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Autore: Somriure    26/05/2015    1 recensioni
La triste e noiosa vita di Harry, costretto per una malattia a vivere in ospedale, sarà stravolta dall'arrivo di un ragazzo problematico, dagli occhi grandi e azzurri, Louis.
Riuscirà Harry ad aiutare Louis?
Riuscirà Louis a fidarsi di Harry e ad aprire completamente il suo cuore?
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Dal testo:
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Quando l'ultimo spicchio di sole scivolò dietro i palazzi londinesi io e Louis ci sdraiammo nuovamente sul suo letto.
Cercai di allungare la mano verso di lui ma si irrigidì. Così decisi di accontentarmi dei suoi capelli. Non volevo in alcun modo spaventarlo e se aveva bisogno di più tempo glielo avrei dato.
-Hazza, cosa siamo noi ora?- chiese lui dopo un po', quando il buio era ormai entrato nella piccola stanzetta rendendo tutto più scuro.
-Possiamo essere qualunque cosa tu voglia Lou.- risposi baciandogli la tempia.
Allora lui si voltò e mi guardò negli occhi.
-Posso essere il tuo ragazzo?- mormorò timoroso.
-Ne sarei onorato mio dolce Louis.-
Per la terza volta in quella giornata le nostre labbra si unirono rendendomi il ragazzo più felice del mondo.
-
anorexic!Louis leukemic!Harry
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Louis

Il mio risveglio quel giorno non fu uno dei migliori. La mia testa era pesante e faceva un gran male, come il resto del corpo d'altronde. Non ricordavo lucidamente cosa era accaduto, mi sentivo intontito e stanco.

Ero solo in stanza. In quei giorni non mi era mai capitato di trovarmi solo, di solito c'erano sempre o Zayn, o Harry, a volte anche mio padre o le mie sorelle. In verità provavo un po' di paura, dopo quello che era successo con Nick avevo timore a stare per troppo tempo da solo.

Fortunatamente proprio in quell'istante, come se qualcuno mi avesse letto nel pensiero, la porta si spalancò, ma non trovai qualcuno che desideravo vedere.

-Oh, Louis. Sei sveglio! Pensavo di trovarti ancora a riposare. Vado via, se vuoi.- disse Mark tenendo con forza la maniglia della porta, talmente forte che le sue nocche divennero bianche.

Io volevo dire di sì, d'altronde con quell'uomo non avevo più niente da spartire. Ma poi pensai che mi sarei ritrovato nuovamente solo e le mie paure sarebbero tornate.

Potevo cercare di interiorizzare il mio malessere cercando di farlo scomparire, oppure permettere a quell'uomo che per moltissimi anni, prima di andare a letto, mi aveva aiutato a controllare se c'erano i mostri della notte nascosti nella mia cameretta, di farmi sentire meno solo.

Così, di comune accordo con i miei demoni interiori, lascia che mio padre entrasse.

Appena acconsentii lui sgranò gli occhi e fece esplodere un sorriso. Io non mi lasciai condizionare, quell'uomo mi aveva comunque fatto passare i cinque anni più brutti della mia vita.

Lui si avvicinò a me e chiese con lo sguardo di potersi sedere sulla poltrona accanto a me, ma prima che io potessi rispondere esclamò:

-Oh, Louis. Che sbadato. Ti ho portato una cosa!- così dicendo tirò fuori da uno zainetto che prima avevo completamente ignorato un sacchetto contenente qualcosa di voluminoso.

Quando tirò fuori il contenuto il mio cuore si scaldò di gioia e il sorriso che volevo tanto trattenere, esplose più vivo che mai.

-Allie!- esclamando allungando il braccio verso il mio peluche d'infanzia. -Ti sei ricordato!- dissi questa volta nei confronti di mio padre.

-Certo piccolo Boo, odi dormire in posti che non sono casa tua lontano da Allie.- disse sorridendomi.

Allie era un alce peluche, con un nasone rosso e con una maglietta verde che avevo trovato sotto l'albero di Natale, in mezzo a tutti gli altri giochi quando avevo quattro anni. I miei genitori mi avevano spiegato che a differenza di tutti gli altri giocattoli che mi aveva portato Babbo Natale, questo era solo da parte di mamma e papà.

Da quel giorno Allie diventò il mio amico fidato, lo portavo ovunque, anche in bagno, e le rare volte che mia madre riusciva a prenderlo per lavarlo restavo incollato davanti alla lavatrice per confortarlo e far sì che non gli accadesse nulla.

