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Autore: Stella cadente    02/06/2015    7 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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IV.
Il giudice


 
Eymeric
 
 
 
La fanciulla, così come era apparsa, scappò, sussurrando a malapena uno “scusami” nella mia direzione. Era da quando era stata vista dal giudice Frollo che era andata in panico. Ma perché? Che fosse una ragazza nuova ai suoi servizi?
Non l’avevo mai vista in città, quindi le mie supposizioni potevano benissimo essere vere. Eppure mi era sembrata... diversa. Non sapevo dire bene il perché, ma era così… ingenua. Dolce. Ed era scappata non appena il giudice le aveva scoccato un’occhiata austera.
Non mi aveva nemmeno detto il suo nome.
Una cosa la sapevo: quella donna non mi piaceva. La osservai meglio, con quell’aria perennemente disgustata disegnata sulla faccia pallida e quell’espressione severa negli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio. Di rimando, feci la stessa espressione: era incredibile, mi suscitava timore e repulsione solo a guardarla – se possibile, molto più di quanto me ne aveva suscitato la notte scorsa.
«Voglio che la festa si fermi. Adesso.» la sentii ordinare con voce imperiosa alla sua assistente.
«No» sussurrai.
«Cosa c’è, Eymeric?» mi chiese Antea.
Djali – la mia inseparabile capretta – belò come per farmi la stessa domanda. Le feci una carezza sulla testa e la presi in braccio, poi mi rivolsi a mia sorella:
«Frollo» mi limitai a dire, facendo un cenno appena percettibile verso quella donna che tanto odiavo. «Vuole annullare la festa.»
Per un momento mia sorella non seppe cosa dire; un’espressione scioccata aveva preso forma sul suo bel volto olivastro.
«Hai fatto male a prenderti gioco di lei, ieri notte» mi rimproverò, tutto d’un tratto.
«Non è il momento, Antea» la zittii io. Non avevo voglia di sentire i suoi discorsi da sorella maggiore.
«Parliamoci chiaro: eravamo a tanto così dall’essere imprigionati. Oggi non può arrestarci, ma domani sì. Per cui è meglio che ce la svigniamo già stanotte e che tu non combini guai adesso» replicò lei.
Silenzio.
«Eymeric» disse, prendendomi per le spalle. «Sai che non puoi fare niente per cambiare la sua decisione, vero? Stiamo parlando di Claudie Frollo. Non ti conviene metterti contro di lei.» 
«Non mi importa» la fermai io. «Mi ha stancato. Non ha diritto a voler fermare tutto. Non oggi. È la Festa dei Folli, l’unico giorno in cui noi non siamo sottoposti al suo volere e alle sue rigide regole. Ha sempre maltrattato il nostro popolo. È ora di attuare una rivolta, e se nessuno le darà il via, beh sarò io a farlo.»
«Eymeric, ti prego!» mia sorella alzò un poco la voce «non farlo. Ti farai condannare. Dammi retta.»
«Almeno sarà per una giusta causa» dissi, ignorandola. Sapevo che mia sorella esagerava sempre, quando si trattava di queste cose. Ovviamente non mettevo in discussione i poteri – e soprattutto, la cattiveria – del giudice, ma non credevo nemmeno che arrivasse a tanto per una cosa così futile.
«Obiezione, vostro onore!» gridai, dirigendomi a passo deciso verso il seggio di Frollo. Vidi Antea sbiancare e sulla folla calò il silenzio. Tutti erano spaventati.
Ma non io.
Gli occhi rapaci di Claudie Frollo saettarono su di me, trafiggendomi con quelle iridi ghiacciate. In quello sguardo c’era tutto l’odio del mondo: sapevo di meritarmelo, dal momento che mi ero preso gioco di lei, ma in quel momento mi sentii sotto Inquisizione.
La donna alzò un po’ il mento, in un gesto di rigida superiorità.
«Come hai detto, zingaro?» chiese, con una voce che, per un attimo, mi fece raggelare. Ma non avevo alcuna intenzione di lasciare che mi spaventasse.
«Voi non potete fermare questa festa» dissi, con decisione. «E quella ragazza. Chi era? Perché l’avete cacciata così?» 
Lei si accigliò ancora di più.
«Non sono affari tuoi, gitano» replicò, dura, sputando la parola “gitano” come se le avesse provocato un cattivo sapore in bocca.
«Giusto» dissi, fingendomi sconfitto. «Voi avete ragione.»
Frollo non toglieva quell’aria di superiorità mista a rabbia e disgusto dal suo viso inverosimilmente pallido. C’erano tante emozioni su quel volto spigoloso, tutte negative.
«Sono affari dell’intero popolo!» ribattei, con aria di sfida.
Nessuno riusciva a tener testa a quella donna? Avrei rimediato io a questo.
«Avete sempre maltrattato me e la mia gente incutendo loro timore come avete fatto con quella povera ragazza!» esclamai, sotto gli occhi di tutti.
Notai, con la coda dell’occhio, che Antea sussurrava qualcosa a Clopin in modo concitato, mentre le mani le tremavano.
Frollo, intanto, mi guardava senza espressione, come se stesse meditando su quale decisione prendere per me. Immaginavo già che pensieri ci fossero nella sua testa: tortura o morte? Uhm, che decisione difficile...
Ma non mi importava. Tutti dovevano fare qualcosa per far sì che tutto questo terminasse.
«E voi questa la chiamate giustizia?» esplosi, mentre ormai c’era così tanto silenzio che la mia voce rimbombava nella piazza. L’atmosfera giocosa e ricca di entusiasmo che c’era fino a poco tempo prima, durante la Festa, sembrava essere scomparsa chissà dove, sostituita da un clima di tensione e paura. Potevo quasi sentire lo sguardo preoccupato di mia sorella bruciarmi addosso, insieme a quello di Frollo, che mi trapassava come un chiodo freddo.
Ci fu un secondo in cui il silenzio si fece tombale e in cui tutti sembrarono perfettamente immobili.
Poi il giudice, senza smettere di guardarmi con quegli occhi cattivi, parlò, la voce gelida e piatta:
«Arrestatelo.»
 
