti normali, ma per Sora il Martire quell’innocente sfera che si stava dirigendo a una velocità spropositata fin troppo lontana dal campo, era divenuta una crudele e beffarda condanna.

Arresosi, l’argenteo tornò a concentrarsi sulla lezione, finché non sentì un rumore di vetri infranti e un dolore fulminante alla testa, che lo mandò dritto sul pavimento.

-…cos’ho fatto?- balbettò Sora, crollando in ginocchio accanto al letto dell’infermeria. -L’ho ucciso…-
Mordendosi un labbro, Kairi gli posò una mano sulla spalla. -Non è stata colpa tua… L’infermiera ha detto che si riprenderà.-
-Io volevo solo che tornasse normale…- mormorò il castano come se fosse in trance. -Non volevo ucciderlo con una palla da baseball…-
La rossa sospirò, guardando il soffitto. -Sora, guarda che respira ancora.-
Il ragazzo fissò l’amico svenuto -che indubbiamente stava respirando- e con la testa fasciata, e un pensiero terrificante gli attraversò la mente. -…e se è peggiorato?- chiese in un soffio, gli occhi larghi come piattini. -E se s’inventa qualcosa di peggio di Mr. Paopou e la calzamaglia gialla?!-
-Non ti sembra di esagerare…?-
-No, certo. Peggio di quello non può esserci, non dopo il mantello a forma di paopou…- rifletté l’eroe dei mondi, senza dar segno d’aver sentito le parole dell’amica, mentre tornava in piedi. -Non oso pensare a qualcosa di peggio…-
La ragazza gli mise entrambe le mani sulle spalle e gliele strinse. -Sora, calmati! Vedrai che andrà tutto bene!-
-Come faccio?!- esplose infine, sull’orlo delle lacrime. -Due bernoccoli lo hanno ridotto a… lo hanno ridotto così, ci pensi ai possibili effetti di un terzo?!-
-…che sta succedendo?- biascicò il ragazzo steso nel letto, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente circostante. -…Sora?- chiamò, quando scorse l’amico accanto a sé con gli occhi lucidi. -Stai… piangendo?-
-Riku!- esclamò il castano, inginocchiandosi ancora vicino al letto. -Stai bene?! Non volevo che quella palla ti finisse in testa, perdonami!-
L’argenteo lo fissò con sguardo confuso, quindi passò a guardare l’amica che si era seduta sul materasso. -Cos’è successo? Di quale palla sta parlando?-
-Non ricordi?- disse tempestivamente Kairi, impedendo al custode bruno di precederla con una probabile crisi isterica come quella di poco prima. -Oggi noi del secondo anno dovevamo giocare una partita di baseball tra le nostre sezioni.- spiegò con calma per dare il tempo al sedicenne di assimilare le informazioni. -Tu eri in classe e Sora con un incredibile fuoricampo ti ha preso dritto in testa.-
-Giuro che non volevo ucciderti!- squittì il quindicenne, stringendo la mano dell’altro ragazzo per chiedere ulteriore perdono.
Kairi sospirò portandosi una mano alla fronte. -Sora continui a esagerare.-
-…ricordo vagamente di aver ricevuto un colpo in testa.- confermò Riku. -…ma che giorno è oggi? Mi sembra di aver dormito per settimane.-
A quelle parole, l’eroe dei mondi gelò. Deglutì e cercò di mantenere un’espressione almeno in apparenza normale.
-Oggi è Martedì. Ieri hai avuto un compito in classe, te lo ricordi? Ne avevi parlato e studiavi da molto per prepararti.- asserì per capire quanto e cosa il suo migliore amico ricordasse delle ultime lunghe settimane.
-Certo che ricordo, il compito di storia, senza dubbio…- rispose lui, guardando il soffitto come se stesse cercando di leggervi qualcosa che continuava a sfuggirgli. -Ricordo anche di aver preso un buon voto la settimana scorsa e che a te si era ribaltato completamente il cestino del pranzo quel giorno… Eppure…-