Appena Allie fu di nuovo tra le mie braccia lo strinsi forte e annusai il suo profumo.

Sapeva dell'ammorbidente che era solita usare sempre mamma per lavare i panni. Sapeva di buono. Sapeva di casa.

Guardai mio padre con riconoscenza perché era riuscito a rievocare un ricordo della mia infanzia.

Lui sembrava molto commosso, stringeva convulsamente il sacchetto di plastica guardando in basso con un accenno di sorriso.

-Grazie!- sussurrai. Lui alzò lo sguardo e con le gote rosse mi sorrise.

-Louis, ti prego. Ho bisogno di parlare. Devo spiegarti.- mi supplicò. Io rimasi zitto, non volevo ammettere che gli stavo per dare la possibilità di chiarire con me, ma allo stesso tempo fremevo dalla voglia di sentire le sue spiegazioni. Era pur sempre mio padre. E poi le parole di Harry mi avevano forse fatto aprire gli occhi.

Vedendo che non accennavo a parlare, lui prese la parola.

-In verità non ho scusanti, Louis. Sono stato un mostro. Un vero mostro. Quale padre maltratterebbe il proprio figlio solo perché esprime un'opinione diversa dalla propria. Quale padre maltratterebbe il proprio figlio solo perché è rimasto coinvolto in un incidente rimanendo indenne a differenza di sua madre. Sicuramente un padre di merda, Louis. Ed è questo che sono stato io per te. Un padre di merda. Io avrei dovuto appoggiarti e difenderti in ogni tua decisione. Io avrei dovuto consolarti per la morte di tua madre, e non negarti lo sguardo e la parola. Tu sei quello che ha sofferto di più per la sua morte, l'hai vissuta, Louis. E io non ci sono stato per te, ma ho peggiorato le cose facendoti soffrire più del dovuto. Non lo meritavi.- fece una pausa e finalmente mi guardò.

Ero in una valle di lacrime. Ricordare tutte le cose dolorose che da anni stavo cercando di superare era difficile per me. Stingevo convulsamente Allie, aspirando il suo profumo che sapeva di mia madre. Dopo aver preso un grande respiro mio padre continuò.

-Lo capirei se non volessi più perdonarmi, lo capirei se ora ti voltassi e mi dicessi di lasciare immediatamente la tua stanza per uscire dalla tua vita, solo che...-

-Ti perdono.- sussurrai.

-Lo.. Louis co..come dici?-

-Ti perdono. Mamma l'avrebbe voluto.- dissi più forte.

A quelle parole mio padre sgranò gli occhi e mi sorrise ampiamente, poi si gettò su di me, attento a non farmi male, per stringermi in un abbraccio.

-Louis, non ti deluderò. Sarò un padre migliore. Sarò un padre migliore per te! Grazie figlio mio, la gioia che mi stai dando in questo momento è qualcosa di indescrivibile. Ho paura che potrei vere un infarto da un momento all'altro. Ti voglio bene mio piccolo BooBear. Ti dimostrerò che non hai fatto male a darmi un'altra possibilità.-

Quando si staccò da me vidi che il suo volto era colmo di lacrime di gioia. Ero felice di aver fatto emozionare qualcuno, anche se quel qualcuno era la persona che mi aveva reso la vita un inferno.

-Solo... ho bisogno di un po' di tempo per far tornare tutto alla normalità.- bisbigliai.

-Lo so, Louis, e ti darò tutto il tempo di cui avrei bisogno. Questa volta non farò sciocchezze, te l'ho promesso.-

-No, non è vero.-

-Co.. come sarebbe a dire?-

-Non me l'hai promesso veramente.- dissi con un sorrisetto che non riuscivo in nessun modo a trattenere. Volevo testare la disponibilità di mio padre e solo così avrei capito se ci teneva veramente a me.

Lui rimase perplesso per un po' ma mio scoppiò a ridere.

-Hai ragione, Louis!- esclamò staccandosi un capello dalla testa e mettendolo ben visibile sul palmo della mano. Solo allora mi accorsi di avere i capelli intrappolati sotto una pesante fasciatura bianca così mi incupii.