 


Schizzavo per le strade di tutta Parigi, correndo a perdifiato.
Avevo seminato da un bel po’ le guardie del giudice, e mi ero infilato con abilità in ogni stradina e in ogni angolo che potesse darmi qualche minuto in più di fuga. Intanto mia sorella aveva radunato tutti i gitani ed era sparita nel nulla sotto gli occhi increduli di Frollo, che aveva mandato altre guardie a cercarla.
Accidenti, pensai. Non si meritava di essere coinvolta in questa faccenda. Anche se, alla fine, tutti noi ormai lo eravamo.
Continuai a farmi strada, finché non sentii gridare e finii addosso a qualcuno.
«Ehi!»
La voce era familiare.
Alzai gli occhi.
La ragazza che fino a poco prima ballava con me spalancò i grandi occhi blu, quasi nello stesso istante in cui anche io allargai un po’ i miei dallo stupore, e mi guardò perplessa.
Ci fu un attimo di silenzio, poi disse con una vocina dolcissima:
«Sei tu.»
«Già» assentii io. Mi guardai ancora indietro, per sicurezza, con il fiato corto.
«Qualcosa non va?» mi chiese.
«Frollo» ammisi, facendo un cenno con la testa alle mie spalle. «Mi sta dando la caccia.»
Il suo viso delicato si incupì per un attimo talmente sfuggente che mi parve di essermelo immaginato, poi si illuminò d’improvviso. E mi aspettavo di tutto, meno quello che mi disse:
«Posso nasconderti io. Vieni, so dove andare.»
Rimasi interdetto: non sapevo dire bene il perché, ma da lei non me lo sarei mai aspettato.
«Davvero?» chiesi.
«Sì. Davvero. Fidati di me.»
Esitai un pochino, guardandola scettico. Ma quando guardai bene i suoi occhi, limpidi e trasparenti, privi di un qualunque segno di interesse o secondi fini, avvertii una strana sensazione di calore allo stomaco e mi rilassai. Poi la seguii, senza pensare alle conseguenze.
Ero quasi sicuro che, di lei, potessi fidarmi.
                                                  