-Eppure?- ripeté il minore tremando internamente.
-Eppure manca qualcosa…- concluse Riku con un sospiro stanco.
Nuovamente, Sora deglutì a vuoto. C’era solo un modo per scoprire se le rotelle del suo migliore amico erano tornate al loro posto, perfettamente funzionanti come dovevano essere.
-Se ti dico “Capitan Riku” e “Mr. Paopou”, cosa ti viene in mente?- domandò con una nota d’ansia nella voce.
Il maggiore portò l’attenzione degli occhi acquamarina ancora su di lui, guardandolo con perplessità, come se avesse appena parlato in una lingua che non conosceva.
Inarcò un sopracciglio, sinceramente incuriosito. -Capitan chi? Di cosa stai parlando?- replicò poi, alzandosi sui gomiti. -Sora? Va tutto bene?- chiese incerto e sempre più preoccupato nel vedere il volto dell’amico invaso dalle lacrime.
Alla fine, l’eroe dei mondi crollò con il viso sul materasso, nascosto tra le braccia, piangendo tutto il suo sollievo e borbottando frasi criptiche per l’argenteo tra cui figuravano ringraziamenti a questo o quell’altro essere divino per il suo ritorno alla normalità, immensa gioia per non dover indossare più un costume di cui non sapeva nulla e tante altre di cui riuscì a tradurre solo “cuccia”, “siepi” e “bidone dell’immondizia”.
-Ma che gli prende?- domandò all’amica, che stava porgendo una scatola di fazzoletti al ragazzo in crisi.
-È solo contento che tu stia bene.- disse lei semplicemente, mentre Sora si esibiva in una rumorosa soffiata di naso. -Pensava di averti ucciso con quella palla.-
Riku sorrise, intenerito, e posò una mano sulla testa bruna dell’amico. -Dai calmati, sei perdonato con effetto immediato.- affermò, ottenendo un assenso e un bofonchiato ringraziamento. -Che ne dite se ce ne andiamo a casa?-
Per l’ennesima volta in pochissimi minuti -troppo, troppo pochi- l’eroe dei mondi smise di respirare e avvertì un gelo spettrale congelargli lo stomaco. Esattamente come alle persone che in punto di morte rivedono tutta la loro vita, Sora il Martire analizzò ciò che implicava la frase appena detta dall’argenteo.
Andiamo a casa.
Casa.
Casa di Riku.
Casa di Riku dov’erano nascosti i costumi.
-No!- scattò il castano, realizzando del tutto il pericolo che stava correndo. -Non puoi tornare a casa!- aggiunse, fissando il migliore amico negli occhi, fermatosi nell’atto di scostare le lenzuola.
-Ma mi sento bene, sono perfettamente in grado di tornare a casa.- obiettò con calma. -Si può sapere che ti prende?- chiese poi, per essere ignorato senza riguardi.
-Kairi mi fido di te.- dichiarò grave l’eroe dei mondi, posando le mani sulle spalle dell’amica. -Devo andare a controllare una cosa, vado e torno!-
-Ehm… ok?-
-Perfetto! Tu tienilo inchiodato qui. Non permettergli di uscire da quel letto prima che io ritorni, d’accordo?!- proseguì, quasi volando fuori dall’infermeria.
Doveva bruciare quella calzamaglia maledetta.
Solo allora avrebbe potuto dire che quella storia era davvero finita.






Eccoci in fondo~
Non vi annoierò troppo. Spero che questo episodio vi abbia strappato un sorriso e che non mi vogliate troppo male per il congedo di Capitan Riku... È giusto che Sora torni alla sua pace, no? Dubito seriamente che avrebbe potuto resistere ancora a lungo xD
Bene, al prossimo aggiornamento con il capitolo conclusivo!
See ya!
  
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