-Puoi usare il sopracciglio, Lou.- mi consigliò mio padre. Così iniziai a strofinare vigorosamente la parte bassa della mia fronte fino a che un piccolo ciglio rimase incastrato tra le mie dita, allora lo presi e lo misi accanto al capello di mio padre. Era il nostro modo di stingere i patti. Papà diceva che solo se due capelli di due persone si liberano nell'aria il patto potrà essere ufficiale.

-Al tre, ok?- disse. Io annuii.

-Bene. Uno.. Due.. Tre!- in quel momento entrambi soffiammo fino a che i due peli si dispersero nell'aria.

-Ora è ufficiale.- dissi con un sorriso timido.

-E' ufficiale Boo.- disse lui accarezzandomi la mano. Mi era mancato da morire quell'uomo. In tutti i modi cercavo di negarlo, ma dopo mia madre, era stata la persona che aveva lasciato il segno più forte quando mi aveva abbandonato.

In quel momento la porta si spalanco e, come sempre in un momento tenero, Niall entrò nella mia stanza con una sedia a rotelle.

-Louis, devo portarti a fare un elettroencefalogramma.- disse. Poi con un pulsante fece alzare il mio letto facendomi posizionare in modo eretto. Poi con delicatezza mi prese in braccio e mi fece accodare sulla sedia. Io arrossii. Avevo ancora problemi quando la gente mi prendeva in braccio e quindi poteva sentire effettivamente quanto era spropositato il mio peso.

Salutai mio padre e mi feci trasportare dall'infermiere irlandese per qualche metro fino ad una stanzetta. Ero ricoverato nel reparto di neurologia, quindi non facemmo tanta strada.

Quando entrai c'era un addetto mi fece stendere su un lettino, mi tolse la benda bianca e mi mise degli elettrodi in testa.

Poi lasciò la sala. Rimasi solo, completamente immobilizzato, senza la possibilità di difendermi da una qualsiasi cosa.

Improvvisamente iniziai ad agitarmi, sollevai la mano buona fino a toccare uno degli elettrodi. Una voce mi fece sussultare.

-Louis stai fermo. Dobbiamo controllare la tua testa e abbiamo bisogno che tu stia più fermo possibile.- la voce del dottor Grimshaw mi parlò da un punto indistinto della stanza.

-Non voglio stare da solo, ho paura.- piagnucolai. Non volevo sembrare infantile, la verità è che ero veramente terrorizzato a rimanere da solo in quella stanzetta buia.

-Vuoi che qualcuno ti venga a fare compagnia?- mi chiese. Io annuii anche se non ero molto sicuro che potesse vedermi.

Rimasi nuovamente solo e in silenzio, provai a chiamare il dottore ma nessuno mi rispondeva. Dopo circa dieci minuti una folta chioma riccia entrò nella stanza sorridendomi con due meravigliose fossette.

Harry prese una sedia infondo alla stanza e si sedette accanto a me.

-Tranquillo amore, durerà poco. Io resterò con te.- io non annuii, sapevo che dovevo rimanere fermo, ma sorrisi di cuore al mio Harry. Con lui non avevo paura, mi sentivo protetto.

Dopo qualche minuto riuscii anche a chiudere gli occhi. Non dormivo, stavo solo riposando le palpebre. Improvvisamente il dottor Grimshaw entrò nella stanza e iniziò a scollegarmi dagli elettrodi.

-Louis, ora Niall ti riporterà in camera. Riguardati e rilassati, tra un po' verrò a portarti i risultati.- disse facendomi sedere sulla sedia a rotelle. Io annuii semplicemente, non avevo molta voglia di parlare.

Quando fummo in camera si sedette e iniziò a fissarmi sorridendo. Io lo guardai imbarazzato.

-Che.. che hai da guardare?- mormorai.

-Sei bello, Lou!-disse, io arrossì ancora di più e abbassai il capo.

Sapevo che non era vero, ma in ogni caso lui mi avrebbe contraddito, non volevo iniziare una discussione lunga e noiosa, così cambiai discorso.

-Ho fatto pace con mio padre.-

-Lo so, me l'ha detto!- rispose guardandomi con un sorriso fiero.

-Da quando voi siete diventati migliori amici?- dissi mettendo su un broncio. Lui rise di gusto rovesciando la testa all'indietro.

-Sono molto fiero di te, lo sai?- disse.

-Lo so Hazza. Tu sei sempre fiero di me, anche se mi mettessi le dita nel naso.-

-Beh, se le dita fossero quelle della mano rotta sì, lo sarei!- ridacchiò, io scossi la testa disgustato.