 
 
****
 
 
 
La ragazza mi aveva portato nella cattedrale di Notre-Dame. Quando mi aveva condotto verso la piazza era scattato come un allarme nella mia testa, sebbene non mi sembrasse una con cattive intenzioni. Eppure poteva benissimo essere una seguace di Frollo, per quel che ne sapevo. Era questo che mi dava fastidio di lei: il fatto che non riuscissi a capire che tipo di persona fosse, a leggerla. E leggere le persone mi era sempre riuscito benissimo.
Mi aveva condotto attraverso un passaggio nascosto, facendomi passare perfettamente inosservato, e ora mi trovavo nel silenzio della cattedrale, a camminare accanto a lei.
Mi ero perso a guardare l’interno della chiesa: non la immaginavo così, a dire la verità. Non ci ero mai entrato; me l’ero sempre figurata grande, ma adesso che c’ero veramente notavo che era semplicemente... immensa.
E magnifica.
«Bella, vero?» ruppe il silenzio la ragazza. «Qui hai il diritto di asilo. Nessuno può toccarti.»
«E’ molto bella. Grazie» sussurrai, ancora con il naso all’insù ad ammirare le coloratissime vetrate.
Lei sembrò in imbarazzo.
«Sono Nina, comunque» si presentò timidamente, accennando un sorriso.
«Finalmente so il tuo nome, Nina» dissi scherzoso, facendole un occhiolino.
La ragazza arrossì e abbassò lo sguardo.
«Vieni, seguimi» disse, dirigendosi verso una scalinata in pietra. Imboccò le scale e sparì in una piccola torre che racchiudeva una scala a chiocciola.
Dove mi stava portando?
Sembrava che conoscesse molto bene la cattedrale, come se avesse fatto parte della sua vita da sempre. Ma perché?
Decisi che, per il momento, mi sarei limitato a seguirla.
Faticavo a tenere il suo passo leggero, veloce e ritmato – causa la corsa che avevo appena fatto – ma riuscii comunque a starle dietro discretamente.
«Qui è dove vivo io» la sentii dire, prima di sbucare in una stanza. «C’è una porta segreta in questa stanza, di cui solo io so l’esistenza. La finestra dà sul chiostro. Potresti nasconderti là, almeno per ora. Saresti al sicuro. Nessuno saprebbe che ti trovi qui.»
Mi guardai intorno. La stanza non era grandissima, ma era luminosa. In giro era pieno di libri, miniature e oggetti colorati in vetro. Tutto ricordava un’ epoca lontana di dolcezza e di spensieratezza: in quel momento ebbi la netta sensazione che Nina fosse una ragazza sensibile e sognatrice.
«Wow» mormorai, estasiato da quella vista. «Tutti questi oggetti… li hai fatti tu?»
«Beh, sì… almeno, molti di questi sì» rispose lei, con un filo di voce.
«Sei davvero brava» dissi, con tono ammirato.
«Ti ringrazio» fece Nina, sorridendo appena. Sembrava imbarazzata, ma al tempo stesso felice del fatto che fossi lì.
Che strano.
«E poi hai tutto questo spazio per te?» chiesi ancora. Non la smettevo di farle domande, ma era più forte di me: quella ragazza era una persona più interessante di quel che pensassi. Ero estasiato.
«Sì… »
La sua voce aveva assunto una nota malinconica o me l’ero solo immaginato?
«Che fortuna» dissi con un sorriso.
«Non per me» replicò lei sottovoce.
«Che vuoi dire? »
Nina sospirò.
«Vorrei solo poter uscire da qui, di tanto in tanto.»
«E perché non lo fai?» chiesi semplicemente.
«Perché non posso» rispose, guardando nostalgica il popolo di Parigi dall’alto della grande finestra di quella magnifica stanza.
«Come sarebbe a dire che non puoi?»
Nina stette per un pochino in silenzio. Incrociai le braccia e assunsi un tono di rimprovero. «Non puoi sempre stare relegata qui» dissi «c’è tutto un mondo da scoprire, là fuori, che aspetta solo te.»
«Ma non posso. Io... mi chiamerebbero tutti mostro. La mia padrona me lo dice sempre. Non sono normale» disse, spostando lo sguardo su di me e guardandomi negli occhi.
Mostro?
Padrona?
«Mostro?» feci, scettico. Chi mai avrebbe chiamato “mostro” quella ragazza così bella?
Mi soffermai a guardarla. I capelli fulvi, lisci e lunghi le ricadevano armoniosamente lungo le spalle, e incorniciavano un viso tondo, pallido, fanciullesco, sul quale spiccavano due grandi occhi blu, profondi come acquemarine e trasparenti come il più puro dei cristalli.
Dove stava l’inganno? Non poteva esserci.
Chi pensava queste cose di lei?
«Chi è la tua padrona?» aggiunsi nel vedere che non rispondeva.
Ci fu un secondo di esitazione da parte di Nina, poi disse, quasi con timore:
«Claudie Frollo.»
Quando pronunciò quel nome, improvvisamente mi fu tutto chiaro e ricollegai insieme tutti i pezzi: lo sguardo del giudice, la fuga di lei, la sua contentezza durante la festa, il suo continuo inciampare ovunque…
Che cosa nascondi, Nina?
«Quindi è per lei che sei scappata?»
Cercai di non far trapelare il mio astio verso di lei, ma il mio tono di voce mi tradì.
«Io... » tentennò «beh... sì.»
Sembrava così indifesa…
«E perché ti dice che sei un mostro? Come può pensare una cosa simile?» insistei, sentendo il sangue ribollirmi nelle vene e l’odio verso il giudice aumentare a dismisura.
«Senti» sembrò leggermente allarmata «io non credo che sia il caso di...»
Poi si zittì di colpo.
«Cosa c’è?» chiesi.
«Shh.»
Da lontano, appena percepibili, c’erano dei passi sulla scala di pietra della cattedrale. Passi decisi.
Non sarà...
«Arriva qualcuno» disse Nina, impaurita.  L’ansia si dipinse, in breve tempo, sul suo viso candido. «Nasconditi! Presto!» aggiunse, terrorizzata, spintonandomi verso un enorme drappo rosso scuro.
Senza far rumore lo scostai e sgattaiolai all’interno della stanza segreta, facendo scivolare la porta perfettamente mimetizzata con il muro.
Poi rimasi in ascolto. Non mi sarei fatto problemi ad intervenire se le cose si fossero messe male, lo sapevo già.
La voce che sentii pochi secondi dopo mi fece provare l’impulso di uscire allo scoperto e affrontare la sua proprietaria per fargliela pagare:
«Nina, voglio che tu mi raggiunga immediatamente nel mio studio. Dobbiamo parlare di quello che è successo oggi.»
Una voce austera, incolore, fredda come la pietra.
Ed invece dovetti restare confinato in quella stanzetta, mentre sentivo la voce flebile e innocente di Nina che, docile, diceva:
«Certo, signora. Arrivo subito.»
E la rassegnazione che abitava quella frase mi fece stringere il cuore.

 
 
 Buongiorno :)
Ecco che, con questo capitolo, cominciamo ad entrare nel vivo della storia (infatti sono riuscita a farlo un po' più lungo, yay!): Eymeric, coraggioso come la sua controparte femminile Esmeralda - nonostante le raccomandazioni della sorella (che non c'è nel film originale, ma mi piaceva l'idea) - si mette contro il giudice Frollo, che ovviamente non gradisce affatto, e si mette sulle sue tracce.
Mentre lo scaltro gitano scappa, ecco però la ragazza della Festa, Nina, che lo conduce nella cattedrale.
Finalmente introduciamo questo personaggio :) spero di non avervi delusi. Esattamente come Quasimodo, Nina è dolce, gentile, desiderosa di libertà.
Ma alla fine del capitolo, Frollo la convoca nel suo studio. Come andrà a finire?
Spero davvero che sia di vostro gradimento e sono curiosissima di sapere cosa ne pensate :)
Alla prossima, e grazie a tutti, 
Stella cadente
  
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