-Che schifo!- lui scoppiò a ridere e io lo seguii a ruota.

Dopo qualche minuto il dottor Grimshaw entrò in camera. Aveva una faccia seria e tesa. Io smisi immediatamente di ridere e mi sedetti, con l'aiuto di Harry, sul letto.

-Allora, Louis. Dalla tua EEG abbiamo scoperto che purtroppo gli attacchi epilettici condizioneranno la tua vita. Dopo il trauma cranico abbiamo riscontrato una grave anomalia nei neuroni del tuo cervello e nella corteccia celebrale, questo ti porterà ad avere frequenti attacchi, ma con dei farmaci potrai ridurli notevolmente e vivere una vita normale come un ragazzo della tua età.- disse in modo professionale.

I miei occhi erano lucidi dal pianto. Perché tutto questo doveva capitare a me? Che avevo fatto di male? Sicuramente nella mia vita precedente ero stato un Serial Killer. Solo questo poteva spiegare l'accanimento che quel qualsiasi essere superiore aveva nei miei confronti.

-Più tardi passerò a somministrarti io stesso la prima dose del tuo medicinale, va bene?- io annuii.

Così dicendo il medico lasciò la stanza. Anche Harry era visibilmente triste, i suoi occhi, come i miei erano lucidi, ma non la smetteva si accarezzarmi la mano.

Io volevo restare solo, era strano, ma non volevo nessuno accanto. Prima avrei distrutto un intero studio medico per non rimanere solo con me stesso, mentre ora cercavo a tutti i costi un po' di pace e tranquillità. Avevo bisogno di pensare, di prendermi un minuto, chiudere gli occhi e dedicarmi del tempo. Volevo stare da solo. Così provai a chiederlo al mio ragazzo.

-Harry mi lasceresti da solo?-

-No, Lou. Non voglio che tu res..-

-Ti prego. Non sono triste o arrabbiato, non farò niente di stupido. Voglio solo rimanere da solo. Puoi uscire per me?- lui mi fissò con quei suoi smeraldi che si ritrovava, poi annuì e alzandosi lasciò la stanza.

Rimasi solo. Solo allora mi abbandonai alle lacrime. Piansi. Piansi tanto. Non sapevo neanche più per che cosa.

Piansi per la mia condizione. Piansi per la mia mano e per il mio stupido cervello.

Piansi per le delusioni che avevo dato o stavo per dare alla mia famiglia, ai miei amici, ad Harry. Non sarei mai riuscito ad essere una persona migliore, non sarei mai riuscito ad essere qualcuno, sarei sempre rimasto un peso, un peso per tutti. Sarei stato il povero Louis con un problema al cervello che da un momento all'altro sarebbe potuto esplodere diventando Satana in persona.

Piansi per mia madre, perché in quel momento volevo solamente che lei fosse stata da me per abbracciarmi e consolarmi sussurrandomi all'orecchio che tutto sarebbe andato bene. Avevo ritrovato un padre, ma chi mi avrebbe ridato mia madre?

Le lacrime non smettevano più di scendere e ormai erano accompagnate anche da rumorosi singhiozzi.

Quando la porta si spalancò mostrandomi il volto paffuto e sorridente della signora Mary che mi portava il pranzo lanciai un urlo di frustrazione e poi fulminai la donna con lo guardo.

Il suo sorriso si spense. Lentamente posò il mio cibo sul tavolino adiacente al letto e scartò per me tutte le confezioni e le posate, con una sola mano non avrei saputo farlo da me. Ogni tanto mi lanciava dei sorrisi tristi e pieni di compassione. Quando finì il suo lavoro mi accarezzò la guancia e uscì.

Iniziai a contare il tempo che ci avrebbe messo Harry a spalancare la porta e ad accorrere al mio fianco. Ormai era così, il pazzo Louis stava dando di matto? Un corteo di gente sarebbe corsa al suo fianco per consolarlo.

Non avevo bisogno di questo, anche se lo sembravo ancora, non ero più il Louis fragile di una volta, non mi nascondevo più in maglioni troppo grandi e in cappelli troppo larghi. Ero diverso. Ero migliorato. Ero diventato fottutamente forte. Perché nessuno voleva capirlo.

Proprio in quel momento, come avevo immaginato, Harry entrò nella mia stanza.

-Piccolo che succede?-

-Sono migliorato Harry, sono migliorato. Sono guarito!- urlai tra le lacrime.

-Lo vedo, tesoro, fai progressi ogni giorno.-

-No Harry. Io sono diverso ora! Se volessi mangerei questo intero piatto di spaghetti in tre minuti. Solo che non voglio. Ma non perché mi vedo grasso, solamente perché non mi va. Non mi va perché sono arrabbiato.-

-Va bene!-

-Va.. va bene?- chiesi del tutto sorpreso dalla sua risposta.

-Sì Lou, va bene. Lo vedo che sei guarito. Però resta il fatto che devi comunque mangiare. Ma non perché sei in pericolo di vita o altro, semplicemente perché anche mia madre mi obbliga a mangiare quando sono arrabbiato. Siamo ragazzi ed è facile farci prendere dalle emozioni, ma non possiamo rifiutarci di fare cose vitali come mangiare, andare a scuola o lavarci. Non possiamo lasciare che le emozioni ci influenzino. Tuttavia, so quanto è difficile fare qualcosa controvoglia, quindi...- detto questo mi prese in braccio, attento a non farmi male, e corse per il lungo corridoio.

Provai a lungo a farlo fermare senza nessun risultato. Così iniziai a tirargli i capelli sperando che potesse in qualche modo darmi retta.

-Ahi, mi fai male così!- ma non disse altro e continuò la sua corsa.

Ad un certo punto si fermò. Mi voltai, attento alle mie costole, e notai che ci trovavamo davanti alla cucina nel seminterrato. Harry bussò fragorosamente e Mary gli aprì.

-Harry! Che piacevole sorpresa vederti! Cosa posso fare per te? E per... Louis!- esclamò quando mi voltai per guardarla meglio.

-Ci servirebbe la cucina per un po', potresti lasciarcela?- chiese con un sorriso sfacciato.

-Lo sai Harry, non potrei, ma per te farò un eccezione!-

-Grazie sei fantastica!- urlò lasciandole un bacio sulla guancia. Poi dopo avermi sballottato ancora per un po' mi fece sedere su un ripiano dell'angolo cottura.

-Non ti muovere, faccio tutto io. Sono un cuoco fenomenale.-

Detto ciò si mise all'opera, non degnandomi neanche di uno sguardo. Era buffo vederlo così affaccendato. Aveva un cappello da cuoco adagiato sul suo capo e un grembiulino rosa a fiori rossi. Sembrava così a suo agio in quei panni.

Tagliuzzava pomodori, accendeva fornelli, affettava pane, spalmava creme, era così in armonia in quell'ambiente. Non sapevo che potesse avere una passione per la cucina. Ogni giorno mi stupiva con qualcosa di diverso. Era qualcosa di formidabile quel ragazzo!

Ad un certo punto, dopo aver messo delle cose in un grande cesto, mi riprese in braccio con una sola mano tenendomi in equilibrio sulla spalla.

-Harry posso camminare! Ho le gambe!-

-Sì lo so, ma io mi sono iscritto in palestra e voglio farti vedere i risultati.- disse senza accennare minimamente allo sforzo che stava compiendo.

Dopo atri cinque minuti di sballottamenti finalmente arrivammo a destinazione.

La terrazza, il nostro posto.

Mi posò a terra e stese una grande tovaglia a quadri rossi sul pavimento. Poi si sedette e indicò il posto vuoto accanto a lui.

Quello era il nostro primo vero appuntamento. Stavo vivendo un sogno.

La rabbia si era completamente placata. Aveva proprio ragione quello strambo cupcacke con i baffi del delizioso sughetto che aveva preparato, intorno alla bocca.

Lo guardai con riconoscenza per poi lasciare un dolce bacio sulle sue labbra sporche di sugo.

Lo amavo così tanto, mi aveva cambiato la vita come nessun altro era mai riuscito a fare. Non lo avrei fatto scappare.

 

Angoletto

Allora prima di tutto ci terrei a dire che Allie era il mio peluche d'infanzia e volevo omaggiare la sua esistenza in questa storia :)
Come avete trovato il capitolo? Spero che vi sia piaciuto! Mi fa piacere ricevere i vostri commenti! Siete fantastiche (fantastici?)
Volevo dirvi che ho iniziato a scrivere un'altra strora. Si chiama Remember to see the lighthouse, andate a darle un occhiata se volete, mi farebbe molto piacere :)
Ora scappo che sono in ritardissimo.
A presto, Somriure ;)

  
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